Liturgia, marzo

8 marzo 2020 II Domenica del Tempo di Quaresima (A)

“Con istinto sicuro la liturgia della quaresima propone il mistero della trasfigurazione di Gesù alla contemplazione del fedele che sale lentamente verso la festa della pasqua, cioè verso il mistero, apparentemente dissociato ma profondamente unito, della passione e della risurrezione. Mentre possiamo considerare la trasfigurazione come il prolungamento delle teofanie del Sinai, essa anticipa il mistero del ritorno di Cristo nella gloria, all’ultimo giorno” (Fausto Longo).

Soltanto i Vangeli sinottici e la seconda Lettera di Pietro parlano della glorificazione di Gesù su di un alto monte (cfr Mt 17,1; Mc 9,2; Lc 9,28; 2Pt 1,16; il vangelo secondo Giovanni [12,27-28], presenta solo una somiglianza tematica, in quanto parla della glorificazione del figlio dell’uomo nell’ora della morte di Gesù).

Gesù, durante la trasfigurazione, appare per un istante sotto l’aspet-to divino agli occhi di tre discepoli: Pietro, Giacomo e Giovanni (“E fu trasfigurato davanti a loro; il suo viso brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce” Mt 17,2). È impossibile sapere di quale monte si parli; la tradizione che indica il Tabor è di data relativamente recente. Il racconto mostra alcune analogie con la teofania del Sinai (cfr Es 19,16; 24,15; Dt 5,22) e vuole puntare al medesimo scopo: la rivelazione della gloria di Dio. Di fronte alla Passione vicina e a tutte le umiliazioni che vi sono unite, la gloria divina di Gesù è rivelata qui ai tre discepoli preferiti che saranno anche testimoni della sua agonia.

Ancora una volta il Padre invita i discepoli ad ascoltare il Figlio suo prediletto. Quella di ascoltare “è una grande arte. Cristo stesso ci mette sull’avviso: «Guardate dunque in qual modo ascoltate» [Lc 8,18]. Ascol-tare non è peraltro soltanto ed esclusivamente un fatto di intelligenza.

È il nostro essere, preso nella sua interezza [anima e corpo, intelligenza e cuore, immaginazione, memoria e volontà], che deve essere attento alla parola di Cristo, aprirsi ad essa, cederle il posto, lasciarsi investire, invadere, prendere da essa, e ad essa dare un’adesione senza riserve” (Henri Caffarel).

Antifona d’ingresso

Di te dice il mio cuore: “Cercate il suo volto”. Il tuo volto io cerco, o Signore. Non nascondermi il tuo volto. (Sal 27,8-9)

Oppure: Ricorda, Signore, il tuo amore e la tua bontà, le tue misericordie che sono da sempre. Non trionfino su di noi i nostri nemici; libera il tuo popolo, Signore, da tutte le sue angosce. (Sal 25,6.3.22)

Colletta  

O Padre, che ci chiami ad ascoltare il tuo amato Figlio, nutri la nostra fede con la tua parola e purifica gli occhi del nostro spirito, perché possiamo godere la visione della tua gloria. Per il nostro Signore…

Oppure:

O Dio, che chiamasti alla fede i nostri padri e hai dato a noi la grazia di camminare alla luce del Vangelo, aprici all’ascolto del tuo Figlio, perché accettando nella nostra vita il mistero della croce, possiamo entrare nella gloria del tuo regno. Per il nostro Signore Gesù Cristo…

Prima Lettura         Gen 12,1-4a

Vocazione di Abramo, padre del popolo di Dio.

Dopo l’alleanza stabilita con Noè, in cui Dio giura fedeltà al creato, gli uomini sono inclini ancora al male. Eppure Dio continua a cercare la comunione con loro: alla dispersione di Babele segue la vocazione di Abramo, chiamato significativamente a rompere ogni vincolo sociale e di clan per poter seguire incondizionatamente le vie del Signore. La fede obbediente di Abramo resterà per tutti il paradigma della risposta alla propria vocazione.

Dal libro della Gènesi

In quei giorni, il Signore disse ad Abram: «Vàttene dalla tua terra, dalla tua parentela e dalla casa di tuo padre, verso la terra che io ti indicherò. Farò di te una grande nazione e ti benedirò, renderò grande il tuo nome e possa tu essere una benedizione. Benedirò coloro che ti benediranno e coloro che ti malediranno maledirò, e in te si diranno benedette tutte le famiglie della terra». Allora Abram partì, come gli aveva ordinato il Signore.     Parola di Dio.

