maggio, meditazioni

28 Maggio 2019

28 Maggio 2019 – Martedì, VI settimana di Pasqua – (At 16,22-34; Sal 137[138]; Gv 16,5-11) – I Lettura: A differenza di Lidia, gli abitanti di Filippi rifiutano l’annuncio del Vangelo e, dopo aver fatto fustigare Paolo e Sila, li gettano in prigione. Il comportamento dei due missionari è esemplare, non danno alcun segno di sfiducia o ripiegamento su se stessi: lodano Dio nel cuore della notte e lo Spirito di Dio agisce potentemente per liberarli e suscita la conversione del loro carceriere. La sfiducia incatena lo Spirito, la lode, invece, gli permette di agire con potenza. Vangelo: “Dal punto di vista dei discepoli la partenza di Cristo è una perdita, mentre dal punto di vista di Cristo, è un arricchimento per la comunità apostolica. Gli Apostoli non possono capire ancora; resteranno nell’ignoranza dei segreti di Dio, fino a quando non verrà lo Spirito a Pentecoste. Il loro errore è quello di giudicare con i loro criteri umani, il disegno di Dio che si sviluppa nella vita e nel ministero di Gesù. Per la loro umana sensibilità, rimanere accanto a Cristo, a tempo indeterminato, è la massima beatitudine pensabile; ma il Padre vuole dare loro molto di più: nel momento in cui Dio sottrae il Cristo storico dalla loro vista, in forza dello Spirito fa del gruppo apostolico un altro Cristo” (E. Cuffaro).

Se non me ne vado, non verrà a voi il Paráclito Dal Vangelo secondo Giovanni: In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Ora vado da colui che mi ha mandato e nessuno di voi mi domanda: “Dove vai?”. Anzi, perché vi ho detto questo, la tristezza ha riempito il vostro cuore. Ma io vi dico la verità: è bene per voi che io me ne vada, perché, se non me ne vado, non verrà a voi il Paráclito; se invece me ne vado, lo manderò a voi. E quando sarà venuto, dimostrerà la colpa del mondo riguardo al peccato, alla giustizia e al giudizio. Riguardo al peccato, perché non credono in me; riguardo alla giustizia, perché vado al Padre e non mi vedrete più; riguardo al giudizio, perché il principe di questo mondo è già condannato».

Riflessione: «Quando sarà venuto, dimostrerà la colpa del mondo riguardo al peccato, alla giustizia e al giudizio». Gesù annuncia la venuta dello Spirito Santo come dono ultimo e definitivo di Dio, scaturito dal costato di Cristo morente, dagli infiniti meriti della sua morte e risurrezione. La luce dello Spirito Santo rivelerà la verità del mondo, il suo errore, la sua definitiva nullità, mentre farà emergere la grandezza e la bellezza del Vangelo di Cristo, la verità della sua Rivelazione e la giustizia del suo definitivo giudizio. Tutto questo si attua pienamente con il dono dello Spirito alla Chiesa nel giorno di Pentecoste: quanti sono condannati dal mondo ne diventano i giudici; quanti sono perseguitati da esso, ne diventano i corredentori; quanti ne sono impoveriti diventano la risorsa preziosa per mezzo della quale giunge ogni benedizione e ricchezza. Questo è ben espresso da san Paolo il quale in una sua Lettera così si esprime: «In ogni cosa ci presentiamo come ministri di Dio con molta fermezza: nelle tribolazioni, nelle necessità, nelle angosce, nelle percosse, nelle prigioni…» (2Cor 6,4-10).

La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: Ora vado da colui che mi ha mandato e nessuno di voi mi domanda: “Dove vai?” – Giovanni Paolo II (Regina Coeli, 4 Maggio 1986): Le parole di Cristo pronunciate alla vigilia della passione e della morte di croce assumono intera pienezza di significato nel momento in cui la Chiesa si prepara alla dipartita di Cristo nel 40° giorno dopo la risurrezione. Questo giorno è ormai vicino. Ed è vicina quella gioia della quale parla Gesù ai suoi discepoli in quel giorno, nel cenacolo, prima della sua passione: “la vostra afflizione si cambierà in gioia” (Gv 16,20). Sarà la gioia per la nascita della Chiesa. La tristezza per la dipartita di Cristo si cambierà proprio in questa gioia, quando gli apostoli sperimenteranno – nel giorno della Pentecoste – che è in loro la forza dello Spirito di Verità, che consente loro – al di sopra di ogni riguardo umano e dell’intera debolezza umana – di testimoniare il Crocifisso risorto. Insieme con la venuta dello Spirito Santo si inizierà nella storia dell’umanità il tempo della Chiesa, in cui continua a maturare la pienezza dei tempi, iniziata sulla terra col Cristo, concepito per opera dello Spirito Santo e nato dalla Vergine, il cui nome era Maria.

Lo Spirito Santo dimora nella Chiesa e nel cuore dei fedeli come in un tempio – Lumen Gentium 4: Compiuta l’opera che il Padre aveva affidato al Figlio sulla terra (cfr. Gv 17,4), il giorno di Pentecoste fu inviato lo Spirito Santo per santificare continuamente la Chiesa e affinché i credenti avessero così attraverso Cristo accesso al Padre in un solo Spirito (cfr. Ef 2,18). Questi è lo Spirito che dà la vita, una sorgente di acqua zampillante fino alla vita eterna (cfr. Gv 4,14; 7,38-39); per mezzo suo il Padre ridà la vita agli uomini, morti per il peccato, finché un giorno risusciterà in Cristo i loro corpi mortali (cfr. Rm 8,10-11). Lo Spirito dimora nella Chiesa e nei cuori dei fedeli come in un tempio (cfr. 1Cor 3,16; 6,19) e in essi prega e rende testimonianza della loro condizione di figli di Dio per adozione (cfr. Gal 4,6; Rm 8,15-16; 8,26). Egli introduce la Chiesa nella pienezza della verità (cfr. Gv 16,13), la unifica nella comunione e nel ministero, la provvede e dirige con diversi doni gerarchici e carismatici, la abbellisce dei suoi frutti (cfr. Ef 4,11-12; 1Cor 12,4; Gal 5,22). Con la forza del Vangelo la fa ringiovanire, continuamente la rinnova e la conduce alla perfetta unione col suo Sposo. Poiché lo Spirito e la sposa dicono al Signore Gesù: «Vieni» (cfr. Ap 22,17). Così la Chiesa universale si presenta come «un popolo che deriva la sua unità dall’unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo».

Lo Spirito Santo dimostrerà la colpa del mondo… – Giovanni Paolo II (Udienza Generale, 24 Maggio 1989): Spirito di verità, paraclito, è colui che, secondo la Parola di Cristo, “convincerà il mondo quanto al peccato, alla giustizia e al giudizio” (Gv 16,8). È significativa la spiegazione che Gesù stesso dà di queste parole: peccato, giustizia e giudizio. “Peccato” significa soprattutto la mancanza di fede incontrata da Gesù tra “i suoi”, quelli cioè del suo popolo, i quali giunsero sino alla sua condanna a morte sulla Croce. Parlando poi della “giustizia”, Gesù sembra aver in mente quella giustizia definitiva, che il Padre gli renderà (… perché vado al Padre) nella Risurrezione e nell’Ascensione al cielo. In questo contesto, “giudizio” significa che lo Spirito di verità dimostrerà la colpa del “mondo” nel rifiutare Cristo, o, più generalmente, nel voltare le spalle a Dio. Poiché però il Cristo non è venuto nel mondo per giudicarlo e condannarlo, ma per salvarlo, in realtà anche quel “convincere quanto al peccato” da parte dello Spirito di verità deve essere inteso come un intervento orientato alla salvezza del mondo, al bene finale degli uomini. Il “giudizio” si riferisce soprattutto al “principe di questo mondo”, cioè a Satana. Egli infatti sin dall’inizio tenta di volgere l’opera della creazione contro l’alleanza e l’unione dell’uomo con Dio: scientemente si oppone alla salvezza. Perciò è “già stato giudicato” sin dall’inizio, come ho spiegato nell’enciclica Dominum et Vivificantem, (n. 27).

La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: Preghiera per la preservazione della fede – «Conserva incontaminato in me, ti prego, questo rispetto assoluto per la mia fede e fino alla dipartita del mio spirito dona alla mia coscienza di proclamarla, affinché possa ottenere per sempre quello che ho professato nel simbolo, quando fui battezzato nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo; cioè che adori te, nostro Padre, e insieme con te il Figlio tuo; che meriti lo Spirito Santo tuo che esiste da te per mezzo del tuo Unigenito. È infatti per me testimone pienamente attendibile di questa fede colui che dice: Padre, tutto ciò che è mio è tuo e tutto ciò che è tuo è mio [Gv 17,10]; cioè il mio Signore Gesù Cristo: che resta in te, da te e presso te Dio in eterno: che è benedetto nei secoli dei secoli. Amen» (Ilario di Poitiers).

Silenzio / Preghiera / La tua traccia: “È bene, dice, che io me ne vada, altrimenti non arriva lo Spirito. Cioè proprio il suo andarsene, il suo dar la vita sulla Croce, è il mezzo con il quale lui ci dona la sua vita, il suo Spirito, il suo amore e ce lo dona totalmente e quindi possiamo vivere di questo amore. Quindi capire che il suo andarsene è bene per lui, perché ritorna al Padre, ed è bene per noi, perché riceviamo lo Spirito del Figlio è il tema del brano. Ed è un brano di conforto rivolto ai discepoli che verranno dopo, perché il brano è scritto come se ormai Gesù fosse andato: Queste cose vi ho dette, quando io ero ancora con voi. Come se non fosse più tra noi. Ma adesso non è più tra noi, è assente. E allora, invece di essere tristi per la sua assenza, qui si completa in questo testo, il suo nuovo tipo di presenza, che sarà la sua presenza definitiva nel mondo. Dio nessuno mai l’ha visto, Gesù ce l’ha mostrato, nessuno più lo vede. Se uno vuol vedere Dio che è  Padre, deve guardare il volto dei fratelli. Dove trova dei fratelli che hanno lo Spirito del Figlio, lì c’è il Padre, e si vede il Padre. Allora, praticamente, l’assenza di Gesù comincia la storia della vita nello Spirito, della vita dei figli e dei fratelli. E quindi questo Spirito testimonierà a noi che cosa? Testimonierà a noi che significato ha avuto la partenza di Gesù, perché capiremo cosa ci ha donato con la sua partenza. E poi farà sì che noi sappiamo testimoniare al mondo questo stesso amore. Praticamente la partenza di Gesù è l’inizio della storia della chiesa. Il tempo che c’è tra la sua andata e il suo ritorno è il nostro tempo in cui noi percorriamo il suo stesso cammino. Quindi diventiamo adulti. È lo stacco che ci fa nascere e diventare adulti. E se lui non se ne va, questo non capita” (P. Filippo Clerici e P. Silvano Fausti, Vangelo di Giovanni).

Santo del giorno: 28 Maggio – Beata Maria Bartolomea Bagnesi, Domenicana: “La fiorentina Maria Bartolomea Bagnesi trascorse gran parte dell’esistenza immobilizzata a letto dalla malattia. Dopo morta, compì un miracolo in favore di un’altra donna che sarebbe divenuta santa dopo aver vissuto anche lei nella sofferenza, Maria Maddalena de’ Pazzi (che di poco la precede nel calendario, il 25 maggio). Quest’ultima nel 1582 era entrata nel monastero fiorentino delle Carmelitane di Santa Maria degli Angeli, dove Maria Bartolomea era stata sepolta pochi anni prima, nel 1577, e dove ancora oggi si venera il suo corpo incorrotto. La beata era nata nel 1514 e a 18 anni era stata colpita da una grave, misteriosa malattia che si intensificava ogni venerdì, nella Settimana Santa e in varie altre solennità liturgiche. Lei la sopportò con fede. A 33 anni il male le diede una tregua, permettendole di vestire l’abito di Terziaria domenicana. Il culto è stato approvato dal 1804”(Avvenire).

Preghiamo: Esulti sempre il tuo popolo, o Padre, per la rinnovata giovinezza dello spirito, e come oggi si allieta per il dono della dignità filiale, così pregusti nella speranza il giorno glorioso della risurrezione. Per il…

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