Liturgia, marzo

11 Marzo 2018 – IV DOMENICA DI QUARESIMA (B) [Laetare]

ANTIFONA D’INGRESSO
Rallegrati, Gerusalemme, e voi tutti che l’amate, riunitevi. Esultate e gioite, voi che eravate nella tristezza: saziatevi dell’abbondanza della vostra consolazione. (cfr. Is 66,10-11)

COLLETTA
O Padre, che per mezzo del tuo Figlio operi mirabilmente la nostra redenzione, concedi al popolo cristiano di affrettarsi con fede viva e generoso impegno verso la Pasqua ormai vicina. Per il nostro Signore Gesù Cristo…

PRIMA LETTURA 2Cr 36,14-16.19-23
Con l’esilio e la liberazione del popolo si manifesta l’ira e la misericordia del Signore.

“La vicenda di Israele è ripercorsa per evidenziare l’infedeltà del popolo eletto e la rinuncia alla propria identità. Dio ha scelto per amore Israele e non lo abbandona nonostante il suo peccato. L’ultima parola è sempre il perdono di Dio. Questa è la lieta notizia!” (Messale Festivo, ed. LDC).

Dal secondo libro delle Cronache
In quei giorni, tutti i capi di Giuda, i sacerdoti e il popolo moltiplicarono le loro infedeltà, imitando in tutto gli abomini degli altri popoli, e contaminarono il tempio, che il Signore si era consacrato a Gerusalemme. Il Signore, Dio dei loro padri, mandò premurosamente e incessantemente i suoi messaggeri ad ammonirli, perché aveva compassione del suo popolo e della sua dimora. Ma essi si beffarono dei messaggeri di Dio, disprezzarono le sue parole e schernirono i suoi profeti al punto che l’ira del Signore contro il suo popolo raggiunse il culmine, senza più rimedio. Quindi [i suoi nemici] incendiarono il tempio del Signore, demolirono le mura di Gerusalemme e diedero alle fiamme tutti i suoi palazzi e distrussero tutti i suoi oggetti preziosi. Il re [dei Caldèi] deportò a Babilonia gli scampati alla spada, che divennero schiavi suoi e dei suoi figli fino all’avvento del regno persiano, attuandosi così la parola del Signore per bocca di Geremìa: «Finché la terra non abbia scontato i suoi sabati, essa riposerà per tutto il tempo della desolazione fino al compiersi di settanta anni». Nell’anno primo di Ciro, re di Persia, perché si adempisse la parola del Signore pronunciata per bocca di Geremìa, il Signore suscitò lo spirito di Ciro, re di Persia, che fece proclamare per tutto il suo regno, anche per iscritto: «Così dice Ciro, re di Persia: “Il Signore, Dio del cielo, mi ha concesso tutti i regni della terra. Egli mi ha incaricato di costruirgli un tempio a Gerusalemme, che è in Giuda. Chiunque di voi appartiene al suo popolo, il Signore, suo Dio, sia con lui e salga!”».
Parola di Dio.

SALMO RESPONSORIALE Dal Salmo 136 (137)
«In questo mondo vi sono due città: quella del Signore, Gerusalemme, che vuol dire visione di pace; è umiliata e afflitta in questo mondo ed ha la sua speranza nell’eternità. Vi è pure quella del diavolo, Babilonia, che vuol dire confusione: è superba e spensierata in questo mondo, irrigata dai fiumi del vizio. Sulle rive di questi fiumi sono seduti i fedeli che soffrono la prigionia di questo mondo e sospirano verso la patria, versando lacrime perché non possono trovare quaggiù la pace promessa» (Cassiodoro).

Rit. Il ricordo di te, Signore, è la nostra gioia.

Lungo i fiumi di Babilonia,
là sedevamo e piangevamo
ricordandoci di Sion.
Ai salici di quella terra
appendemmo le nostre cetre. Rit.

Perché là ci chiedevano parole di canto
coloro che ci avevano deportato,
allegre canzoni, i nostri oppressori:
«Cantateci canti di Sion!». Rit.

Come cantare i canti del Signore
in terra straniera?
Se mi dimentico di te, Gerusalemme,
si dimentichi di me la mia destra. Rit.

Mi si attacchi la lingua al palato
se lascio cadere il tuo ricordo,
se non innalzo Gerusalemme
al di sopra di ogni mia gioia. Rit.

SECONDA LETTURA Ef 2,4-10
Morti per le colpe, siamo stati salvati per grazia.

