meditazioni, settembre

XXIV del Tempo Ordinario (C) 15 settembre 2019

 

Antifona d’ingresso

      Da’, o Signore, la pace a coloro che sperano in te; i tuoi profeti siano trovati degni di fede; ascolta la preghiera dei tuoi fedeli e del tuo popolo, Israele. (cfr Sir 36,15-16)

Colletta  

O Dio, che hai creato e governi l’universo, fa’ che sperimentiamo la potenza della tua misericordia, per dedicarci con tutte le forze al tuo servizio. Per il nostro Signore Gesù Cristo…

Oppure:

O Dio, che per la preghiera del tuo servo Mosè non abbandonasti il popolo ostinato nel rifiuto del tuo amore, concedi alla tua Chiesa per i meriti del tuo Figlio, che intercede sempre per noi, di far festa insieme agli angeli anche per un solo peccatore che si converte. Egli è Dio…

Prima Lettura        Es 32,7-11.13-14

Il Signore si pentì del male che aveva minacciato di fare al suo popolo.

Il brano dell’Èsodo mostra come Dio, in seguito alla intercessione di Mosè, abbandoni il proposito di castigare il popolo di Israele, colpevole di avere adorato il vitello d’oro. Il punto focale, di questa Lettura è la disposizione di perdono con cui Dio offre a Israele un nuovo futuro.

Dal libro dell’Èsodo

In quei giorni, il Signore disse a Mosè: «Va’, scendi, perché il tuo popolo, che hai fatto uscire dalla terra d’Egitto, si è pervertito. Non hanno tardato ad allontanarsi dalla via che io avevo loro indicato! Si sono fatti un vitello di metallo fuso, poi gli si sono prostrati dinanzi, gli hanno offerto sacrifici e hanno detto: “Ecco il tuo Dio, Israele, colui che ti ha fatto uscire dalla terra d’Egitto”». Il Signore disse inoltre a Mosè: «Ho osservato questo popolo: ecco, è un popolo dalla dura cervìce. Ora lascia che la mia ira si accenda contro di loro e li divori. Di te invece farò una grande nazione». Mosè allora supplicò il Signore, suo Dio, e disse: «Perché, Signore, si accenderà la tua ira contro il tuo popolo, che hai fatto uscire dalla terra d’Egitto con grande forza e con mano potente? Ricòrdati di Abramo, di Isacco, di Israele, tuoi servi, ai quali hai giurato per te stesso e hai detto: “Renderò la vostra posterità numerosa come le stelle del cielo, e tutta questa terra, di cui ho parlato, la darò ai tuoi discendenti e la possederanno per sempre”». Il Signore si pentì del male che aveva minacciato di fare al suo popolo.     Parola di Dio.

Salmo Responsoriale         Dal Salmo 50 (51)

Rit. Ricordati di me, Signore, nel tuo amore.

Pietà di me, o Dio, nel tuo amore;

nella tua grande misericordia

cancella la mia iniquità.

Lavami tutto dalla mia colpa,

dal mio peccato rendimi puro. Rit.

Crea in me, o Dio, un cuore puro,

rinnova in me uno spirito saldo.

Non scacciarmi dalla tua presenza

e non privarmi del tuo santo spirito. Rit.

Signore, apri le mie labbra

e la mia bocca proclami la tua lode.

Uno spirito contrito è sacrificio a Dio;

un cuore contrito e affranto tu, o Dio, non disprezzi. Rit.

Seconda Lettura       1Tm 1,12-17

Cristo è venuto per salvare i peccatori.

L’inizio della prima Lettera a Timòteo, è una lode di ringraziamento di Paolo verso Gesù, il quale ha usato nei suoi confronti tanta misericordia. Paolo, pur bestemmiatore e persecutore, è stato ritenuto da Cristo stesso, degno di fiducia chiamandolo a suo servizio. Timòteo fu costituito da san Paolo vescovo della comunità di Èfeso.

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo a Timòteo

Figlio mio, rendo grazie a colui che mi ha reso forte, Cristo Gesù Signore nostro, perché mi ha giudicato degno di fiducia mettendo al suo servizio me, che prima ero un bestemmiatore, un persecutore e un violento. Ma mi è stata usata misericordia, perché agivo per ignoranza, lontano dalla fede, e così la grazia del Signore nostro ha sovrabbondato insieme alla fede e alla carità che è in Cristo Gesù. Questa parola è degna di fede e di essere accolta da tutti: Cristo Gesù è venuto nel mondo per salvare i peccatori, il primo dei quali sono io. Ma appunto per questo ho ottenuto misericordia, perché Cristo Gesù ha voluto in me, per primo, dimostrare tutta quanta la sua magnanimità, e io fossi di esempio a quelli che avrebbero creduto in lui per avere la vita eterna. Al Re dei secoli, incorruttibile, invisibile e unico Dio, onore e gloria nei secoli dei secoli. Amen.

Parola di Dio.

Canto al Vangelo           cfr 2Cor 5,19

Alleluia, alleluia.

Dio ha riconciliato a sé il mondo in Cristo, affidando a noi la parola della riconciliazione.

