agosto, meditazioni

23 Aprile 2019

23 Aprile 2019 – Martedì dell’Ottava di Pasqua – (At 2,36-41; Sal 32[33]; Gv 20,11-18) – I Lettura: “La Parola di Dio annunciata dagli Apostoli, deve avere un ritorno nei termini di un interrogativo sul proprio cammino… La Parola annunciata è destinata a tutti, ma ciascuno deve applicarla poi alla propria vita e alle circostanze irripetibili delle prove personali” (E. Cuffaro). Che cosa dobbiamo fare? A questa domanda Pietro risponde indicando un sentiero luminoso di gioia e di salvezza: invito alla conversione, lavacro nel battesimo e promessa dello Spirito Santo. Il pentimento-conversione si manifesta nell’accettare il battesimo nel nome di Gesù. Vangelo: Gesù appare a Maria di Màgdala dandole l’ordine di portare la buona novella della Risurrezione a tutti i suoi fratelli. Col dire “Non mi trattenere” Gesù annunzia la fine dell’incontro fisico. Ormai Gesù secondo la carne non è più accessibile come quando era in vita. A partire dalla risurrezione, gli occhi della carne sono impotenti a vederlo e a riconoscerlo: Maria simboleggia così il credente in ascolto del Maestro.

Ho visto il Signore e mi ha detto queste cose Dal Vangelo secondo Giovanni: In quel tempo, Maria stava all’esterno, vicino al sepolcro, e piangeva. Mentre piangeva, si chinò verso il sepolcro e vide due angeli in bianche vesti, seduti l’uno dalla parte del capo e l’altro dei piedi, dove era stato posto il corpo di Gesù. Ed essi le dissero: «Donna, perché piangi?». Rispose loro: «Hanno portato via il mio Signore e non so dove l’hanno posto». Detto questo, si voltò indietro e vide Gesù, in piedi; ma non sapeva che fosse Gesù. Le disse Gesù: «Don-na, perché piangi? Chi cerchi?». Ella, pensando che fosse il custode del giardino, gli disse: «Signore, se l’hai portato via tu, dimmi dove l’hai posto e io andrò a prenderlo». Gesù le disse: «Maria!». Ella si voltò e gli disse in ebraico: «Rabbunì!» – che significa: «Maestro!». Gesù le disse: «Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre; ma va’ dai miei fratelli e di’ loro: “Salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro”». Maria di Màgdala andò ad annunciare ai discepoli: «Ho visto il Signore!» e ciò che le aveva detto.

Riflessione: «Donna, perché piangi?». Come un ritornello, prima i due angeli e poi lo stesso Gesù ripetono la stessa domanda alla Maddalena. Una domanda che sembrerebbe fuori luogo, se fosse fatta da chiunque altro: a chi ha perso un proprio caro, a chi ha subìto un lutto e si trova nel dolore, non si chiede il perché del pianto! A chi è disperato, senza speranza, a chi ha perso tutto ed è in rovina, non si chiede il perché del pianto! Ma la domanda diviene legittima se si ha la soluzione al problema, e diventa pienamente opportuna se la soluzione è per qualsiasi problema. Gesù risorto è la risposta ad ogni angosciante domanda, è la soluzione al peggiore dei dolori, è la speranza certa di ogni problema. Nulla è più doloroso, nulla affligge più della morte: Gesù supera la morte, la combatte e la vince. E ancora oggi, a ciascuno di noi, a quanti siamo tristi, afflitti, angosciati, a quanti non trovano soluzioni, a quanti si sono lasciati andare alla disperazione, a quanti si trovano nei pressi di un moribondo, dinanzi alla lapide di un caro defunto… Gesù è lì che ci guarda con infinita misericordia e ripete a ciascuno di noi: «Perché piangi?». Credere in Gesù risorto, contemplarlo nella sua gloria, significa avere il coraggio di asciugare ogni nostra lacrima, gettare in lui ogni nostro dolore, affidargli ogni disperazione: non per evitare la morte, ma per superarla; non per non affrontare il dolore, ma per vincerlo; non per rimanere in eterno in questo mondo, ma per ottenere la vera vita, quella che non avrà fine, in cui crediamo e speriamo.

La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: Maria stava all’esterno, vicino al sepolcro, e piangeva: Mons. Vincenzo Paglia, Vescovo (Omelia, 10 Aprile 2007): Maria di Màgdala rimane accanto al sepolcro e piange. La perdita dell’unico che l’aveva capita, l’ha fatta correre e l’ha indotta a cercarlo. Noi troppo poco piangiamo la perdita del Signore! Maria è sconsolata. A tutti, ai due angeli e al “giardiniere” chiede di Gesù. È tutta tesa alla ricerca del Maestro, null’altro le interessa. Maria è esempio della vera credente che cerca il suo Signore. Lo chiede anche al “giardiniere”. Ella vede Gesù con gli occhi, ma non lo riconosce finché non viene chiamata per nome. È quel che accade anche a noi con il Vangelo. Non gli occhi ci permettono di riconoscere Gesù, ma la voce. Quel timbro, quel tono, quel nome pronunciato con una tenerezza che tante volte le aveva toccato il cuore, fanno cadere la barriera, e Maria riconosce il suo maestro. Ascoltarlo anche una sola volta significa non abbandonarlo più. La voce di Cristo (il Vangelo) non si dimentica; udita per un attimo, non vi si rinuncia più. La familiarità con le parole evangeliche è familiarità con il Signore: costituisce la via per vederlo e incontrarlo. Maria si getta ai piedi di Gesù e lo abbraccia con l’affetto struggente di chi ha ritrovato l’uomo decisivo della sua vita. Ma Gesù le dice: “Non mi trattenere… Va’ piuttosto dai miei fratelli”. L’amore evangelico è un’energia che spinge ad andare oltre. Maria fu ancor più felice mentre correva nuovamente verso i discepoli per annunciare a tutti: “Ho visto il Signore!”. Lei, la peccatrice, è divenuta la prima annunciatrice del Vangelo.

Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre – Benedetto XVI (Omelia, 26 Maggio 2005): Il Signore è risorto e ci precede. Nei racconti della Risurrezione vi è un tratto comune ed essenziale; gli angeli dicono: il Signore “vi precede in Galilea; là lo vedrete” (Mt 28,7). Considerando ciò più da vicino, possiamo dire che questo “precedere” di Gesù implica una duplice direzione. La prima è – come abbiamo sentito – la Galilea. In Israele, la Galilea era considerata come la porta verso il mondo dei pagani. Ed in realtà proprio in Galilea, sul monte, i discepoli vedono Gesù, il Signore, che dice loro: “Andate.. e ammaestrate tutte le nazioni” (Mt 28,19). L’altra direzione del precedere, da parte del Risorto, appare nel Vangelo di San Giovanni, dalle parole di Gesù a Maddalena: “Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre…” (Gv 20,17). Gesù ci precede presso il Padre, sale all’altezza di Dio e ci invita a seguirlo. Queste due direzioni del cammino del Risorto non si contraddicono, ma indicano insieme la via della sequela di Cristo. La vera meta del nostro cammino è la comunione con Dio – Dio stesso è la casa dalle molte dimore (cfr. Gv 14,2s). Ma possiamo salire a questa dimora soltanto andando “verso la Galilea” – andando sulle strade del mondo, portando il Vangelo a tutte le nazioni.

La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: Siamo come Cristo – “Ieri s’immolava l’agnello e le porte venivano dipinte col sangue e tutto l’Egitto pianse i suoi primogeniti, ma noi restammo immuni, il sangue sulle porte ci salvò. Oggi lasciamo l’Egitto, il suo Faraone e i suoi feroci prefetti; lasciamo la fabbrica dei mattoni e nessuno ci può impedire di celebrare la festa della nostra liberazione, e celebriamo non nel vecchio fermento della malizia, ma negli azzimi della sincerità e della verità, poiché non portiamo con noi niente dell’em-pietà dell’Egitto. Ieri ero levato in croce con Cristo, oggi son glorificato con lui; ieri morivo con lui, oggi rivivo; ieri venivo seppellito con lui, oggi risorgo. Offriamo, dunque, qualcosa a colui che per noi morì ed è risorto. Forse voi pensate a oro, argento, tessuti, pietre lucide e preziose, tutta roba fragile e mutevole della terra, la maggior parte della quale è in possesso di un qualche schiavo delle cose terrene e di un qualche principe del mondo. Offriamo, invece, noi stessi; questo è il possesso più prezioso per Iddio e il più degno di lui. Diamo all’immagine ciò che conviene all’immagine, riconosciamo la nostra dignità, onoriamo il modello, comprendiamo la forza del mistero e il motivo per cui Cristo è morto. Siamo come Cristo, perché‚ Cristo s’è fatto come noi. Facciamoci dèi per lui, perché lui per noi s’è fatto uomo” (Gregorio  Nazianzeno).

Silenzio / Preghiera / La tua traccia: Convertitevi – “Pietro nel suo discorso di Gerusalemme esorta alla conversione, come Gesù esortava i suoi ascoltatori all’inizio della sua attività messianica. La conversione richiede la convinzione del peccato, contiene in sé il giudizio interiore della coscienza, e questo, essendo una verifica dell’azione dello Spirito di verità nell’intimo dell’uomo, diventa nello stesso tempo il nuovo inizio dell’elargi-zione della grazia e dell’amore: «Ricevete lo Spirito Santo». Così in questo «convincere quanto al peccato» scopriamo una duplice elargizione: il dono della verità della coscienza e il dono della certezza della redenzione. Lo Spirito di verità è il consolatore. Il convincere del peccato, mediante il ministero dell’annuncio apostolico nella Chiesa nascente, viene riferito – sotto l’impulso dello Spirito effuso nella Pentecoste – alla potenza redentrice di Cristo crocifisso e risorto. Così si adempie la promessa relativa allo Spirito Santo, fatta prima di pasqua: «Egli prenderà del mio e ve l’annuncerà». Quando dunque, durante l’evento della Pentecoste, Pietro parla del peccato di coloro che «non hanno creduto» ed hanno consegnato ad una morte ignominiosa Gesù, egli rende testimonianza alla vittoria sul peccato: vittoria che si è compiuta, in certo senso, mediante il peccato più grande che l’uomo poteva commettere: l’uccisione di Gesù, Figlio di Dio, consostanziale al Padre! Similmente, la morte del Figlio di Dio vince la morte umana: «Ero mors tua, o mors», come il peccato di aver crocifisso il Figlio di Dio «vince» il peccato umano! Quel peccato che si consumò a Gerusalemme il giorno del Venerdì santo – e anche ogni peccato dell’uomo. Infatti, al più grande peccato da parte dell’uomo corrisponde, nel cuore del Redentore, l’oblazione del supremo amore, che supera il male di tutti i peccati degli uomini” (Dominum et Vivificantem 31).

Santo del giorno: 23 Aprile – Beata Elena Valentini da Udine, Religiosa: “Tra le penitenze che la beata friulana Elena Valentini si infliggeva vi erano trentatré sassolini messi nelle scarpe. Il numero simbolico rimanda già alla spiegazione che lei dava: «Per amore de’ balli che in lo secolo faceva (io facevo ndr), offendendo el mio Signore, e per amore che il mio dolze Iesu trentatré anni per mio amore per lo mondo caminò». La donna, nata a Udine nel 1396 nella famiglia dei signori di Maniago, era divenuta terziaria agostiniana dopo essere rimasta vedova. A 18 anni infatti era andata in sposa al nobile Antonio Cavalcanti, al quale aveva dato sei figli. Poi la scelta religiosa, sollecitata dalla predicazione dell’Agostiniano Angelo di San Severino. Elena visse 12 anni in casa con la sorella Perfetta, anch’ella terziaria agostiniana, nella più stretta penitenza: usciva solo per andare a pregare nella chiesa di Santa Lucia. Morì, dopo essere rimasta a lungo a letto per la frattura di entrambi i femori, nel 1458. È venerata nel duomo di Udine” (Avvenire).

Preghiamo: O Dio, che nei sacramenti pasquali hai dato al tuo popolo la salvezza, effondi su di noi l’abbon-danza dei tuoi doni, perché raggiungiamo il bene della perfetta libertà e abbiamo in cielo quella gioia che ora

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