giugno, meditazioni

26 Giugno 2019

26 Giugno 2019 – Mercoledì, XII del Tempo Ordinario – (Gen 15,1-12.17-18; Sal 104[105]; Mt 7,15-20) – I Lettura: L’attesa della realizzazione della promessa di una discendenza, inizia a pesare sull’ormai vecchio Abramo. Egli confida candidamente il suo dolore al Signore che gli risponde manifestandogli la magnificenza del suo progetto: “Conta le stelle del cielo…”. Ma tutto questo avrebbe avuto il suo esito in un futuro ancora lontano… Ma Abramo credette e non si scoraggiò. Qui sta la grandezza dell’uomo che divenne padre di tutti i credenti i quali ancora, dietro l’esempio di Abramo, si affidano a Dio senza pretendere di vedere i frutti della loro perseveranza. Vangelo: Gesù invita i suoi discepoli a non lasciarsi ingannare dalle apparenze, ma a saper discernere la natura e le intenzioni di coloro che si propongono come profeti e, dunque, come guide. Il criterio di discernimento si basa sull’analisi non del comportamento esteriore, ma dell’e-sito del loro stile di vita, dai frutti che riescono a produrre. Per fare un giusto discernimento è necessario avere pazienza e attendere, così come fa Dio. Come il destino di un albero non buono è l’essere sradicato e bruciato, così sarà di coloro che cercheranno di ingannare il popolo di Dio.

Dai loro frutti li riconoscerete Dal Vangelo secondo Matteo: In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Guardatevi dai falsi profeti, che vengono a voi in veste di pecore, ma dentro sono lupi rapaci! Dai loro frutti li riconoscerete. Si raccoglie forse uva dagli spini, o fichi dai rovi? Così ogni albero buono produce frutti buoni e ogni albero cattivo produce frutti cattivi; un albero buono non può produrre frutti cattivi, né un albero cattivo produrre frutti buoni. Ogni albero che non dà buon frutto viene tagliato e gettato nel fuoco. Dai loro frutti dunque li riconoscerete».

Riflessione: «Dai loro frutti dunque li riconoscerete». In questi giorni, più volte e con spunti diversi, la Liturgia della Parola continua a farci meditare sull’importanza della testimonianza cristiana. Essa è un validissimo strumento per evidenziare due cose in particolare: da un lato mette in evidenza il frutto della nostra adesione a Cristo e dall’altra ci dice quanto e cosa siamo pronti a trasmettere ai nostri fratelli. Ci siamo soffermati in questi giorni a contemplare figure importanti come Abramo o Giovanni il Battista: riconosciamo la bontà della loro testimonianza dai frutti che hanno prodotto. Così anche per noi: chiediamoci quali sono i frutti del nostro interiore appartenere a Cristo? Se l’albero della nostra vita affonda le sue radici nella fede in Gesù, allora i frutti saranno l’amore, la gioia, la pace, la pazienza, la bontà, la magnanimità, la fedeltà, la mitezza, il dominio di sé (cfr. Gal 5,22): dal fatto di trovare o meno in noi questi frutti, come dicevamo all’inizio, comprenderemo la verità della nostra adesione al Vangelo di Cristo. Così all’esterno: se troviamo in noi il desiderio di far conoscere Gesù e il suo messaggio, se lo testimoniamo con un tenore di vita degno del Vangelo, se i sentimenti sono quelli del Maestro, indipendentemente dal successo della nostra testimonianza, possiamo comunque affermare che i frutti non tarderanno ad arrivare e che saranno rigogliosi secondo la misura stabilita dallo Spirito.

La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: Guardatevi dai falsi profeti – CCC 2284-2285: Lo scandalo è l’atteggiamento o il comportamento che induce altri a compiere il male. Chi scandalizza si fa tentatore del suo prossimo. Attenta alla virtù e alla rettitudine; può trascinare il proprio fratello nella morte spirituale. Lo scandalo costituisce una colpa grave se chi lo provoca con azione o omissione induce deliberatamente altri in una grave mancanza. Lo scandalo assume una gravità particolare a motivo dell’autorità di coloro che lo causano o della debolezza di coloro che lo subiscono. Ha ispirato a nostro Signore questa maledizione: “Chi scandalizza anche uno solo di questi piccoli…, sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina girata da asino, e fosse gettato negli abissi del mare”(Mt 18,6). Lo scandalo è grave quando a provocarlo sono coloro che, per natura o per funzione, sono tenuti ad insegnare e ad educare gli altri. Gesù lo rimprovera agli scribi e ai farisei: li paragona a lupi rapaci in veste di pecore.

Dai loro frutti li riconoscerete – CCC 2005: Appartenendo all’ordine soprannaturale, la grazia sfugge alla nostra esperienza e solo con la fede può essere conosciuta. Pertanto non possiamo basarci sui nostri sentimenti o sulle nostre opere per dedurne che siamo giustificati e salvati. Tuttavia, secondo la parola del Signore: “Dai loro frutti li potrete riconoscere” (Mt 7,20), la considerazione dei benefici di Dio nella nostra vita e nella vita dei santi, ci offre una garanzia che la grazia sta operando in noi e ci sprona ad una fede sempre più grande e ad un atteggiamento di povertà fiduciosa.

La radicalità evangelica – Pastores Dabo Vobis 27: Per tutti i cristiani, nessuno escluso, il radicalismo evangelico è un’esigenza fondamentale e irrinunciabile, che scaturisce dall’appello di Cristo a seguirlo e a imitarlo, in forza dell’intima comunione di vita con lui, operata dallo Spirito (cfr. Mt 8,18ss; 10,37ss; Mc 8,34ss; Lc 9,57ss). Questa stessa esigenza si ripropone per i sacerdoti, non solo perché sono “nella” chiesa, ma anche perché sono “di fronte” alla chiesa, in quanto sono configurati a Cristo capo e pastore, abilitati e impegnati al ministero ordinato, vivificati dalla carità pastorale. Ora, all’interno e come manifestazione del radicalismo evangelico si ritrova una ricca fioritura di molteplici virtù ed esigenze etiche che sono decisive per la vita pastorale e spirituale del sacerdote, come, ad esempio, la fede, l’umiltà di fronte al mistero di Dio, la misericordia, la prudenza. Espressione privilegiata del radicalismo sono i diversi “consigli evangelici”, che Gesù propone nel discorso della montagna (cfr. Mt 5-7) e tra questi i consigli, intimamente coordinati tra loro, d’obbedienza, castità e povertà: il sacerdote è chiamato a viverli secondo quelle modalità, e più profondamente secondo quelle finalità e quel significato originale, che derivano dall’identità propria del presbitero e la esprimono.

Vi saranno maestri menzogneri – Pio XII (Udienza Generale, 17 Gennaio 1940): La cattedra è il seggio più o meno elevato, più o meno solenne, ove un maestro insegna. Guardate dunque la cattedra, da cui il primo Papa rivolgeva la parola ai primi cristiani, come ora Noi vi parliamo, spronandoli alla vigilanza contro il demonio, che quasi leone ruggente va attorno cercando chi possa divorare (1Pt 5,8-9), esortandoli alla fermezza nella fede, per non essere trascinati dagli errori dei falsi profeti (2Pt 2,1 ; 3,17). Questo insegnamento di Pietro continua nei suoi Successori, e continuerà immutabilmente attraverso i tempi, perché tale è la missione data da Cristo stesso al Capo della Chiesa… I successori di Pietro, mortali anch’essi come tutti gli uomini, passano, più o meno rapidamente. Ma il primato di Pietro sussisterà sempre, coll’assistenza speciale che gli fu promessa, quando Gesù lo incaricò di confermare i suoi fratelli nella fede (Lc 22,32). Quali che siano il nome, il volto, le origini umane di ogni Papa, è sempre Pietro che vive in lui; è Pietro che dirige e governa; è Pietro soprattutto che insegna e diffonde sul mondo il lume della verità liberatrice. Ciò faceva dire ad un grande oratore sacro che Dio ha stabilito in Roma una cattedra eterna: «Pietro vivrà nei suoi Successori; Pietro parlerà sempre dalla sua cattedra» (Bossuet, Sermon sur l’unité de l’Eglise, I). Or ecco il grave ammonimento – lo abbiamo già accennato – che egli indirizzava ai cristiani del suo tempo: «Vi furono nel popolo falsi profeti, come tra voi vi saranno maestri menzogneri… Essendo dunque prevenuti, state in guardia, affinché trasportati dall’errore degli stolti non cadiate dalla vostra fermezza» (cfr. II Petr.).

La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: «Guardatevi dai falsi profeti, dice Gesù, questi vengono a voi travestiti da pecore, ma dentro sono lupi rapaci [Mt 7,15]. Il Signore ci avverte che le parole adulatrici e le dolci moine debbono venire giudicate dai frutti ch’esse producono. Dobbiamo perciò giudicare ognuno non quale si presenta a parole, ma quale è realmente nei suoi atti. Poiché sovente sotto apparenze di agnello si dissimula livore di lupo. E così come i pruni non danno uva e i rovi non producono fichi, come gli alberi cattivi non portano buoni frutti [cfr. Mt 7,16], ci dice Gesù, non è certo nelle belle parole che consiste la realtà delle opere buone, ma tutti devono venire giudicati dai propri frutti» (Ilario di Poitiers).

Silenzio / Preghiera / La tua traccia: Gli occhi ci aiutano a non andare a tentoni, i ciechi hanno bisogno di una guida o di un bastone per avanzare sicuri, così i credenti ciechi nell’anima e senza una guida, non avanzano nel cammino della fede e corrono il rischio di accogliere ogni vento di dottrina (Ef 4,14). Gesù ha dato ai discepoli gli occhi per accorgersi se colui che parla viene da Dio o da altre sponde: dai frutti li riconoscerete. E così per evitare confusione o dubbi, la Scrittura offre ai credenti un elenco di frutti e di opere, certamente stringato ma abbastanza completo: sono ben note le opere della carne: fornicazione, impurità… (Gal 5,19ss). Certo, i falsi profeti amano il travestimento e sono molti abili nel trucco, ma, alla fine, tutto viene alla luce. Gesù è la verità e non può permettere che il discepolo resti nel buio della confusione, lui è la luce e illumina i suoi passi, è la via sicura sulla quale muovere speditamente i passi per giungere alla meta, quella della salvezza.

Santo del giorno: 26 Giugno – San Josemaria Escrivá de Balaguer, Sacerdote e Fondatore: Josemaría Escrivá nacque a Barbastro (Spagna) il 9 gennaio 1902. Fu ordinato sacerdote nel 1925. Nel 1927 iniziò a Madrid un instancabile lavoro sacerdotale dedicato in particolare ai poveri e ai malati nelle borgate e negli ospedali. Il 2 ottobre del 1928 ricevette una speciale illuminazione divina e fondò l’Opus Dei, un’istituzione della Chiesa che promuove fra cristiani di tutte le condizioni sociali una vita coerente con la fede in mezzo al mondo attraverso la santificazione delle opere quotidiane: il lavoro, la cultura, la vita familiare… Alla sua morte, nel 1975, la sua fama di santità si è diffusa in tutto il mondo, come dimostrano le molte testimonianze di favori spirituali e materiali attribuiti all’intercessione del fondatore dell’Opus Dei, fra cui anche guarigioni clinicamente inesplicabili. Il 6 ottobre 2002 è stato canonizzato nel corso di una solenne cerimonia presieduta dal Santo Padre Giovanni Paolo II alla presenza di oltre 300 mila fedeli.

Preghiamo: Dona al tuo popolo, o Padre, di vivere sempre nella venerazione e nell’amore per il tuo santo nome, poiché tu non privi mai della tua guida coloro che hai stabilito sulla roccia del tuo amore. Per il nostro Signore Gesù Cristo…

 

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