giugno, meditazioni

25 Giugno 2019

25 Giugno 2019 – Martedì, XII del Tempo Ordinario – (Gen 13,2.5-18; Sal 14[15]; Mt 7,6.12-14) – I Lettura: A causa delle numerose greggi, si rischiava una guerra intestina tra i mandriani di Lot e quelli di Abram. Decidono di dividersi e Abram lascia la scelta del territorio a Lot che prende le fertili terre della valle, lasciando allo zio le alture desertiche. Nel brano che segue, si no-ta la differenza tra Lot e Abram: il primo prende le decisioni per convenienza; il secondo lascia che a guidarlo sia Dio. Vangelo: Due virtù oggi forse un po’ neglette: la prudenza e la carità, cioè l’amore puro e disinteressato. Le cose sante sono gli alimenti santificati per essere stati offerti nel tempio (cfr. Es 22,30; Lv 22,14); la perla è la dottrina preziosa e santa che Israele custodisce gelosamente; i cani e i porci, animali immondi per la Legge giudaica, sono i pagani, quelli che non appartengono al popolo d’Israele. Quindi prudenza nel mettere in mano a chi deride e a chi è ostile le cose sante di Dio.

Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro Dal Vangelo secondo Matteo: In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non date le cose sante ai cani e non gettate le vostre perle davanti ai porci, perché non le calpestino con le loro zampe e poi si voltino per sbranarvi. Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la Legge e i Profeti. Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che vi entrano. Quanto stretta è la porta e angusta la via che conduce alla vita, e pochi sono quelli che la trovano!».

Riflessione: «Lot scelse per sé tutta la valle del Giordano e trasportò le tende verso oriente». Oggi partiamo dalla prima lettura proposta dalla Liturgia della Parola. Abramo e Lot, suo parente, hanno grandi ricchezze di mandrie al punto che cibo e acqua non bastano più per tutti e decidono quindi di separarsi per il bene di entrambi. Abramo lascia la scelta a Lot il quale sceglie la valle del Giordano vedendo in essa maggiori ricchezze di scorte e facilità di espansione. Ma quando giunge, vi trova in essa ogni sorta di malcostume, peccato e immoralità. Ci soffermiamo a contemplare questo episodio in quanto esso è la manifestazione concreta di quanto affermato da Gesù nel Vangelo odierno: «… larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione». Lot non fa una scelta di peccato ma di comodo, eppure in quella scelta trova la via del peccato: così anche noi, spesso non facciamo scelte necessariamente peccaminose o immorali, ma scegliendo le vie facili e spaziose, le vie del mondo, le vie del compromesso, le vie che ci allontanano da una sana disciplina, da una via di ascesi, in esse vi troviamo il fermento del disordine, ci ritroviamo incastrati in strutture di peccato. Non pensiamo a chissà quali cose gravi: basta essere leggeri nelle scelte delle amicizie per poi ritrovarsi immersi in discorsi pieni di parolacce, bestemmie, doppi sensi… basta poco per ritrovarsi condizionati in situazioni che ci fanno arrendere al peccato.

La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: Quanto stretta è la porta e angusta la via che conduce alla vita – CCC 1696: La via di Cristo “conduce alla vita”, una via opposta “conduce alla perdizione” (Mt 7,13). La parabola evangelica delle due vie è sempre presente nella catechesi della Chiesa. Essa sta ad indicare l’importanza delle decisioni morali per la nostra salvezza.

La porta stretta – Giovanni Paolo II (Omelia, 24 Agosto 1980): La porta stretta è anzitutto l’accettazione umile, nella fede pura e nella fiducia serena, della parola di Dio, delle sue prospettive sulle nostre persone, sul mondo e sulla storia; è l’osservanza della legge morale, come manifestazione della volontà di Dio, in vista di un bene superiore che realizza la nostra vera felicità; è l’accettazione della sofferenza come mezzo di espiazione e di redenzione per sé e per gli altri, e quale espressione suprema di amore; la porta stretta è, in una parola, l’accoglienza della mentalità evangelica, che trova nel discorso della montagna la più pura enucleazione. Bisogna, insomma, percorrere la via tracciata da Gesù e passare per quella porta che è egli stesso: “Io sono la porta; se uno entra attraverso di me sarà salvo” (Gv 10,9). Per salvarsi bisogna prendere come lui la nostra croce, rinnegare noi stessi nelle nostre aspirazioni contrarie all’ideale evangelico e seguirlo nel suo cammino: “Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua” (Lc 9,23).

Camminiamo allora sulla via che conduce alla vita – Benedetto XVI (Omelia, 22 Marzo 2008): Gesù appare come il nuovo Pastore, quello definitivo che porta a compimento ciò che Mosè aveva fatto: Egli ci conduce fuori dalle acque mortifere del mare, fuori dalle acque della morte. Possiamo in questo contesto ricordarci che Mosè dalla madre era stato messo in un cestello e deposto nel Nilo. Poi, per la provvidenza di Dio, era stato tirato fuori dall’acqua, portato dalla morte alla vita, e così – salvato egli stesso dalle acque della morte – poteva condurre gli altri facendoli passare attraverso il mare della morte. Gesù è per noi disceso nelle acque oscure della morte. Ma in virtù del suo sangue, ci dice la Lettera agli Ebrei, è stato fatto tornare dalla morte: il suo amore si è unito a quello del Padre e così dalla profondità della morte Egli ha potuto salire alla vita. Ora eleva noi dalla morte alla vita vera. Sì, è ciò che avviene nel Battesimo: Egli ci tira su verso di sé, ci attira dentro la vera vita. Ci conduce attraverso il mare spesso così oscuro della storia, nelle cui confusioni e pericoli non di rado siamo minacciati di sprofondare. Nel Battesimo ci prende come per mano, ci conduce sulla via che passa attraverso il Mar Rosso di questo tempo e ci introduce nella vita duratura, in quella vera e giusta. Teniamo stretta la sua mano! Qualunque cosa succeda o ci venga incontro, non abbandoniamo la sua mano! Camminiamo allora sulla via che conduce alla vita.

La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: La virtù sta sempre all’erta – «Non deve sembrare né strano né fuor di luogo se, chi va per una via stretta, si sente schiacciare. È proprio della virtù che sia piena di fatiche, sudori, insidie e pericoli. Però, se questo è il cammino, poi verranno la corona, il premio e beni arcani, che non avranno fine. Consolati, dunque, con questo pensiero: le gioie e avversità di questa vita scorrono insieme con la vita presente e con essa finiscono. Nessuna gioia, quindi, gonfi vanamente il tuo cuore, ma neppure nessuna avversità ti avvilisca. Il buon timoniere non cessa d’essere vigilante se il mare è tranquillo, e non si conturba, quando la tempesta imperversa» (San Giovanni Crisostomo).

Silenzio / Preghiera / La tua traccia: Entrate per la porta stretta – Papa Francesco (Angelus, 25 Agosto 2013): Che cosa vuol dire Gesù? Qual è la porta per la quale dobbiamo entrare? E perché Gesù parla di una porta stretta? L’immagine della porta ritorna varie volte nel Vangelo e richiama quella della casa, del focolare domestico, dove troviamo sicurezza, amore, calore. Gesù ci dice che c’è una porta che ci fa entrare nella famiglia di Dio, nel calore della casa di Dio, della comunione con Lui. Questa porta è Gesù stesso (cfr. Gv 10,9). Lui è la porta. Lui è il passaggio per la salvezza. Lui ci conduce al Padre. E la porta che è Gesù non è mai chiusa, questa porta non è mai chiusa, è aperta sempre e a tutti, senza distinzione, senza esclusioni, senza privilegi. Perché, sapete, Gesù non esclude nessuno. Qualcuno di voi forse potrà dirmi: “Ma, Padre, sicuramente io sono escluso, perché sono un gran peccatore: ho fatto cose brutte, ne ho fatte tante, nella vita”. No, non sei escluso! Precisamente per questo sei il preferito, perché Gesù preferisce il peccatore, sempre, per perdonarlo, per amarlo. Gesù ti sta aspettando per abbracciarti, per perdonarti. Non avere paura: Lui ti aspetta. Animati, fatti coraggio per entrare per la sua porta. Tutti sono invitati a varcare questa porta, a varcare la porta della fede, ad entrare nella sua vita, e a farlo entrare nella nostra vita, perché Lui la trasformi, la rinnovi, le doni gioia piena e duratura. Al giorno d’oggi passiamo davanti a tante porte che invitano ad entrare promettendo una felicità che poi noi ci accorgiamo che dura un istante soltanto, che si esaurisce in se stessa e non ha futuro. Ma io vi domando: noi per quale porta vogliamo entrare? E chi vogliamo far entrare per la porta della nostra vita? Vorrei dire con forza: non abbiamo paura di varcare la porta della fede in Gesù, di lasciarlo entrare sempre di più nella nostra vita, di uscire dai nostri egoismi, dalle nostre chiusure, dalle nostre indifferenze verso gli altri. Perché Gesù illumina la nostra vita con una luce che non si spegne più. Non è un fuoco d’artificio, non è un flash! No, è una luce tranquilla che dura sempre e ci da pace. Così è la luce che incontriamo se entriamo per la porta di Gesù. Certo quella di Gesù è una porta stretta, non perché sia una sala di tortura. No, non per quello! Ma perché ci chiede di aprire il nostro cuore a Lui, di riconoscerci peccatori, bisognosi della sua salvezza, del suo perdono, del suo amore, di avere l’umiltà di accogliere la sua misericordia e farci rinnovare da Lui. Gesù nel Vangelo ci dice che l’essere cristiani non è avere un’«etichetta»! Io domando a voi: voi siete cristiani di etichetta o di verità? E ciascuno si risponda dentro! Non cristiani, mai cristiani di etichetta! Cristiani di verità, di cuore. Essere cristiani è vivere e testimoniare la fede nella preghiera, nelle opere di carità, nel promuovere la giustizia, nel compiere il bene. Per la porta stretta che è Cristo deve passare tutta la nostra vita. Alla Vergine Maria, Porta del Cielo, chiediamo che ci aiuti a varcare la porta della fede, a lasciare che il suo Figlio trasformi la nostra esistenza come ha trasformato la sua per portare a tutti la gioia del Vangelo.

Santo del giorno: 25 Giugno – San Guglielmo di Montevergine (da Vercelli) Abate: “Guglielmo di Montevergine era nato a Vercelli nel 1085 da nobile famiglia. Divenuto monaco, decise di recarsi in Palestina. Lungo il cammino si fermò in Irpinia dove fondò la Congregazione Benedettina di Montevergine, con caratteristiche cenobitiche. Sentendo il bisogno di solitudine, nominò il suo successore nella Congregazione, che abbandonò per poi fondare altri monasteri, fra cui quello di San Salvatore, diviso in due parti destinate rispettivamente ai religiosi e alle religiose. La sua opera infaticabile lo portò ancora più lontano verso Rocca San Felice, Foggia e Troia. L’ideale di vita ascetica da lui proposto, sostanzialmente legato alla Regola benedettina, faceva parte del movimento spirituale che cercava una Regola più pura e dava maggior spazio alla preghiera e alla contemplazione. Morì a Goleto, in Irpinia, il 24 giugno 1142” (Avvenire).

Preghiamo: Dona al tuo popolo, o Padre, di vivere sempre nella venerazione e nell’amore per il tuo santo nome, poiché tu non privi mai della tua guida coloro che hai stabilito sulla roccia del tuo amore. Per il nostro…

 

Leave a Comment

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *