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EPIFANIA DEL SIGNORE 6 Gennaio 2019

Epifania del Signore – 6 Gennaio 2019

Dal libro del profeta Isaìa (60,1-6) – La gloria del Signore brilla sopra di te: La pagina biblica, che oggi la liturgia offre alla nostra meditazione, è un messaggio di speranza rivolto al popolo d’Israele, è un messaggio di speranza perché la luce è vicina, ed è un messaggio di speranza per tutti gli uomini perché la luce sta per venire: Àlzati, rivestiti di luce, perché viene la tua luce, la gloria del Signore brilla sopra di te. I tesori del mare vengono dall’ovest, con le navi fenice o greche; le ricchezze dell’oriente e l’Egitto vengono con le carovane attraverso i deserti di Siria e del Sinai. Madian, Efa e Saba sono popoli della Arabia. Gli accenni ai tesori dell’oriente e la prospettiva universalista del versetto 6 (tutti verranno… proclamando le glorie del Signore) hanno portato la liturgia ad applicare questo testo al mistero dell’epifania.

Dal Salmo 71 (72) – Ti adoreranno, Signore, tutti i popoli della terra: giudichi il tuo popolo secondo giustizia e i tuoi poveri secondo il diritto: “I poveri di Dio sono coloro che, abbandonando ogni superbia di questo mondo, si abbandonano completamente all’umiltà. Se un povero è orgoglioso, non è un povero di Dio, e se un ricco ama l’umiltà, non è un ricco di questo mondo. È la volontà che discerne, non il nome” (Cassiodoro).

Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesìni (3,2-3a.5-6 ) – Ora è stato è rivelato che tutte le genti sono chiamate, in Cristo Gesù, a condividere la stessa eredità: Ora è stato rivelato che tutte le genti sono chiamate, in Cristo Gesù, a condividere la stessa eredità: questa volontà di Dio è stata rivelata a Paolo sulla via di Damasco. Egli se ne fa banditore, sentendo intimamente di essere chiamato da Dio ad annunciare ai pagani il Vangelo della salvezza.

Dal Vangelo secondo Matteo (2,1-12) – Siamo venuti dall’oriente per adorare il re: Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo. All’udire questo, il re Erode rimane paralizzato, inchiodato nei suoi sogni di grandezza: i Magi hanno il cuore colmo di una gioia grandissima, il cuore di Erode invece è divorato dalla serpe della follia e concepisce progetti omicidi, e mentendo dice ai Magi: Andate e informatevi accuratamente sul bambino e, quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch’io venga ad adorarlo. Ma in verità cerca il Bambino per ucciderlo. I Magi sono la primizia dei popoli che aderiranno con gioia grandissima alla Chiesa edificandola cattolica, universale, Erode è la profezia del tragico destino che attende il Messia: solo i lontani sanno che Israele ha già il Messia e lo cercano per adorarlo, benché ignorino chi è e dove trovarlo. Il doloroso destino di Cristo Gesù, di essere ignorato da compatrioti e cercato dagli estranei, incomincia a realizzarsi dall’inizio stesso della sua apparizione sulla terra. Manifestazione pubblica e pubblico rifiuto vanno uniti.

Dal Vangelo secondo Matteo

Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme e dicevano: «Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo». All’udire questo, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. Riuniti tutti i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo, si informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Cristo. Gli risposero: «A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta: “E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero l’ultima delle città principali di Giuda: da te infatti uscirà un capo che sarà il pastore del mio popolo, Israele”». Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire da loro con esattezza il tempo in cui era apparsa la stella e li inviò a Betlemme dicendo: «Andate e informatevi accuratamente sul bambino e, quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch’io venga ad adorarlo». Udito il re, essi partirono. Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese.

Approfondimento

Epifania – L’etimologia di Epifania è da cercare nel greco antico: all’origine c’è il verbo epifàino (ἐπιφαίνω) che vuol dire “mi rendo manifesto” e da esso deriva il termine epifàneia (ἐπιφάνεια) che significa manifestazione, apparizione, venuta, presenza divina.

L’«apparizione» di Dio nel mondo produce un cambiamento nella storia, si manifesta nelle vocazioni (Es 3; Is 6,1-13; Ger 1,2-10), nelle promesse (Gn 18; Gdc 13,3ss), specialmente nelle varie stipulazioni del patto (Gn 17,1-4; Es 19,18-20,19); come avvenimento storico l’epi-fania viene datata, localizzata (Es 19,18; Is 6,1; Mc 16,2-8; Lc 24,1; Gv 20,12) ed esperimentata in speciali luoghi: montagne (Es 3; 19; Mc 9,2), mare (Mc 6,48), tenda della rivelazione (Es 40,34), tempio (Is 6).

L’epifania ha il carattere di una chiamata, che conquista l’uomo (Is 6,5; Ger 20,7), suscita in lui timore (Gn 28,17; Mc 6,50; 9,6; Lc 2,9; 24,38; Gv 6,20), richiede da lui una decisione; l’uomo può incontrare Dio in questi casi solo a distanza (Es 3,6; 33,22s; Gdc 6,11ss).

Per mezzo di Cristo si compie l’epifania di Dio in un modo nuovo; essa viene preparata (Lc 1,10ss.28ss; 2,9ss) o convalidata (Mc 16,5par; Gv 20,12) dalle apparizioni angeliche; l’incarnazione di Cristo è un’apparizione nascosta della gloria di Dio (Mc 9,2s; Gv 1,14), che alla fine dei tempi si mostrerà in maniera svelata (Mc 13,26 par); in forza dell’unione con Cristo l’epifania è orientata in modo speciale verso la comunità (Lc 24,30.415s; Gv 20,24-29; lCor 15,5ss). L’epifania di Dio avviene per mezzo dell’annunzio della sua parola ed è equivalente alla parusia di Cristo (1Tm 6,14; 2Tm 4,1-8; Tt 2,13).

Originariamente si chiamavano Magi i membri di una tribù con funzioni sacerdotali, in seguito il nome passò a designare tutti gli indovini. Non si conosce il numero dei Magi che vennero a Betlemme ad adorare il Bambino, non si conosce la loro patria, e il tempo esatto. Qualcuno, partendo dalla stella, ha pensato ad una rara costellazione di stelle, come non era dato osservare per molto tempo prima della nascita di Gesù. Ma l’evangelista Matteo vuole descrivere un’altra cosa; egli parla di una stella che scompare e ricompare per guidare i Magi fino a Betlemme. Nel racconto è storico: il rifiuto e la persecuzione del Messia e dei suoi discepoli da parte di Israele, e non dei pagani; la crudeltà e la malvagità di Erode e la sua preoccupazione per mantenere ben saldo il suo trono; la stella che certamente era qualcosa fuori dall’ordinario. A Betlemme inizia l’avventura del Figlio di Dio, ma anche l’umanità è chiamata a muovere i suoi passi verso il presepe e lì è posta a una scelta: o prostrarsi e adorare il Bambino, o tentare di sopprimerlo. Non vi sono altre soluzioni, non si può essere indifferenti dinanzi al mistero di Dio che si svela nel grembo di una Vergine.

Commento al Vangelo

Al centro della liturgia dell’Epifania del Signore troviamo il tema della nascita di Gesù come luce e salvezza per tutti i popoli. Troviamo un maggiore riscontro tra la prima lettura e il Vangelo dove Is presenta Gerusalemme come meta di tutti i popoli. Essa sembra essere l’immagine della futura Chiesa dove si aduneranno tutte le genti. Bisogna solo ricordare che non è la Chiesa la luce, ma è Cristo, presente in lei, che attrae tutti i popoli. Il punto di congiunzione lo troviamo nella narrazione dei doni portati dai popoli a Gerusalemme, “oro e incenso”, che compaiono anche nelle mani dei Magi, figura dei popoli stranieri, anch’essi chiamati, attratti dal mistero della grotta di Betlemme, desiderosi di adorare il Re dei giudei, intuendo che è anche il loro re.

Nato Gesù a Betlemme di Giudea. Al contrario di Lc 2,1-7, Mt fa solo un breve accenno alla nascita di Gesù. Betlemme era la città natale di Davide, e perciò il racconto della nascita di Gesù riprende il motivo del “Figlio di Davide” di Mt 1, in particolar modo della Genealogia.

Ecco, alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme”. Il termine “mágoi – magi” è noto tanto alla letteratura antica (Erodoto) che a quella biblica. Per l’autore delle Storie i magi erano sacerdoti, astrologi e interpreti di sogni; per l’AT i magi sono stregoni che operano alle corti del faraone e di Nabucodònosor. Il NT, invece, opera una decisa inversione di rotta. I magi, di cui parla esclusivamente l’evangelista Matteo (cap. 2), sono dei pii sapienti, probabilmente di origine e di religione persiana, ai quali è concesso di vedere, riconoscere e adorare il Messia, che è anche figlio di Dio.

Abbiamo visto spuntare la sua stella”. Il motivo della stella deriva più probabilmente dall’oracolo di Balaam (cfr. Nm 24,17) che non da questi fenomeni astrali. La stella di cui parla Balaam non è un astro; lo stesso re che deve venire è la stella che brilla sul mondo e determina le sue sorti. Tuttavia, la connessione tra stella e regalità potrebbe aver suscitato l’idea di una stella, che sarebbe la stella di questo Re e rimanderebbe a Lui.

“Dobbiamo ancora osservare la differenza che l’evangelista Matteo non manca di sottolineare tra il primo e il secondo pellegrinaggio dei Magi, cioè tra il viaggio dall’Oriente a Gerusalemme e quello da Gerusalemme a Betlemme. Nel primo viaggio, essi non conoscono ancora la vera gioia, parola citata dall’evangelista soltanto durante il secondo: «Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima» (Mt 2,10). I Magi scoprono, cioè, la gioia cristiana proprio in questo processo di avvicinamento non alla Parola scritta (primo viaggio), come era accaduto a Gerusalemme (cfr. Mt 2,5-6), ma alla Parola vivente, cioè Cristo in persona. […] Matteo non riporta alcuna perplessità da parte dei Magi nei confronti del re; essi non hanno motivi per non fidarsi. Solo il lettore sa che si tratta di una montatura. […] Va notato, infine, che i Magi «per un’altra strada fecero ritorno al loro paese» (Mt 2,12c). Dopo l’incontro con Cristo, le vie dell’uomo cambiano” (E. Cuffaro).

Riflessione

«Siamo venuti per adorarlo» – Adorare Dio è la prima e fondamentale vocazione di ogni credente. Adorare Dio è riconoscerlo come Creatore e Salvatore, il Padre e Signore di tutto ciò che esiste. «L’a-dorazione è la disposizione fondamentale dell’uomo che si riconosce creatura davanti al suo Creatore. Essa esalta la grandezza del Signore che ci ha creati e l’onnipotenza del Salvatore che ci libera dal male. È la prosternazione dello spirito davanti al “Re della gloria” (Sal 24,9. 10) e il silenzio rispettoso al cospetto del Dio “sempre più grande di noi”. L’adorazione del Dio tre volte santo e sommamente amabile ci colma di umiltà e dà sicurezza alle nostre suppliche” (CCC 2628).

Noi crediamo che Gesù Cristo è sempre presente «nel sacrificio della messa sia nella persona del ministro, “egli che, offertosi una volta sulla croce, offre ancora se stesso per il ministero dei sacerdoti”, sia soprattutto sotto le specie eucaristiche» (SC 7).

«La presenza eucaristica di Cristo ha inizio al momento della consacrazione e continua finché sussistono le specie eucaristiche. Cristo è tutto e integro presente in ciascuna specie e in ciascuna sua parte; perciò la frazione del pane non divide Cristo» (CCC 1377).

L’Eucaristia è l’atto della massima adorazione verso Dio: «Solo al Signore Dio tuo ti prostrerai, lui solo adorerai» (Lc 4,8).

È il grazie più significativo. L’eucaristia è il sacramento della gratitudine, della riconoscenza, del ringraziamento. È la più grande azione di grazie. È la più bella e più valida preghiera di ringraziamento.

La Chiesa rende grazie al Padre in unione con il Cristo, offrendo il Cristo, quale massimo segno di ringraziamento: «L’Eucaristia è anche il sacrificio della lode, con il quale la Chiesa canta la gloria di Dio in nome di tutta la creazione. Tale sacrificio di lode è possibile unicamente attraverso Cristo: egli unisce i fedeli alla sua persona, alla sua lode e alla sua intercessione, in modo che il sacrificio di lode al Padre è offerto da Cristo e con lui per essere accettato in lui» (CCC 1361).

Il credente ringrazia in modo valido ed efficace unendosi all’offerta della Chiesa e del Cristo, ed offrendo se stesso insieme al Cristo: «Vi esorto dunque, fratelli, per la misericordia di Dio, ad offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; è questo il vostro culto spirituale» (Rm 12,1).

L’Eucaristia è il mezzo di espiazione più forte per ottenere da Dio il perdono dei peccati: questo è il fine propiziatorio dell’Eucaristia.

I sacerdoti «agendo in persona di Cristo… nel sacrificio della messa rendono presente e applicano fino alla venuta del Signore [cfr. 1Cor 11,26] l’unico sacrificio della nuova alleanza, cioè il sacrificio di Cristo che si offrì al Padre una volta per sempre quale vittima immacolata [cfr. Eb 9,11-28]» (LG 28). Infatti, Cristo, «nella pienezza dei tempi, è apparso per annullare il peccato mediante il sacrificio di se stesso» (Eb 9,26). I fedeli sono liberati dal peccato «col sangue prezioso di Cristo, come agnello senza difetti e senza macchia» (1Pt 1,19). E ancora, «Questo è il mio sangue dell’alleanza, versato per molti in remissione dei peccati» (Mt 26,28).

L’Eucaristia è la supplica o la domanda o la richiesta più efficace per ottenere grazie da Dio. Per mezzo dell’Eucaristia «l’anima viene colmata di grazia» (SC 47).

Si fa consonanza con la voce di Gesù: «Padre, ti ringrazio che mi hai ascoltato. Io sapevo che sempre mi dai ascolto» (Gv 11,42-43).

L’Eucaristia, memoriale della morte e risurrezione di Cristo è: «sa-cramento di amore, segno di unità, vincolo di carità, convito pasquale» (SC 47).

L’eucaristia è il centro della comunione ecclesiale. L’eucaristia è forza di coesione tra il Corpo e il Capo; tra lo Sposo, Cristo Gesù, e la sua «diletta sposa» (SC 47), la Chiesa: «Ogni volta che si celebra sull’altare il sacrificio della croce col quale “Cristo nostra pasqua è stato immolato” [1Cor 6,7], si compie l’opera della nostra redenzione. E nello stesso tempo col sacramento del pane eucaristico viene rappresentata e realizzata l’unità dei fedeli che costituiscono in Cristo un solo Corpo [cfr. 1Cor 10,17]. A questa unione con Cristo luce del mondo sono chiamati tutti gli uomini: da lui siamo, per lui viviamo, verso di lui tendiamo” (LG 3).

La Chiesa ha una sua vita interna, con vari gradi di comunione: tra i Vescovi, i presbiteri, i religiosi, i membri delle comunità locali… Sempre al centro di questa “comunione dei santi” sta l’Eucaristia: «Rafforza il vincolo dell’unità fra i laici e i presbiteri, fra i presbiteri e il nostro Vescovo, fra i Vescovi e il nostro Papa; in un mondo lacerato da discordie la tua Chiesa risplenda segno profetico di unità e di pace» (preghiera Eucaristica V, La Chiesa in cammino verso l’unità).

Quanto detto è poca cosa, il credente dovrebbe imparare il silenzio contemplativo o imparare a trovare tempo e spazio sufficienti per offrire se stesso al suo Signore nell’adorazione. Comunque, se vogliamo che «l’Eucaristia trasformi la nostra vita in un perenne rendimento di grazie e sia offerta gradita a Dio, dobbiamo lasciarci compenetrare dalla sua luce e forza misteriosa, come le piante si espongono lungamente alla luce del sole» (Carlo Maria Martini).

La pagina dei Padri

I magi attestano con i doni la fede nel mistero – San Leone Magno: In effetti, per quanto egli avesse prescelto la nazione israelita, e in questa medesima nazione una data famiglia per assumervi la comune natura umana, non volle tuttavia che le primizie della sua venuta restassero nascoste nei ristretti limiti della casa materna; volle al contrario farsi subito conoscere da tutti, lui che si degnava nascere per tutti. Una stella di insolita lucentezza apparve allora a tre Magi d’Oriente, stella più brillante e più bella di tutti gli altri astri, che facilmente attrasse gli occhi e i cuori di coloro che la contemplavano; si poteva in tal modo comprendere che non fosse del tutto gratuito quanto di insolito era dato vedere. Colui che concedeva quel segno a quegli osservatori del cielo, ne concesse del pari l’intelligenza; ciò che fece capire, fece anche ricercare; e una volta cercato, si lasciò trovare. I tre uomini si lasciano condurre dalla luce proveniente dall’al-to e si fissano, contemplandolo senza stancarsi, al chiarore dell’astro che li precede e fa loro da guida; così, sono condotti dallo splendore della grazia fino alla conoscenza della verità, essi che, secondo il buon senso, avevano ritenuto un dovere cercare in una città regale la nascita di un re che era stato loro rivelato da quel segno. Ma colui che aveva assunto la condizione di servo (cfr. Fil 2,7), e non veniva per giudicare (cfr. Gv 12,47), bensì per essere giudicato, scelse Betlemme per la nascita e Gerusalemme per la Passione (cfr. Lc 13,33) … Si compie quindi per i Magi il loro desiderio e, condotti dalla stella, arrivano fino al Bambino, il Signore Gesù Cristo. Nella carne, essi adorano il Verbo; nell’infanzia, la Sapienza; nella debolezza, il vigore; e nella verità dell’uomo, la maestà del Signore; e, per manifestare con segni esterni il mistero in cui credono e di cui hanno intelligenza, attestano con doni ciò che credono nel cuore. Offrono a Dio l’incenso, all’uomo la mirra, al re l’oro, consci di venerare nell’unità la divina e l’umana natura.

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