Dicembre, meditazioni

26 Dicembre 2019

I Lettura: “La parola di Stefano attinge la sua forza alla forza stessa della verità, che solitamente si impone da sola alla coscienza umana, senza il bisogno dell’ausilio di alcuna violenza; il fatto che egli, a differenza dei suoi interlocutori, rinuncia ad affermare con la forza la propria visione della vita, testimonia che è dalla parte della verità. I suoi interlocutori, invece, affermeranno la propria verità usando la forza bruta. Essi possono anche rifiutare i prodigi e i miracoli che Stefano compie ma non possono non riconoscere che i valori vissuti e proclamati da lui hanno una forza che conquista il cuore senza esercitare alcuna violenza fisica” (E. Cuffaro).

Vangelo: Il discepolo che ha deciso di seguire il Cristo non può aspettarsi un destino diverso da quello del Maestro: la persecuzione fa parte della missione ed è il segno della sua verità. Il discepolo deve comprendere tutto questo e accettarlo coraggiosamente: deve perfino gioire, senza falsi eroismi. La persecuzione non è fine a se stessa, ma servirà per dare testimonianza, e i discepoli nelle persecuzioni non saranno abbandonati alla crudeltà dei carnefici, ma saranno assistiti dallo Spirito Santo, il quale metterà sulla bocca dei discepoli una parola di verità e di luce.

Non siete voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro – Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù disse ai suoi apostoli: «Guardatevi dagli uomini, perché vi consegneranno ai tribunali e vi flagelleranno nelle loro sinagoghe; e sarete condotti davanti a governatori e re per causa mia, per dare testimonianza a loro e ai pagani. Ma, quando vi consegneranno, non preoccupatevi di come o di che cosa direte, perché vi sarà dato in quell’ora ciò che dovrete dire: infatti non siete voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro che parla in voi. Il fratello farà morire il fratello e il padre il figlio, e i figli si alzeranno ad accusare i genitori e li uccideranno. Sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma chi avrà perseverato fino alla fine sarà salvato».

La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa

Santo Stefano – Benedetto XVI (Angelus, 26 dicembre 2006): All’indomani della solennità del Natale, celebriamo oggi la festa di santo Stefano, diacono e primo martire. A prima vista l’accostamento del ricordo del “Protomartire” alla nascita del Redentore può lasciare stupiti, perché colpisce il contrasto tra la pace e la gioia di Betlemme e il dramma di Stefano, lapidato a Gerusalemme nella prima persecuzione contro la Chiesa nascente. In realtà, l’apparente stridore viene superato se consideriamo più in profondità il mistero del Natale. Il Bambino Gesù, che giace nella grotta, è l’Unigenito Figlio di Dio fattosi uomo. Egli salverà l’umanità morendo in croce. Ora lo vediamo in fasce nel presepe; dopo la sua crocifissione sarà nuovamente avvolto da bende e deposto in un sepolcro. Non a caso l’icono-grafia natalizia rappresentava talvolta il divino Neonato adagiato in un piccolo sarcofago, ad indicare che il Redentore nasce per morire, nasce per dare la vita in riscatto per tutti. Santo Stefano fu il primo a seguire le orme di Cristo con il martirio; morì, come il divino Maestro, perdonando e pregando per i suoi uccisori (cfr At 7,60). Nei primi quattro secoli del cristianesimo, tutti i santi venerati dalla Chiesa erano martiri. Si tratta di uno stuolo innumerevole, che la liturgia chiama “la candida schiera dei martiri”, martyrum candidatus exercitus. La loro morte non incuteva paura e tristezza, ma entusiasmo spirituale che suscitava sempre nuovi cristiani. Per i credenti, il giorno della morte, ed ancor più il giorno del martirio, non è la fine di tutto, bensì il “transito” verso la vita immortale, è il giorno della nascita definitiva, in latino dies natalis. Si comprende allora il legame che esiste tra il “dies natalis” di Cristo e il dies natalis di Santo Stefano. Se Gesù non fosse nato sulla terra, gli uomini non avrebbero potuto nascere al Cielo. Proprio perché Cristo è nato, noi possiamo “rinascere”!

Sarete perseguitati – Mons. Vincenzo Paglia, Vescovo (Omelia, 26 dicembre 2007): Il brano evangelico fa parte del discorso missionario di Gesù ai Dodici. Dopo aver dato loro il compito di comunicare il Vangelo li avverte che non mancheranno le opposizioni: “vi mando come agnelli in mezzo ai lupi”. Ma non debbono preoccuparsi. Egli è con loro, e il suo Spirito li sosterrà. Stefano è il primo dei martiri, il primo agnello che viene sacrificato, a imitazione del Maestro. Condiscepolo di Paolo alla scuola di Gamaliele, Stefano aderì alla predicazione degli apostoli e fu poi scelto tra i sette diaconi per il servizio della carità. Era “pieno di grazia e di potenza, faceva grandi prodigi e miracoli tra il popolo”, narrano gli Atti. Non poteva tacere il Vangelo che aveva ricevuto e che gli aveva cambiato l’esistenza. E non si arrese quando le opposizioni e la violenza iniziarono ad abbattersi su di lui a motivo della sua nuova vita. E neppure si lasciò intimidire dalle opposizioni. Forte della fede continuò a testimoniare il Vangelo sino all’effusione del sangue. Sull’esempio del suo maestro, mentre veniva lapidato, chiese a Dio di accogliere il suo spirito e di perdonare i suoi persecutori. Stefano, divenuto il primo martire della storia cristiana, guida il corteo di tutti coloro che, in ogni luogo e in ogni tempo, hanno testimoniato e continuano a testimoniare il Vangelo fino al sacrificio estremo della vita. Tutti costoro, che hanno “contemplato i cieli aperti e il Figlio dell’uomo che sta alla destra di Dio”, stanno oggi nel cielo e vedono Dio “faccia a faccia”. A noi lasciano un prezioso esempio di come ascoltare il Vangelo per seguire Gesù. Essi ci confermano che senza “eroicità”  non è possibile seguire il Vangelo.

La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa

I martiri testimoniano Cristo più da morti che da vivi – “Quasi dal seme del loro sangue è ripiena la terra coi martiri, e dal loro seme è sorta la messe della Chiesa. Testimoniarono il Cristo più da morti che da vivi. Oggi testimoniano, oggi predicano: tace la loro lingua, risuonano i loro fatti. Erano impediti, venivano legati, erano rinchiusi, venivano condotti [davanti ai tribunali], erano torturati, arsi vivi, lapidati, percossi, e dati in pasto alle belve. In tutte le loro morti venivano irrisi come vili: ma preziosa davanti al Signore è la morte dei suoi santi [Sal 115,15]. E davanti al Signore è così preziosa, come ora davanti a noi. Quando allora era un disonore esser cristiano, vile era la morte dei santi davanti agli uomini: venivano detestati, maledetti; ed erano messi a morte in segno di maledizione… Così tu sia crocifisso, così tu sia arso vivo. Quale fedele non desidera ora queste maledizioni?”(Agostino).

Silenzio / Preghiera / La tua traccia

«Sarete odiati da tutti a causa del mio nome». Oggi è il giorno della verità! In questo periodo abbiamo fatto di tutto perché il Natale fosse meraviglioso, i regali fossero quelli desiderati, il menù dei vari pranzi fosse gradito agli ospiti… Oggi ci si sveglia un po’ intontiti, certamente stanchi, e quasi siamo contenti che tutto sia finito. Ma è proprio oggi che la Liturgia ci presenta la verità di quanto celebrato: colui che è nato è venuto come Luce, perché siano svelati i pensieri di molti cuori e le ipocrisie di tanti presunti giusti: «La luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate» (Gv 3,19-20). Gesù viene nel mondo come segno di contraddizione (cfr. Lc 2,34): «Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? No, io vi dico, ma divisione» (Lc 12,51). Chi accoglie il Signore non è più di lui: «Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi» (Gv 15,20). La memoria liturgica della testimonianza di Stefano fino al dono della propria vita, strappatagli con violenza e rabbia, ci ricorda, aldilà dello zucchero a velo sul pandoro e delle luci sui balconi, che Cristo nasce sul duro legno di una mangiatoia, per morire sul crudele legno della Croce. Essere cristiani significa mettersi alla sequela di colui che ci chiama a morire con lui per poter eternamente regnare con Lui, col Padre e lo Spirito.

Preghiamo

Donaci, o Padre, di esprimere con la vita il mistero che celebriamo nel giorno natalizio di santo Stefano primo martire e insegnaci ad amare anche i nostri nemici sull’esempio di lui che morendo pregò per i suoi persecutori. Per il nostro Signore Gesù Cristo…

 

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