Dicembre, meditazioni

28 Dicembre 2019

I Lettura: Il binomio luce-tenebra è un tema molto caro all’evangelista Giovanni e la Liturgia di oggi, nella prima lettura, offre proprio questa immagine per introdurci all’episodio della strage degli innocenti, di cui oggi si fa memoria. Erode si è abbandonato alle tenebre e il suo agire è guidato dalla cecità interiore. La morte degli innocenti, invece, ci riporta al sacrificio di Cristo, evento doloroso, ma carico di luce e preludio di Risurrezione.

Vangelo: La strage dei bambini di Betlemme è un triste episodio di sangue che si aggiunge ai numerosi misfatti e uccisioni che hanno accompagnato il regno di Erode il Grande, particolarmente crudele e molto sensibile alla tutela del suo potere e attento a ogni notizia di eventuali pretese o usurpazioni. L’episodio, che richiama la strage dei bambini ebrei ad opera del faraone (cfr Es 1,15ss), è narrato soltanto dall’evangelista Matteo, si indirizza principalmente a lettori ebrei e intende dimostrare la messianicità di Gesù, nel quale si sono avverate le antiche profezie.

Erode mandò a uccidere tutti i bambini che stavano a Betlemme – Dal Vangelo secondo Matteo

I Magi erano appena partiti, quando un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: «Àlzati, prendi con te il bambino e sua madre, fuggi in Egitto e resta là finché non ti avvertirò: Erode infatti vuole cercare il bambino per ucciderlo». Egli si alzò, nella notte, prese il bambino e sua madre e si rifugiò in Egitto, dove rimase fino alla morte di Erode, perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: «Dall’Egitto ho chiamato mio figlio». Quando Erode si accorse che i Magi si erano presi gioco di lui, si infuriò e mandò a uccidere tutti i bambini che stavano a Betlemme e in tutto il suo territorio e che avevano da due anni in giù, secondo il tempo che aveva appreso con esattezza dai Magi. Allora si compì ciò che era stato detto per mezzo del profeta Geremìa: «Un grido è stato udito in Rama, un pianto e un lamento grande: Rachele piange i suoi figli e non vuole essere consolata, perché non sono più».

La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa

I Santi Innocenti – Mons. Vincenzo Paglia (Omelia, 28 dicembre 2007): Sia la chiesa d’Oriente che quella d’Occidente onorano i santi innocenti uccisi da Erode per eliminare Gesù. “Non parlano ancora e già confessano Cristo! Non sono ancora capaci di affrontare la lotta… e tuttavia già portano trionfanti la palma del martirio”, canta un antico Padre della Chiesa. Erode sembra personificare la forza violenta del male. Nel suo cuore c’è la furia omicida che scatena dolore, pianto, grida e lamenti. Ma Giuseppe ancora una volta ascolta l’angelo che gli parla e obbedisce alla sua parola: “prendi con te il bambino e sua madre e fuggi in Egitto”. Questa pagina evangelica non è relegata al passato; ancora oggi continua la strage dei piccoli e degli inermi. Milioni di bambini sono falcidiati dalla fame e dalla malattia; molti sono oggetto di violenza, di rapina e di sfruttamento. C’è bisogno di uomini e di donne che ascoltino oggi, come Giuseppe, l’angelo del Signore e prendano con sé i piccoli e i deboli per salvarli dalla schiavitù omicida di questo mondo.

I Magi erano appena partiti – Benedetto XVI (Omelia, 6 gennaio 2010): I Magi hanno portato oro, incenso e mirra. Non sono certamente doni che rispondono a necessità primarie o quotidiane. In quel momento la Sacra Famiglia avrebbe certamente avuto molto più bisogno di qualcosa di diverso dall’incenso e dalla mirra, e neppure l’oro poteva esserle immediatamente utile. Ma questi doni hanno un significato profondo: sono un atto di giustizia. Infatti, secondo la mentalità vigente a quel tempo in Oriente, rappresentano il riconoscimento di una persona come Dio e Re: sono, cioè, un atto di sottomissione. Vogliono dire che da quel momento i donatori appartengono al sovrano e riconoscono la sua autorità. La conseguenza che ne deriva è immediata. I Magi non possono più proseguire per la loro strada, non possono più tornare da Erode, non possono più essere alleati con quel sovrano potente e crudele. Sono stati condotti per sempre sulla strada del Bambino, quella che farà loro trascurare i grandi e i potenti di questo mondo e li porterà a Colui che ci aspetta fra i poveri, la strada dell’amore che solo può trasformare il mondo.

Un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe – Redemptoris Custos 14: In occasione della venuta dei magi dall’Oriente, Erode aveva saputo della nascita del “re dei Giudei” (cfr Mt 2,2). E quando i magi partirono, egli “mandò ad uccidere tutti i bambini di Betlemme e del suo territorio dai due anni in giù” (Mt 2,16). In questo modo, uccidendo tutti, voleva uccidere quel neonato “re dei Giudei”, del quale era venuto a conoscenza durante la visita dei magi alla sua corte. Allora Giuseppe, avendo udito in sogno l’avvertimento, “prese con sè il bambino e sua madre nella notte e fuggì in Egitto, dove rimase fino alla morte di Erode, perché si adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: “Dall’Egitto ho chiamato mio figlio” (Mt 2,14-15; cfr. Os 11,1). In tal modo la via del ritorno di Gesù da Betlemme a Nazaret passo attraverso l’Egitto. Come Israele aveva preso la via dell’esodo “dalla condizione di schiavitù” per iniziare l’antica alleanza, così Giuseppe, depositario e cooperatore del mistero provvidenziale di Dio, custodisce anche in esilio colui che realizza la nuova alleanza.

La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa

“Tu che per paura dell’assassino dei bambini, // Di Erode che ha massacrato i piccoli, // Sei partito per il paese d’Egitto, // Seguendo l’oracolo del Profeta, // Contro notturno terror ti piaccia [premunirmi] // Del Tiranno sanguinario, // E fortificarmi con la tua Destra // Contro i suoi colpi sferrati nel segreto. // Tu che umile hai vissuto sulla terra, // Mentre infinitamente trascendi gli esseri celesti, // Innalzami dalla terra verso il cielo, // Io che son caduto nell’abisso del peccato” (Nerses Snorhali).

Silenzio / Preghiera / La tua traccia

«… il sangue di Gesù, il Figlio suo, ci purifica da ogni peccato». All’interno dell’Ottava di Natale la Liturgia ci propone alcune memorie che formano quasi un triduo, come un trittico che indica e specifica meglio la festa del Natale stesso, cosa significa che Gesù è nato, perché si è fatto uomo, cosa sia venuto a fare. Le feste di santo Stefano, di san Giovanni e dei Santi Innocenti, ci indicano cosa significhi essere cristiani, le varie dimensioni della nostra fede: l’annuncio, la fede, la testimonianza, l’amore, il sangue… chi vuole essere discepolo del Signore deve seguire i suoi passi, deve vivere come egli ha vissuto. Gesù viene a noi per darci l’esempio: «Vi ho dato l’esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi» (Gv 13,15). Egli, Agnello senza macchia, muore per noi: l’innocente e il giusto nasce e muore per il peccato dell’uomo. Così, seppur ignari, i santi Innocenti martiri sono associati a questo destino di nascita e di morte: anch’essi, seppur incolpevoli, muoiono per il peccato di un uomo, per l’invidia e la sete di potere di Erode, per le sue paure che si trasformano in furia omicida. Ieri come oggi, essere cristiani comporta l’essere associati al destino del Maestro: «Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi» (Gv 15,20).

Preghiamo

Signore nostro Dio, che oggi nei santi Innocenti sei stato glorificato non a parole, ma col sangue, concedi anche a noi di esprimere nella vita la fede che professiamo con le labbra. Per il nostro Signore Gesù Cristo…

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