febbraio, Liturgia

25 Febbraio 2018 – II DOMENICA DI QUARESIMA (B)

ANTIFONA D’INGRESSO
Di te dice il mio cuore: “Cercate il suo volto”. Il tuo volto io cerco, o Signore. Non nascondermi il tuo volto. (Sal 27,8-9)
Oppure:
Ricorda, Signore, il tuo amore e la tua bontà, le tue misericordie che sono da sempre. Non trionfino su di noi i nostri nemici; libera il tuo popolo, Signore, da tutte le sue angosce. (Sal 25,6.3.22)

COLLETTA
O Padre, che ci chiami ad ascoltare il tuo amato Figlio, nutri la nostra fede con la tua parola e purifica gli occhi del nostro spirito, perché possiamo godere la visione della tua gloria. Per il nostro Signore Gesù Cristo…

PRIMA LETTURA Gen 22,1-2.9a.10-13.15-18
Il sacrificio del nostro padre Abramo.

Il monte Mòria non ha una collocazione geografica chiara. Il suo nome in ebraico (Mōriyyā) significa “ordine di Jahvè”, oppure, “Dio provvede”. Su questo monte anche Noè offrì sacrifici dopo il diluvio ed è anche il monte sul quale Salomone costruirà il Tempio. Questo monte, simbolicamente, indica il cammino della fede. Abramo impiegò tre giorni per raggiungerlo. Un cammino nel buio interiore della prova, rischiarato dalla sola certezza della provvidenzialità di Dio.

Dal libro della Gènesi
In quei giorni, Dio mise alla prova Abramo e gli disse: «Abramo!». Rispose: «Eccomi!». Riprese: «Prendi tuo figlio, il tuo unigenito che ami, Isacco, va’ nel territorio di Mòria e offrilo in olocausto su di un monte che io ti indicherò». Così arrivarono al luogo che Dio gli aveva indicato; qui Abramo costruì l’altare, collocò la legna. Poi Abramo stese la mano e prese il coltello per immolare suo figlio. Ma l’angelo del Signore lo chiamò dal cielo e gli disse: «Abramo, Abramo!». Rispose: «Eccomi!». L’angelo disse: «Non stendere la mano contro il ragazzo e non fargli niente! Ora so che tu temi Dio e non mi hai rifiutato tuo figlio, il tuo unigenito». Allora Abramo alzò gli occhi e vide un ariete, impigliato con le corna in un cespuglio. Abramo andò a prendere l’ariete e lo offrì in olocausto invece del figlio. L’angelo del Signore chiamò dal cielo Abramo per la seconda volta e disse: «Giuro per me stesso, oracolo del Signore: perché tu hai fatto questo e non hai risparmiato tuo figlio, il tuo unigenito, io ti colmerò di benedizioni e renderò molto numerosa la tua discendenza, come le stelle del cielo e come la sabbia che è sul lido del mare; la tua discendenza si impadronirà delle città dei nemici. Si diranno benedette nella tua discendenza tutte le nazioni della terra, perché tu hai obbedito alla mia voce». Parola di Dio.

SALMO RESPONSORIALE Dal Salmo 115 (116)

A te offrirò sacrifici di lode. «È l’uomo interiore che ha in sé qualcosa da offrire a Dio. C’è voto quando noi offriamo a Dio qualche cosa di nostro. Cosa, dunque, Dio vuole ricevere da noi? Ascolta ciò che dice la Scrittura: Ora, Israele, che cosa ti chiede il Signore tuo Dio, se non che tu tema il Signore tuo Dio, che tu cammini per tutte le sue vie, che tu l’ami e serva il Signore tuo Dio con tutto il cuore e con tutta l’anima? (Dt 10,12). Ecco ciò che Dio richiede da noi» (Origene).

Rit. Camminerò alla presenza del Signore nella terra dei viventi.

Ho creduto anche quando dicevo:
«Sono troppo infelice».
Agli occhi del Signore è preziosa
la morte dei suoi fedeli. Rit.

Ti prego, Signore, perché sono tuo servo;
io sono tuo servo, figlio della tua schiava:
tu hai spezzato le mie catene.
A te offrirò un sacrificio di ringraziamento
e invocherò il nome del Signore. Rit.

Adempirò i miei voti al Signore
davanti a tutto il suo popolo,
negli atri della casa del Signore,
in mezzo a te, Gerusalemme. Rit.

SECONDA LETTURA Rm 8,31b-34
Dio non ha risparmiato il proprio Figlio.

La comunità cristiana di Roma vive un inizio difficile pressata da una parte da un giudaismo orgoglioso, dall’altra da un paganesimo forte di essere la religione dell’impero. La religione non era solo un fattore di devozione personale, a Roma era anche una questione di stato: lo stile superstizioso della religione pagana, costringeva ogni cittadino ad offrire sacrifici alle divinità protettrici dell’Urbe. Non sacrificare, era considerato una colpa. Vivere la fede nell’unico Dio, poteva dimostrarsi pericoloso, ma il cristiano che segue la via dello Spirito non deve temere nulla, solo il peccato che può separarlo dalla fonte del suo Bene.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani
Fratelli, se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? Egli, che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha consegnato per tutti noi, non ci donerà forse ogni cosa insieme a lui? Chi muoverà accuse contro coloro che Dio ha scelto? Dio è colui che giustifica! Chi condannerà? Cristo Gesù è morto, anzi è risorto, sta alla destra di Dio e intercede per noi! Parola di Dio.

CANTO AL VANGELO Cfr. Mc 9,7
Lode e onore a te, Signore Gesù!
Dalla nube luminosa, si udì la voce del Padre: «Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!».
Lode e onore a te, Signore Gesù.

VANGELO Mc 9,2-10
Questi è il Figlio mio, l’amato.

Gli evangelisti non specificano il nome del monte su cui Gesù si trasfigurò, ma una antichissima tradizione lo identifica con il monte Tabor, alto 600 metri che si innalza sulla pianura di Esdrelon. Si pensa anche possa trattarsi del monte Ermon (data la modesta altezza del monte Tabor), che è alto 3.000 metri. Ma, molto probabilmente, anche questo monte ha un significato simbolico: Mosè ricevette le tavole della legge su di un monte, qui viene rivissuta l’esperienza del Sinai dove Gesù è sia la Legge che il nuovo Mosè.

Dal Vangelo secondo Marco
In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli. Fu trasfigurato davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. E apparve loro Elìa con Mosè e conversavano con Gesù. Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elìa». Non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati. Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: «Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!». E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro. Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uo-mo fosse risorto dai morti. Ed essi tennero fra loro la cosa, chiedendosi che cosa volesse dire risorgere dai morti. Parola del Signore.

LA PAROLA DI DIO COMMENTATA DAL MAGISTERO DELLA CHIESA

Ascoltatelo – Giovanni Paolo II (Insegnamenti, 1985): “Questi è il Figlio mio prediletto: ascoltatelo” (Mc 9,7). Queste parole furono udite dagli apostoli Pietro, Giacomo e Giovanni sul monte Tabor, al momento della trasfigurazione del Signore. In un certo senso, le udiamo anche noi, tutti noi cioè che partecipiamo al sacramento dell’altare quando il sacerdote pronuncia sul pane e sul vino le parole: “Questo è il mio corpo”, “Questo è il mio sangue”, le parole eucaristiche della trasfigurazione. Per la potenza di queste parole, per la volontà del Cristo, il pane diviene il corpo, e il vino diviene il sangue di nostro Signore crocifisso, risorto e glorificato. Attraverso la realtà del santo sacramento, il Cristo si rende presente, quello stesso che era presente sul monte della trasfigurazione il giorno in cui gli apostoli intesero la parola del Padre: “Questi è il mio Figlio prediletto: ascoltatelo”.

Un anticipo del Regno: la Trasfigurazione – CCC 554-555: Dal giorno in cui Pietro ha confessato che Gesù è il Cristo, il Figlio del Dio vivente, il Maestro «co-minciò a dire apertamente ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme, e soffrire molto… e venire ucciso e risuscitare il terzo giorno» (Mt 16,21). Pietro protesta a questo annunzio, gli altri addirittura non lo comprendono. In tale contesto si colloca l’episodio misterioso della Trasfigurazione di Gesù su un alto monte, davanti a tre testimoni da lui scelti: Pietro, Giacomo e Giovanni. Il volto e la veste di Gesù diventano sfolgoranti di luce, appaiono Mosè ed Elia che parlano «della sua dipartita che avrebbe portato a compimento a Gerusalemme» (Lc 9,31). Una nube li avvolge e una voce dal cielo dice: «Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo» (Lc 9,35). Per un istante, Gesù mostra la sua gloria divina, confermando così la confessione di Pietro. Rivela anche che, per «entrare nella sua gloria» (Lc 24,26), deve passare attraverso la croce a Gerusalemme. Mosè ed Elia avevano visto la gloria di Dio sul Monte; la Legge e i profeti avevano annunziato le sofferenze del Messia. La passione di Gesù è proprio la volontà del Padre: il Figlio agisce come Servo di Dio.

Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare ad alcuno – CCC 568: La Trasfigurazione di Gesù ha come fine di consolidare la fede degli Apostoli in vista della passione: la salita sull’«alto monte» prepara la salita al Calvario. Cristo, Capo della Chiesa, manifesta ciò che il suo Corpo contiene e irradia nei sacramenti: «la speranza della gloria» (Col 1,27).

