Dicembre, Liturgia

IV Domenica del Tempo di Avvento (C) 23 Dicembre 2018

Dal libro del profeta Michèa (5,1-4a) – Da te uscirà per me colui che deve essere il dominatore in Israele: Le parole del profeta Michea superano il tempo e la reale comprensione della stessa profezia. Gesù, «il dominatore in Israele» e le cui origini «sono dall’antichità, dai giorni più remoti», nascerà a Betlemme da una Vergine e sarà il Buon Pastore che condurrà all’unico ovile del Padre i figli d’Israele e tutta l’umanità (Gv 10,1ss). All’ombra delle sue ali (Lc 1,35; Sal 17,8; 57,2) tutti gli uomini vivranno in pace e nella sicurezza.

Dal Salmo 79 (80) – Signore, fa’ splendere il tuo volto e noi saremo salvi: «È una profezia dell’avvento del Cristo. La vigna era diventata selvatica; il profeta prega Dio di risparmiarla per quest’unico germoglio che essa produrrà: il Cristo, la vera vite (cfr. Gv 15,1). La vera vite ha prodotto grandi tralci, allo stesso modo anche coloro che hanno creduto nel Cristo. La loro ombra ha coperto i monti. Questa vite vera estende i suoi tralci fino al mare e fino al fiume» (Teodoreto).

Dalla lettera agli Ebrei (10,5-10) – Ecco, io vengo per fare, o Dio, la tua volontà: Tutta la vita di Gesù è contrassegnata da un’obbedienza filiale alla volontà salvifica del Padre. Il suo sacrificio cruento consumato sull’altare della croce è la nuova alleanza che il Padre stabilisce con tutti gli uomini e in questo modo abolisce il primo sacrificio. Gli uomini sono salvati per la generosa obbedienza di Gesù e per mezzo della sua offerta, eterna e inviolabile perché fatta una volta per sempre.

Dal Vangelo secondo Luca (1,39-45) – A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me?: Maria non è una donna incredula al pari di Zaccarìa. Va a trovare Elisabetta non per sincerarsi delle parole e della profezia dell’angelo, ma perché sospinta dalla carità e dal fuoco ardente dello zelo missionario: per mezzo di Maria, la Buona Novella, Gesù, mette le ali e già attraversa le vie della storia. Maria, pur consapevole della sua bassezza, sospinta dallo Spirito Santo, non può non esclamare la grandezza misericordiosa di Dio che guardando la sua umiltà ancora una volta persegue e conferma il suo eterno agire: scegliere le cose umili per confondere i sapienti (1Cor 1,27-28).

Dal Vangelo secondo Luca 

In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccarìa, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto».

Approfondimento

L’oggetto della volontà divina – S. Panimolle (Volontà di Dio in Schede Bibliche – EDB): Cosa vuole Dio nei confronti dell’uomo? Il Signore vuole una sola cosa, la felicità della sua creatura, ossia la sua salvezza perfetta (1Tm 2,3s); egli è infatti il creatore nella cui volontà tutte le cose sussistono (Ap 4,11). Per tale scopo Iddio strappò per mezzo di Gesù i cristiani dal secolo presente (Gal 1,4), predestinandoli mediante il Cristo secondo il beneplacito della sua volontà ad essere suoi figli adottivi (Ef 1,3-6) ed eredi delle promesse celesti (Ef 1,11s.). Il Signore infatti usò misericordia all’uomo peccatore, chiamandolo a conversione (Mt 9,13). Tale salvezza piena viene raggiunta dal credente mediante la santità; Dio perciò vuole la santificazione dei cristiani (1Tss 4,3s), mediante ogni opera virtuosa (1Tss 5,18), operando il bene (1Pt 2,15), armandosi degli stessi sentimenti del Cristo sofferente (1Pt 4,1s). Gesù realizza l’azione salvifica del Padre, dando la vita a chi vuole (Gv 5,21); anche la volontà di Gesù ha per oggetto la salvezza eterna dell’uomo, in modo speciale la felicità dei suoi discepoli (Gv 17,24).

Ma per diffondere il messaggio salvifico del Cristo sono indispensabili i missionari, gli apostoli del Cristo, che evangelizzino tutte le genti; Paolo rivendica per sé tale qualità di apostolo e per volontà divina (1Cor 1,1; 2Cor 1,1 ecc.).

