Liturgia

15 Ottobre 2017 – XXVIII Domenica del Tempo Ordinario (A)

Antifona d’ingresso

Se consideri le nostre colpe, Signore, chi potrà resistere? Ma presso di te è il perdono, o Dio di Israele. (Sal 130,3-4)

 

Colletta

Ci preceda e ci accompagni sempre la tua grazia, Signore, perché, sorretti dal tuo paterno aiuto, non ci stanchiamo mai di operare il bene. Per il nostro Signore Gesù Cristo…

Oppure: 

O Padre, che inviti il mondo intero alle nozze del tuo Figlio, donaci la sapienza del tuo Spirito, perché possiamo testimoniare qual è la speranza della nostra chiamata, e nessun uomo abbia mai a rifiutare il banchetto della vita eterna o a entrarvi senza l’abito nuziale. Per il nostro Signore Gesù Cristo…

 

 

Prima Lettura     Is 25,6-10a

Il Signore preparerà un banchetto, e asciugherà le lacrime su ogni volto.
Dio sta preparando per Israele un tempo di prosperità, di pace e di benessere e attraverso Israele per tutti i popoli. L’immagine per esprimere tanta gioia è quella di un banchetto nuziale che sarà allestito sul monte Sion, verso cui affluiranno, alla fine dei tempi, tutte le nazioni e i beni della terra. L’annuncio di Isaìa è profezia, ma anche un inno di ringraziamento che celebra l’azione provvidenziale del Signore a favore del suo popolo: Dio risiede in Gerusalemme, che per questo è chiamata santa, vive e opera con il suo popolo ed è sempre vigile per venire in suo aiuto. Perché la gioia sia piena, Isaìa annunzia anche la fine di quanto si oppone alla felicità, prima di ogni altra cosa, la morte (cfr. Gen 3,19; Ap 7,17; 21,4). Un annuncio che si realizzerà perfettamente nella «pienezza del tempo», quando Dio manderà «il suo Figlio per riscattare coloro che erano sotto la Legge» (Gal 4,4-5).

 

Dal libro del profeta Isaìa

Preparerà il Signore degli eserciti per tutti i popoli, su questo monte, un banchetto di grasse vivande, un banchetto di vini eccellenti, di cibi succulenti, di vini raffinati. Egli strapperà su questo monte il velo che copriva la faccia di tutti i popoli e la coltre distesa su tutte le nazioni. Eliminerà la morte per sempre. Il Signore Dio asciugherà le lacrime su ogni volto, l’ignominia del suo popolo farà scomparire da tutta la terra, poiché il Signore ha parlato. E si dirà in quel giorno: «Ecco il nostro Dio; in lui abbiamo sperato perché ci salvasse. Questi è il Signore in cui abbiamo sperato; rallegriamoci, esultiamo per la sua salvezza, poiché la mano del Signore si poserà su questo monte».

Parola di Dio.

 

Salmo responsoriale Dal Salmo 22 (23)

«Gesù ci conduce al pascolo, ci fa crescere con l’acqua di riposo, lotta per noi contro le bestie feroci, richiama gli smarriti, riconduce quelli che si sono perduti, cura i feriti, fortifica i deboli e, con la sua arte di pastore, ci raduna nell’ovile della vita eterna» (Gregorio Nazianzeno).

 

Rit. Abiterò per sempre nella casa del Signore.
Il Signore è il mio pastore:

non manco di nulla.

Su pascoli erbosi mi fa riposare,

ad acque tranquille mi conduce.

Rinfranca l’anima mia. Rit.

 

Mi guida per il giusto cammino

a motivo del suo nome.

Anche se vado per una valle oscura,

non temo alcun male, perché tu sei con me.

Il tuo bastone e il tuo vincastro

mi danno sicurezza. Rit.

 

Davanti a me tu prepari una mensa

sotto gli occhi dei miei nemici.

Ungi di olio il mio capo;

il mio calice trabocca. Rit.

 

Sì, bontà e fedeltà mi saranno compagne

tutti i giorni della mia vita,

abiterò ancora nella casa del Signore

per lunghi giorni. Rit.

 

Seconda Lettura           Fil 4,12-14.19-20

Tutto posso in colui che mi dà forza.

La necessità obbliga l’apostolo Paolo ad accettare i doni che i cristiani di Filippi generosamente gli hanno inviato. Ammette di averli graditi, ma fa anche presente ai suoi benefattori che egli tiene all’indipendenza della sua missione: quello che veramente conta è il bene spirituale di tutti (cfr. Fil 1,5; 1Cor 9,11). A ricompensare i Filippési sarà Dio che colmerà ogni loro bisogno «secondo la sua ricchezza con magnificenza, in Cristo Gesù».

 

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippési

Fratelli, so vivere nella povertà come so vivere nell’abbondanza; sono allenato a tutto e per tutto, alla sazietà e alla fame, all’abbondanza e all’indigenza. Tutto posso in colui che mi dà la forza. Avete fatto bene tuttavia a prendere parte alle mie tribolazioni. Il mio Dio, a sua volta, colmerà ogni vostro bisogno secondo la sua ricchezza con magnificenza, in Cristo Gesù. Al Dio e Padre nostro sia gloria nei secoli dei secoli. Amen.

Parola di Dio.

 

Canto al Vangelo       Cfr. Ef 1,17-18

Alleluia, alleluia

Il Padre del Signore nostro Gesù Cristo illumini gli occhi del nostro cuore per farci comprendere a quale speranza ci ha chiamati.

Alleluia.

 

Vangelo         Mt 22,1-14 (Forma breve Mt 22,1-10)

Tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze.

 

La parabola del banchetto nuziale è facilmente comprensibile da tutti, illetterati e letterati: il re è Dio; il convito nuziale è la felicità messianica; i messi sono gli apostoli; gli invitati che insultano e uccidono i servi del re sono i giudei; i chiamati dalla strada sono i peccatori e i pagani; l’incendio della città sta a significare la rovina di Gerusalemme. La generosità del re verso gli ultimi che affollano la sala del banchetto ha però un limite, espresso dalla parabola della veste nuziale. L’uomo che risponde all’invito deve portare sempre la veste nuziale, questo significa che le opere della giustizia devono accompagnare la fede (cfr. Mt 3,8; 5,20; 7,21s; 13,47s; 21,28s).

 

Dal Vangelo secondo Matteo

[In quel tempo, Gesù, riprese a parlare con parabole (ai capi dei sacerdoti e ai farisei) e disse: «Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire. Mandò di nuovo altri servi con quest’ordine: Dite agli invitati: “Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!”. Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città. Poi disse ai suoi servi: “La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze”. Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali.] Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l’abito nuziale. Gli disse: “Amico, come mai sei entrato qui senza l’abito nuziale?”. Quello ammutolì. Allora il re ordinò ai servi: “Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”. Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti».

Parola di Signore.

 

 

La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa

Sì, bontà e fedeltà mi saranno compagne tutti i giorni della mia vita – Benedetto XVI (Udienza Generale, 5 ottobre 2011): La bontà e la fedeltà di Dio sono la scorta che accompagna il Salmista che esce dalla tenda e si rimette in cammino. Ma è un cammino che acquista un nuovo senso, e diventa pellegrinaggio verso il Tempio del Signore, il luogo santo in cui l’orante vuole “abitare” per sempre e a cui anche vuole “ritornare”. Il verbo ebraico qui utilizzato ha il senso di “tornare”, ma, con una piccola modifica vocalica, può essere inteso come “abitare”, e così è reso dalle antiche versioni e dalla maggior parte delle traduzioni moderne. Ambedue i sensi possono essere mantenuti: tornare al Tempio e abitarvi è il desiderio di ogni Israelita, e abitare vicino a Dio nella sua vicinanza e bontà è l’anelito e la nostalgia di ogni credente: poter abitare realmente dove è Dio, vicino a Dio. La sequela del Pastore porta alla sua casa, è quella la meta di ogni cammino, oasi desiderata nel deserto, tenda di rifugio nella fuga dai nemici, luogo di pace dove sperimentare la bontà e l’amore fedele di Dio, giorno dopo giorno, nella gioia serena di un tempo senza fine.

Preparerà il Signore degli eserciti per tutti i popoli, su questo monte, un banchetto di grasse vivande – Sacramentum Caritatis 30-31: Il banchetto eucaristico, rivelando la sua dimensione fortemente escatologica, viene in aiuto alla nostra libertà in cammino. Riflettendo su questo mistero, possiamo dire che con la sua venuta Gesù si è posto in rapporto con l’attesa presente nel popolo di Israele, nell’intera umanità ed in fondo nella stessa creazione. Con il dono di se stesso, Egli ha obiettivamente inaugurato il tempo escatologico. Cristo è venuto per chiamare a raccolta il Popolo di Dio disperso (cfr. Gv 11,52), manifestando chiaramente l’intenzione di radunare la comunità dell’alleanza, per portare a compimento le promesse di Dio fatte agli antichi padri (cfr. Ger 23,3; 31,10; Lc 1,55.70). Nella chiamata dei Dodici, da porre in relazione con le dodici tribù di Israele, e nel mandato loro affidato nell’Ultima Cena, prima della sua Passione redentrice, di celebrare il suo memoriale, Gesù ha mostrato di voler trasferire all’intera comunità da Lui fondata il compito di essere, nella storia, segno e strumento del raduno escatologico, in Lui iniziato. Pertanto, in ogni Celebrazione eucaristica si realizza sacramentalmente il radunarsi escatologico del Popolo di Dio. Il banchetto eucaristico è per noi reale anticipazione del banchetto finale, preannunziato dai Profeti (cfr. Is 25,6-9) e descritto nel Nuovo Testamento come «le nozze dell’Agnello» (Ap 19,7; Ap 19,9), da celebrarsi nella gioia della comunione dei santi.

