Liturgia, maggio

VI Domenica di Pasqua (C) 26 Maggio 2019

Dagli Atti degli Apostoli (15,1-2.22-29) – È parso bene, allo Spirito Santo e a noi, di non imporvi altro obbligo al di fuori di queste cose necessarie: Oltre a mettere in evidenza la comunione ecclesiale, Luca sottolinea con l’espressione – Abbiamo deciso, lo Spirito Santo e noi -, la consapevolezza della assistenza particolarissima dello Spirito Santo nella guida della comunità cristiana dei credenti. La soluzione delle difficoltà generate dai fratelli «venuti dalla Giudea» permette alla gerarchia ecclesiale – apostoli e anziani – di esercitare la sua funzione di guida illuminante e correttiva. Le note peculiari contenute nella lettera pastorale – astenervi dal sangue – sono da addebitare alla sensibilità semitica che vedeva nel sangue il principio della vita e la vita apparteneva a Dio (cfr. Lv 17,14). Ma l’astensione potrebbe essere stata anche dettata «da una pratica precedente, di indicibile crudeltà. Poiché la carne non si conservava, gli appartenenti ad alcune tribù mutilavano un animale, che poi mantenevano in vita fino a quando non avevano bisogno di altra carne. Lo scolare via il sangue impediva tali usi. La proibizione potrebbe anche aver costituito una legge sanitaria per impedire la diffusione di infezioni trasmesse attraverso il sangue» (Ralph Gower).

  Dal libro dell’Apocalisse di san Giovanni apostolo (21,10-14.22-23) – L’Angelo mi mostrò la città santa che scende dal cielo: Il tema del brano apocalittico è la visione della Gerusalemme messianica come simbolo di perfezione. L’angelo che aveva mostrato a Giovanni la visione della grande prostituta Babilonia ora gli mostra in contrapposizione la città santa nella quale risplende la gloria di Dio. Gli elementi della descrizione sono presi dal libro del profeta Ezechiele (40-48). Nella città santa non v’è «alcun tempio» perché il luogo del nuovo culto spirituale (cfr. Gv 4,23-24; Rm 12,1) è ormai il corpo del Cristo immolato e risuscitato.

  Dal Vangelo secondo Giovanni (14,23-29) – Lo Spirito Santo vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto: Gesù nel donare la sua pace promette il dono dello Spirito Santo. Nella Chiesa, avrà la funzione di consolare, di insegnare e donare ai credenti l’intelligenza della Parola. Un’ultima raccomandazione: «Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore». Praticamente, i discepoli devono  avere la certezza che il Maestro, con la sua morte, ha vinto il mondo e nulla potrà separarli dal suo amore (cfr. Gv 16,13; Rm 8,37-38).

Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù disse [ai suoi discepoli]: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato. Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto. Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore. Avete udito che vi ho detto: “Vado e tornerò da voi”. Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre, perché il Padre è più grande di me. Ve l’ho detto ora, prima che avvenga, perché, quando avverrà, voi crediate».

Approfondimento

      Il Libro dell’Apocalisse – (Apocalisse in Schede Bibliche Pastorali, EDB): Per comprendere l’Apocalisse, è necessario tener conto di un certo numero di elementi letterari. Il libro infatti appartiene al genere cosiddetto «apocalittico», del quale anzi è l’esempio più vistoso. Si tratta di una derivazione del genere profetico; si hanno i primi esempi nella apocalisse di Isaia (Is 24-27), in Ezechiele e soprattutto in Daniele.

  Sorta in tempo di persecuzioni, questa letteratura vuol portare conforto ai fedeli, manifestando il piano di Dio e il futuro trionfo del bene sul male. Di fronte al veggente apocalittico, il velo che tiene nascosti i mondi celesti e infernali si squarcia; i tabernacoli celesti, il regno dei morti, gli stessi abissi dell’inferno lasciano intravedere il loro segreto: passato, presente e futuro si lasciano contemplare d’un colpo, abbracciando in un solo sguardo l’universo intero e il destino dei secoli.

  Altra caratteristica della letteratura apocalittica, che avviene sempre per visioni, è l’accumulazione dei simboli. Colori, cifre, personaggi: tutto acquista valore simbolico. Ricordiamo: il bianco (gioia, vittoria, stato celeste); il nero (morte); la corona o la palma (vittoria); il diadema (regalità); l’occhio (conoscenza: i 4 viventi ne sono costellati); corno (potenza: l’Agnello ne ha sette). Fra i numeri: 4 (le 4 parti dell’universo); 7 (pienezza); 10 (quantità considerevole); 12 (cifra del popolo di Dio e di quanto gli si riferisce: 12 tribù; 12 apostoli); 1000 (moltitudine); 144.000 (144 x 1000 = totalità degli eletti).

