aprile, Liturgia

19 aprile 2020 II del Tempo di Pasqua (A) o della Divina Misericordia

“Ogni giorno dell’anno liturgico e, in ciascun giorno, ogni istante della vita della Chiesa che non conosce il sonno e il riposo, continua  e rinnova questa Pasqua che il Signore aveva desiderato consumare con i suoi, in attesa di quella che mangerà nel suo regno con loro e che si prolungherà per l’eternità. La Pasqua annuale, che non smettiamo né di ricordare né di attendere, ci fa provare senza un attimo di sosta il sentimento tipico dei primi cristiani, quando esclamavano, rivolti al passato: «Il Signore è veramente risorto!» [Lc 24,34], e, rivolti al futuro: «Vie-ni! Signore Gesù! vieni presto!» [Ap 22,20]” (Louis Bouyer).

Abbiamo visto il Signore! … metti qua il tuo dito… Gesù risorto non è un fantasma. Questi primi incontri con il Risorto, fatti anche di contatti fisici, resteranno per sempre incisi nel cuore e nella memoria degli Apostoli, tanto che Giovanni molti anni dopo scriverà: “Ciò che era fin da principio, ciò che noi abbiamo udito, ciò che noi abbiamo veduto con i nostri occhi, ciò che noi abbiamo contemplato e ciò che le nostre mani hanno toccato, ossia il Verbo della vita… quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunziamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi” (1Gv 1,1ss).

Una esperienza che si ripete ancora nella vita dei credenti.

Venne Gesù, si fermò in mezzo ai discepoli e disse: «Pace a voi» (cfr Gv 20,19): “Quel giorno, Gesù crocifisso e risorto, in quanto Signore di tutti, ha preso posto con autorità in mezzo a tutta la popolazione umana, che talvolta esulta di gioia, altre volte si affligge mortalmente, fra gli sciocchi e gli intelligenti, fra coloro che sono troppo sicuri di sé e coloro che non credono. Nel mezzo di tutte le malattie e le catastrofi naturali, di tutte le guerre e le rivoluzioni, dei trattati di pace e della loro rottura; nel mezzo del progresso, dell’immobilismo e del regresso, al centro di tutta la miseria umana innocente o colpevole, egli apparve e si rivelò come colui che era, è e sarà. La pace sia con voi! Quel giorno, fra tante spine ed erbacce, è stato seminato quel chicco di grano che sta maturando in vista del raccolto” (Karl Barth).

Antifona d’ingresso

Come bambini appena nati, bramate il puro latte spirituale, che vi faccia crescere verso la salvezza. Alleluia. (1Pt 2,2)

Oppure:

Entrate nella gioia e nella gloria, e rendete grazie a Dio, che vi ha chiamato al regno dei cieli. Alleluia. (4 Esd 2,36-37 [Volg.]).

Colletta

Dio di eterna misericordia, che nella ricorrenza pasquale ravvivi la fede del tuo popolo, accresci in noi la grazia che ci hai dato, perché tutti comprendiamo l’inestimabile ricchezza del Battesimo che ci ha purificati, dello Spirito che ci ha rigenerati, del Sangue che ci ha redenti. Per il nostro Signore Gesù Cristo…

Oppure:

Signore Dio nostro, che nella tua grande misericordia ci hai rigenerati a una speranza viva mediante la risurrezione del tuo Figlio, accresci in noi, sulla testimonianza degli apostoli, la fede pasquale, perché aderendo a lui pur senza averlo visto riceviamo il frutto della vita nuova. Per il nostro Signore Gesù Cristo…

 

Prima lettura  At 2,42-47

Tutti i credenti stavano insieme e avevano ogni cosa in comune.

Il  brano lucano descrive la vita della prima comunità cristiana che comprendeva l’insegnamento e la testimonianza degli Apostoli tesi a esporre l’azione salvifica di Dio compiuta e realizzata in forma definitiva nella vita, nella morte e nella risurrezione di Gesù; la comunione fra-terna, con la condivisione anche dei beni materiali; la preghiera e la frazione del pane, espressione che sta ad indicare la celebrazione eucaristica. Per l’evangelista Luca, la comunità apostolica è il modello a cui ispirarsi per una vita cristiana più autentica.

Dagli Atti degli Apostoli

[Quelli che erano stati battezzati] erano perseveranti nell’insegna-mento degli apostoli e nella comunione, nello spezzare il pane e nelle preghiere. Un senso di timore era in tutti, e prodigi e segni avvenivano per opera degli apostoli. Tutti i credenti stavano insieme e avevano ogni cosa in comune; vendevano le loro proprietà e sostanze e le dividevano con tutti, secondo il bisogno di ciascuno. Ogni giorno erano perseveranti insieme nel tempio e, spezzando il pane nelle case, prendevano cibo con letizia e semplicità di cuore, lodando Dio e godendo il favore di tutto il popolo. Intanto il Signore ogni giorno aggiungeva alla comunità quelli che erano salvati.     Parola di Dio.

Salmo Responsoriale       Dal Salmo 117 (118)

Rendete grazie al Signore perché è buono: il suo amore è per sempre.

Oppure:

Alleluia, alleluia, alleluia.

Dica Israele:

«Il suo amore è per sempre».

Dica la casa di Aronne:

«Il suo amore è per sempre».

Dicano quelli che temono il Signore:

«Il suo amore è per sempre». Rit.

Mi avevano spinto con forza per farmi cadere,

ma il Signore è stato il mio aiuto.

Mia forza e mio canto è il Signore,

egli è stato la mia salvezza.

Grida di giubilo e di vittoria

nelle tende dei giusti:

la destra del Signore ha fatto prodezze. Rit.

La pietra scartata dai costruttori

è divenuta la pietra d’angolo.

Questo è stato fatto dal Signore:

una meraviglia ai nostri occhi.

Questo è il giorno che ha fatto il Signore:

rallegriamoci in esso ed esultiamo! Rit.

Seconda lettura      1Pt 1,3-9

Ci ha rigenerati per una speranza viva, mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai morti.

Pietro invita i cristiani afflitti da varie prove ad attingere dalla loro fede nel Cristo e dal loro amore per lui la speranza della loro salvezza (cfr 1Pt 1,22; 2,11; 1Cor 15,44). La salvezza è conquista, ma soprattutto dono, dolce abbandono alla volontà di Dio, «il quale vuole che tutti gli uomini siano salvati» (1Tm 2,4). L’eredità cristiana, «a differenza di quella a cui pensò, almeno originariamente, Israele, non è esposta ai pericoli dei nemici, è sicura, perché “è conservata nei cieli per noi”… Il cristiano non ha diritto di dubitare della sicurezza di questa eredità… Davanti alle difficoltà della vita presente, dobbiamo accrescere, con la fede, la sicurezza nel possesso di questa salvezza ultima e definitiva» (Felipe F. Ramos).

Dalla prima lettera di san Pietro apostolo

Sia benedetto Dio e Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che nella sua grande misericordia ci ha rigenerati, mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai morti, per una speranza viva, per un’eredità che non si corrompe, non si macchia e non marcisce. Essa è conservata nei cieli per voi, che dalla potenza di Dio siete custoditi mediante la fede, in vista della salvezza che sta per essere rivelata nell’ultimo tempo. Perciò siete ricolmi di gioia, anche se ora dovete essere, per un po’ di tempo, afflitti da varie prove, affinché la vostra fede, messa alla prova, molto più preziosa dell’oro — destinato a perire e tuttavia purificato con fuoco —, torni a vostra lode, gloria e onore quando Gesù Cristo si manifesterà. Voi lo amate, pur senza averlo visto e ora, senza vederlo, credete in lui. Perciò esultate di gioia indicibile e gloriosa, mentre raggiungete la mèta della vostra fede: la salvezza delle anime.     Parola di Dio.

Canto al Vangelo           Gv 20,29

Alleluia, alleluia.

Perché mi hai veduto, Tommaso, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!

Alleluia.

Vangelo      Gv 20,19-31

Otto giorni dopo venne Gesù.

Il vangelo di oggi è una pagina densissima e ricchissima di contenuti: in essa viene sottolineato il dono della pace e dello Spirito Santo; il potere di rimettere i peccati; in Tommaso il modello di incredulità e di fede e il fine che Giovanni s’è proposto scrivendo il suo Vangelo. Esso è stato redatto affinché gli uomini credano che Gesù è il Messia, il Cristo annunziato nell’Antico Testamento dai profeti, il Figlio di Dio, e, credendo questa verità, possano salvarsi e avere «la vita nel suo nome». Dalla predicazione del Battista all’inizio del ministero pubblico di Gesù (cfr Gv 1,19), fino al capitolo conclusivo del Vangelo (cfr Gv 21,24-25), tutto viene collocato nella testimonianza che è resa alla realtà del Verbo di Dio «fatto carne» (Gv 1,14).

Dal Vangelo secondo Giovanni

La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati». Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo». Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!». Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.

Parola del Signore.

Preghiera dei Fedeli                                              (proposta)

Invochiamo dal Cristo risorto i doni pasquali che ci ha promesso e
con fede diciamo: Fonte della pace, ascoltaci!

– Perché la Chiesa di fronte alle violenze e alle ingiustizie del mondo sappia portare una parola di pace e di speranza. Preghiamo. Rit.

– Perché i popoli che soffrono a causa della guerra trovino nella pre-ghiera fiduciosa la forza per continuare a credere e promuovere gesti di riconciliazione. Preghiamo. Rit.

– Perché i responsabili delle nazioni siano capaci di vere scelte di pace, libere da ogni compromesso con l’ingiustizia specialmente verso i più deboli. Preghiamo. Rit.

– Perché la nostra comunità, sul modello della prima Chiesa apostolica, viva relazioni autenticamente fraterne. Preghiamo. Rit.

Celebrante

Signore, che hai vinto il peccato e la morte, manda sulla tua Chiesa il tuo Spirito, perché sia coraggiosa testimone del tuo messaggio di pace. Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli.

Preghiera sulle offerte

Accogli con bontà, Signore, l’offerta del tuo popolo: tu che ci hai chiamati alla fede e rigenerati nel Battesimo, guidaci alla felicità eterna. Per Cristo nostro Signore.

Antifona alla comunione

“Accosta la tua mano, tocca le cicatrici dei chiodi e non essere incredulo, ma credente”. Alleluia. (cfr Gv 20,27)

Preghiera dopo la comunione

Dio onnipotente, la forza del sacramento pasquale che abbiamo ricevuto continui a operare nella nostra vita. Per Cristo nostro Signore.

Approfondimento

      Tommaso – Tommaso, uno dei dodici apostoli di Gesù Cristo (Mt 10,2-4; Mc 3,16-19; Lc 6,13-16; At 1,13), nel Vangelo di Giovanni è soprannominato Didimo, che in greco significa “gemello” (Gv 11,16; 20,24; 21,2).

      Per conoscere la sua vita sono attendibili solo le narrazioni bibliche, in particolare il Vangelo di Giovanni. La prima notizia ricorda la sua devozione verso il Maestro: quando Gesù partì per la Giudea, dove gli ebrei avevano tentato di lapidarlo, Tommaso suggerì ai condiscepoli: “Andiamo anche noi a morire con lui!” (Gv 11,5-16). La seconda si riferisce all’ultima cena, durante la quale Gesù disse: “E del luogo dove io vado, voi conoscete la via”; Tommaso chiese: “Come possiamo conoscere la via?” e Gesù rispose: “Io sono la via, la verità e la vita” (Gv 14,1-7). In Giovanni 20,19-29, Tommaso, assente mentre Gesù apparve per la prima volta agli apostoli dopo la Resurrezione, dubitò della veridicità dei racconti degli altri.

Quando Gesù apparve nuovamente invitando Tommaso a toccare le sue ferite, l’apostolo esclamò: “Mio Signore e mio Dio!”.

Fu così il primo a riconoscere la divinità di Cristo. Per san Gregorio Magno “questo non avvenne a caso, ma per divina disposizione”, in questo modo la clemenza “del Signore ha agito in modo meraviglioso, poiché quel discepolo, con i suoi dubbi, mentre nel suo maestro toccava le ferite del corpo, guariva in noi le ferite dell’incredulità. L’incredulità di Tommaso ha giovato a noi molto più, riguardo alla fede, che non la fede degli altri discepoli. Mentre infatti quello viene ricondotto alla fede col toccare, la nostra mente viene consolidata nella fede con il superamento di ogni dubbio. Così il discepolo, che ha dubitato e toccato, è divenuto testimone della verità della risurrezione”. Comunque, Tommaso insegna a tutti che il credere non è facile per nessuno.

La basilica di Santa Croce in Gerusalemme conserva il dito indice dell’Apostolo in un reliquiario rifatto dopo la rivoluzione francese e che viene esposto ai fedeli con le reliquie della Passione del Signore. Una antica tradizione lo vuole apostolo in Siria, in Persia e in India, dove avrebbe subìto il martirio a Calamina. Le sue reliquie furono prima trasportate nella città di Edessa, nella Mesopotamia, e poi ad Ortona, nell’Abruzzo.

Attorno a san Tommaso è sorta una certa letteratura apocrifa. Così abbiamo il Vangelo di Tommaso, una Apocalisse di Tommaso e gli Atti di Tommaso, dove appaiono non poche tracce di gnosticismo.

Commento al Vangelo

La sera di quello stesso giorno – Nonostante il sepolcro vuoto e l’annuncio pasquale della Maddalena (cfr Gv 20,1-9.18), i cuori dei discepoli, per timore dei Giudei, sono nella morsa della paura e gli usci della loro casa ben serrati. In questo clima di attesa, di timore, di trepidazione e di spavento, Gesù, la sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli, appare agli Undici, mostrando loro le cicatrici dei polsi che erano stati trapassati dai chiodi e la ferita del fianco che era stato squarciato dalla lancia.

L’intenzione del Vangelo è quella di far comprendere che il Risorto che appare è Gesù di Nazaret, morto crocifisso sul Calvario e trafitto dalla lancia del soldato romano. Il corpo risuscitato con il quale si presenta ai discepoli «è il medesimo che è stato martoriato e crocifisso, poiché porta ancora i segni della passione» (CCC 645).

L’entrare a porte chiuse, il fermarsi in mezzo agli apostoli e il parlare con loro, sono particolari che vogliono dire che Gesù è vivo, possiede una vita nuova, diversa, è risorto non come la figlia di Giairo, o come il giovane di Naim, oppure come Lazzaro: la «risurrezione di Cristo è essenzialmente diversa. Nel suo Corpo risuscitato egli passa dallo stato di morte ad un’altra vita al di là del tempo e dello spazio. Il Corpo di Gesù è, nella risurrezione, colmato della potenza dello Spirito Santo; partecipa alla vita divina nello stato della sua gloria, sì che Paolo può dire di Cristo che egli è l’uomo celeste [cfr 1Cor 15,35-50]» (CCC 647).

Stette in mezzo a loro… La Presenza del Risorto nella Chiesa è apportatrice di inestimabili doni, «più preziosi dell’oro, di molto oro fino, più dolci del miele e di un favo stillante» (Sal 19,11). Giovanni, oltre alla pace e alla gioia, i frutti più soavi della presenza del Risorto in mezzo ai suoi, ama sottolineare tre doni fatti agli Apostoli.

Il conferimento della missione: «Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi» (Gv 20,21).

«Il parallelismo Padre-Figlio e Figlio-credente, caratteristico del linguaggio giovanneo [Gv 6,57; 10,15], è ben più che una semplice analogia: con realtà Gesù conferisce ai suoi la missione che ha ricevuto dal Padre. La frase più vicina alla nostra è quella della preghiera sacerdotale: “Come tu mi hai mandato nel mondo, anch’io li ho mandati nel mondo” [Gv 17,18]» (G. Crocetti).

La missione degli Apostoli sarà universale. Annunziata prima al popolo di Israele (cfr Mt 10,5ss.; 15,24), come esigeva il piano divino, la salvezza deve ora essere offerta a tutte le nazioni: «Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,19-20).

Il dono dello Spirito Santo: «Soffiò e disse loro: “Ricevete lo Spirito Santo”» (Gv 20,22); forse intenzionalmente, l’evangelista Giovanni vuol ricordare Genesi 2,7: «Il Signore Dio plasmò l’uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l’uomo divenne un essere vivente». Lo stesso verbo insufflare lo troviamo in Ezechiele 37,9 per descrivere la nuova vita delle ossa aride. Quindi, il soffio di Gesù simbolizza lo Spirito che egli manda, principio della nuova creazione.

Lo Spirito Santo abita nella comunità neotestamentaria come in un tempio, ne crea l’unità ed agisce al suo interno. Inabita i credenti (cfr 1Cor 6,19). Abilita i discepoli al compimento della loro particolare missione al servizio della Parola, anche con il conferimento di particolari doni. Il possesso dello Spirito Santo, e l’essere posseduti dallo Spirito Santo, è condizione necessaria per la salvezza: «Se uno non nasce da acqua e Spirito, non può entrare nel regno di Dio» (Gv 3,5; cfr Rm 8,9; 1Cor 12,3).

Il potere di perdonare o di non perdonare i peccati (cfr Gv 20,23). La Chiesa ha sempre inteso che Gesù Cristo con queste parole ha conferito agli Apostoli la potestà di perdonare i peccati, un potere che viene esercitato nel sacramento della Penitenza, «l’espressione più sublime dell’amore e della misericordia di Dio verso gli uomini, come Gesù insegna nella parabola del figlio prodigo (cfr Lc 15,11-31). Il Signore attende sempre con le braccia aperte che ritorniamo pentiti, per perdonarci e restituirci la nostra dignità di figli suoi» (La Bibbia di Navarra, I quattro vangeli).

Tommaso uno dei Dodici… vuol vedere il segno dei chiodi. È tra coloro che vengono biasimati da Gesù: «Se non vedete segni e prodigi, voi non credete» (Gv 4,48). L’Apostolo incredulo, vedendo crede: la confessione di Tommaso… è il culmine della cristologia del quarto Vangelo.

«A Tommaso si riconosce il merito della fede [hai creduto], perché nell’umanità di Gesù ha saputo riconoscere la sua divinità. Ma la beatitudine rivolta alle generazioni future è di credere senza pretendere di dover necessariamente anche vedere tutto di persona, ma ponendo invece la propria fiducia nella parola e nella testimonianza di tutti coloro che hanno visto» (Il Nuovo Testamento, Ed. Paoline).

Gli ultimi versetti generano un profondo legame con il prologo del Vangelo, soprattutto con 1,14: «E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità». È la più alta testimonianza della divinità di Gesù. Ed è anche un voler rinsaldare la fede degli increduli e dei vacillanti, perché credano che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e credendo abbiano la vita nel suo nome.

Riflessione

Questi segni sono stati scritti… – Con la risurrezione di Gesù, la sua ascensione e il dono dello Spirito Santo si suggella il tempo della visione, caratterizzato dai segni: ora inizia il tempo della Chiesa contrassegnato dalla testimonianza apostolica e dalla fede, cui è connessa la beatitudine rivolta all’apostolo Tommaso: «Perciò [Gesù Cristo], vedendo il quale si vede anche il Padre [cfr Gv 14,9], col fatto stesso della sua presenza e con la manifestazione che fa di sé con le parole e con le opere, con i segni e con i miracoli, e specialmente con la sua morte e la sua risurrezione di tra i morti, e infine con l’invio dello Spirito di verità, compie e completa la Rivelazione e la corrobora con la testimonianza divina, che cioè Dio è con noi per liberarci dalle tenebre del peccato e della morte e risuscitarci per la vita eterna. L’economia cristiana dunque, in quanto è l’Alleanza nuova e definitiva, non passerà mai, e non è da aspettarsi alcun’altra Rivelazione pubblica prima della manifestazione gloriosa del Signore nostro Gesù Cristo» (DV 4).