Salmo Responsoriale         Dal Salmo 32 (33)

«Solo se si è in sintonia con Dio lo si può lodare con totalità; altrimenti, lo lodiamo per le circostanze favorevoli e non lo lodiamo per le altre. Dunque facciamo sì che la nostra volontà coincida sempre con quella di Dio. Quando Dio dà e quando Dio riprende ciò che ci ha dato, canta sempre: Il Signore ha dato… il Signore ha tolto (Gb 20,21)» (Agostino).

Rit. Donaci, Signore, il tuo amore: in te speriamo.

Retta è la parola del Signore

e fedele ogni sua opera.

Egli ama la giustizia e il diritto;

dell’amore del Signore è piena la terra. Rit.

Ecco, l’occhio del Signore è su chi lo teme,

su chi spera nel suo amore,

per liberarlo dalla morte

e nutrirlo in tempo di fame. Rit.

L’anima nostra attende il Signore:

egli è nostro aiuto e nostro scudo.

Su di noi sia il tuo amore, Signore,

come da te noi speriamo. Rit.

Seconda Lettura       2Tm 1,8b-10

Dio ci chiama e ci illumina.

Nel breve testo è espresso il nucleo centrale del Kerygma: l’incarnazione, la morte e risurrezione del Salvatore. Egli ci ha aperto un varco verso la luce, vincendo la morte: sulle sue orme, e sulle orme di tutti i santi che fedelmente hanno seguito Gesù, anche Timòteo potrà affrontare con fede e amore la sofferenza per il Vangelo. La nostalgia della separazione, l’u-mana timidezza di Timòteo, la scandalosa situazione in cui Paolo si trova, gli anni del carcere sono superati da un incoraggiamento: Cristo ha fatto risplendere la vita.

Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo a Timòteo

Figlio mio, con la forza di Dio, soffri con me per il Vangelo. Egli infatti ci ha salvati e ci ha chiamati con una vocazione santa, non già in base alle nostre opere, ma secondo il suo progetto e la sua grazia. Questa ci è stata data in Cristo Gesù fin dall’eternità, ma è stata rivelata ora, con la manifestazione del salvatore nostro Cristo Gesù. Egli ha vinto la morte e ha fatto risplendere la vita e l’incorruttibilità per mezzo del Vangelo.     Parola di Dio.

Canto al Vangelo       cfr Mc 9,7

Lode e onore a te, Signore Gesù!

Dalla nube luminosa, si udì la voce del Padre: «Questi è il mio Figlio, l’amato: ascoltatelo!». Lode e onore a te, Signore Gesù!

Vangelo     Mt 17,1-9

Il suo volto brillò come il sole.

Gesù mostra ai discepoli il suo aspetto trasfigurato. Matteo insiste particolarmente sulla luce e sul fulgore che promanano da lui, richiamando così la figura del Figlio dell’uomo di Dn 10 e il racconto della manifestazione del Signore sul Sinai. Le continue allusioni alle teofanie dell’AT indicano che sta avvenendo qualcosa di importante: in Gesù l’antica alleanza sta per trasformarsi in nuova ed eterna. L’apparizione di Elìa e Mosè testimonia che Gesù è il compimento della Legge e dei Profeti, colui che condurrà il popolo alla vera terra promessa.

Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. E fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. Ed ecco, apparvero loro Mosè ed Elìa, che conversavano con lui. Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Signore, è bello per noi essere qui! Se vuoi, farò qui tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elìa». Egli stava ancora parlando, quando una nube luminosa li coprì con la sua ombra. Ed ecco una voce dalla nube che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo». All’udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore. Ma Gesù si avvicinò, li toccò e disse: «Alzatevi e non temete». Alzando gli occhi non videro nessuno, se non Gesù solo. Mentre scendevano dal monte, Gesù ordinò loro: «Non parlate a nessuno di questa visione, prima che il Figlio dell’uomo non sia risorto dai morti». Parola del Signore.

Preghiera dei Fedeli                                              (proposta)

Benediciamo il Signore, perché in questo tempo di Quaresima, segno sacramentale della nostra conversione, egli ci rinnova il dono della sua parola. Preghiamo e diciamo insieme:

Fa’ che ascoltiamo, Signore, la tua voce!