La Trasfigurazione ci invita ad aprire gli occhi del cuore sul mistero della luce di Dio presente nell’intera storia della salvezza – Benedetto XVI (Angelus, 6 Agosto 2006): Nell’odierna domenica l’evangelista Marco riferisce che Gesù condusse con sé Pietro, Giacomo e Giovanni su un alto monte e davanti a loro si trasfigurò, divenendo talmente luminoso che “nessun lavandaio al mondo avrebbe potuto rendere le sue vesti così bianche” (cfr. Mc 9,2-10). Su questo mistero di luce la liturgia ci invita oggi a concentrare il nostro sguardo. Sul volto trasfigurato di Gesù brilla un raggio della luce divina che Egli custodiva nel suo intimo. Questa stessa luce sfolgorerà sul volto di Cristo nel giorno della Risurrezione. In questo senso la Trasfigurazione appare come un anticipo del mistero pasquale. La Trasfigurazione ci invita ad aprire gli occhi del cuore sul mistero della luce di Dio presente nell’intera storia della salvezza. Già all’inizio della creazione l’Onnipotente dice: “Fiat lux – Sia la luce!” (Gen 1,2) ed avviene la separazione della luce dalle tenebre. Al pari delle altre creature, la luce è un segno che rivela qualcosa di Dio: è come il riflesso della sua gloria, che ne accompagna le manifestazioni. Quando Dio appare, “il suo splendore è come la luce, bagliori di folgore escono dalle sue mani” (Ab 3,3s.). La luce, è detto nei Salmi, è il manto in cui Dio si avvolge (cfr. Sal 104,2). Con il Libro della Sapienza il simbolismo della luce è utilizzato per descrivere la stessa essenza di Dio: la sapienza, effusione della gloria di Dio, è “un riflesso della luce eterna”, superiore ad ogni luce creata (cfr. Sap 7,27.29s.). Nel Nuovo Testamento è Cristo a costituire la piena manifestazione della luce di Dio. La sua risurrezione ha debellato per sempre il potere delle tenebre del male. Con Cristo risorto trionfano la verità e l’amore sulla menzogna e il peccato. In Lui la luce di Dio illumina ormai definitivamente la vita degli uomini e il percorso della storia: “Io sono la luce del mondo – Egli afferma nel Vangelo -. Chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita” (Gv 8,12).

PREGHIERA DEI FEDELI
Celebrante: Padre buono, nella Trasfigurazione del tuo Figlio hai concesso a Pietro, Giacomo e Giovanni di partecipare all’anticipazione della gloria del Risorto. Tu ci doni sempre segni d’amore a sostegno della nostra fede. Perciò ti rivolgiamo le nostre suppliche.

Lettore: Insieme preghiamo: Signore, mostraci il tuo volto.

– Hai chiesto ad Abramo di affidarsi alla tua Parola. Guida la Chiesa a liberarsi da quei legami che la rendono meno pronta alla ricerca della tua volontà, preghiamo.

– Hai proposto ad Abramo l’oscuro cammino della fede, passando per il sacrificio di Isacco. Fa’ che i credenti di ogni religione siano capaci di superare chiusure e incomprensioni, per offrire all’unico Dio il sacrificio della lode, preghiamo.

– Sul Tabor rivelasti ai discepoli il volto glorioso del tuo Figlio. Non permettere che le nostre comunità intristiscano, incapaci di leggere i segni dei tempi che anche oggi ci offri, per sostenerci nella fiducia e nella speranza, preghiamo.

– I discepoli videro la gloria della risurrezione. Fa’ che le nostre celebrazioni do-menicali diventino reale incontro con il Risorto, per essere segno trasparente della sua presenza nel mondo, preghiamo.

Celebrante: Ascolta, Signore, la nostra preghiera. Tu che conosci il nostro cuore, non farci mancare il tuo sostegno nella nostra storia e accompagnaci all’incontro glorioso con il tuo Figlio Gesù. Egli vive e regna nei secoli dei secoli.

PREGHIERA SULLE OFFERTE
Questa offerta, Signore misericordioso, ci ottenga il perdono dei nostri peccati e ci santifichi nel corpo e nello spirito, perché possiamo celebrare degnamente le feste pasquali. Per Cristo nostro Signore.

PREFAZIO
La trasfigurazione annunzio della beata passione.

