meditazioni, Ottobre

25 Ottobre 2018

25 Ottobre 2018 – Giovedì, XXIX del Tempo Ordinario – (Ef 3,14-21; Sal 32[33]; Lc 12,49-53) – I Lettura: In questa preghiera Paolo manifesta la profonda e intensa esperienza che ha di Dio, un’esperienza che è frutto della Grazia ed è la stessa Grazia che augura agli Efesìni. La Grazia opera attraverso lo Spirito che mediante la fede, unisce profondamente l’uomo a Cristo fondandolo nella carità. La Carità, l’amore di Cristo in noi, ci fa partecipi della sua Potenza che può “molto di più di quanto possiamo domandare o pensare”. Vangelo: Gesù rivela la natura della sua missione: egli non è venuto a portare la pace, o, meglio, la quiete, ma ad accendere il fuoco. Di solito il fuoco è immagine del giudizio che separerà i giusti dagli iniqui. In questo caso egli vuole intendere il fuoco della purificazione che dividerà e purificherà coloro che sono destinati per il Regno, ma anche la lotta interiore che caratterizzerà il cammino spirituale del credente.

Non sono venuto a portare pace sulla terra, ma divisione – Dal Vangelo secondo Luca: In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso! Ho un battesimo nel quale sarò battezzato, e come sono angosciato finché non sia compiuto! Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? No, io vi dico, ma divisione. D’ora innanzi, se in una famiglia vi sono cinque persone, saranno divisi tre contro due e due contro tre; si divideranno padre contro figlio e figlio contro padre, madre contro figlia e figlia contro madre, suocera contro nuora e nuora contro suocera».

Riflessione: «Si divideranno padre contro figlio e figlio contro padre…». Gesù afferma di essere venuto a gettare un fuoco sulla terra e la conseguenza di questo fuoco non sarà la pace e l’unità ma la divisione e la guerra. Perché il Principe della pace (cfr. Is 9,5) porta la guerra? Come è possibile che ciò avvenga? Non è certo nella volontà divina portare divisione tra gli uomini, anzi Cristo è venuto per fare di tutti noi un solo corpo: «per riunire i figli di Dio che erano dispersi» (Gv 11,52). In realtà, se leggiamo con attenzione, ancora in fasce Gesù viene indicato proprio come un segno di divisione. Così esclama il santo vecchio Simeone durante la presentazione del Bambino al Tempio: «Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione perché siano svelati i pensieri di molti cuori» (Lc 2,34b-35a). Gesù è il segno di contraddizione: viene come Luce nel mondo, per illuminare il mondo, ma non tutti accolgono tale Luce (cfr. Gv 1,1-14). Viene per portare pace in terra, ma di questa pace ne fanno esperienza solo gli uomini di buona volontà. Alla sua Luce viene svelata la malizia dei cuori, il traviamento delle menti, la superbia dei cuori; ma nel contempo, alla sua luce risplendono come fiamme la fortezza dei giusti, il servizio degli umili, la preghiera dei santi! «Voi tutti siete figli della luce e figli del giorno; noi non siamo della notte, né delle tenebre. Non dormiamo dunque come gli altri, ma restiamo svegli e siamo sobrii. […] Noi invece, che siamo del giorno, dobbiamo essere sobrii, rivestiti con la corazza della fede e della carità e avendo come elmo la speranza della salvezza» (1Ts 5,5-8). E di tale divisione se ne parla in tantissime parabole: quando il Signore divide le pecore dalle capre; il grano dalla zizzania; pesci buoni e pesci cattivi… tutte immagini che denunciano la beatitudine di chi accoglie la Luce e vive nella pace del Signore, da coloro che rifiutano il Vangelo di Dio preferendo le tenebre alla luce. Nessuno scandalo, quindi, dalle parole del Vangelo: certamente non è il Cristo che vuole la divisione! Ma è anche vero che non si può essere amici di tutti ad ogni costo: se scelgo la Luce non posso vivere nella notte!

La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: Il fuoco – Giovanni Paolo II (Udienza Generale, 17 Ottobre 1990): Gesù stesso diceva: “Sono venuto a portare il fuoco sulla terra; e come vorrei che fosse già acceso” (Lc 12,49). In questo caso si tratta del fuoco dell’amore di Dio, di quell’amore che “è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo” (Rm 5,5). Quando il giorno di Pentecoste sopra le teste degli apostoli “apparvero lingue come di fuoco”, esse significavano che lo Spirito portava il dono della partecipazione all’amore salvifico di Dio. Un giorno san Tommaso avrebbe detto che la carità – il fuoco portato da Gesù Cristo sulla terra – è “una certa partecipazione dello Spirito Santo”. In questo senso il fuoco è un simbolo dello Spirito Santo, la cui Persona nella Trinità divina è Amore.

Un discorso duro – Mons. Antonio Riboldi, Vescovo (Omelia, 19 Agosto 2007): Gesù, oggi, nel Vangelo, parlando del suo grande desiderio di realizzare la missione del Padre, con la sua crocifissione e morte – amore senza fine, dato per farci entrare nell’Amore – ha parole ‘di fuoco’ […] Questo di Gesù, oggi, può apparire un discorso duro. Naturalmente, quando parla di ‘odio’, non lo intende nel significato che gli diamo noi, ossia un perverso sentimento contro qualcuno, ma il totale distacco da sé per fare posto all’Amore: un Amore che in Gesù davvero era un ‘battesimo’, un ‘fuoco’ che gli bruciava dentro. L’odio o distacco totale è mettersi in totale disaccordo con quello che si è per fare posto alla santità. Ed è lì la vera pace cui aspirano i santi, per poi donarcela.

Sono venuto a portare divisione – Benedetto XVI (Angelus, 19 Agosto 2007): Questa espressione di Cristo significa che la pace che Egli è venuto a portare non è sinonimo di semplice assenza di conflitti. Al contrario, la pace di Gesù è frutto di una costante lotta contro il male. Lo scontro che Gesù è deciso a sostenere non è contro uomini o poteri umani, ma contro il nemico di Dio e dell’uomo, Satana. Chi vuole resistere a questo nemico rimanendo fedele a Dio e al bene deve necessariamente affrontare incomprensioni e qualche volta vere e proprie persecuzioni. Perciò, quanti intendono seguire Gesù e impegnarsi senza compromessi per la verità devono sapere che incontreranno opposizioni e diventeranno, loro malgrado, segno di divisione tra le persone, addirittura all’interno delle loro stesse famiglie. L’amore per i genitori infatti è un comandamento sacro, ma per essere vissuto in modo autentico non può mai essere anteposto all’amore di Dio e di Cristo. In tal modo, sulle orme del Signore Gesù, i cristiani diventano “strumenti della sua pace”, secondo la celebre espressione di san Francesco d’Assisi. Non di una pace inconsistente e apparente, ma reale, perseguita con coraggio e tenacia nel quotidiano impegno di vincere il male con il bene (cfr. Rm 12,21) e pagando di persona il prezzo che questo comporta.

La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: Il fuoco e il battesimo si riferiscono alla morte e risurrezione di Gesù – «Egli ci insegna dicendo: C’è un battesimo che devo ricevere; e come sono angosciato, finché non sia compiuto. Con questo battesimo egli intende la sua morte nella carne. Il fatto che ne fosse angosciato significa che era rattristato e preoccupato fin tanto che tale battesimo non fu compiuto. Il messaggio salvifico del Vangelo non sarebbe stato annunciato solo in Giudea. Paragonandolo con il fuoco, egli ha detto: Sono venuto per portare il fuoco sulla terra – ma questo ora dovrebbe essere proclamato anche in tutto il mondo. Prima della croce preziosa e della sua risurrezione dai morti, si parlava dei suoi comandamenti e della gloria dei suoi miracoli divini solo in Giudea» (Cirillo di Alessandria).

Silenzio / Preghiera / La tua traccia: Sono venuto a gettare fuoco sulla terra – R. T. (Fuoco in Schede Bibliche – EDB): Gesù è annunciato da Giovanni Battista come il vagliatore che getta la paglia nel fuoco e come colui che battezza nello Spirito Santo e nel fuoco: «Io vi battezzo con l’acqua per farvi convertire; ma colui che viene dopo di me è più potente di me ed io non sono degno neanche di portargli i calzari; lui vi battezzerà con lo Spirito Santo e col fuoco. Ha in mano il suo ventilabro e monderà la sua aia, e raccoglierà il suo grano nel granaio e brucerà la pula con un fuoco inestinguibile» (Mt 3,11-12). Giovanni, nella sua predicazione, presentava il regno dei cieli, ormai imminente (Mt 3,1-2), come una discriminazione ed un giudizio che si compiono in base alle opere di ognuno. L’era messianica è un tempo di discriminazione che purifica l’aia, ammassando il grano da una parte e gettando invece la paglia nel fuoco. Il messia dunque è il vagliatore; è il santificatore e, nello stesso tempo, il giudice. Egli inaugura il giorno di Iahvé, che porta la salvezza ai credenti, ma che riserva il fuoco della geenna a chi rifiuta la grazia. Dopo questa attestazione del Battista in suo favore, Gesù riceve il battesimo nel Giordano. Questo atto dà inizio alla sua azione redentrice, ed è anche un segno precursore della sua passione e morte sulla croce, l’altro battesimo che egli attende di ricevere (Mc 10,38). Nel vangelo di Luca, il battesimo di sangue che Gesù deve ricevere è accostato alla sua missione di portare il fuoco sulla terra (Lc 12,49-50). È questo il solo testo in cui Gesù paragona la sua opera all’azione del fuoco. Il battesimo che egli riceverà sulla croce, accenderà un fuoco nel mondo. L’offerta sul Calvario, infatti, è la prova del fuoco, in cui la vittima pura viene consumata e diviene purificante per gli uomini, ai quali porta il dono della grazia e della vita nuova. Attraverso il battesimo di sangue di Gesù, «il fuoco è acceso»; esso diventerà operante per i credenti grazie all’azione dello Spirito. Per questo occorre essere battezzati nello Spirito Santo e nel fuoco. La chiesa ormai vive di questo fuoco che infiamma il mondo grazie al sacrificio di Cristo. Tale fuoco ardeva nel cuore dei pellegrini di Emmaus, mentre ascoltavano il Maestro risorto: «Ed essi si dissero l’un l’altro: “Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino, quando ci spiegava le Scritture?”» (Lc 24,32). È disceso sui discepoli nel giorno della Pentecoste (At 2,3), realizzando per essi il battesimo nello Spirito e nel fuoco (cfr. At 1,5). La vita cristiana è anch’essa sotto il segno del fuoco: non più quello del Sinai, ma quello che consuma l’olocausto delle nostre vite in un culto accetto a Dio (Eb 12,18.28-29). Per coloro che hanno accolto il fuoco dello Spirito, la distanza tra l’uomo e Dio è superata da Dio stesso, che si è interiorizzato perfettamente nell’uomo. In questo senso è necessario essere «salati» per mezzo del fuoco, il fuoco del giudizio e quello dello Spirito, attraverso i quali si condanna l’uomo vecchio.

Santo del giorno: 25 Ottobre – Beato Carlo Gnocchi Sacerdote: Carlo Gnocchi, nacque da una povera famiglia in provincia di Milano e diocesi di Lodi nel 1902. Alla morte del padre si trasferì a Milano. Entrato nel Seminario della diocesi di Milano, venne ordinato prete nel 1925. Dopo alcuni anni come assistente di oratorio, venne nominato assistente spirituale dell’Istituto Gonzaga dei Fratelli delle Scuole Cristiane, a Milano. Allo scoppio della seconda guerra mondiale, partì come cappellano militare volontario per il fronte greco-albanese, per condividere la sorte dei suoi giovani. Ritornò nel 1942 ma, nello stesso anno, partì per la Russia con gli alpini della Tridentina. La drammatica esperienza della guerra e della ritirata dei soldati italiani lo spinse a riflettere e a considerare il mistero del dolore, specie negli innocenti e nei bambini. Si dedicò quindi a una grandiosa opera di carità nei confronti degli orfani di guerra e dei mutilatini. Malato di tumore, morì il 28 febbraio 1956, dopo aver donato le proprie cornee a due ragazzi ciechi, in un’epoca dove i trapianti d’organi non erano ancora regolamentati dalla legge italiana.

Preghiamo: Dio onnipotente ed eterno, crea in noi un cuore generoso e fedele, perché possiamo sempre servirti con lealtà e purezza di spirito. Per il nostro Signore Gesù Cristo…

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