  San Giovanni ha usato magistralmente questo linguaggio simbolico, col quale ha saputo costruire quadri potenti e armoniosi ad un tempo, dotati di una forza impareggiabile di suggestione. Egli infatti non si attarda sul simbolo in quanto tale; nell’immagine subito si vede l’Agnello nella sua maestà sovrana (cfr. Ap 5,6.8.11.14) o il drago infernale in tutto l’orrore della sua potenza malefica (cfr. Ap 19,19-21) o l’immagine della sposa che eguaglia il sole per il suo splendore (cfr. Ap 12,1).

  Ai cristiani della fine del primo secolo, angustiati dalle persecuzioni ed esposti al pericolo del lassismo morale, l’ultimo apostolo intende rivolgere soprattutto un messaggio di speranza, che si fonda su una triplice certezza: a) che il male è vinto definitivamente per il sacrificio di Cristo, agnello immolato e glorioso; b) che quanti sapranno essere fedeli a Cristo nella prova saranno associati a lui anche nella vittoria; c) che questa vittoria, già operante e resa visibile nella vita della Chiesa, sarà definitiva e totale col ritorno di Cristo glorioso.

  1. a) Con la sua morte e la sua risurrezione, Gesù ha inaugurato i nuovi tempi. Satana è già debellato (Ap 20,7-10), e con lui, sono ormai sconfitti Babilonia (Ap 14,8), la Bestia (Ap 19,19-21) e quanti portano il suo sigillo di perversione (Ap 14,9-11). Secondo le apparenze, la Bestia continua a spadroneggiare; in realtà, però, il suo tempo è contato: tre anni e mezzo (metà sette, il numero della pienezza) a indicare il tempo limitato e precario della storia presente.
  2. b) A coloro invece che, nonostante le persecuzioni, saranno fedeli all’Agnello, è promesso il frutto dell’albero della vita, «la corona della vita», la «manna nascosta», il «nome nuovo», la partecipazione ai beni messianici (Ap 2,10.17.26-28), l’iscrizione sul libro della vita e la protezione di Dio, l’onore di essere una «colonna nel tempio di Dio» nella nuova Gerusalemme, l’intimità con Cristo, la partecipazione al suo convito e l’ammissione al suo trono (Ap 3,5).
  3. c) L’Apocalisse diventa così il canto di trionfo della Chiesa perseguitata, già fin d’ora associata alla vittoria di Cristo risorto.

  I cristiani hanno il diritto e il dovere di essere ottimisti, perché la loro fiducia è fondata su Cristo, pastore sempre presente in mezzo alla sua Chiesa: egli è fra i sette candelabri, ossia fra le comunità cristiane, e le tiene con mano sicura e le dirige e le protegge (le sette stelle) (Ap 1,9-13.17-20).

  Intanto coloro che gli sono fedeli devono soffrire persecuzione (Ap 6,9-11); ma presto verrà il giorno della salvezza e Dio stesso sarà il loro consolatore (Ap 7,14-17; 21,4).

Commento al Vangelo

  Se uno mi ama, osserverà la mia parola – Solo chi ama segue «l’Agnello dovunque vada» (Ap 14,4). L’amore è l’unica chiave di lettura per comprendere il grande mistero della sequela cristiana.

  Il giovane ricco fugge via ricusando la proposta vocazionale del Maestro divino perché amante del denaro, delle ricchezze, del benessere (cfr. Mt 19,16-22). Discepolo del dio mammona non poteva amare il Dio povero: «Nessuno può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza» (Mt 6,24).

  Solo l’amore insegna all’uomo come sovvertire i valori terreni e così entrare a far parte del gregge del Cristo: «Disprezza le ricchezze, se vuoi possedere le ricchezze; sii povero, se vuoi essere ricco… cura le cose dello spirito, per apprendere la mia potenza: fuggi dal giogo e dalla schiavitù delle ricchezze. Fintanto che le tratterrai in tal modo, sarai povero: allorché invece le disprezzerai, sarai doppiamente ricco; e perché ti perverranno da ogni dove, e perché nulla ti mancherà di quanto invece sono carenti i più. Non è infatti il possedere a dismisura che fa ricco, bensì il non mancare di troppe cose» (San Giovanni Crisostomo).

  Solo chi ama ascolta la Parola e a sua volta chi ascolta la Parola è amato dal Padre il quale con il Figlio prende stabile dimora nel credente.

  L’inabitazione divina è una peculiarità del cristianesimo: il credente è la dimora di Dio (cfr. Ef 2,22); è il tempio, il tabernacolo dello Spirito Santo (cfr. 1Cor 3,16); la casa di Cristo (cfr. Ef 3,17). Quindi il cristiano è «il tempio vivente della santissima Trinità. In effetti Gesù vuole rimanere nel cuore dei suoi amici [Gv 15,4ss] e a motivo della sua inscindibile unità con Dio [cfr. Gv 10,30.38; 14,9ss], nel suo soggiorno nell’intimo dei loro cuori non è solo, ma viene con il Padre [Gv 14,23]. Per il quarto evangelista il tempio di Dio per eccellenza nel quale si deve adorare il Padre nello Spirito e nella Verità, è il Verbo incarnato [Gv 2,19ss; 2,23ss]: egli infatti è la rivelazione di Dio, per cui il Padre è visibile nella sua persona [Gv 14,6-10]. Ma anche il suo discepolo, che mostra un amore concreto, vivendo la sua parola, diventa tempio della santissima Trinità» (Salvatore A. Panimolle).

  La parola che il Figlio proclama e che i discepoli ascoltano non è sua, ma del Padre che lo ha mandato (cfr. Gv 14,24); è l’unione ampia e perfetta tra il Padre e il Figlio, è la comunione di potenza: «Io e il Padre siamo una cosa sola» (Gv 10,30).

  Sul finire della sua vita terrena, Gesù promette ai suoi amici il dono dello Spirito Santo (cfr. Gv 15,15): lo Spirito Santo sarà nella vita della Chiesa, e nell’intimo dei credenti, il Consolatore, il Maestro, la memoria.

  Dai testi di Giovanni sullo Spirito Santo si possono rilevare i tratti seguenti: lo Spirito Santo verrà quando Gesù se ne sarà «anda-to» (16,7). Gesù pregherà il Padre ed Egli darà ai discepoli «un altro Consolatore» (14,16.26; 15,26). I discepoli lo conoscono, perché Egli dimora presso di loro e sarà in loro (14,17). Dimorerà in loro (14,17) insegnerà ad essi ogni cosa (14,26) e li guiderà sulla via della verità (16,13). Annunzierà ai discepoli le cose future (16,13). Prenderà da Gesù per dare ai discepoli (16,14), glorificando Gesù (16,14) e rendendo testimonianza di lui, facendo ricordare ai discepoli ciò che Gesù ha fatto e ha detto loro (14,26). Non parlerà da se stesso (16,13), dirà solamente quanto sentirà. Il mondo non lo può accogliere (14,17), non lo vede e non lo conosce (14,17). Lo Spirito darà testimonianza in favore di Gesù di fronte all’incredulità e all’odio del mondo (15,26; 16,8); confuterà il mondo in fatto di peccato, di giustizia e di giudizio (16,8). Dimostrerà ai credenti che il mondo è nel peccato e in errore, e quindi in stato di condanna.

  Gesù dona agli Apostoli la sua pace che è la salvezza escatologica (cfr. Is 52,7): «Gesù fa dono ai suoi discepoli della pace degli ultimi tempi per tutta la durata della storia, quali ne siano le prove» (Alain Marchadour). La pace che Gesù dona ai suoi amici (cfr. Gv 15,15) non è la pace del mondo. La pace che Gesù dona agli Apostoli è sinonimo di gioia, di felicità perfetta, di liberazione: in una parola, è la salvezza; per questo la pace donata da Gesù mette in fuga da ogni cuore turbamenti e inquietudini. In questa prospettiva i credenti non possono cedere allo scoramento o alla paura. La pace di Gesù ha profonde radici nella sua risurrezione: nasce dalla certezza che Gesù ha già vinto il mondo (cfr. Gv 16,33) e con la sua morte ha vinto la morte e «colui che della morte ha il potere, cioè il diavolo e liberare così quelli che, per timore della morte, erano soggetti a schiavitù per tutta la vita» (Eb 2,14).

  All’annuncio della dipartita del loro Maestro, i discepoli, ora, sono nella mestizia, ma gioiranno quando lo contempleranno salire al Cielo (cfr. Lc 24,51-52).

  Il Padre è più grande di me. Per sant’Agostino, il «Padre è più grande per il fatto che il Verbo si è fatto carne». Bisogna, forse, «spiegare questa frase alla luce di Gv 13,16, in cui Gesù afferma che l’inviato “non è più grande di colui che lo ha mandato”. Il Padre è più grande perché tutto viene da lui, tutto va a lui: in particolare l’invio del Figlio e la sua glorificazione» (Alain Marchadour).

  A dei cuori impauriti, ora, Gesù preconizza tali eventi, perché quando si compirà la sua parola possano credere; poi, dopo la sua risurrezione, a dei cuori amanti donerà lo Spirito e con lo Spirito l’amore perfetto (cfr. Rm 5,5).

Riflessione

  Alcuni venuti dalla Giudea – Nel campo della Chiesa ci sarà sempre chi si preoccuperà di seminare la zizzania con l’intento di dividere, di turbare, di sconvolgere gli animi (cfr. Mt 13,24ss). Sempre, nella Chiesa, il grano buono si mescolerà con la zizzania: ci saranno uomini che si voteranno al male e uomini che consacreranno «la loro vita al nome del nostro Signore Gesù Cristo» (At 15,26).

  Essere consacrati al «nome di nostro Signore Gesù Cristo» significa essere votati alla testimonianza della Verità: il cristiano deve innanzi tutto rendere testimonianza alla verità.

  Nel mondo ci saranno sempre coloro che verranno dalla Giudea, i quali, approfittando del buio, invaderanno la vigna del Signore per seminare nel suo campo la zizzania. Il mondo ha odiato Cristo e odia coloro che nel nome di Gesù si oppongono risolutamente al mondo, alla sua filosofia, alla sua morale, al suo dogmatismo. Sacerdoti, suore e religiosi ammazzati; cristiani sgozzati; persecuzioni dove regna il materialismo, il comunismo, l’integralismo religioso; intolleranza lì dove la morale cede al capriccio, alla immoralità, al pervertimento. Uno scenario che ormai è diventato pane quotidiano.

  Nonostante gli altisonanti proclami del guru di turno, la Chiesa deve opporsi risolutamente e discutere animatamente contro costoro. Nonostante l’albagia e la tracotanza di alcuni venuti dalla Giudea, la Chiesa deve continuare a possedere la franchezza del linguag­gio, il dono della libertà, l’amicizia con lo Spirito Santo: «Abbiamo deciso, lo Spirito Santo e noi».

  «Il discepolo di Cristo non deve soltanto custodire la fede e vivere di essa, ma anche professarla, darne testimonianza con franchezza e diffonderla: “Devono tutti essere pronti a confessare Cristo davanti agli uomini, e a seguirlo sulla via della Croce attraverso le persecuzioni, che non mancano mai alla Chiesa”. Il servizio e la testimonianza della fede sono indispensabili per la salvezza: “Chi mi conoscerà davanti agli uomini, anch’io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli, chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini, anch’io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli”» (CCC 1816).

  Nonostante i tanti maestrucoli di verità mondane, la Chiesa deve essere luce, verità. Non può dimenticare la sublime vocazione a cui è chiamata: la Chiesa nelle mani di Cristo è «“strumento della Redenzione di tutti”, “il sacramento universale della salvezza”, attraverso il quale Cristo “svela e insieme realizza il mistero dell’amore di Dio verso l’uomo”» (CCC 776).

  Dunque, Cristiano, non temere ciò che soffri per Cristo… Sii fedele fino alla morte e presto ti sarà donata la corona della vita (cfr. Ap 2,10).

La pagina dei Padri

  L’opera dello Spirito Santo nella Chiesa – Sant’Agostino: «Voi vedete cosa l’anima fa nel corpo. Dà vita a tutte le membra: vede per mezzo degli occhi, ode per mezzo delle orecchie, odora per mezzo delle narici, per mezzo della lingua parla, per mezzo delle mani opera, per mezzo dei piedi cammina: è presente insieme a tutte le membra, perché esse vivano: dà a tutte la vita e a ciascuna il suo compito.

  L’occhio non ode, l’orecchio non vede, e neppure la lingua vede né l’orecchio e l’occhio parlano; eppure vivono: vive l’orecchio, vive la lingua: i compiti sono diversi, la vita è comune.

  Così è la Chiesa di Dio: in alcuni santi compie miracoli, in altri santi dice la verità, in altri custodisce la verginità, in altri ancora custodisce la pudicizia coniugale; in altri santi questo, in altri santi quello: ciascuno compie l’opera propria, ma tutti vivono parimenti.

  E quello che è l’anima per il corpo dell’uomo, lo è lo Spirito Santo per il corpo di Cristo che è la Chiesa: lo Spirito Santo opera in tutta la Chiesa ciò che l’anima opera in tutte le membra di un unico corpo… Se dunque volete vivere di Spirito Santo, conservate l’amore, amate la verità, per raggiungere così l’eternità».

Leave a Comment

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *