giugno, Liturgia

14 giugno 2020 II del Tempo Ordinario (A)

Nel suo «discorso eucaristico» (Gv 6,22-58) il Signore rivela di essere il Pane Vivente, non più la manna spirituale, e di essere stato inviato dal Padre (il Cielo, metafora comune) per comunicare la sua Vita divina agli uomini che lo mangiano nella fede e nell’amore. Ma questo Pane è la «carne sua», del Figlio, quella che dona la Vita eterna al mondo.

   Si dona sempre qualcosa di sé quando si fa un regalo a un amico. Il Cristo ci offre la totalità della sua presenza nell’umile e fragile segno del pane eucaristico.

   […] Sul piano dell’esperienza umana profonda, l’uomo fa l’esperienza singolare di una presenza misteriosa ma reale che tocca il centro del suo essere; una presenza che ispira un ineffabile sentimento di fiducia, di sicurezza e che lo appella nell’intimo. È la rivelazione e la presa di coscienza della presenza creatrice di Dio che ci fa esistere, di quel Dio «nel quale viviamo, ci muoviamo, ed esistiamo» (At 17,28), una presenza che «sostenta» l’uomo, lo «nutre» (cfr prima lettura).

   La presenza di Dio in mezzo a noi ha assunto, nella storia, la forma visibile e tangibile di Gesù, immagine visibile del Dio invisibile, rivelatore del mistero del Padre. La sua incarnazione e nascita a Betlemme, da Maria vergine, al tempo di Cesare Augusto, è l’apice di una lunga serie di segni attraverso i quali il Dio vivente aveva fatto sentire la sua presenza (Patriarchi, Re, Profeti, Santi dell’Antico Testamento…). Dopo l’Ascensione che lo sottrae alla sensibile esperienza degli uomini, la presenza di Gesù cambia segno ma non realtà. Egli resta e si dona sotto il segno del pane spezzato e del vino, nei quali offre il suo Corpo in cibo e il suo Sangue in bevanda di salvezza e di vita (cfr seconda lettura ed Evangelo). Egli rimane con noi sino alla fine del mondo.

  (a cura della Comunità monastica di Pulsano)

 

Antifona d’ingresso

  Il Signore ha nutrito il suo popolo con fior di frumento, lo ha saziato di miele della roccia. (Sal 81,17)

Colletta 

  Signore Gesù Cristo, che nel mirabile sacramento dell’Eucaristia ci hai lasciato il memoriale della tua Pasqua, fa’ che adoriamo con viva fede il santo mistero del tuo Corpo e del tuo Sangue, per sentire sempre in noi i benefici della redenzione. Tu sei Dio, e vivi e regni con Dio Padre, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.

Oppure:

  Dio fedele, che nutri il tuo popolo con amore di Padre, ravviva in noi il desiderio di te, fonte inesauribile di ogni bene: fa’ che, sostenuti dal sacramento del Corpo e Sangue di Cristo, compiamo il viaggio della nostra vita, fino ad entrare nella gioia dei santi, tuoi convitati alla mensa del regno. Per il nostro Signore Gesù Cristo…

 

Prima Lettura                           Dt 8,2-3.14b-16a

Ti ha nutrito di un cibo, che tu non conoscevi e che i tuoi padri non avevano mai conosciuto.

Mosè richiama il popolo a fare memoria dell’opera di Dio: “Ricorda”. È necessario tenere bene in mente che nulla è possibile all’uomo se non è costante e saldo nell’affidamento a Dio. Le prove, non sono necessarie per una verifica da parte di Jhwh, ma per dimostrare a noi stessi la nostra fede.

Dal libro del Deuteronòmio

  Mosè parlò al popolo dicendo: «Ricòrdati di tutto il cammino che il Signore, tuo Dio, ti ha fatto percorrere in questi quarant’anni nel deserto, per umiliarti e metterti alla prova, per sapere quello che avevi nel cuore, se tu avresti osservato o no i suoi comandi. Egli dunque ti ha umiliato, ti ha fatto provare la fame, poi ti ha nutrito di manna, che tu non conoscevi e che i tuoi padri non avevano mai conosciuto, per farti capire che l’uomo non vive soltanto di pane, ma che l’uomo vive di quanto esce dalla bocca del Signore. Non dimenticare il Signore, tuo Dio, che ti ha fatto uscire dalla terra d’Egitto, dalla condizione servile; che ti ha condotto per questo deserto grande e spaventoso, luogo di serpenti velenosi e di scorpioni, terra assetata, senz’acqua; che ha fatto sgorgare per te l’acqua dalla roccia durissima; che nel deserto ti ha nutrito di manna sconosciuta ai tuoi padri».              Parola di Dio.

Salmo Responsoriale                           Dal Salmo 147

Loda il Signore, Gerusalemme.

Celebra il Signore, Gerusalemme,

loda il tuo Dio, Sion,

perché ha rinforzato le sbarre delle tue porte,

in mezzo a te ha benedetto i tuoi figli. Rit.

Egli mette pace nei tuoi confini

e ti sazia con fiore di frumento.

Manda sulla terra il suo messaggio:

la sua parola corre veloce. Rit.

Annuncia a Giacobbe la sua parola,

i suoi decreti e i suoi giudizi a Israele.

Così non ha fatto con nessun’altra nazione,

non ha fatto conoscere loro i suoi giudizi. Rit.

Seconda Lettura                              1Cor 10,16-17

Poiché vi è un solo pane, noi siamo, benché molti, un solo corpo.

L’uomo sente viva la necessità del pane e del vino e Paolo ne approfitta per sottolineare che essi sono dono di Dio. Dono che si rafforza con il calice e il pane eucaristico sull’altare della comunità di Corìnto. Solo nella condivisione con i fratelli, si può fare esperienza della più profonda comunione con Dio.

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi

  Fratelli, il calice della benedizione che noi benediciamo, non è forse comunione con il sangue di Cristo? E il pane che noi spezziamo, non è forse comunione con il corpo di Cristo? Poiché vi è un solo pane, noi siamo, benché molti, un solo corpo: tutti infatti partecipiamo all’unico pane.                                      Parola di Dio.

Sequenza                                 (forma breve)

 

Ecco il pane degli angeli, / pane dei pellegrini,

vero pane dei figli: / non dev’essere gettato.

Con i simboli è annunziato, / in Isacco dato a morte,

nell’agnello della Pasqua, / nella manna data ai padri.

Buon pastore, vero pane, / o Gesù, pietà di noi:

nutrici e difendici, / portaci ai beni eterni / nella terra dei viventi.

Tu che tutto sai e puoi, / che ci nutri sulla terra,

conduci i tuoi fratelli / alla tavola del cielo / nella gioia dei tuoi santi.

Canto al Vangelo                                    Gv 6,51

  Alleluia, alleluia.

Io sono il pane vivo, disceso dal cielo, dice il Signore, se uno mangia di questo pane vivrà in eterno.

  Alleluia.

Vangelo                                     Gv 6,51-58

La mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda.

Gesù nella sinagoga di Cafarnao sta rivelandosi come pane della vita. Bisogna mangiare la sua carne e bere il suo sangue per entrare a far parte della piena e perfetta comunione con il Padre. Se il nostro accostarci a questo mistero non ha un atteggiamento di perfetta fiducia in Gesù, ci si scandalizza come i Giudei presenti, i quali si soffermano sull’irrazionalità delle parole udite. Fino a quando si continuerà a chiudere la Verità nei criteri umani, non si prenderà parte alla Comunione vera.

Dal Vangelo secondo Giovanni

  In quel tempo, Gesù disse alla folla: «Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo». Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».                                   Parola del Signore.

Preghiera dei Fedeli                                                       (proposta)

  Fratelli e sorelle, che celebrate con me questa Eucaristia nella me- moria viva di Cristo, rivolgiamo insieme la nostra preghiera a Dio, nostro Padre, perché continui a rinnovare in mezzo a noi i segni della sua presenza. Diciamo insieme: Rimani con noi, Signore.

– Per tutti i cristiani: nel corpo e sangue di Cristo ritrovino la loro unità di fede, il principio della loro solidarietà fraterna, la speranza di essere un solo corpo e un solo spirito in Cristo, preghiamo.

– Per il mondo intero: la memoria delle violenze e delle divisioni del passato, come la memoria dei grandi gesti compiuti per far crescere l’umanità nella cultura, nel progresso, nella pace, si incontri con il progetto di Dio realizzato in Cristo che l’Eucaristia mette a nostra disposizione, preghiamo.

– Per gli uomini e le donne senza memoria, sbandati e privi di orien-tamento di vita: la nostra testimonianza faccia emergere in loro la memoria di Dio che si portano dentro e la chiamata a vivere per sempre, preghiamo.

– Per la nostra comunità: l’Eucaristia sia il culmine e la fonte della nostra comunione con la Parola di Dio e con la presenza di Cristo nella nostra vita quotidiana di famiglie, di lavoratori, di amici e di gruppi, preghiamo.

Celebrante

  Siamo assetati di senso, Signore, siamo affamati di amore: aiutaci a trovare in te ciò che cerchiamo, ricordando ciò che tu hai fatto attraverso Gesù. Egli ci parla oggi per donarci senso, egli si offre a noi oggi perché non ci sentiamo mai soli. Aiutaci ad accoglierlo in noi, diventando una cosa sola con lui attraverso il suo corpo e il suo sangue. Lui che vive e regna nei secoli dei secoli.

Preghiera sulle offerte

  Concedi benigno alla tua Chiesa, o Padre, i doni dell’unità e della pace, misticamente significati nelle offerte che ti presentiamo. Per Cristo nostro Signore.

Antifona alla comunione

  Dice il Signore:  “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue, rimane in me e io in lui”. Alleluia. (Gv 6,56)

Preghiera dopo la comunione

  Donaci, Signore, di godere pienamente della tua vita divina nel convito eterno, che ci hai fatto pregustare in questo sacramento del tuo Corpo e del tuo Sangue. Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli.

A

pprofondimento

       L’Eucaristia, sacramento di un nutrimento – B. Benoit (Eucaristia, Dizionario di Teologia Biblica, Marietti).

  1. Il pasto, segno religioso. Istituita nel corso di un pasto, l’eucaristia è un rito di nutrimento. Da tutta l’antichità, specialmente nel mondo semitico, l’uomo ha riconosciuto nel nutrimento un valore sacro, che è dovuto alla munificenza della divinità e procura la vita. Pane, acqua, vino, frutta, ecc., sono beni per cui si benedice Dio. Il pasto stesso ha valore religioso, perché il mangiare in comune stabilisce tra i commensali, e tra essi e Dio, legami sacri.

  1. Dalle figure alla realtà. Nella rivelazione biblica nutrimento e pasto servono quindi ad esprimere la comunicazione di vita che Dio fa al suo popolo. La manna e le quaglie dell’esodo, al pari dell’acqua sgorgata dalla roccia di Horeb (Sal 78,20-29), sono altrettante realtà simboliche (Cor 10,3s), che prefigurano il dono vero che esce dalla bocca di Dio (Dt 8,3; Mt 4,4), la parola, vero pane disceso dal Cielo (Es 16,4).

  Ora queste figure si compiono in Gesù. Egli è «il pane di vita», anzitutto con la sua parola che apre la vita eterna a coloro che credono (Gv 6,26-51a), poi con la sua carne e con il suo sangue dati da mangiare e da bere (Gv 6,51b-58). Queste parole che annunziano l’eucaristia, Gesù le dice dopo aver nutrito miracolosamente la folla nel deserto (Gv 6,1-15). Il dono, che egli promette e che oppone alla manna (Gv 6,31s.49s), si ricollega così alle meraviglie dell’esodo e nello stesso tempo è posto nell’orizzonte del banchetto messianico, immagine della felicità celeste, familiare al giudaismo (Is 25,6; scritti rabbinici) ed al Nuovo Testamento (Mt 8,11; 22,2-14; Lc 14,15; Ap 3,20; 19,9).

  1. Il pasto del Signore, memoriale e promessa. L’ultima cena è come l’ultima preparazione di quel banchetto messianico dove Gesù ritroverà i suoi dopo la prova imminente. La «Pasqua compiuta» (Lc 22,15s) ed il «vino nuovo» (Mc 14,25 par.), che egli gusterà con essi nel regno di Dio, li prepara in quest’ultimo pasto, facendo sì che pane e vino significhino la realtà nuova del suo Corpo e del suo Sangue. Il rito della cena pasquale gliene offre l’occasione appropriata e ricercata.

  Le parole che il padre di famiglia vi pronunziava sui diversi alimenti, ed in modo particolarissimo sul pane e sul terzo calice, conferivano loro una tale forza di evocazione del passato e di speranza del futuro, che, ricevendoli, i commensali rivivevano realmente le prove dell’esodo e vivevano in anticipo le promesse messianiche. Gesù si serve a sua volta di questo potere creativo che lo spirito semitico riconosceva alla parola, e lo accresce ancora con la sua sovrana autorità. Dando al pane e al vino il loro senso nuovo, egli non li spiega, ma li trasforma. Non interpreta, ma decide e decreta: questo è il mio corpo, cioè lo sarà d’ora innanzi. La copula «essere» – che indubbiamente mancava nell’origi-nale aramaico – da sola non basterebbe a giustificare questo realismo, perché potrebbe anche esprimere soltanto un significato metaforico: «la messe è la fine del mondo; i mietitori sono gli angeli» (Mt 13,39). È la situazione ad esigere qui un senso stretto. Gesù non propone una parabola, in cui oggetti concreti aiuterebbero a far comprendere una realtà astratta; presiede un pasto, in cui le benedizioni rituali conferiscono agli alimenti un valore di altro ordine. E, nel caso di Gesù, questo valore è di un’ampiezza e di un realismo inauditi, che gli vengono dalla realtà implicata: la morte redentrice che, attraverso ad una risurrezione, sfocia nella vita escatologica.

Commento al Vangelo

  Io sono il pane vivo – Alla manna, il «pane del cielo» (Es 16,4; Ne 9,15; Sal 78,24; 105,40), con il quale il Signore Dio nutrì gli Israeliti per quarant’anni, lungo il cammino del deserto, Gesù oppone se stesso proclamandosi «pane vivo, disceso dal cielo».

  Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno… La elevatezza e la superiorità di questo pane, di cui la manna era solo una figura, sta nella capacità di donare, a colui che ne mangia, la «vita eterna».

  La vita eterna è il dono messianico per eccellenza che Gesù dà a chi crede in lui (cfr Gv 11,25ss) e si nutre di lui realmente presente sotto le umili specie del pane e del vino nell’Eucaristia.

  … e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo. In questa affermazione è «sottinteso: “data” o “consegnata”… Questa espressione concisa richiama 1Cor 11,24: “questo è il mio corpo che è per voi” [cfr Lc 22,19]. Allusione alla passione. Ma Giovanni sostituisce la parola “cor-po” con “carne”, che designava l’uomo nella sua condizione di debolezza e di mortalità [Gv 1,14]. Nel giudaismo l’espressione più complessa “la carne e il sangue” aveva lo stesso significato [Mt 16,17; 1Cor 15,50; Ef 6,12; cfr i vv. 56 e 57]» (Bibbia di Gerusalemme). Questo pane è Gesù stesso sacrificato sulla croce, è la sua carne, «ossia la sua persona umana, sacrificata per la salvezza dell’umanità con la passione e morte gloriosa» (Alberto Panimolle).

  Dall’affermazione di Gesù si evince quindi una verità che da sempre è stata affermata dal Magistero: l’eucaristia «è anche un sacrificio… perché ripresenta [rende presente] il sacrificio della croce, perché ne è il memoriale e perché ne applica il frutto… Il sacrificio di Cristo e il sacrificio dell’Eucaristia sono un unico sacrifico: “Si tratta infatti di una sola e identica vittima e lo stesso Gesù la offre ora per il ministero dei sacerdoti, egli che un giorno offrì se stesso sulla croce: diverso è solo il modo di offrirsi”. “E poiché in questo divino sacrificio, che si compie nella Messa, è contenuto e immolato in modo incruento lo stesso Cristo che “si offrì una sola volta in modo cruento” sull’altare della croce… questo sacrificio [è] veramente propiziatorio» (CCC 1365-1367).

  Come suggerisce il testo greco (lottavano allora gli uni con gli altri), l’affermazione di Gesù provoca nei suoi ascoltatori non una reazione di rigetto o di opposizione, ma una vera e propria lite: Allora i Giudei si misero a discutere aspramente.

  Come può costui darci la sua carne da mangiare? La domanda retorica espressa dai Giudei sta a sottolineare tutta la loro incredulità, ma serve a Gesù per approfondire ulteriormente il suo discorso. Nel proseguo della sua rivelazione, Gesù non rettifica la sua affermazione, ma ne calca la shoccante materialità aggiungendo alla carne da mangiare il sangue da bere, una cosa sacrilega per i Giudei. Infatti, era severamente proibito dalla Legge assumere il sangue degli animali, perché era credenza comune che contenesse la vita (cfr Gen 9,4; Lv 3,17; Dt 12,16.23-25; At 15,20.29).

  Gesù non parla per figura, bisogna masticare la sua carne e bere il suo sangue. Il verbo trogo usato in questi versetti è quello per parlare del cibarsi da parte degli animali (rodere, brucare). Forse Giovanni «usa questo verbo – che alla fine assumerà anch’esso in greco il significato generale di “mangiare” – per sottolineare plasticamente l’esperienza reale della carne e del sangue di Gesù. In questo senso, oltre al significato eucaristico [il pane e il calice], Giovanni rimanda alla morte di Gesù, che va “consumata” partecipandovi, per avere la vita» (Il Nuovo Testamento).

  Oltre la vita eterna, che qui è connessa con la risurrezione nell’ul-timo giorno per opera di Gesù, il pane vivo, disceso dal cielo porta con sé un altro ineffabile dono: la comunione perfetta con lui.

  Infatti, in questo consiste la vita eterna: rimanere per sempre in comunione con Gesù. Tale rimanere in Gesù, fa sì che come Cristo vive «per il Padre» che gli dà la vita, così il fedele vive «per Gesù» che gli comunica questa stessa vita.

  L’ultima affermazione di Gesù facendo da inclusione con il primo versetto della pericope evangelica, la conclude.

Riflessione

  Come può costui darci la sua carne da mangiare? – Con l’Eucaristia il Cristo dà il suo Corpo e Sangue quale alimento spirituale, quale cibo celeste. Cristo trasforma nella sua sostanza la sostanza del pane e del vino e compenetra la sostanza e la personalità del credente. Il Pane eucaristico è vero alimento spirituale: in Gv 6,55 «troviamo un altro aggettivo fondamentale per comprendere il dono dì Gesù: ‘vero’ che già era ricorso nel v. 32. Come si fa a distinguere il pane vero da quello falso? La discriminante sono proprio gli effetti prodotti. Il pane consumato dai padri nel deserto era falso perché non ha fatto superare la morte, v. 49, la carne e il sangue di Gesù sono alimento ‘vero’ perché portano alla vita e alla risurrezione» (G. Corti).

  Il pane eucaristico nutre, sostiene, dà forza speciale, sviluppa e completa la vita della grazia sacramentale. Con l’Eucaristia si vive realmente la vita personale di Cristo: la «Comunione accresce la nostra unione a Cristo. Ricevere l’Eucaristia nella Comunione reca come frutto principale l’unione intima con Gesù: “Chi mangia la mia Carne e beve il mio Sangue dimora in me e io in lui” [Gv 6,56]. La vita in Cristo ha il suo fondamento nel banchetto eucaristico: “Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia di me vivrà per me” [Gv 6,57]» (CCC 1391).

  Mangiando la Carne di Cristo e bevendo il Suo Sangue, si diventa suoi consanguinei e concorporei. Veramente la Carne e il Sangue di Cristo compenetrano la carne e il sangue di chi li assume: «Nella specie del pane viene dato il corpo e nella specie del vino ti viene dato il sangue, affinché avendo ricevuto il corpo e sangue di Cristo diventi concorporeo e consanguineo di Cristo» (San Cirillo di Gerusalemme).

  L’Eucaristia dà la vita vera che non finisce mai, la vita eterna; in questo modo diviene il preannunzio della piena partecipazione alla vita di Dio nell’eternità, il pegno della vita eterna. Una vita eterna che già inizia nelle pieghe della storia umana; un germe divino seminato in una carne corruttibile: il desiderio del paradiso deve essere alimentato dall’Eucaristia, fino al momento della morte.

  L’Eucaristia segno e causa di unione – La festa del Corpus Domini non vuole essere un’occasione per una rinnovata professione di fede nella «presenza reale» del Cristo nel pane eucaristico.

  Essa è, e vuole essere soprattutto, un pressante invito a partecipare all’Eucaristia: facendo comunione con Colui che si dona illimitatamente nel Pane; diventando eucaristia, cioè facendosi pane spezzato per il mondo e servi dell’Eucaristia; e creando una vita di comunione autentica e profonda tra i membri della stessa comunità ecclesiale.

  L’Eucaristia perché sia segno credibile deve creare comunione ed educare alla comunione.

  La partecipazione allo stesso banchetto deve affratellare tutti i discepoli di Cristo, eliminando le disparità spesso scandalose, così come Paolo scriveva ai fedeli di Corinto mostrando quanto le loro divisioni, che si manifestavano nelle assemblee eucaristiche, fossero in contrasto con quello che celebravano, la Cena del Signore (cfr 1Cor 11,17-34).

  Ma per arrivare a tanto è necessario mettere a fuoco il mistero eucaristico, entrarvi dentro, conoscerlo, per quanto è possibile a mente umana. L’Eucaristia è la ripresentazione, non la rappresentazione, di un Amore donato, tradito e consegnato alla Croce; non è solo commemorazione, ma attualizzazione sia del suo che del nostro amore; è la testimonianza di come Dio ci ha amati, ci ama e ci amerà fino alla fine dei nostri giorni, fino alla fine del mondo (Mt 28,20). L’Eucaristia è il cenacolo in cui dobbiamo introdurci per scoprire come ciascuno di noi, è stato amato «sino alla fine» (Gv 13,1).

  L’Eucaristia non è un’invenzione umana, ma l’invenzione di Colui che non ha saputo staccarsi dalle sue creature e ha voluto restare sensibilmente, corporalmente, con i suoi amici. L’Eucaristia fa la verità sul Cuore di Dio, è una verità così evidente che nessun uomo, o filosofo o teologo, o agnostico o ateo potrà mai negare.

La pagina dei Padri

  Il dono ineffabile di Cristo – Narsaj il Lebbroso: Felice colui che ha il cuore puro, nel momento in cui sono consacrati i misteri tremendi del Corpo di nostro Signore. Gli angeli del Cielo giudicano molto fortunati i figli della Chiesa che sono stati resi degni di ricevere il corpo e il sangue di Gesù Cristo nostro Signore. Gloria al tuo nome per il tuo dono ineffabile!

  E chi può adeguatamente rendere gloria alla tua divinità? Vieni, dunque, tu, che sei ammesso al sacramento dei figli della Chiesa, ad imparare secondo quella prescrizione che ti puoi avvicinare ai sacerdoti, purché te ne accosti secondo il modo che l’apostolo Paolo ha deciso.

  Avvicinati con cuore puro al corpo e al sangue di nostro Signore, che ti purificheranno dalle macchie dei peccati che tu hai commesso. I sacerdoti non allontanino il peccatore che viene a pentirsi, né l’impuro che si lamenta e che si affligge di essere impuro. Ma essi accolgano e gli impuri e i peccatori a condizione che essi facciano il proposito di non più ritornare al male. Prega, allora, con amore, insieme col sacerdote, affinché colui che dà la vita e perdona i peccati ti accolga!

  Stai attento, tuttavia, a non uscire dalla nave per andare al di fuori, nel momento in cui sono consacrati i tremendi misteri! Chi è colui che, volontariamente, rifiuterebbe questo pasto al quale sono invitati gli angeli e gli uomini? Chi è colui che, dal momento che è stato inserito nelle file della Chiesa, preferirebbe il posto degli estranei che la Chiesa ha allontanato? È il momento in cui occorre comportarsi come un angelo in questo momento in cui lo Spirito Santo dimora. Questo istante dà la vita a colui che vi è presente, e condivide dei doni con colui che l’acco-glie. Felice colui che vi crede, e riceve questi doni, poiché se egli è morto rivivrà, e se è vivo, non morrà per aver peccato!

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