In questo passo San Paolo nel parlare agli abitanti di Èfeso, con semplicità e chiarezza testimonia la gratuità della salvezza di Cristo. Siamo opera buona di Dio, predisposti a compiere opere buone. Dio é fedele alle sue promesse: è insita in noi questa capacità.

Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesìni
Fratelli, Dio, ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amato, da morti che eravamo per le colpe, ci ha fatto rivivere con Cristo: per grazia siete salvati. Con lui ci ha anche risuscitato e ci ha fatto sedere nei cieli, in Cristo Gesù, per mostrare nei secoli futuri la straordinaria ricchezza della sua grazia mediante la sua bontà verso di noi in Cristo Gesù. Per grazia infatti siete salvati mediante la fede; e ciò non viene da voi, ma è dono di Dio; né viene dalle opere, perché nessuno possa vantarsene. Siamo infatti opera sua, creati in Cristo Gesù per le opere buone, che Dio ha preparato perché in esse camminassimo. Parola di Dio.

CANTO AL VANGELO Cfr. Gv 3,16
Lode e onore a te, Signore Gesù!
Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito; chiunque crede in lui ha la vita eterna.
Lode e onore a te, Signore Gesù!

VANGELO Gv 3,14-21
Dio ha mandato il Figlio perché il mondo si salvi per mezzo di lui.

Nicodèmo è uno dei capi dei Giudei, un notabile. È maestro in Israele e uomo di cultura tra i colleghi scribi, esperti della Scrittura e delle leggi sociali. Nicodèmo va da Gesù di notte fuori città, ed è in questa circostanza che il Maestro gli spiega come la salvezza viene dal Suo innalzamento, cioè la croce. Sta all’uomo corrispondere a questo invito d’amore.

Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo: «Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna. Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio. E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio». Parola del Signore.

LA PAROLA DI DIO COMMENTATA DAL MAGISTERO DELLA CHIESA

L’uomo viene giudicato da quella luce interiore che si manifesta mediante la voce di una coscienza retta – Giovanni Paolo II (Omelia, 9 Marzo 1997): L’odier-na Liturgia della Parola presenta l’antitesi fra la schiavitù e la libertà, illustrata dalle letture dell’Antico Testamento, parallelamente all’antitesi fra le tenebre e la luce, sviluppata nel Vangelo. Quest’ultima contrapposizione è proposta da Gesù nel colloquio con Nicodemo e riprende in una forma discorsiva uno dei tratti caratteristici del Vangelo di Giovanni, presente già fin dalle prime espressioni del Prologo: “In principio era il Verbo… In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta” (Gv 1,1.4-5). Nel colloquio con Nicodemo è presente questa stessa radicale contrapposizione tra la luce e le tenebre “La luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce… Chiunque infatti fa il male, odia la luce… Ma chi opera la verità viene alla luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio” (Gv 3,19-21). Come non sottolineare l’accenno al giudizio divino? L’uomo viene giudicato non soltanto da un giudice esterno, ma da quella luce interiore che si manifesta mediante la voce di una coscienza retta. È quanto il Concilio Vaticano II ha ricordato nella Costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo, Gaudium et spes: “Nell’intimo della coscienza l’uomo scopre una legge che non è lui a darsi, ma alla quale invece deve obbedire… La coscienza è il nucleo più segreto e il sacrario dell’uomo, dove egli si trova solo con Dio, la cui voce risuona nell’intimi-tà propria” (n. 16). Carissimi Fratelli e Sorelle, nel nostro itinerario quaresimale verso la Pasqua ormai vicina, lasciamoci guidare dalla voce di Dio che ci chiama attraverso la coscienza.

La parola di Dio è una parola di speranza – Benedetto XVI (Omelia, 22 Marzo 2009): Nel Vangelo di oggi vi sono parole pronunciate da Gesù che suscitano una certa impressione: Egli ci dice che la sentenza di Dio sul mondo è già stata emessa (cfr. Gv 3,19ss). La luce è già venuta nel mondo. Ma gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce, perché le loro opere erano malvagie […]. La parola di Dio, però, è una parola di speranza senza limiti. “Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito… perché il mondo si salvi per mezzo di lui” (Gv 3,16-17). Dio non ci dà mai per spacciati! Egli continua ad invitarci ad alzare gli occhi verso un futuro di speranza e ci promette la forza per realizzarlo. Come dice san Paolo nella seconda lettura di oggi, Dio ci ha creati in Cristo Gesù per vivere una vita giusta, una vita in cui pratichiamo opere buone secondo la sua volontà (cfr. Ef 2,10). Ci ha donati i suoi comandamenti, non come un fardello, ma come una fonte di libertà: della libertà di diventare uomini e donne pieni di saggezza, maestri di giustizia e di pace, gente che ha fiducia negli altri e cerca il loro vero bene. Dio ci ha creati per vivere nella luce e per essere luce per il mondo intorno a noi! È questo che Gesù ci dice nel Vangelo di oggi: “Chi opera la verità viene alla luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio” (Gv 3,21). “Vivete, dunque, secondo verità!”. Irraggiate la luce della fede, della speranza e dell’amore nelle vostre famiglie e comunità! Siate testimoni della santa verità che rende liberi uomini e donne!

La fede non viene da voi, ma è dono di Dio – CCC 158: «La fede cerca di comprendere»: è caratteristico della fede che il credente desideri conoscere meglio colui nel quale ha posto la sua fede, e comprendere meglio ciò che egli ha rivelato; una conoscenza più penetrante richiederà a sua volta una fede più grande, sempre più ardente d’amore. La grazia della fede apre «gli occhi della mente» (Ef 1,18) per una intelligenza viva dei contenuti della Rivelazione, cioè dell’insieme del disegno di Dio e dei misteri della fede, dell’intima connessione che li lega tra loro e con Cristo, centro del mistero rivelato. Ora, «affinché l’intelligenza della Rivelazione diventi sempre più profonda, lo […] Spirito Santo perfeziona continuamente la fede per mezzo dei suoi doni ». Così, secondo il detto di sant’Agostino: «Credi per comprendere: comprendi per credere».

Per grazia infatti siete salvati mediante la fede – CCC 163-164: La fede ci fa gustare come in anticipo la gioia e la luce della visione beatifica, fine del nostro pellegrinare quaggiù. Allora vedremo Dio «a faccia a faccia» (1Cor 13,12), «così come egli è» (1Gv 3,2). La fede, quindi, è già l’inizio della vita eterna: «Fin d’ora contempliamo come in uno specchio, quasi fossero già presenti, le realtà meravigliose che le promesse ci riservano e che, per la fede, attendiamo di godere». Ora, però, «camminiamo nella fede e non ancora in visione» (2Cor 5,7), e conosciamo Dio «come in uno specchio, in maniera confusa…, in modo imperfetto» (1Cor 13,12). La fede, luminosa a motivo di colui nel quale crede, sovente è vissuta nell’oscurità. La fede può essere messa alla prova. Il mondo nel quale viviamo pare spesso molto lontano da ciò di cui la fede ci dà la certezza; le esperienze del male e della sofferenza, delle ingiustizie e della morte sembrano contraddire la Buona Novella, possono far vacillare la fede e diventare per essa una tentazione.

PREGHIERA DEI FEDELI
Celebrante: Ci rivolgiamo a Dio, ricco di misericordia, che ci ha salvati in Cristo suo Figlio, dimostrandoci il suo grande amore nella morte in croce.
Lettore: Preghiamo insieme e diciamo: Donaci, Signore, la tua salvezza.

– Per la Chiesa di Dio: annunci sempre che unica salvezza del mondo è la croce di Cristo, preghiamo. Rit.

– Per i preti, ministri della misericordia: perché il sacramento della riconciliazione sia per tutti i penitenti un’autentica esperienza di incontro con il Signore che salva, preghiamo. Rit.

– Per i credenti di ogni religione: cerchino con sincerità la luce del bene e della verità, preghiamo. Rit.

– Per i governanti del mondo: perché nelle scelte economiche tengano presenti i diritti delle classi sociali più deboli e più povere, preghiamo. Rit.

Celebrante: O Padre, guarda con amore i tuoi figli che attendono da te misericordia. Illumina il loro cuore, perché cerchino te sopra ogni cosa e trovino in te la misericordia del perdono. Per Cristo nostro Signore.

PREGHIERA SULLE OFFERTE
Ti offriamo con gioia, Signore, questi doni per il sacrificio: aiutaci a celebrarlo con fede sincera e a offrirlo degnamente per la salvezza del mondo. Per Cristo nostro Signore.

PREFAZIO DI QUARESIMA IV
I frutti del digiuno.

È veramente cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza,
rendere grazie sempre e in ogni luogo
a te, Signore, Padre santo, Dio onnipotente ed eterno.
Con il digiuno quaresimale
tu vinci le nostre passioni, elevi lo spirito,
infondi la forza e doni il premio,
per Cristo nostro Signore.
Per questo mistero si allietano gli angeli
e per l’eternità adorano la gloria del tuo volto.
Al loro canto concedi, o Signore,
che si uniscano le nostre umili voci nell’inno di lode: Santo…

ANTIFONA ALLA COMUNIONE
Gerusalemme è costruita come città salda e compatta. Là salgono insieme le tribù, le tribù del Signore, secondo la legge di Israele, per lodare i nome del Signore. (Sal 122,3-4)

PREGHIERA DOPO LA COMUNIONE
O Dio, che illumini ogni uomo che viene in questo mondo, fa’ risplendere su di noi la luce del tuo volto, perché i nostri pensieri siano sempre conformi alla tua sapienza e possiamo amarti con cuore sincero. Per Cristo nostro Signore.

UN PO’ DI PANE PER CAMMINARE
Rallegriamoci! È il tema di questa domenica Quarta di Quaresima: una gioia che nasce dalla volontà salvifica e redentiva di Dio. «Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna» (dal Vangelo). Una volontà che è da sempre: «Il Signore, Dio dei loro padri, mandò premurosamente e incessantemente i suoi messaggeri ad ammonirli, perché aveva compassione del suo popolo e della sua dimora» (dalla Prima Lettura). Perché Dio ci ama? Perché ci vuole con sé? Perché è pronto anche a morire per noi? Non certo perché ha bisogno di noi, non certo perché è obbligato da forze maggiori, non certo perché ne ricavi un qualche guadagno! Ma solo per gratuito e misericordioso amore! Sì, la salvezza non ce la meritiamo e non potremmo far nulla per meritarcela: è semplice e puro dono gratuito della sua grazia salvifica. Ce lo ricorda san Paolo (Seconda Lettura) scrivendo agli Efesìni: «Per grazia infatti siete salvati mediante la fede; e ciò non viene da voi, ma è dono di Dio; né viene dalle opere, perché nessuno possa vantarsene». Ma a tanta grazia abbiamo il dolce dovere di una amorosa corrispondenza: nel riconoscere i doni di Dio, nel contemplare il suo agire a nostro favore, dobbiamo riconoscere il nostro ruolo essenziale, la nostra ferma decisione di ripercorrere i suoi passi sofferenti (cfr. 1Pt 2,21).
Rallegriamoci, perché egli ci ha rivelato la luce del suo volto: ma è una gioia che diventa impegno a vivere come lui ha vissuto. Rallegriamoci, perché ci ha manifestato la sua salvezza: ma è una gioia che diventa responsabilità verso ogni fratello, perché per mezzo del nostro invito, della nostra testimonianza e missionarietà possa aprirsi alla grazia e accogliere Gesù come il Signore e Salvatore. Rallegriamoci, perché Cristo come luce è venuto nel mondo per illuminare chi stava nelle tenebre e nell’ombra di morte (cfr. Sal 107,14; Lc 1,79; Mt 4,16): ma è una gioia che diventa sprone di conversione, perché possiamo accogliere il nostro Redentore con un cuore sempre più puro, libero dal peccato, che ci impedisce di farci illuminare, riscaldare e trasformare dalla potenza dello Spirito Santo. Sia vera gioia, oggi e sempre, sia il trionfo della sua grazia!

CONOSCIAMO L’OPUS MATRIS VERBI DEI

CAPITOLO 4
IMPEGNO DI APOSTOLATO E DI PASTORALE

Art. 83 – La Carità Sacerdotale: I Sodali circondano con devoto affetto e spirito di servizio i sacerdoti. In modo particolare i più poveri, i presbiteri ammalati e coloro che vivono in solitudine.

Art. 84 – L’apertura missionaria al mondo: I Sodali sempre più intensamente si sforzeranno di vivere e sentire con la Chiesa le sue ansie missionarie. Avranno “due occhi che indicano come due direzioni: verso Dio e verso il mondo. Il mondo deve essere amato perché ‘luogo’ di Dio e spazio di salvezza. Bisogna leggere la storia nella luce di Dio come redenzione continua” († Giuseppe Agostino, Schegge di vita). Per condurre gli uomini a Dio e aprire i loro cuori alla preghiera, si impegnano a proporre ritiri ed esercizi spirituali e avranno cura, in perfetta comunione con i pastori della Chiesa, di rendersi disponibili alle predicazioni, alle missioni e alle animazioni liturgiche.

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