luglio, meditazioni

24 Luglio 2019

24 Luglio 2019 – Mercoledì, XVI del Tempo Ordinario – (Es 16,1-5.9-15; Sal 77[78]; Mt 13,1-9) – I Lettura: In questo brano è evidente il “contrasto tra l’indurimento di Israele, cioè la sua incapacità di gratitudine verso il suo Dio che lo ha liberato, e la risposta di Dio, misericordiosa e divinamente inalterabile. Alla mormorazione degli Israeliti, causata dalle privazioni del deserto, Dio risponde infatti col dono sovrabbondante della manna e delle quaglie. Se nel deserto la risposta di Dio alla mormorazione è stata il dono della manna a un popolo segnato dal peccato, nella vita della Chiesa quale non sarà la risposta di Dio alle preghiere di lode e di domanda del suo popolo purificato dal Sangue di Cristo?” (E. Cuffaro). Vangelo: La parabola, nella Bibbia, è un racconto fittizio, ma verosimile, il cui intento è quello di illustrare un insegnamento morale o una verità dottrinale mediante un paragone. Da qui la possibile incomprensione del racconto parabolico da parte di molti, ma, sopra tutto, da parte di chi è mal disposto. La parabola del seminatore vuole mettere in evidenza gli ostacoli che il regno di Dio trova nel suo sviluppo sulla terra. Ma, nonostante i fallimenti e l’incorrispondenza di molti, il seme, a suo tempo, porterà abbondanti frutti. Un messaggio di ottimismo per tanti cristiani delusi.

Chi ha visto me ha visto il Padre Dal Vangelo secondo Matteo: Quel giorno Gesù uscì di casa e sedette in riva al mare. Si radunò attorno a lui tanta folla che egli salì su una barca e si mise a sedere, mentre tutta la folla stava sulla spiaggia. Egli parlò loro di molte cose con parabole. E disse: «Ecco, il seminatore uscì a seminare. Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la mangiarono. Un’altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c’era molta terra; germogliò subito, perché il terreno non era profondo, ma quando spuntò il sole, fu bruciata e, non avendo radici, seccò. Un’altra parte cadde sui rovi, e i rovi crebbero e la soffocarono. Un’altra parte cadde sul terreno buono e diede frutto: il cento, il sessanta, il trenta per uno. Chi ha orecchi, ascolti».

Riflessione: «Ecco, il seminatore uscì a seminare». La parabola del seminatore è tra le poche, se non l’unica, che riceve il titolo direttamente da Gesù (cfr Mt 13,18). E non è un fatto secondario, perché ci dà il senso di quanto il Maestro ha voluto trasmetterci nel raccontarci tale parabola. È vero infatti che nella quasi totalità delle volte ci si sofferma a meditare la varietà del terreno che accoglie il buon seme, o le modalità con cui viene ad essere mortificato il sospirato frutto. Ma se così fosse, Gesù l’avrebbe chiamata la parabola dei diversi terreni, o la parabola del seme che va nei campi. Invece la definisce, come dicevamo, la parabola del seminatore, lasciando intendere che è proprio di lui che vuole parlare primariamente. Questi esce, come esce Gesù all’inizio del Vangelo proclamato, e inizia a seminare, come Gesù che inizia a proclamare le parabole del Regno. Viene messa in evidenza l’azione divina, quasi come se Gesù in quel momento aprisse il suo Cuore e parlasse del suo desiderio di far giungere a tutti il seme della sua Parola. Egli sa bene che molte sue parole andranno sprecate, che molte parole troveranno menti chiuse. Ma vuole ugualmente dirci che non si stancherà mai di uscire e di donarci il buon seme dell’Amore.

Santo del giorno: 24 Luglio – San Charbel (Giuseppe) Makhluf, Sacerdote: Youssef Antoun (in italiano, Giuseppe Antonio) Makhlouf nacque nel villaggio di Beqaa Kafra, in Libano, nel 1828, probabilmente l’8 maggio. Nel 1851 lasciò la propria casa per entrare nell’Ordine Libanese Maronita, presso il monastero di Nostra Signora di Mayfouq, nella regione di Byblos. Nel novembre dello stesso anno vestì l’abito religioso e cambiò nome in fratel Charbel. L’anno successivo si trasferì al monastero di san Marone ad Annaya, sulla montagna di Byblos, dove emise i voti solenni il 1° novembre 1853. In seguito, fratel Charbel fu mandato al monastero di Kfifan dove completò gli studi teologici. Dopo la sua ordinazione sacerdotale, padre Charbel tornò ad Annaya e, sei anni dopo, ottenne di poter diventare eremita nell’eremo dei Santi Pietro e Paolo, non lontano dal monastero. Visse in quel luogo altri ventitré anni, digiunando, pregando e lavorando nei campi intorno all’eremo. Il 16 dicembre 1898, mentre celebrava la Messa, fu colpito da apoplessia: morì dopo otto giorni di agonia, il 24 dicembre. È stato sia beatificato sia canonizzato dal Papa san Paolo VI, rispettivamente il 5 dicembre 1965 e il 9 ottobre 1977. I suoi resti mortali sono venerati nel monastero di San Marone ad Annaya, in un’urna di legno di cedro.

Preghiamo: Sii propizio a noi tuoi fedeli, Signore, e donaci i tesori della tua grazia, perché, ardenti di speranza, fede e carità, restiamo sempre fedeli ai tuoi comandamenti. Per il nostro Signore Gesù Cristo…

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