marzo, meditazioni

30 Marzo 2018

30 Marzo 2018 – Venerdì Santo – (Is 52,13-53,12; Sal 30[31]; Eb 4,14-16; 5,7-9; Gv 18,1-19,42) – I Lettura: Il quarto canto del servo del Signore porta dei chiari riferimenti alla figura di Gesù. Mentre per gli altri canti ci si è posti l’interrogativo di una identificazione che spesso ricadeva anche sul popolo di Israele, qui troviamo dei particolari che troppo bene dipingono Gesù e la sua vicenda. Salmo: “Consideriamo questo mistero: rimette il suo spirito nelle mani del Padre, lui che riposa nel seno del Padre, perché solo il Padre ha il Figlio: Io sono nel Padre e il Padre è in me (Gv 14,10). Il suo spirito si affida al Padre e nello stesso tempo illumina le regioni inferiori, perché tutto il mondo sia salvato” (Am-brogio). II Lettura: La lettera agli Ebrei è strutturata in modo da rendere evidente il motivo dell’inefficacia della prima Alleanza e la superiorità del sacerdozio di Cristo rispetto a quello Levìtico. La parola ascoltata nel deserto, infatti, non provocò nessun cambiamento nel cuore di coloro che l’ascoltarono, fu necessario che i profeti e lo stesso Davide riconducessero il popolo alla fede. Nella nuova Alleanza il Figlio di Dio si è fatto nostro fratello e nostro sacerdote davanti a Dio Padre. La fede è resa viva da questa certezza: che Egli comprende le nostre debolezze ed è sempre vivo al cospetto di Dio per impetrare le grazie a noi necessarie. Vangelo: Giovanni, nel suo racconto della Passione, non si dilunga sulla discussione in sede di processo al Sinedrio, i capi di accusa, infatti, sono già ben descritti in tutto il suo Vangelo. Ma alcune scene sono riportate minuziosamente con particolari che mettono in risalto la Divinità e la regalità di Gesù, così in 18,6 dove la dichiarazione del titolo divino “Io Sono” fa cadere a terra i soldati e durante l’interrogatorio di Pilato (cfr. Gv 18,36-37; 19,7-8), dove egli stesso dichiara di essere re.

Cristo imparò l’obbedienza e divenne causa di salvezza per tutti coloro che gli obbediscono – Dalla lettera agli Ebrei: Fratelli, poiché abbiamo un sommo sacerdote grande, che è passato attraverso i cieli, Gesù il Figlio di Dio, manteniamo ferma la professione della fede. Infatti non abbiamo un sommo sacerdote che non sappia prendere parte alle nostre debolezze: egli stesso è stato messo alla prova in ogni cosa come noi, escluso il peccato. Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia per ricevere misericordia e trovare grazia, così da essere aiutati al momento opportuno. [Cristo, infatti,] nei giorni della sua vita terrena, offrì preghiere e suppliche, con forti grida e lacrime, a Dio che poteva salvarlo da morte e, per il suo pieno abbandono a lui, venne esaudito. Pur essendo Figlio, imparò l’ob-bedienza da ciò che patì e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono.

Riflessione: Gesù è vero Dio e vero uomo, sin dal concepimento divino nel verginale grembo di Maria, e tale rimarrà per tutta l’eternità. E come vero Dio e vero uomo sale sulla Croce, soffre e muore. Lungo i secoli vi sono state eresie che volevano credere che sulla Croce Gesù vi fosse salito solo come vero uomo: ma non è il sacrificio di un uomo che può donarci salvezza, bensì proprio il sacrificio di Dio stesso, che paga per ogni uomo. Altrettanto eretico è chi pensa che sulla Croce le sofferenze sono sopportate dalla sola divinità e quindi come se Gesù fosse un moderno supereroe insensibile al dolore o con una sopportazione fuori dal normale. No, Gesù è vero Dio e vero uomo: come vero uomo soffre atroci e terribili dolori fisici e morali; come vero Dio soffre tutto il dolore della ingratitudine, del peccato di ogni uomo e di ogni tempo. E l’una e l’altra sofferenza sono vissute dall’unico Uomo-Dio Cristo Gesù con una sommatoria di dolore che mai potremo arrivare a scandagliare nella sua infinità e profondità. Intimamente unita a tanto dolore, ai piedi della croce, troviamo Maria, vera madre del Dio-Uomo. I Vangeli non ci riportano alcuna parola di Maria: non un grido di disperazione nei confronti del Padre, non un grido di rabbia verso gli aguzzini del Figlio, non un gesto di vendetta nei confronti dei falsi accusatori. Maria, come ha imparato a fare in tutta la sua vita, conserva tutto nel proprio cuore, un cuore che si squarcia, si dilania per far posto a tanto amore e tanto dolore. Conserva, medita, prega e soprattutto si abbandona alla volontà del Padre, in perfetta unione al Figlio.

La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: Ecco il legno della Croce! – Giovanni Paolo II (Via Crucis, 14 Aprile 1995): “O Croce di nostra salvezza, albero tanto glorioso, un altro non v’è nella selva di rami e di fronde a te uguale! Per noi dolce legno, che porti appeso il Signore del mondo” (Inno Crux fidelis). Proclamando la grandezza della Croce su cui si è compiuta la salvezza del mondo, la Chiesa il Venerdì Santo ci conduce al centro della storia dell’uomo: tra “l’albero della conoscenza del bene e del male” e “l’albero della vita” (cfr. Gen 2,9). Nel Libro della Genesi la trasgressione del divieto divino di mangiare dell’“albero della conoscenza del bene e del male” costituisce quel peccato che è all’origine della peccaminosità ereditata dall’umanità (cfr. Gen 2,16-17). Il testo del Libro della Genesi, pur conciso e denso, se letto fino in fondo, è sconvolgente. L’uomo perse l’originale stato di felicità a causa del peccato. Ma non perse di vista il secondo albero. Il peccato allontanò l’uomo dall’“albero della vita”, ma non poté sradicare dal suo animo il desiderio della vita da esso simboleggiata. Conformemente al primo annuncio contenuto nel Libro della Genesi, l’Unto di Dio, il Figlio di Donna, avrebbe nuovamente indicato agli uomini la via che porta alla vita. Egli dice di sé: “Io sono la via, la verità e la vita” (Gv 14,6). Ecco, questa via passa attraverso la Croce. Per questo oggi adoriamo il legno della Croce, su cui fu appeso il martoriato corpo del Redentore: Croce che è divenuta per noi via che porta alla vita.

Nella Croce vediamo l’immensità della misericordia di Dio – Papa Francesco (Omelia, 18 Aprile 2014): Dio ha messo sulla Croce di Gesù tutto il peso dei nostri peccati, tutte le ingiustizie perpetrate da ogni Caino contro suo fratello, tutta l’amarezza del tradimento di Giuda e di Pietro, tutta la vanità dei prepotenti, tutta l’arroganza dei falsi amici. Era una Croce pesante, come la notte delle persone abbandonate, pesante come la morte delle persone care, pesante perché riassume tutta la bruttura del male. Tuttavia, è anche una Croce gloriosa come l’alba di una notte lunga, perché raffigura in tutto l’amore di Dio che è più grande delle nostre iniquità e dei nostri tradimenti. Nella Croce vediamo la mostruosità dell’uomo, quando si lascia guidare dal male; ma vediamo anche l’immensità della misericordia di Dio che non ci tratta secondo i nostri peccati, ma secondo la sua misericordia. Di fronte alla Croce di Gesù, vediamo quasi fino a toccare con le mani quanto siamo amati eternamente; di fronte alla Croce ci sentiamo “figli” e non “cose” o “oggetti”, come affermava San Gregorio Nazianzeno rivolgendosi a Cristo con questa preghiera: «Se non fossi Tu, o mio Cristo, mi sentirei creatura finita. Sono nato e mi sento dissolvere. Mangio, dormo, riposo e cammino, mi ammalo e guarisco. Mi assalgono senza numero brame e tormenti, godo del sole e di quanto la terra fruttifica. Poi, io muoio e la carne diventa polvere come quella degli animali, che non hanno peccati. Ma io, cosa ho di più di loro? Nulla, se non Dio. Se non fossi Tu, o Cristo mio, mi sentirei creatura finita. O nostro Gesù, guidaci dalla Croce alla resurrezione e insegnaci che il male non avrà l’ultima parola, ma l’amore, la misericordia e il perdono. O Cristo, aiutaci a esclamare nuovamente: “Ieri ero crocifisso con Cristo; oggi sono glorificato con Lui. Ieri ero morto con Lui, oggi sono vivo con Lui. Ieri ero sepolto con Lui, oggi sono risuscitato con Lui”». Infine… ricordiamo tutte le persone abbandonate sotto il peso della Croce, affinché trovino nella prova della Croce la forza della speranza.

La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: Inno alla Croce – “O croce grande bontà di Dio, croce gloria del cielo, croce salvezza eterna degli uomini, croce terrore dei malvagi, forza dei giusti, luce dei fedeli. O croce che hai fatto sì che Dio nella carne fosse di salvezza alle terre e, nei cieli, che l’uomo regnasse su Dio. Per te splendette la luce della verità, l’empia notte fuggì. Tu distruggesti per i pagani convertiti i templi scalzati, tu armoniosa fibbia di pace, che concilii l’uomo col patto di Cristo. Tu sei la scala per cui l’uomo può essere portato in cielo. Sii sempre a noi tuoi devoti fedeli colonna ed àncora, perché la nostra casa stia salda e la flotta sicura. Sulla croce fissa la tua fede, dalla croce prendi la corona” (Paolino di Nola).

Silenzio / Preghiera / La tua traccia: Il Calvario è il dramma che da duemila anni turba l’intera umanità, perché non si può restare indifferenti dinanzi alla morte atroce di un Uomo, tradito da un amico che era stato elevato alla dignità di Apostolo. Non si può restare indifferenti dinanzi ai dolori e alle sofferenze di un Uomo trascinato in tribunale con false accuse, vilipeso, umiliato solo per il gusto di umiliarlo e di farlo soffrire, messo a morte avvalorando la sua presunta colpevolezza con menzogne, falsi testimoni, ricorrendo al ricatto perché il debole Pilato cedesse all’arroganza del Sinedrio, dei Farisei, che con gioia luciferina esultavano appagati nel loro cuore, perché finalmente agguantavano la mèta tanto agognata e desiderata, la morte del Figlio di Maria. In qualsiasi fronte si trovi l’uomo non può restare indifferente. Il credente non può non piangere i suoi peccati, terribili chiodi che tengono affisso alla Croce il Figlio di Dio, il non credente non può non protestare sconcertato per l’ingiusta condanna e disapprovarla sinceramente; non può restare inerte dinanzi alla morte di un Uomo innocente, non può e non può non accogliere il dono della pace, del perdono, della misericordia che quell’Uomo crocifisso, in questa drammatica ora, gli offre. Ancora una volta noi cristiani meditiamo, la Passione di nostro Signore Gesù, ma dobbiamo essere sinceri e onesti, un anno fa abbiamo fatto la stessa cosa, ma cosa è cambiato nella nostra vita? Il Crocifisso non è soltanto un’icona dolorosa ma un esame di coscienza. È testimonianza dell’amore di Dio, ed è un “forte grido” (Mc 15,37) alle nostre coscienze fin troppo indolenti e rese opache dall’abitudine del peccato, un grido perché abbandoniamo le tortuose vie della malvagità per convertirci, ed entrare nella nuova vita, preludio della somma gloria che attende l’uomo appena varcati i miseri confini della vita terrena.

Santo del giorno: 30 Marzo – San Leonardo Murialdo, Sacerdote: “Leonardo Murialdo nasce a Torino il 26 ottobre 1828 da una famiglia borghese. Studia dai padri Scolopi di Savona e alla Regia Università di Torino laureandosi in Teologia. Viene ordinato sacerdote nel 1851 e dedica i primi 14 anni del suo ministero ai giovani torinesi nell’oratorio di San Luigi a Porta Nuova. Nel 1867 fonda la confraternita laicale di San Giuseppe per aiutare i ragazzi poveri e abbandonati. Nel 1871 dà vita all’Unione operai cattolici di cui diventa successivamente assistente ecclesiastico. È anche il fondatore dell’Associazione della Buona stampa e tra gli ideatori del giornale «La voce dell’operaio». Viaggia spesso nel Sud Italia per conoscere le realtà assistenziali delle altre città. Muore nel capoluogo piemontese, colpito dalla polmonite, il 30 marzo 1900. Viene beatificato da Paolo VI nel 1963 e canonizzato nel 1970” (Avvenire).

Preghiamo: O Dio, che nella passione del Cristo nostro Signore ci hai liberati dalla morte, eredità dell’antico peccato trasmessa a tutto il genere umano, rinnovaci a somiglianza del tuo Figlio; e come abbiamo portato in noi, per la nostra nascita, l’immagine dell’uomo terreno, così per l’azione del tuo Spirito, fa’ che portiamo l’immagine dell’uo-mo celeste. Per Cristo nostro Signore.

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