– Verbo eterno del Padre, guarda questo popolo smarrito e disperso, e conducilo sul tuo santo monte, verso l’incontro con te. Preghiamo. Rit.

– Splendore del Volto di Dio, illumina con la tua Parola di Verità chi ti cerca con cuore inquieto nel buio della vita. Preghiamo. Rit.

– Figlio prediletto, conduci la tua Chiesa verso il Padre: sciogli la du-rezza del suo cuore e guarisci le ferite della divisione e della discordia. Preghiamo. Rit.

– Redentore nostro, che ben conosci il patire, dona speranza e consolazione a quanti sono nel dolore e nella malattia. Preghiamo. Rit.

Celebrante

Signore Gesù, donaci di sostenere la speranza nella fatica di ogni gi-orno, capaci di contemplare lo splendore del tuo Volto che guarda con amore ogni figlio. Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli.

Preghiera sulle offerte

Questa offerta, Signore misericordioso, ci ottenga il perdono dei nostri peccati e ci santifichi nel corpo e nello spirito, perché possiamo celebrare degnamente le feste pasquali. Per Cristo nostro Signore.

 

Prefazio

La trasfigurazione annunzio della beata passione.

È veramente cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza, rendere grazie sempre e in ogni luogo a te, Signore, Padre santo, Dio onnipotente ed eterno, per Cristo nostro Signore.

Egli, dopo aver dato ai discepoli l’annunzio della sua morte, sul santo monte manifestò la sua gloria e chiamando a testimoni la legge e i profeti indicò agli apostoli che solo attraverso la passione possiamo giungere al trionfo della risurrezione.

E noi, uniti agli angeli del cielo, acclamiamo senza fine la tua santità, cantando l’inno di lode: Santo…

Antifona alla comunione

“Questo è il mio Figlio prediletto; nel quale mi sono compiaciuto. Ascoltatelo”. (Mt 17,5)

Preghiera dopo la comunione

Per la partecipazione ai tuoi gloriosi misteri ti rendiamo fervide grazie, Signore, perché a noi ancora pellegrini sulla terra fai pregustare i beni del cielo. Per Cristo nostro Signore.

Approfondimento

      E fu trasfigurato davanti a loro – Daniel J. Harrington (Il Vangelo di Matteo): La fonte di Matteo per la trasfigurazione e la conversazione su Elìa (17,1-13) è Mc 9,2-13. Le modifiche che vi apporta sono di poco conto. Le principali sono: Pietro si rivolge a Gesù con il titolo di «Signore» invece di «Rabbi» (17,4), la lunga descrizione della reazione dei discepoli (17,6-7), la caratterizzazione dell’esperienza vissuta come «visione» (17,9), l’omissione dei suggerimenti di Marco circa l’adem-pimento delle Scritture (17,11.12) e l’identificazione di Elìa con Giovanni Battista (17,13).

Con il suo lavoro di revisione (in particolare 17,6-7) Matteo ha conferito all’episodio della trasfigurazione una struttura più nitida. Dopo la scena introduttiva (quando?, chi?, dove?), Matteo presenta un episodio visivo (17,2-3) e la reazione di Pietro (17,4) e poi un episodio auditivo (17,5) e la reazione dei discepoli (17,6-7) e una conclusione spicciola (17,8). Il collegamento con la conversazione su Elìa (già presente in Marco) lega l’anticipazione della glorificazione di Gesù nella trasfigurazione alla passione e alla venuta del regno di Dio (associata ad Elìa)

L’esatto genere letterario della storia della trasfigurazione è difficile da definire. I tentativi di interpretarla come un’apparizione dopo la risurrezione non stanno in piedi. Matteo in 17,9 la chiama una «visio-ne» (horama). Il contenuto (anticipazione della glorificazione escatologica di Gesù) ed alcune caratteristiche letterarie (specialmente la reazione dei discepoli in 17,6-7) fanno pensare che si tratti di una visione apocalittica.

Il racconto della trasfigurazione (17,1-8) è una combinazione di caratteristiche della teofania sul Sinai (Es 24) e delle visioni apocalittiche del libro di Daniele. Le caratteristiche riconducibili al Sinai comprendono l’alto monte, il tempo «sei giorni dopo», il volto splendente di Gesù (cfr Es 34,29), la figura di Mosè e la nube luminosa. E vi potrebbe essere pure un collegamento con Mosè e i suoi tre compagni (Aronne, Nadab e Abiu).

I tratti apocalittici si riconoscono innanzitutto nel contenuto: l’antici-pazione della futura gloria di Gesù. In una visione apocalittica il veggente (Daniele, Enoch, ecc.) ha una visione di ciò che sta accadendo in cielo o di ciò che accadrà in futuro. Così, mentre sono avviati verso Gerusalemme, i discepoli di Gesù hanno una visione di ciò che egli veramente è e di ciò che sarà nel regno di Dio. Matteo s’è dato un gran da fare per sottolineare questo aspetto della trasfigurazione assimilando la reazione dei discepoli in 17,6-7 a quelle di Daniele in Dn 8,17-18; 10,7-9 e definendo l’evento una «visione» (17,9).

Il personaggio di Elia unisce tra loro i due episodi.

Correggendo l’ordine in modo da avere «Mosè ed Elia» al posto di «Elia con Mosè» di Marco, Matteo ha fatto dei due personaggi i rappresentanti della Legge (Mosè) e dei Profeti (Elia). Queste due figure bibliche hanno anche una valenza apocalittica, poiché la loro morte era avvolta nel mistero e si speculava riguardo al loro ruolo in futuro. Così essi erano gli interlocutori ideali per Gesù in una visione apocalittica che era un’anteprima della sua futura gloria.

Le speculazioni circa il ruolo di Elia nel regno di Dio che deve venire sono espresse in Ml 4,5 (= 3,23 nella Bibbia ebraica): «Ecco, io invierò il profeta Elia prima che giunga il giorno grande e terribile del Signore». Matteo è d’accordo con altri primi cristiani che questa profezia si è adempiuta nella persona di Giovanni il Battista il cui vestito e modo di vivere erano quelli di Elia (cfr Mt 3,4).

Nella diatriba con i Giudei non cristiani la trasfigurazione stabilisce il legame tra Gesù da una parte e Mosè ed Elia dall’altra. Nel contesto matteano l’episodio fa parte del progetto di Matteo di dimostrare che Gesù è venuto a dar compimento alla Legge e ai Profeti (cfr Mt 5,17). Tra questi tre personaggi esiste una perfetta armonia.

Commento al Vangelo

Fu trasfigurato… – La mitologia greca con il termine trasfigurazione indica il mutare forma o aspetto degli dèi. Nei Vangeli il termine non ha nessuna relazione con il suo uso mitologico, perché «questa scena di gloria, per quanto passeggera, manifesta ciò che è realmente e ciò che sarà presto in modo definitivo colui che deve conoscere per un certo periodo l’abbassamento del servo sofferente» (Bibbia di Gerusalemme).

Il racconto della Trasfigurazione è presente soltanto nei Vangeli sinottici (Mt 17,1-8; Mc 9,2-8; Lc 9,28-36). Anche se il racconto è sostanzialmente identico, gli evangelisti si diversificano nella lettura dell’av-venimento: «Mentre Matteo fa della Trasfigurazione una proclamazione di Gesù nuovo Mosè (cfr Mt 17,1) e Luca vi insiste sulla preparazione alla passione vicina (cfr Lc 9,28), Marco vi vede soprattutto una epifania gloriosa del Messia nascosto, in conformità al tema dominante del suo vangelo» (Bibbia di Gerusalemme). Soltanto Luca precisa che Gesù salì sul monte «per pregare» e che stava pregando quando avvenne la Trasfigurazione (cfr Lc 9,28-29).

Gesù sale «su un alto monte» accompagnato da Pietro, Giacomo e Giovanni: i tre Apostoli che lo accompagneranno nel Getsemani.

Sembra così che Gesù intenzionalmente abbia voluto rivelare la sua gloria a coloro che avrebbero assistito più direttamente al suo annichilimento. La Trasfigurazione quindi, al dire di san Leone Magno, «mirava soprattutto a rimuovere dall’animo dei discepoli lo scandalo della croce, perché l’umiliazione della Passione volontariamente accettata, non scuotesse la loro fede, dal momento che era stata rivelata loro la grandezza sublime della dignità nascosta di Cristo».

L’«alto monte» potrebbe essere il Tabor, ma non è escluso che tale monte sia l’Hermon dal quale nasce il fiume Giordano. Altri optano per il monte dove Gesù fu trasportato da Satana nell’episodio delle tentazioni (cfr Mt 4,8). Ma al di là di queste congetture, il significato della annotazione è teologico più che geografico, ricordando forse la rivelazione a Mosè sul monte Sinai (cfr Es 24,12-18) e ad Elia nello stesso luogo (cfr 1Re 19,8-18).

Al fianco di Gesù appaiono Mosè ed Elia, i rappresentanti rispettivamente della Legge e dei Profeti. Matteo, a differenza di Luca, mette prima Mosè per ricordare che Gesù, il nuovo Mosè, è venuto a promulgare la legge della Nuova Alleanza.

Pietro disse… Signore… Se vuoi, farò qui tre capanne… È un esplicito riferimento alla festa delle capanne (cfr Gv 7,2). Con la celebrazione di questa festa il popolo eletto voleva ricordare il soggiorno nel deserto dei suoi avi durante il viaggio dall’Egitto verso la terra promessa (cfr Lv 23,39-42).

… una nube luminosa li coprì con la sua ombra. Nel libro dell’Esodo (13,21) la nube e l’ombra stanno ad indicare la presenza e la protezione di Dio verso il popolo: «la shekina, la nube misteriosa nella quale si incontra e si ode Dio» (Benedict T. Viviano).

… furono presi da grande timore. Lo smarrimento degli Apostoli proviene da ciò che vedono, ma ancor più da ciò che odono. È chiara l’in-tenzione di affermare che Gesù è la Parola di Dio – Ascoltatelo (cfr Dt 18,15) -, che riunisce in sé la Legge e i Profeti e li porta a compimento. La voce del Padre, come avvenne per il Battesimo, conferma la filiazione divina di Gesù.

La teofania fa precipitare i discepoli con la faccia a terra, ma il Maestro li invita ad alzarsi senza timore; quando alzarono gli occhi, videro che Gesù era rimasto solo, questo perché basta lui come dottore della legge perfetta e definitiva.

L’ordine di Gesù – Non parlate a nessuno di questa visione, prima che il Figlio dell’uomo non sia risorto dai morti – fa bene intendere che il senso della sua vita e della sua missione si comprendono soltanto nella luce della risurrezione.

Sul monte si manifesta la «gloria» del figlio incarnato. Questa gloria appartiene di diritto al Verbo (Gv 1,1ss), ma Egli vi rinuncia volontariamente per rendersi in tutto simile ai fratelli (Eb 2,17): la «teologia della Trasfigurazione è tutt’uno con la teologia di Fil 2,6-11, in cui Paolo scruta il significato dell’annullamento di se stesso operato da Gesù, il significato del fatto che Dio abbia assunto su di sé la condizione umana» (John McKenzie).

Nella seconda lettera di Pietro (cfr 2Pt 1,16-18) si fa esplicito riferimento alla Trasfigurazione, ma con intenzioni che superano il significato del semplice ricordo; infatti, è inteso «a scalzare le obiezioni mosse contro la parusia, mostrando, sulla testimonianza dei testi oculari apostolici, che Gesù possiede già le qualità essenziali che saranno manifestate alla sua parusia: maestà, onore e gloria dal Padre, figliolanza messianica e divina» (T. W. Leaby).

Riflessione

Allora Abram parti, come gli aveva ordinato il Signore – Abramo poteva anche rifiutare, era libero di partire o di rimanere. Si abbandona totalmente a Dio, abbandona il suo paese, la sua gente, i suoi familiari e parte verso l’ignoto: per «fede, Abramo, chiamato da Dio, obbedì partendo un luogo che doveva ricevere in eredità, e partì senza sapere dove andava» (Eb 11,8). Abramo «credette, saldo nella speranza contro ogni speranza, e così divenne padre di molti popoli come gli era stato detto: Così sarà la tua discendenza. Egli non vacillò nella fede… Di fronte alla promessa di Dio non esitò per incredulità ma si rafforzò nella fede e diede gloria a Dio, pienamente convinto che quanto egli aveva promesso era anche  capace di portarlo a compimento» (Rm 4,18-21).

«Abramo realizza così la definizione della fede data dalla lettera agli Ebrei: “La fede è fondamento delle cose che si sperano e prova di quelle che non si vedono” [Eb 11,1]. “Abramo ebbe fede in Dio e ciò gli fu accreditato come giustizia” [Rm 4,3]. “Forte in questa fede” [Rm 4,20], Abramo è diventato “Padre di tutti quelli che credono” [Rm 4,11.18]» (CCC 146).

In questa luce, la fede è la risposta dell’uomo alla proposta di Dio. Con la fede l’uomo opera una scelta per Dio e per Gesù Cristo, l’Uni-genito figlio del Padre, donato agli uomini come dono salvifico unicamente per amore (cfr Gv 3,16). Nel Nuovo Testamento oggetto della fede è la persona di Cristo (cfr Gv 6,29; 9,36; 2Cor 4,5).

Il Catechismo della Chiesa suggerisce, inoltre, che la fede è una grazia, cioè un dono di Dio, una virtù soprannaturale da lui infusa. È un atto umano: se è vero che impossibile credere senza la grazia e gli aiuti interiori dello Spirito Santo, pur tuttavia la fede è un atto autenticamente umano. Non è contrario né alla libertà né all’intelligenza dell’uomo far credito e aderire alle verità da lui rivelate. La fede è certa, più certa di ogni conoscenza umana, perché si fonda sulla Parola stessa di Dio, il quale non può mentire (CCC 153-159).

Un tratto peculiare della fede è la libertà, nessuno, può essere costretto ad abbracciare la fede contro la sua volontà… Dio chiama certo gli uomini a servirlo in spirito e verità, per cui essi sono vincolati in coscienza, ma non coartati… Ciò è apparso in sommo grado in Cristo. Infatti, Cristo ha invitato alla fede e alla conversione, ma a ciò non ha affatto costretto. Ha reso testimonianza alla verità, ma non ha voluto imporla con la forza a color che la respingevano. Il suo regno… cresce in virtù dell’amore, con il quale Cristo, esaltato in croce, trae a sé gli uomini (CCC 160).

Ma sopra tutto, la fede è una scelta fondamentale.

Si tratta di una scelta dalla quale dipende la vita o la morte: «Vi ho detto che morirete nei vostri peccati; se infatti non credete che Io Sono, morirete nei vostri peccati» (Gv 8,24).

Come scelta fondamentale coinvolge tutta la vita dell’uomo, quella interiore – pensieri, sentimenti, affetti, relazioni – e quella esterna, privata e pubblica, familiare e professionale. In questo senso, la fede crea unità nell’uomo credente; il distacco tra la fede che si professa e la vita quotidiana crea profonde lacerazioni nel cuore e nella mente dell’uomo e «va annoverato tra i più gravi errori del nostro tempo» (GS 43).

La pagina dei Padri

La rivelazione del Tabor – Anastasio Sinaita: Oggi sul monte Tabor Cristo ha ridato alle sue sembianze umane la beltà celeste…. Oggi, infatti, il Signore è veramente apparso sul monte. Oggi, la natura umana, già creata a somiglianza di Dio, ma oscurata dalle deformi figure degli idoli, è stata trasfigurata nell’antica bellezza fatta a immagine e somiglianza di Dio (cfr Gen 1,26). Oggi, sul monte, la natura, fuorviata dall’idolatria, è stata trasformata, rimanendo tuttavia la stessa, e ha cominciato a risplendere nel fulgore della divinità. Oggi, sul monte colui che un tempo fu vestito di squallidi e tristi abiti di pelli, di cui parla il libro della Genesi (cfr Gen 3,21), ha indossato la veste divina avvolgendosi di luce come di un manto (cfr Sal 103,2). Oggi, sul monte Tabor, in modo del tutto misterioso, si è visto come sarà la vita futura nel regno del gaudio.

Oggi, in modo mirabile si sono adunati sul monte, attorno a Dio, gli antichi precursori della Vecchia e della Nuova Alleanza, recando un mistero pieno di straordinari prodigi. Oggi, sul monte Tabor, si delinea il legno della Croce che con la morte dà la vita: come Cristo fu crocifisso tra due uomini sul monte Calvario, così è apparso pieno di maestà tra Mosè ed Elia.

E la festa odierna ci mostra ancora l’altro Sinai, monte quanto più prezioso del Sinai, grazie ai prodigi e agli eventi che vi si svolsero: lì l’apparizione della Divinità oltrepassa le visioni che per quanto divine erano ancora espresse in immagini oscure. E così, come sul Sinai le immagini furono abbozzate mostrando il futuro, così sul Tabor splende ormai la verità. Lì regna l’oscurità, qui il sole; lì le tenebre, qui una nube luminosa. Da una parte il Decalogo, dall’altra il Verbo, eterno su ogni altra parola… La montagna del Sinai non aprì a Mosè la Terra Promessa, ma il Tabor l’ha condotto nella terra che costituisce la Promessa.

 

Leave a Comment

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *