giugno, meditazioni

19 Giugno 2019

19 Giugno 2019 – Mercoledì, XI del Tempo Ordinario – (2Cor 9,6-11; Sal 111[112]; Mt 6,1-6.16-18) – I Lettura: Continua l’esortazione di Paolo per la comunità dei Corìnzi a provvedere alla colletta per le necessità della comunità di Gerusalemme. L’oggetto di quest’incoraggiamento consiste principalmente nell’essere generosi nell’offerta, la quale non mancherà di essere largamente ricompensata da parte del Signore. Vi è inoltre un’altra dinamica che non deve essere sottovalutata: la colletta provocherà una preghiera di ringraziamento da parte di coloro che ne beneficeranno, e questo non fa che alimentare la comunione fra le chiese. Vangelo: Uno dei problemi principali del cuore dell’uomo nel vivere in pieno la giustizia cristiana è l’esigenza di soddisfare la vanità che a sua volta spinge all’ostentazione e all’ipocrisia, annebbiando quella purezza di cercare solo Dio. A tal proposito, nel brano del Vangelo odierno, leggiamo tre insegnamenti pratici da parte di Gesù che mettono in evidenza quei campi principali dove il tarlo della vanità primeggia.

Il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà Dal Vangelo secondo Matteo: In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «State attenti a non praticare la vostra giustizia davanti agli uomini per essere ammirati da loro, altrimenti non c’è ricompensa per voi presso il Padre vostro che è nei cieli. Dunque, quando fai l’elemosina, non suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipocriti nelle sinagoghe e nelle strade, per essere lodati dalla gente. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, mentre tu fai l’elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra, perché la tua elemosina resti nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà. E quando pregate, non siate simili agli ipocriti che, nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, amano pregare stando ritti, per essere visti dalla gente. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, quando tu preghi, entra nella tua camera, chiudi la porta e prega il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà. E quando digiunate, non diventate malinconici come gli ipocriti, che assumono un’aria disfatta per far vedere agli altri che digiunano. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, quando tu digiuni, profùmati la testa e làvati il volto, perché la gente non veda che tu digiuni, ma solo il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà».

Riflessione: «In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa». Nel Vangelo troviamo alcuni esempi di chi cerca ricompense umane fondate sull’ammirazione degli uomini, sul loro consenso o semplicemente sulla umana gratificazione. Nel soffermarci a contemplare questi esempi, probabilmente li sentiremo lontani da noi: pensiamo che in fondo non siamo i tipi da starcene al centro delle piazze a pregare o non siamo tra coloro che assumono aria triste per far capire che digiunano. Ma pensandoci bene, quante volte anche noi agiamo per Dio cercando però ricompense dagli uomini? Quante liti e divisioni o malcontenti nascono nelle nostre comunità, nelle nostre parrocchie o associazioni proprio perché si cerca di emergere, perché non ci sentiamo gratificati, perché pensiamo che dovrebbero dirci grazie per quanto facciamo, perché si insinua in noi il dubbio che forse alla fine non ne valga nemmeno la pena. Dietro tutto questo si cela il bisogno di avere consensi dagli uomini, dimenticando che se lavoriamo per Dio, solo da lui dobbiamo attendere la ricompensa, che puntuale arriverà quando sarà il momento della “mietitura”: a quel punto ciascuno raccoglierà quanto avrà seminato (cfr. Gal 6,7). Quando possiamo fare del bene, facciamolo, proprio perché è bene farlo; e facciamolo nel miglior modo possibile, senza attendere nulla in cambio, senza pretendere che gli uomini ci ricompensino. Abbiamo una certezza: Dio vede il nostro cuore ed egli certo ci ricompenserà.

La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: L’elemosina: Economia di comunione – Catechismo degli Adulti 1124: I beni di questo mondo possono rendere il cuore insensibile a Dio e al prossimo, ma possono anche diventare strumento di comunione. L’Antico Testamento riconosce il diritto alla proprietà privata e comanda di non rubare, non desiderare i beni del prossimo e non spostare i confini in maniera fraudolenta. Nello stesso tempo stabilisce precisi oneri sociali a carico della proprietà: la spigolatura, le decime, l’anno sabbatico, l’anno giubilare, il dovere dell’elemosina. I beni che il Creatore ha affidato al genere umano, non possono essere posseduti egoisticamente, ma devono essere condivisi e tornare a vantaggio di tutti. A Gesù urge con forza questa esigenza: «Vendete ciò che avete e datelo in elemosina; fatevi borse che non invecchiano, un tesoro inesauribile nei cieli, dove i ladri non arrivano e la tignola non consuma» (Lc 12,33). Chi si converte, come il pubblicano Zaccheo, dona almeno una parte consistente dei suoi beni. L’apostolo Paolo esorta i cristiani a lavorare alacremente, per non essere di peso agli altri e per aiutare «chi si trova in necessità» (Ef 4,28). Raccomanda di donare liberamente, per convinzione interiore, con generosità e con gioia: «Chi semina scarsamente, scarsamente raccoglierà e chi semina con larghezza, con larghezza raccoglierà. Ciascuno dia secondo quanto ha deciso nel suo cuore, non con tristezza né per forza, perché Dio ama chi dona con gioia» (2Cor 9,6-7). La circolazione dei beni materiali contribuisce all’edificazione della comunità: «È con i nostri patrimoni che diventiamo fratelli». Nello stesso tempo la persona si realizza nella sua più intima vocazione e sperimenta che donare è bello; anzi: «Vi è più gioia nel dare che nel ricevere!» (At 20,35).

La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: “Non basta fare opere di misericordia, ma le si devono fare con larghezza e senza tristezza d’animo; o meglio, non solo senza tristezza, ma con letizia, con gioia: non è lo stesso non essere tristi e gioire. Proprio questo voleva ottenere con grande cura l’Apostolo, scrivendo ai Corinti: Chi scarsamente semina, scarsamente mieterà; e chi semina con larghezza, con larghezza mieterà [2Cor 9,6]; soggiungendo poi, per creare uno stato d’animo retto: Non di malavoglia o per forza [2Cor 9,7]. Queste due disposizioni devono essere presenti in chi compie opere di misericordia: la generosità e la gioia. Perché gemi quando fai elemosina? Perché ti rattristi compiendo opere di misericordia, e rinunzi così al frutto della tua opera buona? Se sei triste, non sei misericordioso, ma rozzo e insensibile. Così rattristato, come potrai alleviare chi è nel dolore? È desiderabile che, porgendogli tu con gioia il dono, egli non sospetti nulla di male; dato infatti che nulla sembra tanto umiliante agli uomini come ricevere dagli altri, se tu non elimini ogni sospetto con una gioia smisurata, mostrando di ricevere piuttosto che dare, opprimi chi riceve il tuo dono piuttosto che sollevarlo. Per questo l’Apostolo dice: Chi fa opere di misericordia, le compia con gioia [Rm 12,8]” (San Giovanni Crisostomo).

Silenzio / Preghiera / La tua traccia: Il Vangelo di oggi indica tre elementi per il cammino spirituale: la preghiera, il digiuno e l’elemosina; tutti e tre «comportano la necessità di non farsi dominare dalle cose che appaiono: quello che conta non è l’apparenza; il valore della vita non dipende dall’approvazione degli altri o dal successo, ma da quanto abbiamo dentro. Il primo elemento è la preghiera. La preghiera è la forza del cristiano e di ogni persona credente. Nella debolezza e nella fragilità della nostra vita, noi possiamo rivolgerci a Dio con fiducia di figli ed entrare in comunione con Lui. Dinanzi a tante ferite che ci fanno male e che ci potrebbero indurire il cuore, noi siamo chiamati a tuffarci nel mare della preghiera, che è il mare dell’amore sconfinato di Dio, per gustare la sua tenerezza. La Quaresima è tempo di preghiera, di una preghiera più intensa, più prolungata, più assidua, più capace di farsi carico delle necessità dei fratelli; preghiera di intercessione, per intercedere davanti a Dio per tante situazioni di povertà e di sofferenza. Il secondo elemento qualificante del cammino quaresimale è il digiuno. Dobbiamo stare attenti a non praticare un digiuno formale, o che in verità ci “sazia” perché ci fa sentire a posto. Il digiuno ha senso se veramente intacca la nostra sicurezza, e anche se ne consegue un beneficio per gli altri, se ci aiuta a coltivare lo stile del Buon Samaritano, che si china sul fratello in difficoltà e si prende cura di lui. Il digiuno comporta la scelta di una vita sobria, nel suo stile; una vita che non spreca, una vita che non “scarta”. Digiunare ci aiuta ad allenare il cuore all’essenzialità e alla condivisione. È un segno di presa di coscienza e di responsabilità di fronte alle ingiustizie, ai soprusi, specialmente nei confronti dei poveri e dei piccoli, ed è segno della fiducia che riponiamo in Dio e nella sua provvidenza. Terzo elemento, l’elemosina: essa indica la gratuità, perché nell’elemosina si dà a qualcuno da cui non ci si aspetta di ricevere qualcosa in cambio. La gratuità dovrebbe essere una delle caratteristiche del cristiano, che, consapevole di aver ricevuto tutto da Dio gratuitamente, cioè senza alcun merito, impara a donare agli altri gratuitamente. Oggi spesso la gratuità non fa parte della vita quotidiana, dove tutto si vende e si compra. Tutto è calcolo e misura. L’elemosina ci aiuta a vivere la gratuità del dono, che è libertà dall’ossessione del possesso, dalla paura di perdere quello che si ha, dalla tristezza di chi non vuole condividere con gli altri il proprio benessere» (Papa Francesco, Omelia, 5 marzo 2014).

Santo del giorno: 19 Giugno – Santa Giuliana Falconieri, Vergine: “Nipote di uno dei Sette santi fondatori dei Servi di Maria, sant’Alessio, Giuliana Falconieri (1270-1341) ne seguì le orme diventando fondatrice e prima superiora delle Sorelle dell’ordine dei Servi della beata Vergine Maria, dette Mantellate. Con lei avevano preso il velo alcune sue amiche che la seguirono in uno stile di vita improntato al carisma dei Serviti e a una regola molto rigida. Nata a Firenze da una famiglia nobile, visse la vocazione sin da ragazza in casa, divenendo a 14 anni Terziaria. Vestito l’abito, anzi l’ampio mantello scuro che caratterizzò le religiose, resse il convento per 40 anni. Non potendo comunicarsi, nei suoi ultimi giorni la santa chiese che un’ostia consacrata le fosse posata sul petto. La particola – mentre lei moriva dicendo «Mio dolce Gesù, Maria!» – scomparve e ne rimase impresso il segno. Venne beatificata nel 1678 e canonizzata nel 1737” (Avvenire).

Preghiamo: O Dio, fortezza di chi spera in te, ascolta benigno le nostre invocazioni, e poiché nella nostra debolezza nulla possiamo senza il tuo aiuto, soccorrici con la tua grazia, perché fedeli ai tuoi comandamenti possiamo piacerti nelle intenzioni e nelle opere. Per il nostro Signore Gesù Cristo…

 

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