Dicembre, meditazioni

16 DICEMBRE 2019 – LUNEDÌ, III DEL TEMPO DI AVVENTO

I Lettura: Il brano di oggi ci presenta alcuni elementi del ciclo di Balaam, un famoso indovino venuto dalla Mesopotamia. Dalla sua bocca abbiamo la predizione solenne della futura gloria del popolo eletto e, per la prima volta, si ha il richiamo alla figura tipo di un re che sarà guida e salvatore di tutti. L’AT tende a Cristo come al suo centro naturale. Il NT è Cristo che compie l’opera che il Padre gli ha affidato. La Chiesa continua quest’opera e sotto l’influsso dello Spirito Santo la rinnova lungo i secoli.

Vangelo: Gesù viene nuovamente provocato a dare garanzie sull’autorità con cui opera e insegna. Gesù non si comporta come un geniale pensatore che cerca di sconfiggere i suoi obiettori, ma come colui che ha competenza e autorità datagli da Dio. Per i farisei l’opera di Gesù non era regolare; Egli però li porta a riflettere sul modo sbagliato di agire di fronte ai profeti. Il Maestro conosceva le cattive intenzioni dei suoi interlocutori e pone loro una domanda preliminare in modo da provocare una crisi che li induca a un esame di coscienza e, in ultimo, alla conversione.

Il battesimo di Giovanni da dove veniva? – Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù entrò nel tempio e, mentre insegnava, gli si avvicinarono i capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo e dissero: «Con quale autorità fai queste cose? E chi ti ha dato questa autorità?». Gesù rispose loro: «Anch’io vi farò una sola domanda. Se mi rispondete, anch’io vi dirò con quale autorità faccio questo. Il battesimo di Giovanni da dove veniva? Dal cielo o dagli uomini?». Essi discutevano fra loro dicendo: «Se diciamo: “Dal cielo”, ci risponderà: “Perché allora non gli avete creduto?”. Se diciamo: “Dagli uomini”, abbiamo paura della folla, perché tutti considerano Giovanni un profeta». Rispondendo a Gesù dissero: «Non lo sappiamo». Allora anch’egli disse loro: «Nean-ch’io vi dico con quale autorità faccio queste cose».

La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa

Non esiste potestà se non da Dio – Leone XIII (Lettera Enciclica): I libri del Vecchio Testamento in molti luoghi chiarissimamente confermano che in Dio è la fonte della umana potestà. “Per me i re regnano…, per me i principi comandano e i potenti amministrano la giustizia” (Pr 8,15-16). E altrove: “Date ascolto, voi che reggete le nazioni… poiché da Dio vi è data la potestà e dall’Altissimo la virtù” (Sap 6,3-4). Il che è contenuto anche nel libro dell’Ecclesiastico: “A ciascuna gente Iddio prepose il reggitore” (Sir 17,14). Nondimeno queste cose che gli uomini avevano appreso da Dio, a poco a poco le disimpararono per la pagana superstizione. Questa, come corruppe le vere specie delle cose e moltissime nozioni, così corruppe anche la forma genuina e la bellezza del principato. Poi, quando risplendette il Vangelo cristiano, la vanità cedette alla verità, e nuovamente cominciò a brillare quel nobilissimo e divino principio da cui emana ogni autorità. Al Governatore romano, il quale credeva di avere ed ostentava la potestà di assolvere e di condannare, Cristo Signore rispose: “Non avresti alcuna potestà contro di me, se ciò non ti fosse dato dall’alto” (Gv 19,11). Sant’Agostino, spiegando questo passo, “Impariamo, scrive, ciò che egli disse, e ciò che insegnò anche per bocca dell’Apostolo, che non esiste potestà se non da Dio”. Infatti la incorrotta voce degli Apostoli fu sempre come un’immagine della dottrina e dei precetti di Gesù Cristo. Ai Romani, sudditi di principi pagani, Paolo propone questa sublime e gravissima sentenza: “Non esiste potestà se non da Dio”, e da tale principio conclude: “Il principe è ministro di Dio” (Rm 13,1.4).

Gesù è Signore – CCC 668: «Per questo Cristo è morto e ritornato alla vita: per essere il Signore dei morti e dei vivi» (Rm 14,9). L’ascensione di Cristo al cielo significa la sua partecipazione, nella sua umanità, alla potenza e all’autorità di Dio stesso. Gesù è Signore: egli detiene tutto il potere nei cieli e sulla terra. Egli è «al di sopra di ogni principato e autorità, di ogni potenza e dominazione» perché il Padre «tutto ha sottomesso ai suoi piedi» (Ef 1,21-22). Cristo è il Signore del cosmo e della storia. In lui la storia dell’uo-mo come pure tutta la creazione trovano la loro «ricapitolazione», il loro compimento trascendente.

Amen – CCC 1061-1063: Il Credo, come pure l’ultimo libro della Sacra Scrittura, termina con la parola ebraica Amen. La si trova frequentemente alla fine delle preghiere del Nuovo Testamento. Anche la Chiesa termina le sue preghiere con Amen. In ebraico, Amen si ricongiunge alla stessa radice della parola «credere». Tale radice esprime la solidità, l’affidabilità, la fedeltà. Si capisce allora perché l’«Amen» può esprimere tanto la fedeltà di Dio verso di noi quanto la nostra fiducia in lui. Nel profeta Isaia si trova l’espressione «Dio di verità», letteralmente «Dio dell’Amen», cioè il Dio fedele alle sue promesse: «Chi vorrà essere benedetto nel paese, vorrà esserlo per il Dio fedele» (Is 65,16). Nostro Signore usa spesso il termine «Amen», a volte in forma doppia, per sottolineare l’affidabilità del suo insegnamento, la sua autorità fondata sulla verità di Dio.

La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa

L’occultamento della divinità di Cristo – “Anche in Cristo vi erano tutti i segni della sua origine terrena: sono questi che occultarono in lui il Figlio di Dio… Nulla di nuovo, nulla di strano trovo in lui: solo delle parole e delle opere, della dottrina e della virtù di Cristo si stupiva la gente. Si sarebbe notata in lui l’eccezionalità che la sua carne era originata per miracolo; ma, in seguito, non era l’eccezionalità della sua carne terrena che rendeva mirabili le sue opere, tanto che si diceva: Donde viene a costui questa sapienza, questa virtù d’operare miracoli? [Mt 13,54]. Queste parole erano dovute anche al loro disprezzo per il suo aspetto. Il suo corpo non presentava neppure avvenenza umana, tanto meno splendore divino. I profeti non ci parlano del suo aspetto ignobile, ma ce lo proclamano i suoi stessi dolori e gli oltraggi che soffrì. I dolori testimoniano la sua carne umana; gli oltraggi, la sua deformità. Avrebbe osato qualcuno forse toccare anche solo con la punta del dito un corpo straordinario, o insudiciare con gli sputi un volto che non lo meritava? Perché la dici carne celeste, se non hai nulla per ritenerla celeste? Perché neghi che sia terrena, se hai molto invece per riconoscerla terrena? Ebbe fame al cospetto del diavolo, ebbe sete davanti alla samaritana, pianse su Lazzaro, tremò di fronte alla morte. Disse infatti: «La carne è debole». Alla fine versò il sangue. Non credo che questi siano segni celesti. Ma, ripeto, in qual modo avrebbe potuto soffrire ed essere oltraggiato, come ho detto, se la sua carne avesse irradiato qualcosa della sua nobiltà celeste? Da ciò dunque dimostriamo che non vi era in essa nulla di celestiale, e perciò poté essere disprezzata e soffrire” (Tertulliano).

Silenzio / Preghiera / La tua traccia

«Rispondendo a Gesù dissero: “Non lo sappiamo”». Le letture della Liturgia della Parola ci mettono dinanzi a due opposte situazioni: da una parte abbiamo un pagano, Balaam figlio di Beor, assoldato da Balak re di Moab perché maledicesse gli Israeliti, che invece riconosce Dio e alla fine benedice il popolo nel nome dell’unico Signore e Creatore; dall’altra parte, nel Vangelo, vediamo i capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo, consacrati a Dio e conoscitori delle Scritture, che si ostinano a non voler riconoscere l’autorità e quindi la divinità di Gesù. Non si tratta solo di ignoranza, ma di vera e propria ostinazione nel male: Gesù, infatti, si era reso disponibile a “chiarire” ma aveva chiesto loro un atto di verità dinanzi ai segni fatti dal Battista. Questi non vogliono prendere posizione, per non dover poi essere costretti a reagire di conseguenza: e Gesù li abbandona alla loro malizia. Quella dei giudei è la posizione di quando anche noi mettiamo scuse, non prendiamo posizione, rimandiamo quel chiarimento, quel taglio di amicizia cattiva, quel vizio… Dalla Liturgia odierna possiamo quindi trarre questo principio: se sono sinceramente proiettato verso la santità, Dio mi sarà verità e non permetterà che io mi inganni (come agì con Balaam, ma possiamo pensare anche a san Paolo, sant’Agostino, card. Newman…); ma se io mi ostino a vivere nella mediocrità, Dio mi abbandonerà nella mia tiepidezza.

Preghiamo

Ascolta, o Padre, la nostra preghiera, e con la luce del tuo Figlio che viene a visitarci rischiara le tenebre del nostro cuore. Per il nostro Signore Gesù Cristo…

 

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