febbraio, Liturgia

VII del Tempo Ordinario (A) 23 febbraio 2020

Chi legge le pagine dell’Antico Testamento, costellate di guerre, vendette, distruzioni, è indotto a credere che Gesù sia venuto a portare la legge divina dell’amore dopo tanti anni dominati dalla legge divina del castigo. La parola di Dio che ascoltiamo oggi corregge questa interpretazione. Dio fin dai tempi più antichi ha comandato l’amore: «Amerai il tuo prossimo come te stesso» (1° Lettura): si è definito «lento all’ira e grande nell’amore» (Salmo Resp.). Gesù non inventa un Dio nuovo: riscopre il volto unico e vero del Signore. Sotto le stratificazioni sovrapposte dalla cattiveria umana riscopre l’antica legge di Dio: «Non coverai nel tuo cuore odio contro il tuo fratello» (1° Lettura). E porta questa legge dell’amore alla perfezione presentando la propria vita come modello da imitare. Il biblista Antonio Bonora afferma: «Gesù fa la retta esegesi dell’etica proposta dall’An-tico Testamento, legando ogni norma morale alla sua persona».

Gesù insegna tutto questo nel Discorso della Montagna di cui oggi continuiamo la lettura. Nella pagina che ci viene proposta, indica al-tri atteggiamenti da tenere verso il prossimo; nei vv. 38-42 condanna ogni vendetta; nei vv. 43-48 si spinge a dire ai suoi discepoli: «Ama-te i vostri nemici, pregate per loro, perché siate figli di Dio».

Antifona d’ingresso

Confido, Signore, nella tua misericordia. Gioisca il mio cuore nella tua salvezza, canti al Signore che mi ha beneficato. (Sal 13,6)

Colletta  

Il tuo aiuto, Padre misericordioso, ci renda sempre attenti alla voce dello Spirito, perché possiamo conoscere ciò che è conforme alla tua volontà e attuarlo nelle parole e nelle opere. Per il nostro Signore Gesù Cristo…

Oppure:

O Dio, che nel tuo Figlio spogliato e umiliato sulla croce, hai rivelato la forza dell’amore, apri il nostro cuore al dono del tuo Spirito e spezza le catene della violenza e dell’odio, perché nella vittoria del bene sul male testimoniamo il tuo Vangelo di pace. Per il nostro Signore Gesù…

 

Prima Lettura       Lv 19,1-2.17-18

Ama il tuo prossimo come te stesso.

“La prima lettura mette in stretto parallelo la santità di Dio e la santità del popolo eletto. In sostanza, Israele non deve tanto basare la propria santità su una esecuzione di norme o di precetti, quanto sulla replica, nella dimensione umana, della santità di Dio. Solo così si può comprendere la sorprendente esortazione posta in apertura: «Siate santi, perché io, il Signore, vostro Dio, sono santo». L’espressione etica della santità, considerata dal brano odierno, riguarda l’amore verso il prossimo e, in particolare, la capacità di non covare odio né sentimenti di vendetta, avendo come misura di riferimento l’amore che si ha verso se stessi: «amerai il tuo prossimo come te stesso»” (Cuffaro).

Dal libro del Levìtico

Il Signore parlò a Mosè e disse: «Parla a tutta la comunità degli Israeliti dicendo loro: “Siate santi, perché io, il Signore, vostro Dio, sono santo. Non coverai nel tuo cuore odio contro il tuo fratello; rimprovera apertamente il tuo prossimo, così non ti caricherai di un peccato per lui. Non ti vendicherai e non serberai rancore contro i figli del tuo popolo, ma amerai il tuo prossimo come te stesso. Io sono il Signore”».

Parola di Dio.

Salmo Responsoriale       Dal Salmo 102 (103)

«Ecco come il padre giudica e corregge: al figlio prodigo che ha peccato, anziché castigarlo, dà un bacio. L’amore non riesce a vedere la colpa: per questo il padre redime con un bacio il peccato del figlio, lo chiude nel suo abbraccio. Egli non mette a nudo gli errori del figlio, non lo espone al disonore; si china sulle sue ferite, curandole in modo che non lascino nessuna cicatrice, nessuna traccia. Beato l’uomo al quale è tolto il peccato e coperto l’errore [Sal 31,1]» (Pietro Crisologo).

Rit. Il Signore è buono e grande nell’amore.

Benedici il Signore, anima mia,

quanto è in me benedica il suo santo nome.

Benedici il Signore, anima mia,

non dimenticare tutti i suoi benefici. Rit.

Egli perdona tutte le tue colpe,

guarisce tutte le tue infermità,

salva dalla fossa la tua vita,

ti circonda di bontà e misericordia. Rit.

Misericordioso e pietoso è il Signore,

lento all’ira e grande nell’amore.

Non ci tratta secondo i nostri peccati

e non ci ripaga secondo le nostre colpe. Rit.

Quanto dista l’oriente dall’occidente,

così egli allontana da noi le nostre colpe.

Come è tenero un padre verso i figli,

così il Signore è tenero verso quelli che lo temono. Rit.

Seconda Lettura     1Cor 3,16-23

Tutto è vostro, ma voi siete di Cristo e Cristo è di Dio.

Paolo scrive ad una comunità ferita dalla divisione. La sua missiva tende a ricordare ai Corìnzi l’alta dignità acquisita con il Battesimo: la Comunità dei battezzati è il vero Tempio vivente destinato al culto del Dio vivo e dove abita con il suo Spirito. La carità fraterna custodisce questo edificio, mentre è distrutto dalla discordia e dalla divisione.

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi

Fratelli, non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi? Se uno distrugge il tempio di Dio, Dio distruggerà lui. Perché santo è il tempio di Dio, che siete voi. Nessuno si illuda. Se qualcuno tra voi si crede un sapiente in questo mondo, si faccia stolto per diventare sapiente, perché la sapienza di questo mondo è stoltezza davanti a Dio. Sta scritto infatti: «Egli fa cadere i sapienti per mezzo della loro astuzia». E ancora: «Il Signore sa che i progetti dei sapienti sono vani». Quindi nessuno ponga il suo vanto negli uomini, perché tutto è vostro: Paolo, Apollo, Cefa, il mondo, la vita, la morte, il presente, il futuro: tutto è vostro! Ma voi siete di Cristo e Cristo è di Dio.

Parola di Dio.

Canto al Vangelo         1Gv 2,5

Alleluia, alleluia.

Chi osserva la parola di Gesù Cristo, in lui l’amore di Dio è veramente perfetto. Alleluia.

Vangelo       Mt 5,38-48

Amate i vostri nemici.

“La qualità delle relazioni con il prossimo è una chiara indicazione della qualità del rapporto che abbiamo instaurato con Dio. Difatti, quando questo salto di qualità, sul piano relazionale, non si verifica, è segno che non c’è stata neppure la conversione… In concreto possiamo desumere la misura con cui amiamo Dio, dalla misura con cui amiamo il prossimo. In questo modo nessuno può ingannare se stesso. La dolcezza e la consolazione che si provano nei momenti di preghiera o nella meditazione della Parola, non sono la prova della nostra comunione con Dio. Tale prova si ha solo nell’amore per il prossimo” (E. Cuffaro).

Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Avete inteso che fu detto: “Occhio per occhio e dente per dente”. Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu pórgigli anche l’altra, e a chi vuole portarti in tribunale e toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. E se uno ti costringerà ad accompagnarlo per un miglio, tu con lui fanne due. Da’ a chi ti chiede, e a chi desidera da te un prestito non voltare le spalle. Avete inteso che fu detto: “Ame-rai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico”. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste». Parola del Signore.

Preghiera dei Fedeli                                              (proposta)

Fratelli e sorelle, preghiamo Dio Padre che ci insegni ad amare e a perdonare per essere sempre più simili a lui .

Preghiamo insieme e diciamo: Ascoltaci, o Signore!

– Per i cristiani: siano testimoni del vero amore insegnato da Gesù, impegnandosi senza riserve per la vita, nel mondo. Preghiamo. Rit.

– Per il mondo politico e sociale: attraverso il rispetto e l’amore di ogni persona facciano convergere gli sforzi di ogni gruppo, di ogni tendenza per costruire una società più giusta, più rispettosa della dignità di ognuno. Preghiamo. Rit.

– Per le famiglie minacciate da motivi di risentimento e di odio, perché sappiano ristabilire la concordia e la pace. Preghiamo. Rit.

– Per coloro che non sanno perdonare, perché Dio tocchi il loro cuore e lo faccia simile al suo. Preghiamo. Rit.

– Per noi che partecipiamo a questa celebrazione, perché ci preoccupiamo di essere pietre viventi della Chiesa, tempio di Dio, e lavoriamo con impegno per la sua unità. Preghiamo. Rit.

Celebrante

Dio, Padre nostro, che ci ami e ci perdoni senza stancarti di noi, rivela la tua tenerezza a tutti i tuoi figli, insegnaci ad amare e a perdonare i nostri fratelli come ci ami e ci perdoni tu. Per Cristo nostro Signore.

Preghiera sulle offerte

Accogli, Signore, quest’offerta espressione della nostra fede; fa’ che dia gloria al tuo nome e giovi alla salvezza del mondo. Per Cristo nostro Signore.

Antifona alla comunione

Annunzierò tutte le tue meraviglie. In te gioisco ed esulto, canto inni al tuo nome, o Altissimo. (Sal 9,2-3)

Oppure:

Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente, venuto in questo mondo. (Gv 11,27)

Oppure:

“Se amate quelli che vi amano, quale merito ne avete?”, dice il Signore. (Mt 5,46)

Preghiera dopo la comunione

Il pane che ci hai donato, o Dio, in questo sacramento di salvezza, sia per tutti noi pegno sicuro di vita eterna. Per Cristo nostro Signore.

Approfondimento

      Santità dei cristiani – S. V. (Santo, Schede Bibliche Pastorali, EDB): Accanto a Cristo e più frequentemente di lui, riceve il titolo di santo lo Spirito di Dio… Lo Spirito è santo in quanto forza creatrice che rende feconda la Vergine (Mt 1,18.20; Lc 1,35) e unge Gesù (At 10,38) nel battesimo facendo emergere dalle acque una nuova creazione (Mt 3,11). È santo in quanto forza illuminante e profetica (Lc 1,15.41.67, ecc.): è lui che guida Gesù nel deserto (Lc 4,1), ed in lui Gesù esulta (Lc 10,21).

San Paolo considera lo Spirito santo come permanentemente presente nel nuovo popolo di Dio, cioè la Chiesa (Ef 4,30); per questa presenza, i cristiani diventano nuovo tempio santo e sacrificio a Dio gradito. Essendo costantemente animati dallo Spirito, i cristiani sono figli di Dio ed hanno sempre in se stessi la fonte della santità (Rm 8,14-17).

I fedeli di Cristo sono chiamati santi in quanto sono messi a parte per il servizio di Dio; sono consacrati al Signore mediante il battesimo, che applica in loro l’opera redentrice di Cristo; sono mossi dallo Spirito a vivere nella giustizia e nella santità della vita.

Il titolo di santi era attribuito all’inizio ai membri della primitiva comunità cristiana di Gerusalemme, in modo speciale al primo gruppo di cristiani costituitosi alla Pentecoste; poi fu esteso a tutti i credenti della Giudea; infine fu dato a tutti i fedeli, anche a quelli che provenivano dal paganesimo (At 9,13.32; 1Cor 1,2; ecc.).

In realtà, i credenti partecipano alla vita del Risorto mediante la fede e mediante i sacramenti, che danno loro «l’unzione ricevuta dal Santo» (1Gv 2,20; 1Cor 1,30; Ef 5,26); essi sono quindi effettivamente «santi in Cristo» (Fil 1,1).

La comunità cristiana, in cui agisce lo Spirito di Dio, sostituisce la nazione eletta dell’Antico Testamento e diventa la vera «nazione santa» (1Pt 2,9); sostituisce anche il tempio antico, mediante il quale Dio risiedeva in mezzo al suo popolo: lo Spirito rende santa la chiesa-tempio, e rende il singolo fedele, a sua volta, nuovo tempio dello Spirito santo (1Cor 3,16-17; 6,19; Ef 2,21). Anche i vecchi sacrifici sono sostituiti: i cristiani rendono a Dio il vero culto, offrendo se stessi con Cristo in sacrificio santo, a Dio gradito (Rm 12,1; 15,16; Fil 2,17; Ef 5,2).

