marzo, meditazioni

29 Marzo 2019

29 Marzo 2019 – Venerdì, III di Quaresima – (Os 14,2-10; Sal 80[81]; Mc 12,28b-34) – I Lettura: Osèa è il profeta che canta la misericordia divina e l’amore di Dio per il suo popolo. Il brano odierno è un invito a ritornare tra le braccia di Dio, di abbandonare gli idoli, di non aver paura perché Dio ha dimenticato la sua ira. Sono parole di pace e di perdono che si intrecciano con inviti alla conversione, alla speranza e alla conoscenza interiore di Dio. La conversione, infatti, è un movimento interiore dell’uomo verso Dio che però necessita di una prepara-zione: “Preparate le parole da dire” è un’esortazione a mettersi in un rapporto di dialogo con Dio dove Dio stesso mette le parole giuste in bocca ai fedeli che vogliono tornare a lui (“ditegli…”). L’amore di Dio si manifesta anche in questo: è Lui stesso a preparare il cuore dell’uomo ad entrare in relazione con Lui, bisogna solo avere il cuore aperto all’azione stessa di Dio. Vangelo: La risposta che Gesù suggerisce allo scriba non è una novità in quanto nelle scuole rabbiniche era aperto il dibattito sul “cuore” della legge, e l’affermazione che esso consistesse nell’amore di Dio e del prossimo non era sconosciuta. La novità sta nel fatto che Gesù unifica un testo del Deuteronòmio (6,4-5) con un testo del Levìtico (19,18). Nelle parole di Gesù va colta una profonda verità: l’amore dell’uomo nasce da quello di Dio, e deve commisurarsi su di esso.

Il Signore nostro Dio è l’unico Signore: lo amerai Dal Vangelo secondo Marco: In quel tempo, si avvicinò a Gesù uno degli scribi e gli domandò: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?». Gesù rispose: «Il primo è: “Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza”. Il secondo è questo: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Non c’è altro comandamento più grande di questi». Lo scriba gli disse: «Hai detto bene, Maestro, e secondo verità, che Egli è unico e non vi è altri all’infuori di lui; amarlo con tutto il cuore, con tutta l’intelligenza e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso vale più di tutti gli olocàusti e i sacrifici». Vedendo che egli aveva risposto saggiamente, Gesù gli disse: «Non sei lontano dal regno di Dio». E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo.

Riflessione: «… amarlo con tutto il cuore, con tutta l’intelligenza e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso vale più di tutti gli olocàusti e i sacrifici». La conversione del cuore, come tema centrale in questo Tempo di grazia, richiede una conformazione ai sentimenti di Cristo, come ci ricorda san Paolo: «Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù» (Fil 2,5). Se leggiamo attentamente i Vangeli, ci accorgiamo che un tratto fondamentale del carattere e dei sentimenti di Gesù è la “totalità”. Cosa significa? Che se Gesù obbedisce, non lo fa ogni tanto o quando può o nella misura in cui gli conviene, ma obbedisce sempre, in pienezza, in qualunque situazione, con totalità! Se Gesù ama e si dona al prossimo, non lo fa solo verso chi gli vuol bene o verso coloro che lo apprezzano, o verso coloro da cui ritiene poterne avere un contraccambio o un qualche guadagno, ma ama e si dona a tutti, interamente, come ci ricorda San Giovanni all’inizio del racconto della Passione: «… avendo amato i suoi, li amò sino alla fine» (Gv 13,1). Essere cristiani implica la stessa misura del Cristo, la stessa pienezza e totalità, sia nei riguardi del Padre, sia nei riguardi del prossimo. Ogni nostra virtù, potenza, sapienza, affetto, industria… devono mettersi al servizio di questo amore totale. Significa allontanare dalla nostra vita ogni tornaconto, egoismo, superbia, ma anche ogni forma di superficialità e facile compromesso: “o Dio o Mammona!” – direbbe Gesù. Solo scegliendo il Tutto saremo veramente cristiani

La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: Priorità della fede, primato della carità – Benedetto XVI (Messaggio per la Quaresima 2013): Come ogni dono di Dio, fede e carità riconducono all’azione dell’unico e medesimo Spirito Santo (cfr. 1Cor 13), quello Spirito che in noi grida «Abbà! Padre» (Gal 4,6), e che ci fa dire: «Gesù è il Signore!» (1Cor 12,3) e «Maranatha!» (1Cor 16,22; Ap 22,20). La fede, dono e risposta, ci fa conoscere la verità di Cristo come Amore incarnato e crocifisso, piena e perfetta adesione alla volontà del Padre e infinita misericordia divina verso il prossimo; la fede radica nel cuore e nella mente la ferma convinzione che proprio questo Amore è l’unica realtà vittoriosa sul male e sulla morte. […] Infondendo in noi la carità, lo Spirito Santo ci rende partecipi della dedizione propria di Gesù: filiale verso Dio e fraterna verso ogni uomo (cfr. Rm 5,5). Il rapporto che esiste tra queste due virtù è analogo a quello tra due Sacramenti fondamentali della Chiesa: il Battesimo e l’Eucaristia. Il Battesimo (sacramentum fidei) precede l’Eucaristia (sacramentum caritatis), ma è orientato ad essa, che costituisce la pienezza del cammino cristiano. In modo analogo, la fede precede la carità, ma si rivela genuina solo se è coronata da essa. Tutto parte dall’umile accoglienza della fede («il sapersi amati da Dio»), ma deve giungere alla verità della carità («il saper amare Dio e il prossimo»), che rimane per sempre, come compimento di tutte le virtù (cfr. 1Cor 13,13).

Torna, Israele, al Signore, tuo Dio – Paolo VI (Udienza Generale, 16 Marzo 1977): Lo snodarsi della Quaresima ed il progredire della sapientissima pedagogia della sua liturgia, ci inducono, quasi ci costringono a riflettere sul tema centrale di questo straordinario periodo, vero tempo forte dello spirito: la conversione. Siamo chiamati a convertirci, a far penitenza. […] Non finiremmo più di ricordare parole e fatti evangelici per mettere in luce il senso e il valore di questa conversione, di questa penitenza, di questa metánoia, che è appunto un rivolgimento interno, un cambiare strada, un ritornare fra le braccia del Padre, come lo descrive visivamente con accenti incomparabili la parabola del figlio che ritorna (cfr. Lc 15,11-32). Come ben comprendiamo dai chiarissimi insegnamenti di Gesù, lo scopo è quello di una modificazione profonda, in due direzioni. Anzitutto, modificare la maniera di pensare, la mentalità, gli intimi moventi delle azioni: e si pensi di quale mutamento difficile si tratta, se coinvolge la personalità più segreta e profonda di ciascuno di noi; e, in secondo significato, si tratta anche di mutare la condotta pratica, il comportamento, l’agire, affinché le azioni esteriori corrispondano senza ormai più stridenti contrasti con la interiore rivoluzione, avvenuta nello spirito. In una parola, si tratta di stabilire una piena, sempre più piena conformità di pensiero e di vita con la volontà di Dio, che Gesù ci fa chiedere nella preghiera programmatica del cristiano: fiat voluntas tua, sia fatta la tua volontà (Mt 6,10), senza ostacoli, senza remore, senza resistenza; come in Cielo così in, terra. Sono parole ostiche, ma solo per chi rifiuta di aprire il cuore alla voce del Signore, solo per chi si ostina a procedere in «direzione vietata» contro tutti i richiami della Rivelazione e della coscienza. Certamente siamo molto distanti dalla concezione permissiva moderna, che esalta nei modi più provocatori, specie per chi ancora non sia temprato e forte, una libertà che è solo licenza; un istinto, un interesse, un’amoralità e un immoralismo che equivalgono solo all’egoismo più sfrenato; ma così si dimentica che esiste un rapporto tanto ontologico ed esistenziale, quanto deontologico, tra la libertà, consapevolmente, virilmente esercitata, e il dovere che da essa trae forza, virtù e merito. Difficile? Certo. Ma non impossibile. È la via da sempre segnata da Dio per chi vuole esser degno di diventare suo figlio. Troveremo la forza per seguirla? Sì. È Cristo che ci chiama con le parole più sconvolgenti, che devono infondere tanta confidenza anche in chi si sia smarrito lontano: «ci sarà più gioia in Cielo per un peccatore convertito, che per novantanove giusti, che non hanno bisogno di conversione» (Lc 15,7). Sì, così è, così sia, fratelli e figli carissimi.

La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: «Ama il prossimo tuo come te stesso: cioè nel modo e nella forma con cui ami te stesso; ama anche te stesso col fine della giustizia e della salvezza, e nello stesso modo ama il prossimo… Il precetto dell’amore a Dio riassume i comandamenti della prima tavola, mentre il precetto dell’amore al prossimo riassume e completa tutti i comandamenti della seconda tavola» (Alberto Magno).

Silenzio / Preghiera / La tua traccia: Qual è il primo di tutti i comandamenti? – Il racconto della controversia è comune a Matteo (22,34-40) e a Luca (10,25-28). Matteo e Luca attribuiscono alla domanda del dottore della Legge un’intenzione non corretta. Al contrario, Marco presenta lo scriba come una persona posata, intelligente, aperta al dialogo, meritevole di lode, quindi, non lontano dal regno di Dio (Mc 12,34). La disputa ha come sfondo i precetti della legge mosaica, ripartiti dai rabbini in 613 norme, 248 precetti positivi (come il numero delle membra del corpo umano) e 365 negativi (come i giorni dell’anno). In questa cornice, la domanda posta dal dottore della legge non è capziosa, poiché, in tale selva di comandamenti, era di capitale importanza statuire una gerarchia per stabilire un primo ed un ultimo. E in questo senso va compresa la domanda che viene posta a Gesù, anche se le intenzioni degli interlocutori erano ben altre. Gesù nel rispondere salda due precetti, il primo tratto dal libro del Deuteronomio (6,5), il secondo dal libro del Levitico: «Non ti vendicherai e non serberai rancore contro i figli del tuo popolo, ma amerai il tuo prossimo come te stesso. Io sono il Signore». Gesù, saldando i due precetti, voleva far comprendere qualcosa di molto importante al suo interlocutore; una sfumatura che lo scriba certamente non sapeva cogliere ed era la Persona di Gesù: Colui che gli stava dinanzi era venuto per dare compimento e perfezione alla Legge (cfr. Mt 5,17). Praticamente, i comandamenti mosaici devono essere letti alla luce della sua Persona e del suo insegnamento: soltanto se si effettua questa operazione, allora, la risposta di Gesù, anche per i credenti, diventa dirompente, di una novità assoluta rispetto alla mentalità giudaica. In concreto, essendo Cristo Gesù il sacramento dell’amore del Padre, il prossimo va amato come il Padre ama gli uomini (cfr. Gv 3,16). E poiché Lui si è fatto «carne» per amore degli uomini (cfr. Gv 1,14), il prossimo va amato come il Padre ama il Figlio, perché nel Figlio v’è ogni uomo (cfr. Gv 17,21).

Santo del giorno: 29 Marzo – San Guglielmo Tempier, Vescovo di Poitiers: “Canonico regolare a Sant’Ilario di Poitiers, Guglielmo Tempier divenne vescovo della città nel 1184. Viene ricordato per il coraggio con cui difese i diritti e le proprietà della sua diocesi. Morì nel 1197. In vita oggetto di forti opposizioni, in morte fu onorato come un santo: la gente si recava sulla sua tomba per ottenere la guarigione dalle emorragie” (Avvenire).

Preghiamo: Padre santo e misericordioso, infondi la tua grazia nei nostri cuori, perché possiamo salvarci dagli sbandamenti umani e restare fedeli alla tua parola di vita eterna. Per il nostro Signore Gesù Cristo…

 

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