Liturgia, settembre

16 Settembre 2018 – XXIV del Tempo Ordinario (B)

Antifona d’ingresso

Da’, o Signore, la pace a coloro che sperano in te; i tuoi profeti siano trovati degni di fede; ascolta la preghiera dei tuoi fedeli e del tuo popolo, Israele. (cfr. Sir 36,15-16)

Colletta

O Dio, che hai creato e governi l’universo, fa’ che sperimentiamo la potenza della tua misericordia, per dedicarci con tutte le forze al tuo servizio. Per il nostro Signore Gesù Cristo…

Oppure: 

O Padre, conforto dei poveri e dei sofferenti, non abbandonarci nella nostra miseria: il tuo Spirito Santo ci aiuti a credere con il cuore, e a confessare con le opere che Gesù è il Cristo, per vivere secondo la sua parola e il suo esempio, certi di salvare la nostra vita solo quando avremo il coraggio di perderla. Per il nostro Signore Gesù Cristo…

 

Prima Lettura               Is 50,5-9a

Ho presentato il mio dorso ai flagellatori.

Siamo nel terzo canto del Servo di Dio, contenuto nel libro del profeta Isaìa. A causa dei suoi persecutori, il profeta si trova in un momento di estrema sofferenza. Completamente senza sostegno e abbattuto, si affida mediante la preghiera al Signore, e grazie al totale abbandono nelle Sue mani, trova la forza per affrontare queste difficoltà.

Dal libro del profeta Isaìa

Il Signore Dio mi ha aperto l’orecchio e io non ho opposto resistenza, non mi sono tirato indietro. Ho presentato il mio dorso ai flagellatori, le mie guance a coloro che mi strappavano la barba; non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi. Il Signore Dio mi assiste, per questo non resto svergognato, per questo rendo la mia faccia dura come pietra, sapendo di non restare confuso. È vicino chi mi rende giustizia: chi oserà venire a contesa con me? Affrontiamoci. Chi mi accusa? Si avvicini a me. Ecco, il Signore Dio mi assiste: chi mi dichiarerà colpevole?           Parola di Dio.

Salmo Responsoriale             Dal Salmo 114 (116)

«Qualunque cosa domanderemo, l’avremo da lui, perché noi osserviamo i suoi comandamenti (1Gv 3,22)… Quali sono i suoi comandamenti? Bisogna sempre ri-peterlo? Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate l’un l’altro (Gv 13,24). È la carità questo comandamento di cui si parla e che tanto è raccomandato. Chi dunque avrà la carità fraterna e ciò davanti a Dio, là dove la vede il Signore, potrà interrogare la sua coscienza, scrutarla con diligenza per sentirsi rispondere che la vera radice della carità fraterna è in lui, perché da essa escono frutti di bontà; costui ha fiducia in Dio e Dio gli accorderà tutto ciò che gli domanderà, perché osserva i suoi comandamenti» (Sant’Agostino).

Rit. Camminerò alla presenza del Signore nella terra dei viventi.

Amo il Signore, perché ascolta

il grido della mia preghiera.

Verso di me ha teso l’orecchio

nel giorno in cui lo invocavo. Rit.

Mi stringevano funi di morte,

ero preso nei lacci degli inferi,

ero preso da tristezza e angoscia.

Allora ho invocato il nome del Signore:

«Ti prego, liberami, Signore». Rit.

Pietoso e giusto è il Signore,

il nostro Dio è misericordioso.

Il Signore protegge i piccoli:

ero misero ed egli mi ha salvato. Rit.

Sì, hai liberato la mia vita dalla morte,

i miei occhi dalle lacrime,

i miei piedi dalla caduta.

Io camminerò alla presenza del Signore

nella terra dei viventi. Rit.

Seconda Lettura                   Gc 2,14-18

La fede se non è seguita dalle opere in se stessa è morta.

Giacomo, nella sua lettera, affronta il problema della fede e delle opere. Afferma chiaramente che la fede da sola non può salvarci, essa deve produrre frutti che si possono vedere nell’amore fraterno. La polemica di Giacomo riguarda, ovviamente, soltanto un tipo di fede che si può definire astratta; in questa stessa linea va intesa la definizione “fede senza le opere”, cioè una fede a cui non segue un impegno fattivo di conversione e di servizio a Dio e all’uomo.

Dalla lettera di san Giacomo apostolo

A che serve, fratelli miei, se uno dice di avere fede, ma non ha opere? Quella fede può forse salvarlo? Se un fratello o una sorella sono senza vestiti e sprovvisti del cibo quotidiano e uno di voi dice loro: «Andatevene in pace, riscaldatevi e saziatevi», ma non date loro il necessario per il corpo, a che cosa serve? Così anche la fede: se non è seguita dalle opere, in se stessa è morta. Al contrario uno potrebbe dire: «Tu hai la fede e io ho le opere; mostrami la tua fede senza le opere, e io con le mie opere ti mostrerò la mia fede».       Parola di Dio.

Canto al Vangelo                Gal 6,14

Alleluia, alleluia.

Quanto a me non ci sia altro vanto che nella croce del Signore, per mezzo della quale il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo.

Alleluia.

Vangelo                Mc 8,27-35

Tu sei il Cristo… Il Figlio dell’uomo dove molto soffrire.

Siamo alla metà del Vangelo di Marco, dove Gesù, ponendo la domanda ai suoi: “Chi dite che io sia”, e ricevendo l’esatta risposta da parte di Pietro a nome di tutti, fece il primo annunzio della sua passione. Afferma anche che per essere suoi discepoli bisogna accettare le sofferenze e seguirlo fino alla croce. Questo è un discorso validissimo anche per noi oggi, quando, come Pietro, tentiamo di ribellarci al dolore e vorremmo poter liberare dalla sofferenze chi vogliamo bene.

Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, Gesù partì con i suoi discepoli verso i villaggi intorno a Cesarèa di Filippo, e per la strada interrogava i suoi discepoli dicendo: «La gente, chi dice che io sia?». Ed essi gli risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elìa e altri uno dei profeti». Ed egli domandava loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro gli rispose: «Tu sei il Cristo». E ordinò loro severamente di non parlare di lui ad alcuno. E cominciò a insegnare loro che il Figlio dell’uomo doveva soffrire molto, ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere. Faceva questo discorso apertamente. Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo. Ma egli, voltatosi e guardando i suoi discepoli, rimproverò Pietro e disse: «Va’ dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini». Convocata la folla insieme ai suoi discepoli, disse loro: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà».                                                                                   Parola del Signore.

La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa

La Passione di Gesù – Giovanni Paolo II (Udienza Generale, 7 Aprile 1993): Il Venerdì Santo ci farà rivivere il “mistero doloroso” della passione e morte in Croce di Gesù. Di fronte al Crocifisso assumono drammatica consistenza le parole da Lui pronunciate nel corso dell’Ultima Cena: “Questo è il sangue mio dell’alleanza, che è sparso per molti, in remissione dei peccati” (cfr. Mc 14,24; Mt 26,28; Lc 22,20). Gesù ha voluto offrire la sua vita in sacrificio per la remissione dei peccati dell’umanità, scegliendo a tal fine la morte più crudele ed umiliante, la crocifissione. Così medita San Pietro nella sua prima Lettera: Gesù “portò i nostri peccati nel suo corpo sul legno della croce, perché non vivendo più per il peccato, vivessimo per la giustizia; dalle sue piaghe siete stati guariti” (1Pt 2,24-25). E San Paolo a più riprese ribadisce che “Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture” (1Cor 15,3); “Cristo ha dato se stesso per noi, offrendosi a Dio in sacrificio” (Ef 5,2); “Uno solo infatti è Dio e uno solo il mediatore fra Dio e gli uomini, l’uomo Cristo Gesù, che ha dato se stesso in riscatto per tutti” (1Tm 2,5-6). Come di fronte all’Eucaristia, così di fronte alla passione e morte di Gesù in Croce il mistero si fa immenso ed insondabile per la ragione umana. In quanto vero uomo il Messia ha davvero sofferto in maniera indicibile dall’agonia spirituale nel Getsemani fino alla lunga e atroce agonia sulla Croce. Il cammino verso il Calvario è stata una indescrivibile sofferenza, sfociata nel terribile supplizio della crocifissione. Quale mistero è la passione di Cristo: Iddio, fattosi uomo, soffre per salvare l’uomo, caricandosi di tutta la tragedia dell’umanità.

Il Figlio dell’uomo doveva soffrire molto – CCC 571-572: Il Mistero pasquale della croce e della Risurrezione di Cristo è al centro della Buona Novella che gli Apostoli, e la Chiesa dopo di loro, devono annunziare al mondo. Il disegno salvifico di Dio si è compiuto una volta per tutte con la morte redentrice del Figlio suo Gesù Cristo. La Chiesa resta fedele all’“interpretazione di tutte le Scritture” data da Gesù stesso sia prima, sia dopo la sua Pasqua: “Non bisognava che il Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?” (Lc 24,26-27.44-45). Le sofferenze di Gesù hanno preso la loro forma storica concreta dal fatto che egli è stato “riprovato dagli anziani, dai sommi sacerdoti e dagli scribi” (Mc 8,3), i quali lo hanno consegnato “ai pagani” perché fosse “scher-nito e flagellato e crocifisso” (Mt 20,19).

Cristo Crocifisso – Benedetto XVI (Omelia, 8 Settembre 2007): “Guardare a Cristo”: gettiamo ancora brevemente uno sguardo al Crocifisso sopra l’altare maggiore. Dio ha redento il mondo non mediante la spada, ma mediante la Croce. Morente, Gesù stende le braccia. Questo è innanzitutto il gesto della Passione, in cui Egli si lascia inchiodare per noi, per darci la sua vita. Ma le braccia stese sono allo stesso tempo l’atteggiamento dell’orante, una posizione che il sacerdote assume quando nella preghiera allarga le braccia: Gesù ha trasformato la passione – la sua sofferenza e la sua morte – in preghiera, e così l’ha trasformata in un atto di amore verso Dio e verso gli uomini. Per questo le braccia stese del Crocifisso sono, alla fine, anche un gesto di abbraccio, con cui Egli ci attrae a sé, vuole racchiuderci nelle mani del suo amore.

Le sofferenze inerenti alla vita umana – Paolo VI (Omelia, 8 Aprile 1966): Cristo ci ha redenti? Sì. Egli però non ci ha dispensati dalla sofferenza inerente alla vita umana. Ha dato anzi a tale sofferenza la possibilità di diventare in certo qual modo redentrice, di acquisire la virtù propria della Croce di Cristo nel salvare, nel redimere, nel farci incontrare e rincontrare il Signore ed introdurci così nella nostra salvezza completa ed eterna. Nessuno perciò deve sfuggire all’invito espresso da Gesù medesimo nel suo Vangelo: Se qualcuno vuol essere mio seguace e veramente mio fedele, prenda la sua croce e mi segua. Quando? L’Evangelista San Luca aggiunge: «cotidie»: ogni giorno. Portare la croce è, pertanto un’attitudine, è uno stato, una condizione propria della vita cristiana. Non possiamo esimerci, se vogliamo essere cristiani, dall’assumere, in qualche maniera, la Croce del Signore. E se ci domandiamo ancora in che consiste questa partecipazione, vedremo che i dolori, i doveri, i sacrifici impostici dalla vita ci vengono incontro per dirci: ecco la croce che il Signore ti ha preparato. Consegue per tutti un alto impegno. Invece di essere sempre ribelli, gente che non sa né rassegnarsi né vedere la provvidenza implicita nel dolore, occorre, al contrario, diventare forti, saggi, e pazienti e ripetere le grandi parole che il Si-gnore ha pronunciato prima di salire al Calvario: Si compia, o Padre, la tua volontà.

Preghiera dei Fedeli       (proposta)

Spesso sogniamo un cristianesimo facile, rassicurante e comodo. Ma il Signore ha preso su di sé la croce, e ci invita a seguirlo per la stessa via anche nei momenti difficili. Preghiamo perché ci aiuti a seguirlo quando il dolore sembra troppo grande per le nostre forze.

Preghiamo insieme e diciamo: Ascoltaci, o Signore.

– Per il Papa, i vescovi e i sacerdoti: aiutino i cristiani a crescere nella fede e nella carità, senza lasciarli scoraggiare dalle difficoltà, preghiamo. Rit.

– Per tutti i credenti in Cristo: trovino nella fede luce e forza per assumere le proprie responsabilità e per affrontare le loro prove, preghiamo. Rit.

– Per tutti coloro che soffrono: siano consolati nella preghiera e confortati dagli amici, preghiamo. Rit.

– Per la nostra comunità cristiana, perché le sofferenze e i dolori dei singoli siano condivisi da tutti nella discrezione e nel silenzio, preghiamo. Rit.

Celebrante: Signore, tu hai sofferto per la nostra salvezza. Vieni in nostro aiuto quando siamo nel dolore e ci sentiamo abbandonati, rafforza la nostra fede e rinvigorisci la nostra speranza. Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli.

Preghiera sulle offerte

Accogli con bontà, Signore, i doni e le preghiere del tuo popolo, e ciò che ognuno offre in tuo onore giovi alla salvezza di tutti. Per Cristo nostro Signore.

Prefazio delle Domeniche del Tempo Ordinario I                  (proposta)

Il mistero pasquale e il popolo di Dio.

