meditazioni, Ottobre

4 Ottobre 2018

4 Ottobre 2018 – Giovedì – S. Francesco d’Assisi (Festa) – (Gal 6,14-18; Sal 15[16]; Mt 11,25-30) – I Lettura: Paolo aderendo mediante la fede a Gesù crocifisso, ha rotto radicalmente con il mondo e con tutti i suoi desideri, accettandone tutte le conseguenze in termini di sofferenze e di persecuzioni. Egli prosegue sottolineando che la circoncisione non ha più alcuna importanza. Se per i giudei diventati cristiani può sussistere come parte della loro identità etnica e nazionale, per i cristiani provenienti dalla gentilità questa può diventare causa di un pericoloso malinteso circa l’effica-cia della salvezza portata da Cristo. Vangelo: Gesù può comunicare la conoscenza di Dio ai piccoli perché è lui stesso mite e umile di cuore. Nella sua condizione di Servo, privo di potere e di successo, respinto dagli uomini, eppure immune da ogni sentimento di vendetta, egli è totalmente sottomesso al volere del Padre. Gli umili, i poveri possono mettersi alla sua scuola e possono imitarlo perché, divenendo Servo sofferente, egli si è fatto solidale con loro per essere la loro guida.

Hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli – Dal Vangelo secondo Matteo: In quel tempo Gesù disse: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo. Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».

Riflessione: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli». Bisogna ammettere che la figura di san Francesco è tra le più grandi, le più belle e anche le più provocatorie della storia della Chiesa, come del resto grande, bella e provocatoria è stata ed è la figura del Cristo. Una grandezza che si manifesta nell’assoluta libertà di cuore che il nostro Patrono ha raggiunto; una bellezza che sgorga come infinita sorgente di lode dal cuore del santo; una provocazione che stimola la nostra coscienza a comprendere cosa voglia dire santità, sequela cristiana, vivere il Vangelo, diventare come Gesù, avere i suoi sentimenti, abbandonarsi alla volontà del Padre, accogliere la sofferenza. San Francesco diventa provocazione per noi, diventa spinta alla nostra coscienza, in quanto vive la dimensione del primato di Dio: un primato che si manifesta nell’amare ogni creatura in quanto amata da Dio, voluta da Dio; amare ogni uomo in quanto immagine di Dio; amare i peccatori, compresi i nemici più acerrimi, in quanto anch’essi sono costati il Sangue di Cristo. Purtroppo la figura di questo gran santo è stata spesso narrata (pensiamo ad alcuni film, per esempio) da persone che, non vivendo la dimensione cristiana della vita e non cogliendo la misteriosa unione di san Francesco col Verbo fatto carne per la nostra salvezza, con il Figlio dell’uomo salito sulla Croce per i nostri peccati, hanno mostrato un santo dolciastro, perfino stralunato, fatto di uccellini e fiorellini. Pochi infatti sanno che san Francesco consumò la sua vita non a inseguire uccellini ma a piangere i propri peccati, al punto da divenire cieco per le troppe lacrime sparse. Pochi si soffermano su quell’impe-gno costante di vita ascetica, su quel bisogno di spogliarsi di tutto ciò che è di questa terra, per essere come Cristo: tanto simile a Gesù nello spirito, da essere reso simile al Cristo anche nella carne, per mezzo delle stimmate. San Francesco, oggi, ci insegna a lodare il Signore: ma la vera lode scaturisce da un cuore che è stato anzitutto capace di spogliarsi, di rinnegarsi, di configurarsi a Cristo povero e sofferente. La sua santità sia pungolo alla nostra spirituale pigrizia e paura.

La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: San Francesco d’Assisi, patrono d’Italia – Benedetto XVI (Angelus, 17 Giugno 2007): Otto secoli or sono, difficilmente la città di Assisi avrebbe potuto immaginare il ruolo che la Provvidenza le assegnava, un ruolo che la rende oggi una città così rinomata nel mondo, un vero “luogo dell’ani-ma”. A darle questo carattere fu l’evento che qui accadde, e che le impresse un segno indelebile. Mi riferisco alla conversione del giovane Francesco, che dopo venticinque anni di vita mediocre e sognatrice, improntata alla ricerca di gioie e successi mondani, si aprì alla grazia, rientrò in se stesso e gradualmente riconobbe in Cristo l’ideale della sua vita […]. Francesco d’Assisi è un grande educatore della nostra fede e della nostra lode. Innamorandosi di Gesù Cristo egli incontrò il volto di Dio-Amore, ne divenne appassionato cantore, come vero “giullare di Dio”. Alla luce delle Beatitudini evangeliche si comprende la mitezza con cui egli seppe vivere i rapporti con gli altri, presentandosi a tutti in umiltà e facendosi testimone e operatore di pace.
Cosa ci dice san Francesco? – Papa Francesco (Omelia, 4 Ottobre 2013): Che cosa testimonia san Francesco a noi, oggi? Che cosa ci dice, non con le parole – questo è facile – ma con la vita? La prima cosa che ci dice, la realtà fondamentale che ci testimonia è questa: essere cristiani è un rapporto vitale con la Persona di Gesù, è rivestirsi di Lui, è assimilazione a Lui. Da dove parte il cammino di Francesco verso Cristo? Parte dallo sguardo di Gesù sulla croce. Lasciarsi guardare da Lui nel momento in cui dona la vita per noi e ci attira a Lui. Francesco ha fatto questa esperienza in modo particolare nella chiesetta di san Damiano, pregando davanti al crocifisso, che anch’io oggi potrò venerare. In quel crocifisso Gesù non appare morto, ma vivo! Il sangue scende dalle ferite delle mani, dei piedi e del costato, ma quel sangue esprime vita. Gesù non ha gli occhi chiusi, ma aperti, spalancati: uno sguardo che parla al cuore. E il Crocifisso non ci parla di sconfitta, di fallimento; paradossalmente ci parla di una morte che è vita, che genera vita, perché ci parla di amore, perché è l’Amore di Dio incarnato, e l’Amore non muore, anzi, sconfigge il male e la morte. Chi si lascia guardare da Gesù crocifisso viene ri-creato, diventa una «nuova creatura». Da qui parte tutto: è l’esperienza della Grazia che trasforma, l’essere amati senza merito, pur essendo peccatori. Per questo Francesco può dire, come san Paolo: «Quanto a me non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo» (Gal 6,14). Ci rivolgiamo a te, Francesco, e ti chiediamo: insegnaci a rimanere davanti al Crocifisso, a lasciarci guardare da Lui, a lasciarci perdonare, ricreare dal suo amore.

La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: “Venite a me, voi tutti che siete affaticati e aggravati, e io vi darò sollievo. Non chiama questo o quello in particolare, ma si rivolge a tutti quanti sono tormentati dalle preoccupazioni, dalla tristezza, o si trovano in peccato. «Venite», non perché io voglia chiedervi conto delle vostre colpe, ma per perdonarle. «Venite», non perché io abbia bisogno delle vostre lodi, ma perché ho una ardente sete della vostra salvezza. «Io» – infatti, egli dice – «vi darò sollievo». Non dice semplicemente: io vi salverò, ma ciò che è molto di più: vi porrò in assoluta sicurezza, perché questo è il senso delle parole «vi darò sollievo»” (Giovanni Crisostomo).