Spesso il termine «santi», nelle lettere paoline, sta in parallelismo con «chiamati» (Rm 1,7; 1Cor 1,2; 2Cor 1,1), «eletti» (Rm 8,33; Col 3,12), «fedeli» (1Cor 6,11; Col 1,2). Tutti questi termini sottolineano la grandezza della vocazione del cristiano, che esige la rottura col peccato (1Ts 4,13) e una condotta conforme alla santità divina (2Cor 1,12; cfr Ef 4,30-5,1). Così, tutto ciò che ha rapporto con la vita nuova del cristiano porta il sigillo della santità di Dio, è onesto, integro, degno del Signore, perfino la conversazione dei cristiani e il bacio che si scambiano in segno di amore fraterno sono santi (1Ts 5,26; 1Cor 16,20; ecc.). Come nell’Antico Testamento, così anche ora alcune persone sono particolarmente sante; la vergine è «santa nel corpo e nello spirito», moralmente integra e pura, come si conviene a persona consacrata al Signore (1Cor 7,34).

Insistente è la parenesi rivolta ai cristiani di condurre una vita perfetta (Rm 6,19.22; Eb 12,14), aliena dai vizi carnali (1Ts 2,15; 1Cor 1,30; 1Tm 4,4.7), splendente di costumi integri (1Ts 3,13; 2Cor 1,12; 7,1), vivificata dall’amore per tutti i fratelli (1Cor 6,1; 7,17; Rm 12,13).

Con una vita moralmente integra sotto l’influsso dello Spirito, i cristiani portano frutti per la vita eterna (Rm 6,19.22) e si preparano alla parusia del Signore (1Ts 3,13; Ap 22,11); essi saranno chiamati a giudicare il mondo (1Cor 6,2).

La santità dei credenti troverà l’espressione più perfetta nella santa città di Gerusalemme, descritta nell’Apocalisse con smaglianti colori escatologici (Ap 21,2; 22,19). In essa il Signore Gesù sarà «glorificato nei suoi santi» (2Ts 1,10; 2,13-14).

Commento al Vangelo

Vendetta, perdono, amore – Bisogna tenere a mente che la Chiesa di Matteo è sotto attacco, geme nel crogiuolo della prova e potenti e forti sono i persecutori. In questo clima di lotta e di odio, le parole di Gesù tendono a dare pace ai cuori smarriti e a suggerire la nuova risposta da dare agli aguzzini che con dura ed efferata violenza perseguitano i cristiani: imitando la misericordia del Padre celeste, un no fermo e deciso alla vendetta, un no alla legge del taglione, un sì magnanimo all’amore e al perdono.

Avete inteso che fu detto: Occhio per occhio e dente per dente: Gesù si riferisce alla cosiddetta “legge del taglione” (lex talionis). Già codificata nel Codice di Hammurab, istaurando «una proporzione tra la punizione e il torto causato, essa rappresentava una restrizione della vendetta [cfr Gen 4,23-24]» (Bibbia di Gerusalemme).

Gesù supera questa mentalità giudiziaria dando un indirizzo nuovo: Ma io vi dico di non opporvi al malvagio. Una legge nuova che non vieta né di opporsi alla violenza ingiusta e gratuita (cfr Gv 18,22) né, ancor meno, di combattere il male nel mondo. È una resistenza pacifica, non violenta che ha le radici nell’amore e che si irradia a sollevare l’in-digenza del prossimo: Da’ a chi ti chiede, e a chi desidera da te un prestito non voltare le spalle.

Un amore che raggiunge il prossimo e abbraccia anche i nemici. La seconda parte del precetto a cui allude Gesù, odierai il tuo nemico, non si trova nella Legge, ma esprime un sentimento diffuso tra gli Ebrei nei riguardi dei popoli a loro ostili, visti sopra tutto come nemici di Dio. Non si poteva certamente amare coloro che, oltre a depredare e uccidere, tendevano essenzialmente a distruggere la religione e la fede del popolo di Israele: tutte le guerre condotte dal popolo eletto hanno avuto quasi sempre uno sfondo religioso.

L’espressione odierai il tuo nemico, comunque, nella lingua ebraica va tradotta in questo modo: non amerai il nemico. All’amore si accompagna la preghiera. Pregare per i persecutori «è una forma di amore spalancata sulla speranza di un cambiamento e che lascia unicamente a Dio il compito di giudicare l’altro» (Claude Tassin).

Al v. 45 si spiega perché bisogna amare i nemici e pregare per i persecutori: affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. Troviamo un’eco di questa esortazione nella prima lettera di san Giovanni: «Chi invece osserva la sua parola, in lui l’amore di Dio è veramente perfetto. Da questo conosciamo di essere in lui. Chi dice di rimanere in lui, deve anch’egli comportarsi come lui si è comportato» (2,5-6).

Come la giustizia del discepolo deve superare quella della scribi e dei farisei (Mt 5,20), così la  vita del discepolo, coinvolgendo la mente e il cuore, deve superare quella dei pubblicani e dei pagani.

Anche il giudaismo conosceva il precetto dell’amore, ma con evidenti differenze con quello proposto da Gesù nelle Beatitudini. Il giudeo faceva riposare il cardine dell’amore su una osservanza scrupolosa, e spesso asfissiante, della Legge, una ottemperanza che a volte distruggeva la vera essenza dell’amore. Possiamo a tal proposito ricordare il rimprovero che Gesù muove ai Farisei: «Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pagate la decima sulla menta, sull’anéto e sul cumìno, e trasgredite le prescrizioni più gravi della Legge: la giustizia, la misericordia e la fedeltà. Queste invece erano le cose da fare, senza tralasciare quelle» (Mt 23,23).

Voi, dunque, siate perfetti… Questo «loghion non si riferisce soltanto all’ultima antitesi, concernente l’amore dei nemici, ma ricapitola l’inse-gnamento globale di Gesù circa la “giustizia superiore” [Mt 5,21-47]» (Angelico Poppi). La perfezione che viene qui richiesta è la somma di sfumature diverse che si colgono a secondo della traduzione del testo: téilos, in greco, sta a significare perfetto, compiuto, senza difetti, completo, in questo caso nella carità; tamìn, in ebraico, ha una valenza cultuale di integrità e di santità. Una santità quindi che coinvolge tutta la persona del credente: anima, corpo e spirito (cfr 1Tss 5,23). Il nuovo comandamento di Gesù ha un corrispondente nel Libro del Levitico: «Siate santi, perché io, il Signore, vostro Dio, sono santo» (19,2). Sembra una meta impossibile da raggiungere, e infatti «è impossibile che la creatura abbia la perfezione di Dio. Pertanto il Signore vuol dire che la perfezione divina costituisce il modello cui deve aspirare il cristiano, consapevole della distanza infinita che lo separa dal suo Creatore. Ma ciò nulla toglie alla forza di questo imperativo, anzi ne riceve luce» (Bibbia di Navarra).

Siate santi come il Padre vostro celeste, una sfida, un invito che la Chiesa non si stanca di rinnovare lungo i secoli.

Riflessione

Ma io vi dico… – La nuova Legge promulgata sul monte non va considerata come una legge assoluta, se così fosse sconvolgerebbe, e in alcuni casi scardinerebbe, qualunque vivere o relazione sociali.

Gesù ha voluto tracciare una pista perché il cuore del discepolo si allargasse con magnanimità alla carità, in alcuni casi, anche fino all’ec-cesso.

Amare i nemici e pregare per i persecutori, porgere l’altra guancia, sono delle postazioni di osservazione dalle quali il credente osserva ogni situazione, anche la più drammatica, con gli occhi di Dio e la interpreta con misericordia, imitando la misericordia di Dio: Siate misericordiosi come è misericordioso il Padre vostro celeste (Lc 6,36). Una cabina di regia per leggere fatti, avvenimenti con il cuore in mano, un cuore che si fa carne pietosa rifiutando di aprirsi alla vendetta o dimenticando di chiedere gli interessi o slanciandosi in soccorso caritatevole verso i più bisognosi, i più indigenti, i più poveri. Una scelta di campo che spezza la spirale della violenza, che annichilisce ogni interpretazione farisaica della Legge di Dio, che stempera lo zelo divenuto eccessivo, che soffoca quell’estremismo religioso che ama brandire la spada.

San Paolo esprime benissimo tutto ciò: «La carità non sia ipocrita: detestate il male, attaccatevi al bene… Benedite coloro che vi perseguitano, benedite e non maledite. Rallegratevi con quelli che sono nella gioia; piangete con quelli che sono nel pianto. Abbiate i medesimi sentimenti gli uni verso gli altri; non nutrite desideri di grandezza; volgetevi piuttosto a ciò che è umile. Non stimatevi sapienti da voi stessi. Non rendete a nessuno male per male. Cercate di compiere il bene davanti a tutti gli uomini. Se possibile, per quanto dipende da voi, vivete in pace con tutti. Non fatevi giustizia da voi stessi, carissimi, ma lasciate fare all’ira divina. Sta scritto infatti: Spetta a me fare giustizia, io darò a ciascuno il suo, dice il Signore. Al contrario, se il tuo nemico ha fame, dagli da mangiare; se ha sete, dagli da bere: facendo questo, infatti, accumulerai carboni ardenti sopra il suo capo. Non lasciarti vincere dal male, ma vinci il male con il bene» (Rm 12,9-21).

Il modello di queste norme etiche si trova in Gesù, autore e perfezionatore della fede (Eb 12,2), soprattutto nei diversi episodi della sua terrificante passione: quando reagisce con imperturbabilità e fermezza alle percosse durante il processo ebraico (Gv 18,23), quando non fugge dinanzi alla marmaglia che era venuta per arrestarlo e impedisce a Pietro di usare la spada per difenderlo (Gv 18,4-10), quando perdona i carnefici (Lc 23,34) e accoglie nel suo Regno il buon ladrone (Lc 23,40). E sappiamo che a tenerlo confitto in Croce fu l’amore per gli uomini (Gv 13,1; 15,13).

San Tommaso d’Aquino ci dice appunto che la passione di Cristo è sufficiente per orientare tutta la nostra vita. Infatti, chiunque «vuol vivere in perfezione non faccia altro che disprezzare quello che Cristo disprezzò sulla croce, e desiderare quello che egli desiderò. Nessun esempio di virtù è assente dalla croce».

Dunque, la via da battere per vivere la Legge nuova è quella del Calvario, difatti se «cerchi un esempio di carità… Se cerchi un esempio di pazienza, ne trovi uno quanto mai eccellente sulla croce… Se cerchi un esempio di umiltà, guarda il crocifisso… Se cerchi un esempio di disprezzo delle cose terrene… Egli è nudo sulla croce, schernito, sputacchiato, percosso, coronato di spine, abbeverato con aceto e fiele…» (San Tommaso d’Aquino).

Solo chi si fa inchiodare sulla Croce del Cristo può vivere la sua Parola, altrimenti tutto è pura follia.

La pagina dei Padri

Non ci viene richiesto il martirio, ma l’amore del prossimo – Salviano di Marsiglia: Cristo ci proibisce di litigare. Ma chi obbedisce a questo comando? E non è un semplice comando, giungendo al punto di imporci di abbandonare ciò che è lo stesso argomento della lite pur di rinunciare alla lite stessa: “Se qualcuno” – dice infatti – “vorrà citarti in giudizio per toglierti la tunica, lasciagli anche il mantello” (Mt 5,40).

Ma io mi chiedo chi siano coloro che cedano agli avversari che li spogliano, anzi, chi siano coloro che non si oppongano agli avversari che li spogliano? Siamo tanto lontani dal lasciare loro la tunica e il resto, che se appena lo possiamo, cerchiamo noi di togliere la tunica e il mantello all’avversario. E obbediamo con tanta devozione ai comandi del Signore, che non ci basta di non cedere ai nostri avversari neppure il minimo dei nostri indumenti, che anzi, se appena ci è possibile e le cose lo permettono, strappiamo loro tutto!

A questo comando ne va unito un altro in tutto simile: disse infatti il Signore: “Se qualcuno ti percuoterà la guancia destra, tu offrigli anche l’altra” (Mt 5,39). Quanti pensiamo che siano coloro che porgano almeno un poco le orecchie a questo precetto o che, se pur mostrano di eseguirlo, lo facciano di cuore? E chi vi è mai che se ha ricevuto una percossa non ne voglia rendere molte? È tanto lontano dall’offrire a chi lo percuote l’altra mascella, che crede di vincere non solo percuotendo l’avversario, ma addirittura uccidendolo.

Ciò che volete che gli uomini tacciano a voi” – dice il Salvatore – “fatelo anche voi a loro, allo stesso modo” (Mt 7,12). Noi conosciamo tanto bene la prima parte di questa sentenza che mai la tralasciamo; la seconda, la omettiamo sempre, come se non la conoscessimo affatto. Sappiamo infatti benissimo ciò che vogliamo che gli altri ci facciano, ma non sappiamo ciò che noi dobbiamo fare agli altri. […] Ora la nostra colpa è maggiore per il fatto che amiamo la prima parte di questa sacra sentenza per la nostra utilità e il nostro comodo; la seconda parte la omettiamo per ingiuria a Dio.

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