Non è da aspettarsi alcun’altra Rivelazione… lo aveva già affermato con forza Pio XI: «In Gesù Cristo, incarnato Figlio di Dio, è apparsa la pienezza della rivelazione divina […]. [La rivelazione] culminata nell’E-vangelo di Gesù Cristo è definitiva e obbligatoria per sempre, non ammette appendici di ordine umano e, ancora meno, succedanei o sostituzioni di ‘rivelazioni’ arbitrarie» (Enciclica Mit brennender Sorge, 1937).

Dio si è manifestato in modo autentico nella sacra Scrittura, regola suprema della fede del popolo di Dio e suo cibo sano e sostanzioso della vita: alimento «che illumina la mente, corrobora le volontà e accende i cuori degli uomini all’amore di Dio» (DV 21.23). Quindi, la fede non può e non deve basarsi su segni o prodigi, ma soltanto sulla Parola di Dio, «tesoro…, affidato alla Chiesa…, la quale adempie il divino mandato e ministero di conservare e interpretare la parola di Dio» (DV 26.12).

Ora è il tempo della Chiesa, della testimonianza apostolica che illumina ogni uomo: «Cristo Signore, nel quale trova compimento tutta intera la Rivelazione di Dio altissimo» perché i segni compiuti da lui possano fare luce a tutti quelli che sono nella casa (Mt 5,15), «ordinò agli apostoli che l’Evangelo, prima promesso per mezzo dei profeti e da lui adempiuto e promulgato di persona venisse da loro predicato a tutti come la fonte di ogni verità salutare e di ogni regola morale, comunicando così ad essi i doni divini» (DV 7). La Chiesa, mandata da Cristo sino agli estremi confini della terra continua ad annunciare: Abbiamo visto il Signore e perpetua nei cuori dei vacillanti le parole di Gesù: Non siate increduli, ma credenti.

La pagina dei Padri

Tommaso, modello di fede per noi – San Gregorio Magno: A noi giova più l’incredulità di Tommaso che non la fede dei discepoli credenti perché mentre egli, toccando con mano, ritorna alla fede, l’anima nostra, lasciando da parte ogni dubbio si consolida nella fede. Certo, il Signore permise che il discepolo dubitasse dopo la sua risurrezione, e tuttavia non lo abbandonò nel dubbio… Così il discepolo che dubita e tocca con mano, diventa testimone della vera risurrezione…

[Tommaso] toccò, ed esclamò: “Mio Signore e mio Dio! Gesù gli disse: Perché mi hai veduto, Tommaso, hai creduto” (Gv 20,28-29). Quando l’apostolo Paolo dice: “La fede è fondamento delle cose che si sperano e prova di quelle che non si vedono” (Eb 11,1), parla chiaramente, perché la fede è prova di quelle cose che non si possono vedere. Infatti delle cose che si vedono non si ha fede, ma conoscenza (naturale). Dal momento però che Tommaso vide e toccò, perché gli viene detto: “Perché mi hai veduto, hai creduto?”. Ma altro vide, altro credette.

Da un uomo mortale certo la divinità non può essere vista. Egli vide dunque l’uomo, e confessò che era Dio, dicendo: “Mio Signore e mio Dio”! Vedendo dunque credette, lui che considerando (Gesù) un vero uomo, ne proclamò la divinità che non aveva potuto vedere.

Riempie di gioia ciò che segue: “Beati quelli che non hanno visto, e hanno creduto” (Gv 20,29). Senza dubbio in queste parole siamo indicati in special modo noi che non lo abbiamo veduto nella carne ma lo riteniamo nell’anima. Siamo indicati noi, purché accompagniamo con le opere la nostra fede. Crede veramente colui che pratica con le opere quello che crede.

Al contrario, per quelli che hanno la fede soltanto di nome, Paolo afferma: “Dichiarano di conoscere Dio, ma lo rinnegano con i fatti” (Tt 1,16). E Giacomo aggiunge: “La fede senza le opere è morta” (Gc 2,26).

 

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