gennaio, meditazioni

2 Gennaio 2019

2 Gennaio 2019 – Mercoledì, Feria propria – Santi Basilio Magno e Gregorio Nazianzeno (Memoria) – (1Gv 2,22-28; Sal 97[98]; Gv 1,19-28) – I Lettura: Essere figli di Dio san Giovanni lo traduce con un unico verbo: rimanere. Rimanere per lui significa conservare la consapevolezza dell’essere Figli, la coscienza delle responsabilità e possibilità che conseguono da questa nuova condizione. Rimanere è indice di aver trovato il proprio posto, dell’aver raggiunto una stabilità di relazione con un contesto e con le persone in quel contesto. Vangelo: Il Battista appare come una luce improvvisa nella storia d’Israele, vive nel deserto ma la sua parola risplende come fuoco e attira le folle. Tutti si domandano se non sia proprio lui il Messia tanto atteso. Ma egli ha solo il compito di preparare la strada al Messia che Dio ha inviato. Non si arroga nessun diritto, non cerca privilegi, ma si presenta soltanto come una voce.

Dopo di me verrà uno che è prima di me Dal Vangelo secondo Giovanni: Questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e levìti a interrogarlo: «Tu, chi sei?». Egli confessò e non negò. Confessò: «Io non sono il Cristo». Allora gli chiesero: «Chi sei, dunque? Sei tu Elìa?». «Non lo sono», disse. «Sei tu il profeta?». «No», rispose. Gli dissero allora: «Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?». Rispose: «Io sono voce di uno che grida nel deserto: Rendete diritta la via del Signore, come disse il profeta Isaìa». Quelli che erano stati inviati venivano dai farisei. Essi lo interrogarono e gli dissero: «Perché dunque tu battezzi, se non sei il Cristo, né Elìa, né il profeta?». Giovanni rispose loro: «Io battezzo nell’acqua. In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, colui che viene dopo di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo». Questo avvenne in Betània, al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando.

Riflessione: I cristiani, a somiglianza del precursore del Messia, «devono essere i testimoni della parola e della persona di Gesù Cristo. La loro condotta quindi deve costituire una testimonianza vivente della rivelazione del Verbo incarnato. I credenti, nel mondo ostile al messaggio del Cristo, debbono partecipare alla lotta contro le tenebre, caratterizzate dall’incredulità, dall’odio, dalla violenza e dall’egoismo, lasciandosi penetrare sempre più dalla luce del Verbo incarnato, dalla sua parola e dalla sua persona, rendendo in tal modo al Figlio di Dio la testimonianza di una vita impregnata di amore e di fede» (S. A. Panimolle, Lettura pastorale del Vangelo di Giovanni). Nella mirabile opera missionaria, tutti i credenti sono assistiti dal Cristo (cfr. Mt 28,20). Corroborati da questa Presenza, tutti i battezzati sono chiamati a dare, di fronte alle genti, testimonianza alla Parola: «Tutti i discepoli di Cristo, perseverando nella preghiera e lodando insieme Dio [cfr. At 2,42-47], offrano se stessi come oblazione vivente, santa, gradita a Dio [cfr. Rm 12,1], diano ovunque testimonianza a Cristo, e rendano ragione, a chi lo richieda, della speranza di vita eterna che è in loro [cfr. 1Pt 3,15]» (LG 10). E poiché sono «arricchiti di una forza speciale dello Spirito Santo, sono tenuti più strettamente a diffondere e a difendere la fede con la parola e con l’azione, come veri testimoni di Cristo» (LG 11). Quest’ultima affermazione ricorda ai cristiani che il martirio è la più sincera testimonianza resa a Cristo e alla verità della fede: «Il martirio è la suprema testimonianza resa alla verità della fede; il martire è un testimone che arriva fino alla morte. Egli rende testimonianza a Cristo, morto e risorto, al quale è unito dalla carità. Rende testimonianza alla verità della fede e della dottrina cristiana. Affronta la morte con un atto di fortezza. “Lasciate che diventi pasto delle belve. Solo così mi sarà concesso di raggiungere Dio”» (CCC 2472). Quindi, i credenti, in virtù del battesimo, sono testimoni del Redentore, di colui che è la «luce del mondo». Senza ritenersi luce o redentori, ma umili testimoni, devono avere un solo obiettivo: quello di favorire «la fede di coloro che non credono nel Cristo. Come il Battista rese testimonianza alla luce “affinché tutti credessero per mezzo di lui” (Gv 1,7), così il cristiano deve impegnarsi di persona per favorire la fede dei suoi fratelli nel figlio di Dio» (S. A. Panimolle, o. c.). In sintesi, i cristiani dovrebbero fare, ad ogni istante, quello che gli angeli hanno fatto nella notte di Betlemme: portare ad ogni uomo l’annuncio di una grande gioia: «oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore, che è il Cristo Signore» (Lc 2,10-11). Anche a costo della vita.

La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: Occorre scuotersi dal torpore – Giovanni Paolo II (Omelia, 15 Dicembre 1996): Giovanni Battista è una delle significative figure bibliche che incontriamo in questo tempo forte dell’Anno Liturgico. Nel quarto Vangelo leggiamo: “Venne un uomo mandato da Dio e il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone perché tutti credessero per mezzo di lui. Egli non era la luce, ma doveva render testimonianza alla luce” [Gv 1,6-8]. Alla domanda “Chi sei tu?”, Giovanni Battista risponde: “Io non sono il Cristo”, né Elia, né un altro dei profeti [cfr. Gv 1,19-20]. E dinanzi all’insistenza degli inviati da Gerusalemme dichiara: “Io sono voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore” [Gv 1,23]. Mediante questa citazione di Isaia, egli, in un certo senso, rivela la propria identità, precisando con chiarezza il suo peculiare ruolo nella storia della salvezza. E quando i rappresentanti del Sinedrio gli domandano perché battezzi, pur non essendo né il Messia, né Elia o un altro dei Profeti, egli risponde: “Io battezzo con acqua, ma in mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, uno che viene dopo di me, al quale io non son degno di sciogliere il legaccio del sandalo” [Gv 1,26-27]. La testimonianza di Giovanni Battista riecheggia nel versetto dell’Avvento: “Il Signore è vicino!”. Le differenti prospettive della notte di Betlemme e del battesimo al Giordano s’incontrano nella medesima verità: occorre scuotersi dal torpore e preparare la via al Signore che viene.

La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: «Giovanni fu creduto Cristo. La parola fu ritenuta idea, ma la parola si dichiarò parola, per non ledere l’idea. “Non sono”, disse, “Cristo, né Elia, né profeta”. Gli fu risposto: “Chi sei, dunque, tu? Io sono”, disse, “voce di colui che grida nel deserto: Preparate la via del Signore” (Gv 1,20-23). “Voce di uno che grida nel deserto”: voce di uno che rompe il silenzio. “Preparate la via del Signore”: come se volesse dire: Io vado rimbombando per introdurlo nei cuori, ma non troverò un cuore nel quale egli si degni di entrare, se non preparate la via. Che vuol dire: “Preparate la via”, se non supplicate convenientemente? che cosa, se non pensate umilmente? Prendete da lui esempio d’umiltà. Viene ritenuto il Cristo, dichiara di non essere ciò che è ritenuto, né si avvantaggia per il suo prestigio dell’errore altrui. Se dicesse: Io sono il Cristo, quanto facilmente sarebbe creduto, se, prima ancora che lo dicesse, già lo era ritenuto! Non lo disse. Si ridimensionò, si distinse, si umiliò. Capì dove era la sua salvezza: capì ch’egli era una lucerna ed ebbe paura di essere spento dal vento della superbia… Gli occhi deboli hanno paura della luce del giorno, ma possono sopportare quella di una lucerna. Perciò la luce del giorno mandò innanzi la lucerna. Ma mandò la lucerna nel cuore dei fedeli, per confondere i cuori degli infedeli. “Ho preparato”, dice, “la lucerna al mio Cristo”: Giovanni araldo del Salvatore, precursore del giudice che deve venire, l’amico dello sposo» (Sant’Agostino).

Silenzio / Preghiera / La tua traccia: Alla domanda «Sei tu Elia?», Giovanni il Battista risponde: «Non lo sono». La domanda ha come sfondo una tradizione vivissima nel mondo giudaico: il profeta Elia, che era stato rapito in cielo (cfr. 2Re 2,11), avrebbe dovuto precedere la venuta del Messia. È quanto testimonia Malachia: «Ecco, io invierò il profeta Elia prima che giunga il giorno grande e terribile del Signore, perché converta il cuore dei padri verso i figli e il cuore dei figli verso i padri; così che io venendo non colpisca il paese con lo sterminio» (3,23-24). Anche Gesù dovrà dare ai suoi discepoli una risposta su questa attesa (cfr. Mt 17,10-13). A un secco no di Giovanni segue la terza domanda: «Sei tu il profeta?» (Gv 1,21). Anche questo è un riferimento preciso ad una promessa divina: «Io susciterò loro un profeta in mezzo ai loro fratelli e gli porrò in bocca le mie parole ed egli dirà loro quanto io gli comanderò» (Dt 18,18). Dopo tre risposte negative, all’incalzare degli inviati, arriva finalmente la risposta positiva: «Io sono voce di uno che grida nel deserto» (Gv 1,23). L’attenzione quindi viene spostata perentoriamente sul vero Messia che è già in mezzo al popolo, ma non ancora manifestato: «In mezzo a voi sta uno che non conoscete» (Gv 1,26). Bisogna, dunque, disporsi ad accoglierlo, con la conversione e la penitenza cui allude il battesimo di Giovanni.

Santo del giorno: 2 Gennaio – Santi Basilio Magno e Gregorio Nazianzeno, Vescovi e dottori della Chiesa: Basilio nacque intorno al 330 a Cesarea di Cappadocia. Compiuti gli studi inferiori in patria, andò a perfezionarsi prima a Costantinopoli, poi ad Atene, dove ebbe per compagno Gregorio di Nazianzo. Ritornato in patria, si dedicò alla vita ascetica. Costruì un monastero e compose 2 regole: una più estesa, l’altra più breve. Per questo è considerato l’organizzatore della vita monastica in Asia Minore. Presto, però, il suo vescovo lo volle come collaboratore e alla sua morte, nel 370, venne chiamato a succedergli. Basilio prese molto sul serio il suo ufficio di vescovo di Cesarea e primate della Cappadocia. Anzitutto sul piano dottrinale diede un contributo decisivo alla precisazione del dogma trinitario e alla definizione della divinità dello Spirito Santo. Intervenne poi nella vita della Chiesa denunciando gli abusi e adoperandosi per far eleggere vescovi degni del proprio ruolo. Lottò poi contro la miseria ed organizzò istituzioni di beneficenza aperte a tutti. Il figlio di una eminente e facoltosa famiglia divenne così difensore e padre dei poveri. Uomo di cultura, Basilio aiutò i cristiani a superare la sfiducia verso l’eredità greco-latina. Nel Trattato ai giovani difese l’esigenza di una buona formazione classica come presupposto dello studio della Bibbia e della teologia. Insieme a lui, la Chiesa ricorda oggi Gregorio di Nazianzo, a Basilio legato da amicizia, dall’amore allo studio, dalla dignità episcopale. Poco dotato per il governo, Gregorio ebbe sensibilità poetica. Viene chiamato “il teologo” per il profondo senso del mistero di Dio.

Preghiamo: O Dio, che hai illuminato la tua Chiesa con l’insegnamento e l’esempio dei santi Basilio e Gregorio Nazianzeno, donaci uno spirito umile e ardente, per conoscere la tua verità e attuarla con un coraggioso programma di vita. Per il nostro Signore Gesù Cristo…

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