Silenzio / Preghiera / La tua traccia: Il moribondo impenitente – “Il corpo è infermo, si avvicina la morte, accorrono i parenti e gli amici e dicono: «Disponi delle tue cose». Ecco, la moglie di lui, i figli, i parenti e gli amici fingono di piangere. Ed egli, sollevando gli occhi, li vede piangere e, mosso da un cattivo sentimento, pensando tra sé dice: «Ecco, la mia anima e il mio corpo e tutte le mie cose pongo nelle vostre mani». In verità questo uomo è maledetto, poiché colloca la sua fiducia e affida la sua anima, il suo corpo e tutti i suoi averi in tali mani. Perciò dice il Signore per bocca del profeta: «Maledetto l’uomo che confida nell’uomo!». E subito fanno venire il sacerdote. Gli domanda il sacerdote: «Vuoi ricevere la penitenza per tutti i tuoi peccati?». Rispose: «Sì». «Vuoi dare soddisfazione, con i tuoi mezzi, così come puoi, per tutte le colpe e per quelle cose che hai defraudato e nelle quali hai ingannato gli uomini?». Risponde: «No». E il sacerdote: «Perché no?». «Perché ho consegnato ogni mio avere nelle mani dei parenti e degli amici». E incomincia a perdere la parola, e così quel misero muore. Ma sappiamo tutti che ovunque e in qualsiasi modo un uomo muoia in peccato mortale senza compiere la soddisfazione sacramentale, e può farlo e non lo fa, il diavolo rapisce la sua anima dal suo corpo con una angoscia e sofferenza così grandi, che nessuno può sapere se non chi ne fa la prova. E tutti i talenti e l’autorità e la scienza, che credeva di possedere, gli sono portati via. Egli li lascia ai parenti e agli amici; ed essi prendono il patrimonio e se lo dividono e poi dicono: «Maledetta sia la sua anima, poiché poteva darci e acquistare più di quanto non acquistò!». I vermi divorano il corpo; e così quell’uomo perde l’anima e il corpo in questa breve vita e va all’inferno, ove sarà tormentato eternamente. Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Amen. Io frate Francesco, il più piccolo servo vostro, vi prego e vi scongiuro, nella carità che è Dio, e col desiderio di baciarvi i piedi, che queste parole e le altre del Signore nostro Gesù Cristo con umiltà e amore le dobbiate accogliere e attuare e osservare. E coloro che non sanno leggere, se le facciano leggere spesso, e le imparino a memoria, mettendole in pratica santamente sino alla fine, perché sono spirito e vita. E coloro che non faranno ciò, ne renderanno ragione nel giorno del giudizio davanti al tribunale di Cristo. E tutti quelli e quelle che con benevolenza le accoglieranno e le comprenderanno e ne invieranno copie ad altri, se in esse persevereranno fino alla fine, li benedica il Padre e il Figlio e lo Spirito Santo. Amen” (Dagli scritti di san Francesco d’Assisi).

Santo del giorno: 4 Ottobre – San Francesco d’Assisi, Patrono d’Italia: Francesco nacque ad Assisi nel 1182, nel pieno del fermento dell’età comunale. Figlio di un mercante, da giovane aspirava a entrare nella cerchia della piccola nobiltà cittadina. Per questo ricercò la gloria tramite le imprese militari, finché comprese di dover servire solo il Signore. Si diede quindi a una vita di penitenza e solitudine in totale povertà, dopo aver abbandonato la famiglia e i beni terreni. Nel 1209, in seguito a un’ulteriore ispirazione, iniziò a predicare il Vangelo nelle città, mentre si univano a lui i primi discepoli. Con loro si recò a Roma per avere dal papa Innocenzo III l’approvazione della sua scelta di vita. Dal 1210 al 1224 peregrinò per le strade e le piazze d’Italia: dovunque accorrevano a lui folle numerose e schiere di discepoli che egli chiamava “frati”, cioè “fratelli”. Accolse poi la giovane Chiara che diede inizio al Secondo Ordine francescano, e fondò un Terzo Ordine per quanti desideravano vivere da penitenti, con regole adatte per i laici. Morì la sera del 3 ottobre del 1226 presso la chiesa di Santa Maria degli Angeli ad Assisi. È stato canonizzato da papa Gregorio IX il 16 luglio 1228. Papa Pio XII ha proclamato lui e santa Caterina da Siena Patroni Primari d’Italia il 18 giugno 1939. I resti mortali di colui che è diventato noto come il “Poverello d’Assisi” sono venerati nella Basilica a lui dedicata ad Assisi.

Preghiamo: O Dio, che in san Francesco d’Assisi, povero e umile, hai offerto alla tua Chiesa una viva immagine del Cristo, concedi anche a noi di seguire il tuo Figlio nella via del Vangelo e di unirci a te in carità e letizia. Per il nostro Signore Gesù Cristo…

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