La veste nuziale – CCC 1243-1244: [Nel battesimo] La veste bianca significa che il battezzato si è rivestito di Cristo (Gal 3,27), che egli è risorto con Cristo. Il nuovo battezzato è ora figlio di Dio nel Figlio unigenito. Può dire la preghiera dei figli di Dio: il Padre nostro. Divenuto figlio di Dio, rivestito dell’abito nuziale, il neofita è ammesso al “banchetto delle nozze dell’Agnello” e riceve il nutrimento della vita nuova, il Corpo e Sangue di Cristo.

 

 

Preghiera dei Fedeli

Celebrante: Dio interviene liberamente nella storia, scegliendo a volte testimoni inaspettati. Invero, chi opera il bene e confessa il nome di Gesù è già nella verità.

Lettore: Fiduciosi ripetiamo: Padre, ascoltaci nel nome di Gesù!
– Fa’ che la Chiesa sappia rispondere alle attese profonde dell’uomo d’oggi, donandogli la tua pace. Ti preghiamo:
– Fa’ che il dialogo fra i cristiani e i rappresentanti delle altre religioni continui fraternamente per il bene dell’umanità. Ti preghiamo:
– Fa’ che la nostra nazione non si spaventi per il male diffuso e proclamato, ma confidi nella bontà silenziosa di molti. Ti preghiamo:
– Fa’ che i nostri schemi pastorali siano sempre completati dalla tua meravigliosa onnipotenza. Ti preghiamo:

  • Fa’ che tutti i frammenti di bene sparsi nel mondo siano raccolti insieme nell’unico pane che offriamo a te. Ti preghiamo:
    Celebrante: La tua grazia, Signore, porti a compimento il bene presente in ogni uomo, perché con il Cristo tuo Figlio, principio e sintesi di ogni cosa, l’uma-nità tutta canti all’infinita tua grandezza per i secoli eterni. Amen.

 

 

Preghiera sulle offerte

Accogli, Signore, le nostre offerte e preghiere, e fa’ che questo santo sacrificio, espressione perfetta della nostra fede, ci apra il passaggio alla gloria del cielo. Per Cristo nostro Signore.

 

 

Prefazio delle domeniche del tempo Ordinario (I)

Il mistero pasquale e il popolo di Dio.
È veramente cosa buona e giusta renderti grazie

e innalzare a te l’inno di benedizione e di lode,

Dio onnipotente ed eterno,

per Cristo nostro Signore.

Mirabile è l’opera da lui compiuta nel mistero pasquale:

egli ci ha fatti passare dalla schiavitù del peccato e della morte

alla gloria di proclamarci stirpe eletta, regale sacerdozio,

gente santa, popolo di sua conquista,

per annunziare al mondo la tua potenza, o Padre,

che dalle tenebre ci hai chiamati allo splendore della tua luce.

Per questo mistero di salvezza, uniti ai cori degli angeli,

proclamiamo esultanti la tua lode: Santo…

Antifona alla comunione

I ricchi impoveriscono e hanno fame, ma chi cerca il Signore non manca di nulla. (Sal 34,11)

Oppure: 

Quando il Signore si manifesterà, saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è. (1Gv 3,2)

Oppure: 

“Il regno dei cieli è simile a un re che fece un banchetto di nozze per suo figlio”. (Mt 22,2)

Preghiera dopo la comunione

Padre santo e misericordioso, che ci hai nutriti con il corpo e sangue del tuo Figlio, per questa partecipazione al suo sacrificio donaci di comunicare alla sua stessa vita. Egli vive e regna nei secoli dei secoli.

 

 

Un po’ di pane per camminare

Benedetto XVI (Omelia, 9 Ottobre 2011): La liturgia di questa domenica ci propone una parabola che parla di un banchetto di nozze a cui molti sono invitati. La prima lettura, tratta dal libro di Isaìa, prepara questo tema, perché parla del banchetto di Dio. È un’immagine – quella del banchetto – usata spesso nelle Scritture per indicare la gioia nella comunione e nell’abbondanza dei doni del Signore, e lascia intuire qualcosa della festa di Dio con l’umanità, come descrive Isaìa: «Preparerà il Signore degli eserciti per tutti i popoli, su questo monte, un banchetto di grasse vivande… di vini eccellenti, di cibi succulenti, di vini raffinati» [Is 25,6]. Il profeta aggiunge che l’intenzione di Dio è di porre fine alla tristezza e alla vergogna; vuole che tutti gli uomini vivano felici nell’amore verso di Lui e nella comunione reciproca; il suo progetto allora è di eliminare la morte per sempre, di asciugare le lacrime su ogni volto, di far scomparire la condizione disonorevole del suo popolo, come abbiamo ascoltato [Is 25,7-8]. Tutto questo suscita profonda gratitudine e speranza: «Ecco il nostro Dio, in lui abbiamo sperato perché ci salvasse; questi è il Signore in cui abbiamo sperato; rallegriamoci, esultiamo per la sua salvezza» [Is 25,9]. Gesù nel Vangelo ci parla della risposta che viene data all’invito di Dio – rappresentato da un re – a partecipare a questo suo banchetto [cfr. Mt 22,1-14]. Gli invitati sono molti, ma avviene qualcosa di inaspettato: si rifiutano di partecipare alla festa, hanno altro da fare; anzi alcuni mostrano di disprezzare l’invito. Dio è generoso verso di noi, ci offre la sua amicizia, i suoi doni, la sua gioia, ma spesso noi non accogliamo le sue parole, mostriamo più interesse per altre cose, mettiamo al primo posto le nostre preoccupazioni materiali, i nostri interessi. L’invito del re incontra addirittura reazioni ostili, aggressive. Ma ciò non frena la sua generosità. Egli non si scoraggia, e manda i suoi servi ad invitare molte altre persone. Il rifiuto dei primi invitati ha come effetto l’estensione dell’invito a tutti, anche ai più poveri, abbandonati e diseredati. I servi radunano tutti quelli che trovano, e la sala si riempie: la bontà del re non ha confini e a tutti è data la possibilità di rispondere alla sua chiamata. Ma c’è una condizione per restare a questo banchetto di nozze: indossare l’abito nuziale. Ed entrando nella sala, il re scorge qualcuno che non l’ha voluto indossare e, per questa ragione, viene escluso dalla festa. Vorrei fermarmi un momento su questo punto con una domanda: come mai questo commensale ha accettato l’invito del re, è entrato nella sala del banchetto, gli è stata aperta la porta, ma non ha messo l’abito nuziale? Cos’è quest’abito nuziale? Nella Messa in Coena Domini di quest’anno ho fatto riferimento a un bel commento di san Gregorio Magno a questa parabola. Egli spiega che quel commensale ha risposto all’invito di Dio a partecipare al suo banchetto, ha, in un certo modo, la fede che gli ha aperto la porta della sala, ma gli manca qualcosa di essenziale: la veste nuziale, che è la carità, l’amore. E san Gregorio aggiunge: “Ognuno di voi, dunque, che nella Chiesa ha fede in Dio ha già preso parte al banchetto di nozze, ma non può dire di avere la veste nuziale se non custodisce la grazia della Carità” [Homilia 38,9: PL 76,1287]. E questa veste è intessuta simbolicamente di due legni, uno in alto e l’altro in basso: l’amore di Dio e l’amore del prossimo [cfr. ibid.,10: PL 76,1288]. Tutti noi siamo invitati ad essere commensali del Signore, ad entrare con la fede al suo banchetto, ma dobbiamo indossare e custodire l’abito nuziale, la carità, vivere un profondo amore a Dio e al prossimo.

 

Conosciamo l’Opus Matris Verbi Dei

(Per conoscerci: 0922 607054 // 095 965638)

 

Capitolo 3

Vita Consacrata con voto di Povertà Castità Obbedienza

  1. Il voto di Povertà Seguendo Gesù povero

 

Art. 38 – Nella costruzione e nell’arredamento delle Case, così come nei mezzi di trasporto, nel vestiario, nel cibo e in ogni altra cosa a uso dei Sodali rifulgano l’austerità e la semplicità evangeliche.

 

Art. 39 – “La vera povertà è libertà dalle cose. Tutto può servire ma nulla ci deve condizionare. Sopportiamo con serenità ogni limite: freddo e caldo, viviamo con libertà ogni comfort ed ogni privazione… [I Consacrati] sanno usare i mezzi moderni: Tv, telefonino, macchina, senza essere asserviti e condizionati” († Giuseppe Agostino, Schegge di vita). Per la necessaria informazione si ricorra a stampa di sicura ispirazione cattolica. L’uso della televisione e del telefono… sia regolato dall’obbedienza.

 

Leave a Comment

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *