liturgia

21 FEBBRAIO 2020 – VENERDÌ, VI DEL TEMPO ORDINARIO

I Lettura: “Siamo al cuore della lettera, dove troviamo il fondamento teorico delle esortazioni pratiche. Ciononostante, la contraddizione apparente con l’insegnamento paolino della giustificazione per fede ha conferito un’importanza esagerata alla pericope. In larga misura, proprio a causa di questa contraddizione apparente, Lutero desiderava escludere Gc dal canone” (G.C.B. Queriniana). Ma Giacomo non intende negare che la fede possa sussistere anche senza le opere. Egli non sta opponendo la fede alle opere, ma una fede viva ad una fede morta. La fede viva consiste nella libera accettazione della rivelazione del piano salvifico di Dio e le opere sono l’obbediente risposta alla volontà di Dio in ogni dimensione della vita.

Vangelo: “La sequela di Gesù ha due presupposti necessari: il rinnegamento di sé e l’accettazione della croce. Ci chiediamo subito che cosa sia la croce evangelica. La risposta più comune definisce la “croce” come qualcosa che ci grava col dolore fisico o morale. Ad una riflessione attenta, dobbiamo però ricrederci. C’è infatti un fraintendimento di fondo: la croce evangelica non è il dolore in sé, ma la qualità della relazione che la persona è in grado di stabilire con la propria esperienza di dolore” (E. Cuffaro).

Chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà – Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, convocata la folla insieme ai suoi discepoli, Gesù disse loro: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà. Infatti quale vantaggio c’è che un uomo guadagni il mondo intero e perda la propria vita? Che cosa potrebbe dare un uomo in cambio della propria vita? Chi si vergognerà di me e delle mie parole davanti a questa generazione adultera e peccatrice, anche il Figlio dell’uomo si vergognerà di lui, quando verrà nella gloria del Padre suo con gli angeli santi». Diceva loro: «In verità io vi dico: vi sono alcuni, qui presenti, che non morranno prima di aver visto giungere il regno di Dio nella sua potenza».

La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa

Se qualcuno vuol venire dietro a me: Veritatis Splendor 66: Non c’è dubbio che la dottrina morale cristiana, nelle sue stesse radici bibliche, riconosce la specifica importanza di una scelta fondamentale che qualifica la vita morale e che impegna la libertà a livello radicale di fronte a Dio. Si tratta della scelta della fede, dell’obbedienza della fede (cfr. Rm 16,26), «con la quale l’uomo si abbandona tutto a Dio liberamente, prestando “il pieno ossequio dell’intelletto e della volontà”». Questa fede, che “opera mediante la carità” (Gal 5,6), proviene dal centro dell’uomo, dal suo “cuore” (cfr Rm 10,10), e da qui è chiamata a fruttificare nelle opere (cfr Mt 12,33-35; Lc 6,43-45; Rm 8,5-8; Gal 5,22). Nel Decalogo si trova, in capo ai diversi comandamenti, la clausola fondamentale: “Io sono il Signore, tuo Dio…” (Es 20,2) che, imprimendo il senso originale alle molteplici e varie prescrizioni particolari, assicura alla morale dell’Alleanza una fisionomia di globalità, di unità e di profondità. La scelta fondamentale di Israele riguarda allora il comandamento fondamentale (cfr Gs 24,14-25; Es 19,3-8; Mi 6,8). Anche la morale della Nuova Alleanza è dominata dall’appello fondamentale di Gesù alla sua “sequela” – così anche al giovane egli dice: “Se vuoi essere perfetto… vieni e seguimi” (Mt 19,21) -: a tale appello il discepolo risponde con una decisione e scelta radicale. Le parabole evangeliche del tesoro e della perla preziosa, per la quale si vende tutto ciò che si possiede, sono immagini eloquenti ed efficaci del carattere radicale e incondizionato della scelta che il Regno di Dio esige. La radicalità della scelta di seguire Gesù è meravigliosamente espressa nelle sue parole: “Chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del vangelo, la salverà” (Mc 8,35). L’appello di Gesù “vieni e seguimi” segna la massima esaltazione possibile della libertà dell’uomo e, nello stesso tempo, attesta la verità e l’obbligazione di atti di fede e di decisioni che si possono dire di opzione fondamentale. Analoga esaltazione della libertà umana troviamo nelle parole di san Paolo: “Voi, fratelli, siete stati chiamati a libertà” (Gal 5,13). Ma l’Apostolo immediatamente aggiunge un grave monito: “Purché questa libertà non divenga un pretesto per vivere secondo la carne”. In questo monito riecheggiano le sue precedenti parole: “Cristo ci ha liberati perché restassimo liberi; state dunque saldi e non lasciatevi imporre di nuovo il giogo della schiavitù” (Gal 5,1). L’apostolo Paolo ci invita alla vigilanza: la libertà è sempre insidiata dalla schiavitù. Ed è proprio questo il caso di un atto di fede – nel senso di un’opzione fondamentale – che viene dissociato dalla scelta degli atti particolari, secondo le tendenze sopra ricordate.

Chi vuole salvare la propria vita, la perderà – Evangelium Vitae 47: La missione di Gesù, con le numerose guarigioni operate, indica quanto Dio abbia a cuore anche la vita corporale dell’uomo. “Medico della carne e dello spirito”, Gesù è mandato dal Padre ad annunciare la buona novella ai poveri e a sanare i cuori affranti (Lc 4,18; Is 61,1). Inviando poi i suoi discepoli nel mondo, egli affida loro una missione, nella quale la guarigione dei malati si accompagna all’annuncio del Vangelo: “E strada facendo, predicate che il regno dei cieli è vicino. Guarite gli infermi, risuscitate i morti, sanate i lebbrosi, cacciate i demoni” (Mt 10,7-8; Mc 6,13; Mc 16,18). Certo, la vita del corpo nella sua condizione terrena non è un assoluto per il credente, tanto che gli può essere richiesto di abbandonarla per un bene superiore; come dice Gesù, “chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà” (Mc 8,35). Diverse sono, a questo proposito, le testimonianze del Nuovo Testamento. Gesù non esita a sacrificare sé stesso e, liberamente, fa della sua vita una offerta al Padre (Gv 10,17) e ai suoi (Gv 10,15). Anche la morte di Giovanni il Battista, precursore del Salvatore, attesta che l’esistenza terrena non è il bene assoluto: è più importante la fedeltà alla parola del Signore anche se essa può mettere in gioco la vita (Mc 6,17-29). E Stefano, mentre viene privato della vita nel tempo, perché testimone fedele della risurrezione del Signore, segue le orme del Maestro e va incontro ai suoi lapidatori con le parole del perdono (cfr At 7,59-60), aprendo la strada all’innumere-vole schiera di martiri, venerati dalla Chiesa fin dall’inizio. Nessun uomo, tuttavia, può scegliere arbitrariamente di vivere o di morire; di tale scelta, infatti, è padrone assoluto soltanto il Creatore, colui nel quale “viviamo, ci muoviamo ed esistiamo” (At 17,28).

La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa

Il Corpo come una Croce – «Se vuoi essere discepolo del Signore, devi prendere la tua croce e seguire il Signore [cfr. Mt 16,24; Lc 9,23; 14,27], come dire che devi sopportare le sofferenze e i tuoi dolori sul tuo corpo, che è in qualche modo la tua croce» (Tertulliano).

Silenzio / Preghiera / La tua traccia

«Mostrami la tua fede senza le opere, e io con le mie opere ti mostrerò la mia fede». Oggi siamo chiamati a rispondere a questo invito: metterci all’opera! La fede senza le opere è morta. Dio non ci chiama a fare sterili proclami. È vero che dobbiamo credere col cuore e confessare con la bocca la nostra fede nel Signore (cfr Rm 10,9), ma è vero anche il rischio di dire solo “Signore, Signore” senza poi compiere le opere e la volontà di Dio (cfr Mt 7,21). Nel Vangelo Gesù è chiaro: non basta rinnegare se stesso e prendere la propria croce, ma bisogna anche seguirlo. Bisogna, cioè mettersi in cammino con lui, faticare con lui, perdere la propria vita insieme a lui, come lui, per lui! Avere fede significa lasciarsi illuminare gli occhi perché si aprano alle necessità materiali e spirituali dei fratelli; significa lasciarsi purificare le labbra per poter proclamare le meravigliose opere compiute da Dio e dargli pronta testimonianza; significa permettere allo Spirito Santo di plasmare il nostro cuore per poter accogliere la Parola e servirla fedelmente. Che la fede sleghi i nostri piedi e rafforzi le nostre ginocchia, per invocare misericordia e correre là dove lo zelo di Dio ci spinge, nella carità, incontro agli altri. Solo una fede autentica è in grado di farci rinnegare tutto per possedere colui che è il Tutto.

Preghiamo

O Dio, che hai promesso di essere presente in coloro che ti amano e con cuore retto e sincero custodiscono la tua parola, rendici degni di diventare tua stabile dimora. Per il nostro Signore Gesù…

 

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