meditazioni, Novembre

25 Novembre 2019

I Lettura: Il brano di oggi è ambientato «alla corte di Nabucodònosor, dopo la caduta di Gerusa-lemme e la deportazione babilonese. Il re vuole integrare nell’amministrazione dell’impero i giovani provenienti dalle famiglie nobili ebree, facendo di loro dei funzionari dopo un tempo congruo di ad-destramento e di formazione. Tra essi Daniele, insieme a tre suoi compagni. Presso la corte del re, rifiutano di partecipare alla sua ricca mensa e chiedono di nutrirsi solo di legumi. La loro preparazio-ne e la loro sapienza risultano superiori a quelle di tutti gli astrologi e maghi del regno» (E. Cuffaro).

Vangelo: Gesù non teme di accusare palesemente di falso e di disonestà gli scribi notoriamente conosciuti come esperti interpreti della Legge. Sedutosi dinanzi al tesoro sembra prendersi un po’ di riposo contemplando la grandezza del tempio, dimora della gloria di Dio, ma non può non soffer-marsi sulla ipocrisia di coloro che sfacciatamente si autoproclamano «maestri in Israele» (Gv 3,10). E questa volta lo fa con garbo, quasi in punta di piedi, evidenziando il gesto generoso di una vedova che mette nelle casse del tesoro tutta la sua sussistenza. È un modo spiccio per insegnare ai suoi discepoli la carità, quella delle occasioni ordinarie che non ha come contraccambio gli applausi degli uomini.

Vide una vedova povera, che gettava due monetine – Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù, alzàti gli occhi, vide i ricchi che gettavano le loro offerte nel tesoro del tempio. Vide anche una vedova povera, che vi gettava due monetine, e disse: «In verità vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato più di tutti. Tutti costoro, infatti, hanno gettato come offerta parte del loro superfluo. Ella invece, nella sua miseria, ha gettato tutto quello che aveva per vivere».

La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa

Una vedova povera – Giovanni Paolo II (Udienza Generale, 10 agosto 1994): Nella tradizione cristiana fin dai primi tempi si ebbe una particolare attenzione per le donne che, avendo perso il marito, rimanevano sole nella vita, spesso bisognose e indifese. Già nell’Antico Testamento le vedove erano spesso ricordate per la loro misera situazione e additate alla solidale premura della comunità e particolarmente dei responsabili della legge (cfr Es 22,21; Dt 10,18; 24,17; 26,12; 27,19). I Vangeli, gli Atti e le Lettere degli Apostoli sono attraversati da un soffio di carità verso le vedove. Ripetutamente Gesù manifesta premurosa attenzione verso di loro. Egli, ad esempio, loda pubblicamente l’obolo offerto da una povera vedova per il Tempio (cfr Lc 21,3; Mc 12,43); si muove a compassione alla vista della vedova che a Nain accompagna il figlio defunto alla sepoltura, le si accosta per dirle dolcemente: “Non piangere”, e poi le ridà il fanciullo risuscitato (cfr Lc 7,11-15). Il Vangelo ci trasmette altresì il ricordo delle parole di Gesù sulla “necessità di pregare sempre, senza stancarsi”, prendendo ad esempio la vedova che con l’insistenza delle sue richieste ottiene dal giudice disonesto che le faccia giustizia (cfr Lc 18,5); e quelle altre parole con cui Gesù depreca severamente gli scribi che “divorano le case delle vedove” ostentando ipocritamente lunghe preghiere (cfr Mc 12,40; Lc 20,47). Tale atteggiamento di Cristo, che adempie il genuino spirito dell’Antico Patto, sta alla radice delle raccomandazioni pastorali di san Paolo e di san Giacomo sull’assistenza spirituale e caritativa alle vedove: “Onora le vedove” (1Tm 5,3); “Religione pura e senza macchia davanti a Dio nostro Padre è questa: soccorrere gli orfani e le vedove nelle loro afflizioni…” (Gc 1,27).

L’obolo della vedova – Card. Tarcisio Bertone (Omelia, 7 novembre 2009): L’obolo è insignificante, ma il dono è totale, ed è tanto più grande quanto meno è ostentato. La sua offerta contrasta con quella dei benestanti, fatta di pezzi d’argento sonanti, che ricevono il consenso pubblico. La donnetta, più che dare avrebbe il diritto di ricevere, ma lei vuole comunque dare e, timidamente, offre gli unici spiccioli che possiede: qualche centesimo dei nostri euro. Gesù esalta la generosità della donna e giudica il suo dono come un atto eroico, una lezione per i superbi, i vanitosi, gli ambiziosi; una lezione che vuole scuotere le coscienze degli ascoltatori. Dare ciò che si è, più che ciò che si ha, è questo il senso del discorso di Gesù. Così anche le “piccole cose” diventano grandi: come quel pugno di farina e quel po’ di olio che la vedova di Sarèpta – di cui parla la prima lettura – offrì con generoso distacco ad Elia. Anche per lei era tutto quello che aveva, ma la sua fede ha fatto nascere il miracolo: “La farina nella giara non venne meno e l’orcio dell’olio non diminuì, secondo la parola che il Signore aveva pronunciato”. Quando si leggono questi fatti dell’Antico e del Nuovo Testamento si rimane ammirati, ma anche un po’ perplessi perché si misura la distanza che esiste fra la conoscenza della Parola di Dio, che ascoltiamo tutte le domeniche, e la sua messa in pratica.

La purezza di cuore – CCC 2544: Ai suoi discepoli Gesù chiede di preferire lui a tutto e a tutti, e propone di rinunziare a tutti i loro averi per lui e per il Vangelo. Poco prima della sua passione ha additato loro come esempio la povera vedova di Gerusalemme, la quale, nella sua miseria, ha dato tutto quanto aveva per vivere. Il precetto del distacco dalle ricchezze è vincolante per entrare nel regno dei cieli.

La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa

Dio non pesa la quantità ma il cuore – «Grande è quel che Egli trarrà dal poco disponibile, poiché sulla bilancia della giustizia divina non si pesa la quantità dei doni, bensì il peso dei cuori. La vedova del Vangelo depositò nel tesoro del tempio due spiccioli e superò i doni di tutti i ricchi [cfr Mt 12,41-44]. Nessun gesto di bontà è privo di senso davanti a Dio, nessuna misericordia resta senza frutto. Diverse sono senza dubbio le possibilità da lui date agli uomini, ma non differenti i sentimenti che egli reclama da loro. Valutino tutti con diligenza l’entità delle proprie risorse e coloro che hanno ricevuto di più diano di più» (San Leone Magno).

Silenzio / Preghiera / La tua traccia

«Tutti costoro, infatti, hanno gettato come offerta parte del loro superfluo». Siamo entrati nell’ultima settimana dell’Anno Liturgico e come sempre, al termine di un ciclo, è tempo di fare anche un esame consuntivo su come abbiamo trascorso l’anno che ci stiamo lasciando alle spalle. Abbiamo iniziato contemplando il mistero dell’attesa e della venuta del Cristo in mezzo a noi, i misteri dell’infanzia di Gesù, la sua manifestazione al mondo, i suoi miracoli, i suoi insegnamenti, i suoi esempi fatti di gesti concreti, di scelte precise, di stili intrapresi. Poi i giorni della Passione, morte e Risurrezione. E così, tra inviti pressanti alla conversione e l’esempio quotidiano dei santi, alimentati dalla Parola di Dio e supportati dalla grazia dei Sacramenti siamo arrivati alla conclusione dell’Anno Liturgico. Tanto abbiamo ricevuto, ma è doveroso chiederci, oggi, quanto abbiamo dato. Non si tratta di elencare, come il fariseo al Tempio, quanti digiuni, veglie, rosari e Messe abbiamo accumulato in quest’anno; non si tratta di quantificare o di pesare per comprendere se abbiamo fatto più o meno degli altri fratelli, più o meno rispetto agli altri anni. Dobbiamo solo chiederci se abbiamo dato tutto o solo il superfluo. Forse abbiamo dato solo due spiccioli, solo un sorriso, solo un gesto di carità o una preghiera, ma se questo era tutto ciò che avevamo, allora abbiamo dato tutto. Ma se abbiamo dato solo il tempo superfluo, le energie che non ci servivano, le cose di cui potevamo anche fare a meno, allora possiamo dire che è stato solo un anno sprecato.

Preghiamo

Ridesta, Signore, la volontà dei tuoi fedeli perché, collaborando con impegno alla tua opera di salvezza, ottengano in misura sempre più abbondante i doni della tua misericordia. Per il nostro Signore Gesù Cristo…

 

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