È veramente cosa buona e giusta renderti grazie

e innalzare a te l’inno di benedizione e di lode,

Dio onnipotente ed eterno, per Cristo nostro Signore.

Mirabile è l’opera da lui compiuta nel mistero pasquale:

egli ci ha fatti passare

dalla schiavitù del peccato e della morte

alla gloria di proclamarci stirpe eletta, regale sacerdozio,

gente santa, popolo di sua conquista,

per annunziare al mondo la tua potenza, o Padre,

che dalle tenebre ci hai chiamati allo splendore della tua luce.

Per questo mistero di salvezza, uniti ai cori degli angeli,

proclamiamo esultanti la tua lode: Santo…

Antifona alla comunione

Quanto è preziosa la tua misericordia, o Dio! Gli uomini si rifugiano all’ombra delle tue ali. (Sal 36,8)

Oppure: 

Il calice della benedizione che noi benediciamo è comunione con il sangue di Cristo; e il pane che spezziamo è comunione con il corpo di Cristo. (cfr. 1Cor 10,16)

Oppure: 

“Voi chi dite che io sia?”. “Tu sei il Cristo”, disse Pietro a Gesù. (cfr. Mc 8,29)

Preghiera dopo la comunione

La potenza di questo sacramento, o Padre, ci pervada corpo e anima, perché non prevalga in noi il nostro sentimento, ma l’azione del tuo Santo Spirito. Per Cristo nostro Signore.

Un po’ di pane per camminare

«Va’ dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini». Dinanzi alla professione di fede dell’Apostolo Pietro che svela, ispirato, la vera identità del Cristo, Gesù rivela che tale divina identità dovrà subire oltraggi, sofferenze e perfino la morte. Pietro allora, si rifà ancora una volta avanti e prende la parola: non più ispirato dal Padre, ma seguendo il pensiero del mondo; non più cercando il compimento della volontà divina ma seguendo gli istinti di prevenzione e conservazione; non cercando di capire l’utilità dell’azione divina, per quanto drammatica, ma facendo emergere il proprio tornaconto, seppur edulcorato di sincero amore verso il Maestro. “Dunque nel discepolo si riscontrano il riconoscimento e il rifiuto, la professione di fede e l’opposizio-ne, e questo perché in mezzo vi è la Croce. Il discepolo è pronto a riconoscere la messianicità di Gesù ma non ne condivide la direzione. Ed è questo il punto, lo spartiacque tra fede e non fede, mentalità cristiana e mentalità mondana: «pensi secondo gli uomini». Il tentativo di Pietro di distoglierlo dalla croce è rimproverato da Gesù in due modi: come un’espressione della opposizione del mondo al disegno di Dio e, più profondamente, come una manifestazione della tentazione di Satana. La sottile tentazione di Satana è il tentativo di distogliere dalla via tracciata da Dio (la via della Croce) per sostituirla con una via elaborata dalla saggezza degli uomini. Cristo ha smascherato questi tentativi di seduzione e la sua vita è stata un continuo sì a Dio e un no al tentatore: visse nell’obbedienza e preferì il ragionamento di Dio al ragionamento degli uomini. Dopo aver precisato la sua identità e aver smascherato la presenza di Satana nel tentativo di Pietro, Gesù si rivolge ai discepoli e alla folla, e con molta chiarezza propone loro il suo stesso cammino: non ci sono due vie, una per Gesù e una per la Chiesa, ma una sola” (Bruno Maggioni, Voi chi dite che io sia?). Ed è la via che passa dal rinnegamento di sé. “Rinnegare se stessi significa abbandonare il modo mondano di ragionare delle cose di Dio e conformare veramente i nostri pensieri alla visione evangelica delle cose” (ibid.).

Conosciamo l’Opus Matris Verbi Dei

Capitolo 7

Ammissione, Formazione ed Emissione dei Voti

  1. b) Il Noviziato

Art. 133 – I novizi/le novizie sotto la direzione del Maestro/della Maestra nel primo anno si impegnino a un’intensa vita di preghiera e di discernimento della propria vocazione. Nel secondo anno possono attendere a esperienze apostoliche e formative nelle opere della Famiglia ecclesiale, sotto la guida del Maestro/della Maestra o di un delegato. I due mesi che precedono la professione, siano, tuttavia, passati nella Casa del Noviziato in un clima di silenzio e profonda preghiera.

 

Art. 134 – I novizi/le novizie, sotto la direzione del Maestro dei novizi/della Maestra delle novizie, siano guidati a conoscere le esigenze essenziali della consacrazione a Cristo e, in vista di una carità più perfetta, a prepararsi a vivere in conformità dei consigli evangelici.

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