Alleluia.

Vangelo        Lc 15,1-32

Ci sarà gioia in cielo per un solo peccatore che si converte.

Nel quindicesimo capitolo del Vangelo di Luca sono riportate tre parabole che hanno come tematica comune la misericordia di Dio. L’obbiettivo di Gesù è quello di far conoscere Dio come Padre misericordioso, sempre pronto a perdonare; perdono che a loro volta gli apostoli di Cristo devono dare ai fratelli peccatori.

Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». Ed egli disse loro questa parabola: «Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? Quando l’ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, va a casa, chiama gli amici e i vicini, e dice loro: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta”. Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione. Oppure, quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la lampada e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova? E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo perduto”. Così, io vi dico, vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte». Disse ancora: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. Si alzò e tornò da suo padre. Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa. Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”».

Parola del Signore.

La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa

Pietà di me – Giovanni Paolo II (Udienza Generale, 8 Maggio 2002): Nella confessione del Miserere c’è una sottolineatura particolarmente marcata: il peccato non è colto solo nella sua dimensione personale e “psicolo-gica”, ma è delineato soprattutto nella sua qualità teologica. “Contro di te, contro te solo ho peccato” (Sal 50,6), esclama il peccatore, a cui la tradizione ha dato il volto di Davide, consapevole del suo adulterio con Betsabea, e della denuncia del profeta Natan contro questo crimine e quello dell’uc-cisione del marito di lei, Uria (cfr v. 2; 2Sam 11-12). Il peccato non è, quindi, una mera questione psicologica o sociale, ma è un evento che intacca la relazione con Dio, violando la sua legge, rifiutando il suo progetto nella storia, scardinando la scala dei valori, “cambiando le tenebre in luce e la luce in tenebre”, cioè “chiamando bene il male e male il bene” (cfr. Is 5,20). Prima che un’eventuale ingiuria contro l’uomo, il peccato è innanzitutto tradimento di Dio. Emblematiche sono le parole che il figlio prodigo di beni pronunzia davanti a suo padre prodigo d’amore: “Padre, ho peccato contro il cielo – cioè contro Dio – e contro di te!” (Lc 15,21).

Il peccato – CCC 1849-1850: Il peccato è una mancanza contro la ragione, la verità, la retta coscienza; è una trasgressione in ordine all’amore vero, verso Dio e verso il prossimo, a causa di un perverso attaccamento a certi beni. Esso ferisce la natura dell’uomo e attenta alla solidarietà umana. È stato definito «una parola, un atto o un desiderio contrari alla Legge eterna». Il peccato è un’offesa a Dio: «Contro di te, contro te solo ho peccato. Quello che è male ai tuoi occhi, io l’ho fatto» (Sal 51,6). Il peccato si erge contro l’amore di Dio per noi e allontana da lui i nostri cuori. Come il primo peccato, è una disobbedienza, una ribellione contro Dio, a causa della volontà di diventare «come Dio» (Gen 3,5), conoscendo e determinando il bene e il male. Il peccato pertanto è «amore di sé fino al disprezzo di Dio». Per tale orgogliosa esaltazione di sé, il peccato è diametralmente opposto all’obbe-dienza di Gesù, che realizza la salvezza.

Il figlio prodigo – Benedetto XVI (Angelus, 14 Marzo 2010): Questa pagina di san Luca costituisce un vertice della spiritualità e della letteratura di tutti i tempi. Infatti, che cosa sarebbero la nostra cultura, l’arte, e più in generale la nostra civiltà senza questa rivelazione di un Dio Padre pieno di misericordia? Essa non smette mai di commuoverci, e ogni volta che l’ascoltiamo o la leggiamo è in grado di suggerirci sempre nuovi significati. Soprattutto, questo testo evangelico ha il potere di parlarci di Dio, di farci conoscere il suo volto, meglio ancora, il suo cuore. Dopo che Gesù ci ha raccontato del Padre misericordioso, le cose non sono più come prima, adesso Dio lo conosciamo: Egli è il nostro Padre, che per amore ci ha creati liberi e dotati di coscienza, che soffre se ci perdiamo e che fa festa se ritorniamo. Per questo, la relazione con Lui si costruisce attraverso una storia, analogamente a quanto accade ad ogni figlio con i propri genitori: all’ini-zio dipende da loro; poi rivendica la propria autonomia; e infine – se vi è un positivo sviluppo – arriva ad un rapporto maturo, basato sulla riconoscenza e sull’amore autentico.

I due figli – Mons. Javier Echevarría, Vescovo (L’Anno del Padre – Testimonianza): È facile riconoscersi nella figura del figlio che torna: siamo capaci di commettere tutti gli sbagli del mondo se il Signore non ci tiene stretti per mano… Anche le piccole infedeltà in cui incorriamo solo per debolezza pur desiderando seguire da vicino Gesù, e che “nella vita dei cristiani sono frequenti come il tic-tac di un orologio” (Beato Josemaría Escrivá). Ma solo se cadiamo preda della disperazione queste mancanze piccole e o grandi, possono impedirci di fare nostra la decisione del figlio pentito: Mi leverò e andrò da mio padre (Lc 15,18). Il figlio minore ha saputo chiedere perdono. Per questo, e solo per questo, rinasce alla vita: la gioia di constatare che l’amore del padre per lui non è venuto meno. Una lezione addirittura trasparente per ognuno di noi.

Preghiera dei Fedeli                                              (proposta)

Fratelli e sorelle, Dio è pronto a perdonare coloro che ritornano a lui. Ringraziamolo della sua misericordia e del sacramento della Penitenza, strumento della sua misericordia.

Preghiamo insieme e diciamo: Ascoltaci, o Signore!

– Per la Chiesa: come il pastore della parabola usi ogni sollecitudine per avvicinare i cristiani che si sono smarriti, per riportarli con gioia alla casa del Padre. Preghiamo. Rit.

– Per i cristiani che hanno abbandonato la vita sacramentale: ricerchino nel desiderio di Dio l’incontro con la salvezza. Preghiamo. Rit.

– Per i sacerdoti che hanno il compito di perdonare i peccati: donino nel sacramento della Riconciliazione lo stesso amore che aveva Gesù verso i peccatori. Preghiamo. Rit.

– Per la nostra comunità cristiana: si senta sempre bisognosa del perdono di Dio, e accolga con gioia i fratelli e le sorelle che ritornano alla casa del Padre. Preghiamo. Rit.

Celebrante: Padre, tu ci cerchi, ci chiami, ci accogli, e in Gesù ti siedi a mensa con noi. Ti ringraziamo perché il tuo amore è più forte del nostro peccato. Per Cristo nostro Signore.

Preghiera sulle offerte

Accogli con bontà, Signore, i doni e le preghiere del tuo popolo, e ciò che ognuno offre in tuo onore giovi alla salvezza di tutti. Per Cristo…

Prefazio delle Domeniche del Tempo Ordinario II  (proposta)

Il mistero della redenzione.

 

È veramente cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza,

rendere grazie sempre e in ogni luogo a te, Signore, Padre santo,

Dio onnipotente ed eterno, per Cristo nostro Signore.

Nella sua misericordia per noi peccatori

egli si è degnato di nascere dalla Vergine;

morendo sulla croce, ci ha liberati dalla morte eterna

e con la sua risurrezione ci ha donato la vita immortale.

Per questo mistero di salvezza, uniti agli angeli e ai santi,

cantiamo con gioia l’inno della tua lode: Santo…

Antifona alla comunione

Quanto è preziosa la tua misericordia, o Dio! Gli uomini si rifugiano all’ombra delle tue ali. (Sal 36,8)

Oppure: Il calice della benedizione che noi benediciamo è comunione con il sangue di Cristo; e il pane che spezziamo è comunione con il corpo di Cristo. (cfr 1Cor 10,16)

Oppure: “Facciamo festa, perché mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. (Lc 15,24)

Preghiera dopo la comunione

La potenza di questo sacramento, o Padre, ci pervada corpo e anima, perché non prevalga in noi il nostro sentimento, ma l’azione del tuo Santo Spirito. Per Cristo nostro Signore.

Un po’ di pane per camminare

Il messaggio centrale della liturgia della Parola odierna riguarda la misericordia di Dio considerata come la forza creatrice che rinnova la persona.

Il Vangelo che caratterizza questa Liturgia è Lc 15, che riporta l’inse-gnamento di Gesù sulla divina Misericordia, contenuto in 3 parabole, le quali possono essere chiamate anche, e più esattamente, le «parabole della Misericordia e della Gioia divina». Parabole che, più di tante altre di Gesù, hanno fatto breccia nel cuore dei credenti e dei non credenti.

La terza, propria di Lc, è la più nota, la più lunga per la sua ampiezza e pienezza di significato, per la vastità del respiro e la dottrina che contiene e viene giustamente definita «un piccolo evangelo nell’Evangelo».

Ed egli disse loro questa parabola”. Una prima osservazione: il testo non parla di “parabole”, ma di “parabola”: i tre racconti costituiscono dunque un’unica parabola, quella della Misericordia di Dio.

I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro»”. Il contesto della parabola è dato dai vv. 1-3 posti ad introduzione del racconto: è la risposta diretta alle mormorazioni dei farisei e degli scribi, indignati del modo umano e delicato con cui Gesù avvicinava i peccatori e si rallegrava per la loro conversione. Accusato di essere troppo condiscendente con i peccatori, Gesù risponde proponendo il comportamento del Padre, che Egli è venuto a rivelare al mondo: “Chi ha visto me, ha visto il Padre” (Gv 14,9): forse mai come nella condotta di Gesù verso i peccatori queste due parole, dette alla vigilia della morte trovano la più convincente esemplificazione.

Bisognava far festa e rallegrarsi”. Più che del “figliolo prodigo” o del “fratello maggiore”, è la parabola del Padre, e sono proprio le sue parole che ci danno la via per comprendere il racconto: «Bisognava far festa». La festa e la gioia del perdono cominciano quaggiù.

 

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