Dicembre, meditazioni

3 Dicembre 2019

3 Dicembre 2019 – Martedì, I del Tempo di Avvento – S. Francesco Saverio (M)

(Is 11,1-10; Sal 71[72]; Lc 10,21-24)

I Lettura: Nel futuro di Dio, Isaìa dice ai suoi contemporanei, verrà colui che sarà il modello per l’umanità. Questo germoglio non sarà come se lo aspettavano. Fragile ma tenace, crescerà come una pianta dal suolo arido e farà rotolare la pietra dalla tomba rocciosa. Quando tutto questo avverrà ci sarà un mondo in cui il lupo e l’agnello giaceranno insieme, in cui i nemici non si odieranno più, ma collaboreranno per il bene comune.

Vangelo: Il Vangelo riporta una preghiera di Gesù ma soprattutto offre uno squarcio della sua vita interiore. È lo Spirito che lo guida e riempie di gioia il suo cuore d’uomo e lo apre alla preghiera: “Ti rendo lode, o Padre”. Solo lo Spirito può farci entrare nel mistero di Dio, da Lui scaturisce la luce che orienta i nostri passi anche nei momenti più oscuri. Non impariamo a conoscere Dio attraverso la scienza o lo sforzo umano, ma è l’umiltà che attira a sé il favore divino dischiudendo i suoi misteri per riceverne luce.

Gesù esultò nello Spirito Santo – Dal Vangelo secondo Luca

In quella stessa ora Gesù esultò di gioia nello Spirito Santo e disse: «Ti rendo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio e nessuno sa chi è il Figlio se non il Padre, né chi è il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo». E, rivolto ai discepoli, in disparte, disse: «Beati gli occhi che vedono ciò che voi vedete. Io vi dico che molti profeti e re hanno voluto vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono».

La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa

Gesù esultò di gioia nello Spirito Santo – Giovanni Paolo II (Dominum et Vivificantem 20): L’evangelista Luca, che ha già presentato Gesù «pieno di Spirito Santo» e «condotto dallo Spirito nel deserto», ci fa sapere che, dopo il ritorno dei settantadue discepoli dalla missione affidata loro dal Maestro, mentre pieni di gioia gli raccontavano i frutti del loro lavoro, «in quello stesso istante Gesù esultò nello Spirito Santo e disse: – Io ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, che hai nascosto queste cose ai dotti e ai sapienti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, Padre, perché così ti è piaciuto». Gesù esulta per la paternità divina; esulta, perché gli è dato di rivelare questa paternità; esulta, infine, quasi per una speciale irradiazione di questa paternità divina sui «piccoli». E l’evangelista qualifica tutto questo come «esultanza nello Spirito Santo». Una tale esultanza, in un certo senso, sollecita Gesù a dire ancora di più. Ascoltiamo: «Ogni cosa mi è stata affidata dal Padre mio, e nessuno sa chi è il Figlio se non il Padre, né chi è il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare».

La gioia cristiana – Paolo VI (Gaudete in domino III, La gioia secondo il Nuovo Testamento): Lo Spirito che procede dal Padre e dal Figlio, dei quali egli è il reciproco amore vivente, è… comunicato… al Popolo della nuova Alleanza, e ad ogni anima disponibile alla sua azione intima. Egli fa di noi la sua abitazione: dulcis hospes animae. Insieme con lui, il cuore dell’uomo è abitato dal Padre e dal Figlio. Lo Spirito Santo suscita in esso una preghiera filiale, che sgorga dal più profondo dell’anima e si esprime nella lode, nel ringraziamento, nella riparazione e nella supplica, allora noi possiamo gustare la gioia propriamente spirituale, che è un frutto dello Spirito Santo: essa consiste nel fatto che lo spirito umano trova riposo e un’intima soddisfazione nel possesso di Dio Trinità, conosciuto mediante la fede e amato con la carità che viene da lui. Una tale gioia caratterizza, a partire di qui, tutte le virtù cristiane. Le umili gioie umane, che sono nella nostra vita come i semi di una realtà più alta, vengono trasfigurate. Questa gioia, quaggiù, includerà sempre in qualche misura la dolorosa prova della donna nel parto, e un certo abbandono apparente, simile a quello dell’orfano: pianti e lamenti, mentre il mondo ostenterà una soddisfazione maligna. Ma la tristezza dei discepoli, che è secondo Dio e non secondo il mondo, sarà prontamente mutata in una gioia spirituale, che nessuno potrà loro togliere. Tale è la legge fondamentale dell’esistenza cristiana, e massimamente della vita apostolica.

Ti rendo lode, o Padre – Benedetto XVI (Udienza Generale, 7 dicembre 2011): Gesù si rivolge a Dio chiamandolo «Padre». Questo termine esprime la coscienza e la certezza di Gesù di essere «il Figlio», in intima e costante comunione con Lui, e questo è il punto centrale e la fonte di ogni preghiera di Gesù. Lo vediamo chiaramente nell’ultima parte dell’Inno, che illumina l’intero testo. Gesù dice: «Tutto è stato dato a me dal Padre mio e nessuno sa chi è il Figlio se non il Padre, né chi è il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo» (Lc 10,22). Gesù quindi afferma che solo «il Figlio» conosce veramente il Padre. Ogni conoscenza tra le persone – lo sperimentiamo tutti nelle nostre relazioni umane – comporta un coinvolgimento, un qualche legame interiore tra chi conosce e chi è conosciuto, a livello più o meno profondo: non si può conoscere senza una comunione dell’essere. Nell’Inno di giubilo, come in tutta la sua preghiera, Gesù mostra che la vera conoscenza di Dio presuppone la comunione con Lui: solo essendo in comunione con l’altro comincio a conoscere; e così anche con Dio, solo se ho un contatto vero, se sono in comunione, posso anche conoscerlo. Quindi la vera conoscenza è riservata al «Figlio», l’Unigenito che è da sempre nel seno del Padre (cfr Gv 1,18), in perfetta unità con Lui. Solo il Figlio conosce veramente Dio, essendo in comunione intima dell’essere; solo il Figlio può rivelare veramente chi è Dio.

La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa

“Dice ancora Isaia: «Il Signore consolerà Sion e consolerà tutte le sue rovine; del suo deserto farà un luogo di delizie, della sua steppa quasi un giardino del Signore. Giubilo e gioia saranno in essa, azioni di grazie e inni di lode» (Is 51,3). Sion s’interpreta «specola», punto di osservazione. Il popolo di Sion sono i poveri nello spirito i quali, sollevati dalle cose terrene e posti sul più alto punto di osservazione della povertà, contemplano il Figlio di Dio, pellegrino qui in terra, ma glorioso nella patria celeste. Questa è la Sion che il Signore consola. Il Signore consola con i beni suoi coloro che sono privi dei beni temporali; infatti dice: «E consolerà tutte le sue rovine». Quando crolla l’edificio della consolazione umana, subito il Signore innalza la casa della consolazione interiore” (Sant’Antonio da Padova).

Silenzio / Preghiera / La tua traccia

«Beati gli occhi che vedono ciò che voi vedete». Vegliamo e attendiamo il Signore che viene: egli viene per renderci beati. Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce (Is 9,1). Cristo è la luce del mondo, la fonte della nostra gioia. In lui siamo benedetti, in lui siamo beati. Sì, beati, felici, appagati, realizzati, saziati, perché Cristo viene a salvarci, a guarirci, a liberarci. Siamo beati perché abbiamo visto con i nostri occhi la realizzazione delle promesse di Dio. Siamo beati perché abbiamo potuto ascoltare la sua Parola e con la grazia dello Spirito Santo l’abbiamo potuta mettere in pratica. Siamo beati perché Gesù sazia la nostra fame e sete di giustizia, perché in lui siamo resi giusti dinanzi al Padre, perché per le sue piaghe siamo giustificati. Siamo beati, felici, perché egli è il Dio-con-noi e nessuno potrà mai strapparci dalla sua mano, perché se Cristo è con noi nessuno potrà essere contro di noi, nessuno potrà sconfiggerci, nemmeno la morte, perché se anche moriamo con Gesù, con lui risorgeremo e regneremo in eterno. Vegliamo, attendiamo, desideriamo e gustiamo la beatitudine che il Padre ci dona con pienezza nel Figlio. Egli è la nostra pace! Egli viene perché la nostra felicità sia piena; si offre gratuitamente per noi, perché la nostra beatitudine sia completa ed eterna.

Preghiamo

O Dio, che hai chiamato molti popoli dell’Oriente alla luce del Vangelo, con la predicazione apostolica di san Francesco Saverio, fa’ che ogni comunità cristiana arda dello stesso fervore missionario, perché su tutta la terra la santa Chiesa si allieti di nuovi figli. Per il nostro Signore Gesù Cristo…

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