Nell’antica Alleanza la volontà del Signore si concretizzava nelle prescrizioni morali ed anche rituali contenute nella Thòrah. Nel nuovo Testamento  però assistiamo ad un superamento di tale posizione: lo Spirito santo rivela prima a Pietro (At 10-11), quindi fa capire agli apostoli ed ai presbiteri riuniti in Concilio (At 15) che vengono abolite le vecchie distinzioni tra puri ed impuri, tra giudei e gentili; lo Spirito infatti non tenne in nessun conto tali categorie, discendendo sia sugli apostoli (At 2) che sugli incirconcisi (At 10,44), segno evidente questo che d’ora innanzi ci si salva solo con la fede per la grazia del Signore Gesù (At 15,11); quindi la circoncisione e tutte le prescrizioni rituali mosaiche non hanno più alcun valore salvifico.

La conoscenza della volontà divina – Maria, la madre di Gesù, viene presentata da Luca come il modello della perfetta docilità alla volontà divina (Lc 1,38). David è elogiato da Dio stesso per aver adempiuto i voleri divini (At 13,22). Paolo si abbandona fiduciosamente alla volontà di Dio perfino nei suoi piani di evangelizzazione (Rm 1,10; 15,32; 1Cor 4,19; At 18,21), lasciandosi guidare nei suoi viaggi apostolici dallo Spirito santo (At 16,6). Ma in modo tutto speciale Pietro si mostra docile strumento nelle mani di Dio nell’adempiere i suoi sconcertanti disegni di salvezza a favore di tutta l’umanità (At 11,17).

Paolo fu predestinato dal Signore a conoscere la sua volontà (At 22,14), ossia il suo piano salvifico. Tale volontà, che un tempo si trovava espressa nella legge mosaica (Rm 2,18), i cristiani debbono discernerla nella rivelazione di Gesù, rinnovando la loro mente (Rm 12,2). Perciò l’autore della lettera agli Efesini esorta i suoi destinatari a ben comprendere esistenzialmente con una vita virtuosa la volontà del Signore (Ef 5,17). In realtà Iddio per mezzo di Gesù ha reso partecipi del suo piano di salvezza tutti i credenti (Ef 1,7-10). La conoscenza di tale volontà divina appare tanto importante che Paolo ne fa oggetto della sua preghiera a favore dei suoi fedeli (Col 1,9).

La pratica della volontà divina – L’atteggiamento del cristiano di fronte a Dio che si rivela per mezzo del suo figlio unigenito deve essere quello di una docilità e di una fiducia cieca alla volontà divina. Tale situazione di fede appare indispensabile per entrare nel Regno dei cieli (Mt 7,21; Lc 6,46) ed essere esauditi da Dio (Gv 9,31). L’auto-re della lettera agli Efesini perciò esorta i suoi destinatari a compiere la volontà di Dio con il cuore (Ef 6,6).

L’esecuzione della volontà di Dio appare di estrema importanza nella vita del discepolo, perché per mezzo di essa si diventa fratello, sorella e madre del Cristo (Mc 3,33ss.; Mt 12,48ss.; Lc 8,20s.), inoltre si conosce il vero e profondo valore divino della dottrina di Gesù (Gv 7,16s.) e si rimane in eterno (1Gv 2,17). Perciò i primi discepoli fanno oggetto delle loro preghiere la pratica fedele della volontà divina (Col 4,12; Eb 13,20s.), affinché perseverino tutta la vita ad adempiere la volontà di Dio per raggiungere la promessa (Eb 10,36).

Data la resistenza umana e l’opposizione dell’orgoglio, il discepolo deve pregare che la volontà di Dio si compia sempre anche in terra (Mt 6,9s.); deve inoltre pregare ed augurare per i propri fratelli che la volontà di Dio si compia in loro, come fecero i cristiani di Cesarea nei confronti di Paolo (At 21,14). Il castigo per coloro che non adempiono la volontà di Dio è sicuro anche se proporzionato alle responsabilità personali (Lc 12,47s.). Non tutti gli uomini infatti vogliono conoscere ed eseguire la volontà divina, ossia il suo piano di salvezza; in modo particolare i farisei ed i dottori della legge hanno frustrato tale disegno salvifico (Lc 7,30).

Commento al Vangelo

Si mise in viaggio – Maria si mette in viaggio verso la montagna e raggiunge una città di Giuda, oggi preferibilmente identificata con Ain-Karim, 6 Km a ovest di Gerusalemme. La fretta con la quale Maria si avvia a trovare Elisabetta, l’anziana sposa di Zaccarìa miracolosamente rimasta incinta (Lc 1,5-25), mette in evidenza la sua pronta disponibilità al progetto di Dio. Entrata in casa, il saluto della Vergine raggiunge per vie misteriose il bambino che sussulta nel grembo della madre la quale, «piena di Spirito Santo», saluta con parole profetiche la Madre del Signore.

Con un’espressione semitica che equivale a un superlativo, Elisabetta proclama Maria «benedetta fra le donne»; la Vergine è benedetta «per la presenza di un frutto benedetto [eulogémenos] nel suo seno: benedetta dunque perché madre del Benedetto, perché madre del suo Signore [vv. 42-43;]; la proclama, ancora, beata [makaria] per la fede con la quale ha reagito alla proposta divina: beata dunque perché fedele, perché uditrice della parola del Signore [v. 45]» (Carlo Ghidelli).

Il saluto dell’angelo, – «Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te» (Lc 1,28) – e il saluto dell’anziana donna, – «Benedetta tu fra le donne, e benedetto il frutto del tuo seno» – (Lc 1,42), fusi insieme, saranno ripetuti nei secoli da milioni di credenti: l’Ave Maria è «una delle preghiere più belle e profonde, nella quale Elisabetta, e quindi l’An-tico Testamento, si collega con Maria, cioè col Nuovo Testamento» (Richard Gutzwiller).

Il racconto della visitazione ricorda, con evidenti allusioni e coincidenze, il racconto biblico del trasferimento dell’arca dell’alleanza a Gerusalemme operato dal re Davide (2Sam 6,1 ss).

L’arca sale verso Gerusalemme, Maria sale verso la montagna. L’arca entra nella casa di Obed-Edom e Maria entra nella casa di Zaccarìa. La gioia del nascituro e il suo trasalimento nel grembo dell’anziana madre ricordano la gioia di Davide e la sua danza festosa dinanzi all’arca. L’espressa indegnità di Elisabetta dinanzi alla Madre del Signore ricorda ancora l’indegnità del re David di fronte all’arca del Signore. Questi accostamenti, molto precisi nei particolari, ben difficilmente possono essere accidentali.

L’identificazione dei due racconti va allora verso una chiara proclamazione: Maria, la Madre del Signore, è la nuova arca del Signore, e suo figlio, Gesù, è il Signore abitante in quel tempio vivo.

L’anziana sposa di Zaccarìa nel proclamare senza indugi Maria «la Madre del Signore» non fa che raccogliere e ripetere le parole del nunzio celeste.

Nella tradizione biblica il Signore è Iahvé, ma anche il grande sovrano (1Cr 29,11; 2Mac 5,20; Sal 48,3), il re (Sir 51,1; Sal 99,4). L’angelo aveva annunciato a Maria che il promesso figlio sarebbe stato chiamato «Figlio dell’Altissimo» (Lc 1,31) e avrebbe regnato per sempre «sul trono di Davide suo padre» (Lc 1,32-33): nel suo annuncio profetico, Elisabetta non fa che ricordare e confermare le parole del messaggero celeste.

Alla fine, sulle labbra di Elisabetta si coglie un’ultima parola di lode che viene rivolta con gioia alla Vergine di Nazaret: «Beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto».

Maria è beata perché «madre del Signore», ed è beata perché perfetta discepola: Ella ha accolto nel suo cuore, prima che nel suo grembo, la Parola viva feconda di vita e di salvezza.

Anche il cantico della Vergine ha un riscontro nell’AT (cfr. 1Sam 1-10). Ma sulle labbra di Maria il Magnificat ha risonanze e significati molto più profondi. La Vergine non risponde ad Elisabetta, ma si rivolge a Dio lodandolo per la sua misericordiosa accondiscendenza. Egli «mi ha guardato – dice Maria – perché sono umile e perché ricerco la virtù della mitezza e del nascondimento… così come lo stesso Salvatore, che ha detto: Imparate da Me che sono mite e umile di cuore e troverete pace per le vostre anime» (Origene).

Riflessione

La Madre del Salvatore – La maternità divina di Maria è un mistero insondabile perché mistero di amore e di sublime divina accondiscendenza.

Per essere la Madre del Salvatore, «Maria “da Dio è stata arricchita di doni degni di una così grande missione”. L’angelo Gabriele, al momento dell’annunciazione, la saluta come “piena di grazia” [Lc 1,28]. In realtà, per poter dare il libero assenso della sua fede all’annunzio della sua vocazione, era necessario che fosse tutta sorretta dalla grazia di Dio» (CCC 490).

Quindi, Maria ha aderito liberamente al progetto divino, anche se necessariamente dovette essere sorretta dalla grazia di Dio. Qui tutta la grandezza della Vergine. È la nostra storia di ogni giorno, una verità per tutti gli uomini: Dio non abusa della libertà umana, la sua volontà salvifica passa sempre attraverso le maglie del sì dell’uomo. Qui la grandezza dell’uomo.

«“Dio ha mandato suo Figlio” [Gal 4,4], ma per preparargli un corpo, ha voluto la libera collaborazione di una creatura. Per questo, Dio, da tutta l’eternità, ha scelto, perché fosse la Madre del Figlio suo, una figlia d’Israele, una giovane ebrea di Nazaret in Galilea, “una vergine promessa sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe. La vergine si chiamava Maria” (Lc 1,26-27): “Volle il Padre delle misericordie che l’accettazione di colei che era predestinata a essere la Madre precedesse l’incarnazione, perché così, come la donna aveva contribuito a dare la morte, la donna contribuisse a dare la vita” [Lumen Gentium 56; cfr. 61]» (CCC 488).

La Vergine Maria all’arcangelo Gabriele che le annunziava che avrebbe dato alla luce il Figlio dell’Altissimo senza conoscere uomo, per la potenza dello Spirito santo (cfr. Lc 1,28-37), risponde con «“l’obbedienza della fede” (Rm 1,5), certa che “nulla è impossibile a Dio”: “Io sono la serva del Signore; avvenga di me quello che hai detto” (Lc 1,37-38). Così, dando il proprio assenso alla parola di Dio, “Maria è diventata Madre di Gesù e, abbracciando con tutto l’animo e senza essere ritardata da nessun peccato la volontà divina di salvezza, si è offerta totalmente alla persona e all’opera del Figlio suo, mettendosi al servizio del mistero della redenzione, sotto di lui e con lui, con la grazia di Dio onnipotente” [LG 56]» (CCC 494).

Ma tanta esaltazione non allontana Maria dagli uomini. Infatti, pur essendo riconosciuta «sovreminente e del tutto singolare membro della Chiesa» il suo rapporto con gli uomini si fa singolarmente più  materno: come vera Madre, nella sua feconda maternità, Ella abbraccia, per volere divino, tutta l’umanità: «Ella ha cooperato in modo tutto speciale all’opera del Salvatore, con l’obbedienza, la fede, la speranza e l’ardente carità, per restaurare la vita soprannaturale delle anime. Per questo è stata per noi la Madre nell’ordine della grazia» e questa maternità di Maria «nell’economia della grazia perdura senza soste dal momento del consenso prestato nella fede al tempo dell’annunciazione, e mantenuto senza esitazioni sotto la croce, fino al perpetuo coronamento di tutti gli eletti. Difatti, assunta in cielo ella non ha deposto questa missione di salvezza, ma con la sua molteplice intercessione continua ad ottenerci i doni della salvezza eterna […] Per questo la beata Vergine è invocata nella Chiesa con i titoli di Avvocata, Ausiliatrice, Soccorritrice, Mediatrice» (CCC 967-969).

Se il Natale visualizza e indica il divino Redentore, questa Domenica significa la via, Maria: l’unica via per raggiungere l’unico Salvatore degli uomini.

La pagina dei Padri

Per una donna la morte, per una Donna la salvezza – Agostino: Elisabetta concepì un uomo, Maria un uomo. Elisabetta madre di Giovanni, Maria madre di Cristo: ma Elisabetta soltanto un uomo, Maria Dio e l’uomo. È meraviglioso come mai una creatura abbia potuto concepire il Creatore. Cosa richiede maggiore intelligenza, fratelli miei, che egli abbia assunto la carne dalla sola madre, o l’aver creato il primo uomo senza padre e senza madre? Quel primo uomo determinò la nostra caduta quando la donna, ad opera della quale siamo morti, accolse nel cuore i veleni del serpente. Infatti il serpente la convinse di peccato, e persuadendola fu ammesso il male. Se così quindi avvenne la nostra prima caduta, allorché la donna accolse nel cuore i veleni del serpente, non desti meraviglia che la nostra salvezza si sia operata allorché la Donna ha concepito nel suo grembo la carne dell’Onnipotente. Entrambi i sessi erano caduti, entrambi dovevano essere ricostituiti. Per la donna eravamo entrati nella morte, per la Donna ci è stata resa la salvezza.

 

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