maggio, meditazioni

30 APRILE 2020 – GIOVEDÌ, III SETTIMANA DI PASQUA

I Lettura: L’Etíope, funzionario di Candàce, regina di Etiòpia, sta leggendo un brano del profeta Isaìa (53,7-8), un brano di difficile interpretazione. Per i Giudei la difficoltà stava nel trovare la persona che avrebbe fatto in favore del suo popolo quello che diceva la profezia indicata nel libro di Isaìa. Trovarla significava anche darle un nome. La Chiesa trovò la risposta in Cristo Gesù, ed è da qui che inizia l’evangelizzazione dell’eunuco da parte di Filippo. Alla fine, fatta la professione di fede, l’Etíope riceve il battesimo e con il dono dello Spirito Santo il suo cuore si colma di indicibile gioia.

Vangelo: Il verbo mangiare usato da Gesù, “Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno”, allude all’Eucarestia, ma può essere inteso anche in chiave sapienziale, pane, come cibo spirituale. Colui che va da Gesù si nutre di questo pane e mediante questo cibo spirituale acquisisce la pienezza di vita di Gesù che garantisce e anticipa il dono e il possesso della vita eterna.

Io sono il pane vivo, disceso dal cielo – Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, disse Gesù alla folla: «Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Sta scritto nei profeti: “E tutti saranno istruiti da Dio”. Chiunque ha ascoltato il Padre e ha imparato da lui, viene a me. Non perché qualcuno abbia visto il Padre; solo colui che viene da Dio ha visto il Padre. In verità, in verità io vi dico: chi crede ha la vita eterna. Io sono il pane della vita. I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia. Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».

La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa

In verità, in verità io vi dico: chi crede ha la vita eterna – Evangelium Vitae 37-38: Altre volte Gesù parla di “vita eterna”, dove l’aggettivo non richiama soltanto una prospettiva sovratemporale. “Eterna” è la vita che Gesù promette e dona, perché è pienezza di partecipazione alla vita dell’“Eterno”. Chiunque crede in Gesù ed entra in comunione con lui ha la vita eterna (Gv 3,15; 6,40), perché da lui ascolta le uniche parole che rivelano e infondono pienezza di vita alla sua esistenza; sono le “parole di vita eterna” che Pietro riconosce nella sua confessione di fede: “Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna; noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio” (Gv 6,68-69). In che cosa consista poi la vita eterna, lo dichiara Gesù stesso rivolgendosi al Padre nella grande preghiera sacerdotale: “Questa è la vita eterna: che conoscano te, l’unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo” (Gv 17,3). Conoscere Dio e il suo Figlio è accogliere il mistero della comunione d’amore del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo nella propria vita, che si apre già fin d’ora alla vita eterna nella partecipazione alla vita divina. La vita eterna è, dunque, la vita stessa di Dio ed insieme la vita dei figli di Dio. Stupore sempre nuovo e gratitudine senza limiti non possono non prendere il credente di fronte a questa inattesa e ineffabile verità che ci viene da Dio in Cristo. Il credente fa sue le parole dell’apostolo Giovanni: “Quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente!… Carissimi, noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è” (1Gv 3,1-2).

I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia – CCC 1094: Proprio su questa armonia dei due Testamenti si articola la catechesi pasquale del Signore e in seguito quella degli Apostoli e dei Padri della Chiesa. Tale catechesi svela ciò che rimaneva nascosto sotto la lettera dell’Antico Testamento: il Mistero di Cristo. Essa è chiamata “tipologica” in quanto rivela la novità di Cristo a partire dalle “figure” (tipi) che lo annunziavano nei fatti, nelle parole e nei simboli della prima Alleanza. Attraverso questa rilettura nello Spirito di Verità a partire da Cristo, le figure vengono svelate per mezzo del Battesimo, come pure la Nube e la traversata del Mar Rosso; l’acqua dalla roccia era figura dei doni spirituali di Cristo; la manna nel deserto prefigurava l’Eucaristia, “il vero Pane dal cielo”.

Io sono il pane vivo, disceso dal cielo – Benedetto XVI (Angelus, 16 Agosto 2009): Io sono il pane vivo, disceso dal cielo” (Gv 6,51). Non si può non restare colpiti da questa corrispondenza, che ruota intorno al simbolo del “cielo”: Maria è stata “assunta” nel luogo dal quale il suo Figlio era “disceso”. Naturalmente questo linguaggio, che è biblico, esprime in termini figurati qualcosa che non entra mai completamente nel mondo dei nostri concetti e delle nostre immagini. Ma fermiamoci un momento a riflettere! Gesù si presenta come il “pane vivo”, cioè il nutrimento che contiene la vita stessa di Dio ed è in grado di comunicarla a chi mangia di Lui, il vero nutrimento che dà la vita, nutre realmente in profondità. Gesù dice: “Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo” (Gv 6,51). Ebbene, da chi il Figlio di Dio ha preso questa sua “carne”, la sua umanità concreta e terrena? L’ha presa dalla Vergine Maria. Dio ha assunto da Lei il corpo umano per entrare nella nostra condizione mortale. A sua volta, alla fine dell’esistenza terrena, il corpo della Vergine è stato assunto in cielo da parte di Dio e fatto entrare nella condizione celeste. È una sorta di scambio, in cui Dio ha sempre la piena iniziativa, ma, come abbiamo visto in altre occasioni, in un certo senso, ha anche bisogno di Maria, del “sì” della creatura, della sua carne, della sua esistenza concreta, per preparare la materia del suo sacrificio: il corpo e il sangue, da offrire sulla Croce quale strumento di vita eterna e, nel sacramento dell’Eucaristia, quale cibo e bevanda spirituali.

La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa

«Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre…: quando ascolti queste parole non pensare di essere attratto tuo malgrado. La tua anima è attirata anche dall’amore… e dalla gioia» (Sant’A-gostino).

Silenzio / Preghiera / La tua traccia

«Ti prego, di quale persona il profeta dice questo? Di se stesso o di qualcun altro?». Filippo non è un presbitero della Chiesa ma un ministro (tecnicamente un diacono) eletto e addetto alla cura delle mense per le vedove. Mi piace sottolineare questo per far comprendere che non parliamo di un dotto studioso delle Scritture come Nicodèmo o di un fariseo della scuola di Gamalièle come san Paolo. Eppure Filippo è descritto come il primo missionario della Chiesa. Sàulo non ha ancora incontrato Cristo sulla via di Damasco e l’annuncio del Vangelo è ben circoscritto ai soli credenti di religione ebraica. Ma il Signore non conosce confini e invia, tramite un angelo, in una via dove da lì a poco sarebbe passato un Etíope. Oggi potremmo definirlo un “senza Dio”, un miscredente ma desideroso di conoscere la verità. Egli è attirato dalle Scritture e si sofferma sul profeta Isaìa che parla del Servo sofferente. È una lettura attenta, non mistica, ma intelligente, aperta. Questa sua ricerca bussa al cuore di Dio che invia, appunto, Filippo. Questo ci dice che quando uno cerca sinceramente Dio, egli sa come farsi trovare. Ma ci dice anche che Dio per farsi conoscere e trovare può usare chiunque, anche noi. Siamo consapevoli di tale responsabilità? Siamo disponibili e docili agli impulsi dello Spirito Santo? Sentiamo in cuore il desiderio che ogni uomo conosca Gesù?

Preghiamo

O Dio, che in questi giorni pasquali ci hai rivelato la grandezza del tuo amore, fa’ che accogliamo pienamente il tuo dono, perché, liberi da ogni errore, aderiamo sempre più alla tua parola di verità. Per il nostro Signore Gesù Cristo…

 

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