È veramente cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza,
rendere grazie sempre e in ogni luogo a te, Signore, Padre santo,
Dio onnipotente ed eterno, per Cristo nostro Signore.
Egli, dopo aver dato ai discepoli l’annunzio della sua morte,
sul santo monte manifestò la sua gloria
e chiamando a testimoni la legge e i profeti
indicò agli apostoli che solo attraverso la passione
possiamo giungere al trionfo della risurrezione.
E noi, uniti agli angeli del cielo, acclamiamo senza fine la tua santità,
cantando l’inno di lode: Santo…

ANTIFONA ALLA COMUNIONE
“Questi è il mio Figlio prediletto; nel quale mi sono compiaciuto. Ascoltatelo”. (Mt 17,5; Mc 9,7; Lc 9,35)

PREGHIERA DOPO LA COMUNIONE
Per la partecipazione ai tuoi gloriosi misteri ti rendiamo fervide grazie, Signore, perché a noi ancora pellegrini sulla terra fai pregustare i beni del cielo. Per Cristo nostro Signore.

UN PO’ DI PANE PER CAMMINARE
“L’avvenimento della trasfigurazione segna il punto centrale e culminante del secondo vangelo e si abbina alla confessione di Pietro [8,27-30], di cui sembra la conferma più autorevole, giunta dal cielo a dissipare ogni incertezza, che poteva essersi incuneata nel cuore degli apostoli quando, quasi per contrasto alle parole di Pietro, Gesù aveva iniziato a parlare per la prima volta della necessità della sua passione [8,31-33]. Da qui in avanti, infatti, la narrazione non presenterà più tappe riposanti come questa, ma scorrerà dritta verso il tragico epilogo senza alcuna interruzione per risollevarsi alla fine con gli accenni alla risurrezione [16,1-8]. Il fatto in se stesso rimane non poco misterioso, ma il suo significato non è difficile da decifrare. Esso rappresenta non solo un motivo di consolazione e di incoraggiamento per i discepoli smarriti, ma anche un’antici-pazione della gloria in cui Cristo dovrà entrare con la sua risurrezione” (Sisti).
Trasfigurazione, in greco “metamorphosis”, indica l’apparizione di un essere sotto una forma diversa da quella che gli è propria. L’episodio della trasfigurazione è riportato da Matteo, Marco e Luca e per alcuni è avvenuta sul monte Tabor, luogo tradizionale della teofania (cfr. Es 19; 1Re 19).
La trasfigurazione è “uno sprazzo, un bagliore di quel regno che è il Cristo stesso, una luce che è anche quella di Pasqua, della Pentecoste, della parusia, quando, con il ritorno glorioso di Cristo, il mondo intero verrà trasfigurato. Mosè ed Elia, […] parlano con Gesù del suo éxodos, cioè della sua passione: solo quest’ultima farà risplendere la luce non solo in cima al Tabor, la montagna che rappresenta simbolicamente le teofanie e le estasi, ma al cuore stesso delle sofferenze degli uomini […]. Per la teologia ortodossa, la luce della trasfigurazione è l’energia divina (secondo il vocabolario precisato nel XIV secolo da Gregorio Palamas), vale a dire lo sfolgorare di Dio: Dio stesso che, mentre rimane inaccessibile nella sua «sovraessenza», si rende tuttavia partecipabile agli uomini per una follia di amore […]. Lo sfolgoramento, la folgorazione divina è tale da gettare a terra gli apostoli sulla montagna. Eppure sul Tabor essa rimane una luce esterna all’uomo.
Ora essa ci è donata – scintilla impercettibile o fiume di fuoco – nel pane e nel vino eucaristici. Allora i nostri occhi si aprono e noi comprendiamo che il mondo intero è intriso di quella luce: tutte le religioni, tutte le intuizioni dell’arte e dell’amore lo sanno, ma è stato necessario che venisse il Cristo e che avvenisse in lui quell’immensa metamorfosi […] perché si rivelasse infine che alla sorgente delle falde di fuoco, di pace e di bellezza presenti nella storia, vi è, vincitore della notte e della morte, un Volto” (O. Clément).

CONOSCIAMO L’OPUS MATRIS VERBI DEI

CAPITOLO 4
IMPEGNO DI APOSTOLATO E DI PASTORALE

Art. 81 – All’interno di questo specifico carisma e a partire da questo specifico carisma unico per tutti i Sodali della Famiglia ecclesiale «Opus Matris Verbi Dei», i campi di impegno apostolico e carità pastorale possono essere diversi. Diversi ma strettamente correlati tra loro e orientati sempre all’annuncio della Parola. Unicità che non è livellamento né anonimato, infatti i Responsabili, per favorire il carisma di ognuno e per essere aperti all’azione dello Spirito Santo, incoraggeranno ciascun Sodale ad esercitare il suo servizio considerando le proprie attitudini e i propri doni.

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