giugno, liturgia

4 Giugno 2019

4 Giugno 2019 – Martedì, VII settimana di Pasqua – (At 20,17-27; Sal 67[68]; Gv 17,1-11a) – I Lettura: Paolo ormai alla conclusione del suo terzo viaggio Apostolico, sta tornando a Gerusalemme. Durante la sosta ad Èfeso l’apostolo convoca gli anziani per un saluto. Il discorso che rivolge loro ha la forma di un “testamen-to”, come quello rivolto a Timòteo nella seconda lettera. Paolo avverte un’atmosfera insolitamente cupa, con presagi minacciosi sul suo incerto futuro. Solo un fiducioso abbandono alla fedeltà del Signore dona squarci di sereno al suo animo. Vangelo: La preghiera di Cristo ha tutti i segni di un commiato: sta per lasciare i suoi e vuole perciò, nel dare loro la suprema testimonianza di amore con il dono della vita, affidarli al Padre celeste perché li custodisca dal maligno e perché siano capaci di dare una continua testimonianza di unità nella perfezione dell’amore. Siamo certi che questa accorata invocazione continua a risuonare in cielo per la Chiesa tutta.

Padre, glorifica il Figlio tuo Dal Vangelo secondo Giovanni: In quel tempo, Gesù, alzàti gli occhi al cielo, disse: «Padre, è venuta l’ora: glorifica il Figlio tuo perché il Figlio glorifichi te. Tu gli hai dato potere su ogni essere umano, perché egli dia la vita eterna a tutti coloro che gli hai dato. Questa è la vita eterna: che conoscano te, l’unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo. Io ti ho glorificato sulla terra, compiendo l’opera che mi hai dato da fare. E ora, Padre, glorificami davanti a te con quella gloria che io avevo presso di te prima che il mondo fosse. Ho manifestato il tuo nome agli uomini che mi hai dato dal mondo. Erano tuoi e li hai dati a me, ed essi hanno osservato la tua parola. Ora essi sanno che tutte le cose che mi hai dato vengono da te, perché le parole che hai dato a me io le ho date a loro. Essi le hanno accolte e sanno veramente che sono uscito da te e hanno creduto che tu mi hai mandato. Io prego per loro; non prego per il mondo, ma per coloro che tu mi hai dato, perché sono tuoi. Tutte le cose mie sono tue, e le tue sono mie, e io sono glorificato in loro. Io non sono più nel mondo; essi invece sono nel mondo, e io vengo a te».

Riflessione: «Questa è la vita eterna: che conoscano te, l’unico vero Dio, e colui che hai mandato». Conoscere il Dio di Gesù Cristo, conoscere il Figlio e lo Spirito Santo, conoscerli non solo con la mente ma anche con il cuore, conoscerli essendo in comunione con loro, conoscerli in modo da dimenticare tutto il resto: questa è la vita eterna. Il resto appartiene alle cose che passano, all’infinita vanità del tutto, a ciò che non ha consistenza, a ciò che ha vita effimera, a cui non vale la pena aggrapparsi. Contempliamo Gesù che, dopo aver parlato con gli Apostoli, ora alza gli occhi al cielo e inizia questo colloquio ad alta voce con il Padre. Una preghiera densa, intima, profonda, ma al contempo semplice e familiare. Contempliamo i discepoli che, turbati dalle parole del Maestro ma rassicurati dalla promessa della sua finale vittoria, ora rimangono in silenzio ad ascoltare questo mistico dialogo tra il Padre e il Figlio. Quante volte hanno visto questo sguardo fisso in alto, quante volte hanno assaporato la solennità di questi dialoghi altissimi! «Insegnaci a pregare» (Lc 11,1), avevano già esclamato i discepoli. Ora, nelle parole del Cristo, è come se fossero immersi in questo fiume di grazia che scorre dalle labbra e dal cuore di Gesù, dalla sua preghiera, dalla sua offerta. E Gesù, pregando, ci insegna che tutta la nostra vita si riassume nell’unica cosa davvero importante: conoscere Dio.

La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: Padre, è venuta l’ora: glorifica il Figlio tuo… – Benedetto XVI (Angelus, 29 Marzo 2009): Sì! Sta per giungere l’ora della glorificazione del Figlio dell’uomo, ma questo comporterà il passaggio doloroso attraverso la passione e la morte in croce. Solo così infatti si realizzerà il piano divino della salvezza che è per tutti, giudei e pagani. Tutti sono infatti invitati a far parte dell’unico popolo della nuova e definitiva alleanza. In questa luce, comprendiamo anche la solenne proclamazione con cui si chiude il brano evangelico: “E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me” (Gv 12,32), come pure il commento dell’Evangelista: “Diceva questo per indicare di quale morte doveva morire” (Gv 12,33). La croce: l’altezza dell’amore è l’altezza di Gesù e a quest’altezza Egli attira tutti.

È venuta l’ora – CCC 730: Gesù consegna il suo spirito nelle mani del Padre nel momento in cui con la sua morte vince la morte, in modo che, “risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre” (Rm 6,4), egli dona subito lo Spirito Santo “alitando” sui suoi discepoli. A partire da questa Ora, la missione di Cristo e dello Spirito diviene la missione della Chiesa: “Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi” (Gv 20,21).

Tu gli hai dato potere su ogni essere umano, perché egli dia la vita eterna a tutti coloro che gli hai dato – Benedetto XVI (Messaggio, 28 Maggio 2010): Ma cos’è la “vita eterna”… Ce lo illustra Gesù, quando, rivolto ai suoi discepoli, afferma: “Vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno potrà togliervi la vostra gioia” (Gv 16,22). Sono parole che indicano una proposta esaltante di felicità senza fine, della gioia di essere colmati dall’amore divino per sempre. Interrogarsi sul futuro definitivo che attende ciascuno di noi dà senso pieno all’esistenza, poiché orienta il progetto di vita verso orizzonti non limitati e passeggeri, ma ampi e profondi, che portano ad amare il mondo, da Dio stesso tanto amato, a dedicarci al suo sviluppo, ma sempre con la libertà e la gioia che nascono dalla fede e dalla speranza. Sono orizzonti che aiutano a non assolutizzare le realtà terrene, sentendo che Dio ci prepara una prospettiva più grande, e a ripetere con Sant’Agostino: “Desideriamo insieme la patria celeste, sospiriamo verso la patria celeste, sentiamoci pellegrini quaggiù” (Commento al Vangelo di San Giovanni). Tenendo fisso lo sguardo alla vita eterna, il Beato Pier Giorgio Frassati, morto nel 1925 all’età di 24 anni, diceva: “Voglio vivere e non vivacchiare!” e sulla foto di una scalata, inviata ad un amico, scriveva: “Verso l’alto”, alludendo alla perfezione cristiana, ma anche alla vita eterna. Cari giovani, vi esorto a non dimenticare questa prospettiva nel vostro progetto di vita: siamo chiamati all’eternità. Dio ci ha creati per stare con Lui, per sempre. Essa vi aiuterà a dare un senso pieno alle vostre scelte.

La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: “Chi possiede un cuore puro, secondo la verace testimonianza del Signore, vede Dio [cfr. Mt 5,8], riscuotendone una conoscenza sempre proporzionale alle proprie facoltà; a quanto, cioè, egli stesso sia all’altezza di recepire. Ora la divinità, da parte sua, ha la proprietà d’essere infinita e indeterminata, giacché trascende qualsivoglia limite intelligibile. Ciò che è insofferente di confini quanto alla grandezza della gloria, infatti, conformemente all’attestazione del Profeta, va considerato, da qualsiasi punto di vista, sempre nella medesima altezza. Similmente, anche il grande Davide, compiendo nel cuore le sue belle ascensioni e salendo sempre più in alto, se ne uscì esclamando: «Signore, tu sei l’Altissimo in eterno!». Orbene, con siffatta espressione, come io ritengo, egli intendeva significare che, nel corso dell’eterno avvicendamento del tempo, colui che si eleva verso di te, trascende di continuo le dimensioni e l’altezza che gli sono proprie, crescendo di volta in volta, in virtù della sua benefica ascensione, proporzionalmente ai propri limiti. Tu, però, sei l’Altissimo, eterno, né può accadere che tu venga mai scorto al di sotto di coloro che salgono, dal momento che, in rapporto ad essi, ti trovi sempre più in alto di quanti ascendono con le loro forze” (Gregorio di Nissa).

Silenzio / Preghiera / La tua traccia: “Non ritengo in nessun modo preziosa la mia vita, purché conduca a termine la mia corsa e il servizio che mi fu affidato dal Signore Gesù, di dare testimonianza al vangelo della grazia di Dio. E ora, ecco, io so che non vedrete più il mio volto, voi tutti tra i quali sono passato annunciando il Regno. Come vivere questa Parola? In questa frase è l’apostolo, l’uomo che, chiamato da Cristo, ha consacrato tutta la sua vita alla causa del vangelo. Cristo, l’avvento del suo Regno, la diffusione del suo messaggio di amore, è il tutto che assorbe i suoi interessi, il resto, come dichiarerà egli stesso, a confronto è ritenuto spazzatura. Un atteggiamento disfattista, carico di disprezzo per le altre realtà? Leggendo attentamente Paolo non si direbbe. Egli parla con un giustificato orgoglio delle sue origini e del suo passato di integerrimo fariseo, pieno di zelo per Dio. Ma tutto questo non regge al confronto con l’esperienza di Cristo. Conquistato dal suo amore, folgorato dalla sua luce, egli non può più tacere. È ben cosciente che quanto ha ricevuto non è un bene ad uso privato: egli è solo depositario di un dono destinato a tutti gli uomini. Non ha il diritto di sottrarsi al compito, talvolta ingrato, di farsene latore. Ed eccolo, docile allo Spirito, farsi tutto a tutti, affrontare rifiuti, persecuzioni e la stessa morte, perché si realizzi il desiderio del Padre: che tutti siano salvi. È la stessa carità di Cristo che lo spinge sulle vie dell’apostolato, quelle stesse vie che oggi si schiudono dinanzi ai passi di ogni battezzato perché la Parola continui a fecondare la storia, fugandone le tenebre che ancora tentano di avvilupparlo. Oggi, nella mia pausa contemplativa, invocherò dallo Spirito Santo il coraggio di testimoniare Cristo, anche se questo mi richiedesse di pagare di persona. Donami, Signore, il coraggio di non trattenere per me il tuo dono d’amore, ma di portarlo ai fratelli che, forse inconsapevolmente, ne sono assetati” (Eremo San Biagio).

Santo del giorno: 4 Giugno – San Francesco Caracciolo, Sacerdote: Si chiamava Ascanio Caracciolo e aveva il recapito presso la Congregazione dei Bianchi della Giustizia, che si dedicava all’assistenza dei condannati a morte, dove operava anche un altro sacerdote suo omonimo. Un giorno giunse una lettera, scritta dal genovese Agostino Adorno e da Fabrizio Caracciolo, abate di Santa Maria Maggiore di Napoli. I due si rivolgevano ad Ascanio Caracciolo – ma a quale dei due? – per chiedergli di collaborare alla fondazione di un nuovo Ordine, quello dei Chierici Regolari Minori. Il postino recapitò la lettera al giovane sacerdote, nato il 13 ottobre 1563 a Villa Santa Maria di Chieti e trasferitosi a Napoli a ventidue anni di età per completarvi gli studi teologici. All’eremo di Camaldoli scrisse la Regola, approvata poi nel 1588. L’anno dopo Ascanio emetteva i voti religiosi assumendo il nome di Francesco. Nel 1593 la piccola Congregazione tenne il primo capitolo generale e Francesco dovette accettare per obbedienza la carica di preposito generale. Intanto la congregazione approdava a Roma, alla chiesa di Sant’Agnese in piazza Navona. Francesco morì il 4 giugno 1608.

Preghiamo: Padre onnipotente e misericordioso, fa’ che lo Spirito Santo venga ad abitare in noi e ci trasformi in tempio della sua gloria. Per il nostro Signore Gesù Cristo…

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