meditazioni, Novembre

13 Novembre 2018

13 Novembre 2018 – Martedì, XXXII del Tempo Ordinario – (Tt 2,1-8.11-14; Sal 36[37]; Lc 17,7-10) – I Lettura: Due insegnamenti. Innanzi tutto, i cristiani devono obbedire all’autorità preposta al governo degli uomini, perché ogni autorità viene dall’alto, e il secondo è quello di dare esempio di mansuetudine e di mitezza. I credenti non dimentichino che sono stati salvati e giustificati per la grazia di Gesù Cristo, e che su di loro è stato effuso abbondantemente lo Spirito Santo affinché diventassero, nella speranza, eredi della vita eterna. In germe tutto è iniziato con il battesimo, acqua pura e salutare che rigenera e rinnova nello Spirito Santo. Vangelo: La parabola del servo inutile è un invito a ridimensionare ogni sopravvalutazione delle proprie opere. Le parole di Gesù non vogliono umiliare l’uomo o la sua intelligenza creativa, ma semplicemente gli vogliono ricordare che tutto è grazia.

Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare – Dal Vangelo secondo Luca: In quel tempo, Gesù disse: «Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà, quando rientra dal campo: “Vieni subito e mettiti a tavola”? Non gli dirà piuttosto: “Prepara da mangiare, stringiti le vesti ai fianchi e servimi, finché avrò mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai tu”? Avrà forse gratitudine verso quel servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti? Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”».

Riflessione: Servi di Dio – Mario Galizzi (Vangelo secondo Luca) – «Supponiamo che qualcuno tra voi abbia un servo che si trova nei campi ad arare o a pascolare… Si riterrà forse obbligato verso il suo servo, perché ha fatto quanto gli ha comandato? Così anche voi: quando avete fatto quello che vi è stato comandato, dite: “Siamo dei poveri servi, abbiamo solo fatto quello che dovevamo”». Come in Lc 15,3-7.8-10 e Lc 16,1-9ss, anche qui c’è un racconto parabolico, seguito dalla sua applicazione. È Gesù che secondo Luca spiega molte volte il senso delle sue parabole. Caratteristica di questa è che si struttura su tre domande e si appella alla esperienza dei discepoli, come del resto ha già fatto altre volte (cfr. Lc 11,5.11). Quanto qui racconta è normale nel mondo degli affari: c’è un dare e un ricevere; si dà un servizio e se ne riceve la paga. Fatto questo ci si sente alla pari, nessuno è debitore dell’altro. Perciò il padrone non si ritiene obbligato ad altro verso il suo servo, che si è limitato a fare quello che doveva fare. Ora, Gesù, nella sua spiegazione, non si interessa dell’atteggiamento del padrone; si fissa unicamente sull’agire del servo. Sta parlando ai suoi discepoli (cfr. Lc 16,1) e, in particolare, agli apostoli (cfr. Lc 17,5), a quelli che come lui hanno accettato di essere «servi di Dio»; a coloro che già sanno che quando il Signore verrà e li troverà intenti a compiere il loro dovere, li farà sedere alla sua mensa, si cingerà e li servirà (cfr. Lc 12,37). Più tardi prometterà anche di farli sedere alla sua mensa nel suo regno (cfr. Lc 22,30). Ma sia ben chiaro che ciò è un puro dono, non è un dovuto. Finché compiono la missione che è loro stata affidata si sentano dei poveri (non è affatto bella la traduzione inutili) servi; vivano cioè il loro servizio nell’umiltà e nella gioia del dono di sé agli altri. Imitino il loro Maestro. Su questa raccomandazione all’umiltà si conclude il racconto della seconda tappa di Gesù verso Gerusalemme. Lo sguardo qui è rivolto a quello che si fa, e che dev’essere fatto nella semplicità e senza vanagloria. Ma subito gli orizzonti torneranno ad allargarsi sino all’eternità.

La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: Siamo servi inutili – Card. Tarcisio Bertone (Omelia, 6 Ottobre 2007): Nella parabola, che l’evangelista Luca narra quest’oggi, ci viene presentata la figura del servo umile e disinteressato. Viene come fotografata la situazione di allora, quando padroni senza scrupoli sfruttavano i lavoratori senza contratti né orari. Il Vangelo se male inteso, rischia di turbarci perché l’attenzione di Gesù non si concentra su questi abusi a quel tempo assai diffusi; suo scopo è piuttosto focalizzare il nostro sguardo sull’attitudine del servo per offrirci un insegnamento capace di creare una nuova mentalità. Addita il servo come esempio da seguire, facendoci capire che nella comunità dei suoi discepoli non ci deve essere sfruttamento. In essa tutti, a partire dai responsabili, debbono agire animati dallo spirito di servizio disinteressato e umile.

Non facciamo mai abbastanza per Dio – Benedetto XVI (Omelia, 3 Ottobre 2010): Gesù ci invita ad essere umili e porta l’esempio di un servo che ha lavorato nei campi. Quando torna a casa, il padrone gli chiede ancora di lavorare. Secondo la mentalità del tempo di Gesù, il padrone aveva tutto il diritto di farlo. Il servo doveva al padrone una disponibilità completa; e il padrone non si riteneva obbligato verso di lui perché aveva eseguito gli ordini ricevuti. Gesù ci fa prendere coscienza che, di fronte a Dio, ci troviamo in una situazione simile: siamo servi di Dio; non siamo creditori nei suoi confronti, ma siamo sempre debitori, perché dobbiamo a Lui tutto, perché tutto è suo dono. Accettare e fare la sua volontà è l’atteggiamento da avere ogni giorno, in ogni momento della nostra vita. Davanti a Dio non dobbiamo mai presentarci come chi crede di aver reso un servizio e di meritare una grande ricompensa. Questa è un’illusione che può nascere in tutti, anche nelle persone che lavorano molto al servizio del Signore, nella Chiesa. Dobbiamo, invece, essere consapevoli che, in realtà, non facciamo mai abbastanza per Dio. Dobbiamo dire, come ci suggerisce Gesù: «Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare» (Lc 17,10). Questo è un atteggiamento di umiltà che ci mette veramente al nostro posto e permette al Signore di essere molto generoso con noi. Infatti, in un altro brano del Vangelo egli ci promette che «si cingerà le sue vesti, ci farà mettere a tavola e passerà a servirci» (cfr. Lc 12,37). Cari amici, se faremo ogni giorno la volontà di Dio, con umiltà, senza pretendere nulla da Lui, sarà Gesù stesso a servirci, ad aiutarci, ad incoraggiarci, a donarci forza e serenità.

La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: L’umiltà, custode di tutte le virtù – “Nessun’altra cosa devi ritenere che sia più pregevole e più amabile dell’umiltà, in quanto questa virtù è quella che ti preserva e che ti fa custode – per così dire – di tutte le altre virtù. Non c’è altro che ci rende così accetti agli uomini e a Dio del ritenerci all’ultimo posto per umiltà, anche se siamo in vista, grazie ai meriti della nostra vita. Tant’è vero che la Scrittura dice: Quanto più sei grande, tanto più ti devi umiliare, e allora troverai grazia davanti a Dio [Sir 3,18]; e Dio fa dire al profeta: Su chi altro mi poserò, se non su chi è umile, in pace, e timoroso delle mie parole? [Is 66,2]. L’umiltà a cui devi tendere, però, non è quella che si mette in vista e che viene simulata dal portamento esteriore o dalle parole sussurrate a metà, ma quella che lascia trasparire un genuino sentimento interiore. Una cosa, infatti, è avere una virtù, e altra cosa lo scimmiottarla; una cosa è andare dietro a un’ombra di realtà, e altra cosa è seguire la verità. Quella superbia che si nasconde sotto certi accorgimenti di umiltà è molto più mostruosa. Non so perché, ma i vizi che si mascherano con apparenze virtuose sono molto più ripugnanti” (Girolamo).

Silenzio / Preghiera / La tua traccia: Siamo servi inutili – La parabola del servo inutile, che va compresa facendo memoria dei rapporti sociali esistenti nel mondo greco-romano, non vuole assolvere il comportamento collerico del padrone dispotico e sopra tutto non vuole svelare il volto del Padre, il quale, invece, nonostante tutto, ha sempre i lineamenti del Dio amorevole sempre pronto a chinarsi sull’uomo per guarirlo, consolarlo, salvarlo. Gesù ha rivelato agli uomini il vero, dolce volto del Padre; il Dio di Gesù non è un padre-padrone esoso, arcigno e tirannico: Dio, nella sua generosità e bontà, «fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti» (Mt 5,45). Quindi, si può ben dire che la parabola evangelica non vuole mettere in luce l’agire di Dio verso l’uomo, ma vuole illustrare l’atteggiamento dell’uomo verso Dio mettendo in questo modo in evidenza il giusto valore delle opere umane al cospetto del Signore. I Farisei sopravvalutavano le loro opere (Lc 18,9-14). Erano convinti che esse dessero loro il diritto ad un’adeguata retribuzione, che fossero esse a far ottenere loro il perdono e l’amicizia di Dio. A questa concezione Gesù contrappone una diversa immagine dell’uomo che decide di mettersi al servizio di Dio. Totalmente impegnato nel servizio affidatogli non deve accampare meriti, diritti o ricompense particolari, ma sentirsi sempre in debito e mai in credito, sempre a mani vuote davanti al Signore. L’uomo «deve ricordare che quando ha fatto il suo dovere, la ricompensa Dio gliela dà. Non gliela fa mancare perché Dio è un buon pagatore, che non si lascia vincere da nessuno e mai in generosità. Il dono però non risponde ad un’esigenza umana naturale, ma esclusivamente alla munificenza divina» (Vincenzo Raffa). L’espressione servi inutili non va intesa nel senso di incapaci. Il servo inutile è colui che fa semplicemente ciò che gli viene comandato. Dio invece prende sul serio l’impegno dell’uomo, lo sollecita, lo desidera, lo chiede accurato e completo! Il bene va fatto bene! È il Padre che interpella i figli, li chiama, li vuole impegnati nella sua casa, li sollecita ad andare a lavorare nella sua vigna (Mt 20,1ss), ma senza le fronde dell’alterigia, della vanità o della superbia. Un lavoro fatto in silenzio e in umiltà, nel nascondimento, senza montarsi la testa, senza sentirsi i primi della classe. Nessuno di noi è indispensabile, perché la Chiesa è la casa dei servi inutili. Quello che il Signore Gesù vuole sottolineare non è la inutilità del servizio in se stesso, ma la risonanza interiore; la consapevolezza che il nostro impegno non è che una risposta, doverosa e sempre inadeguata, all’amore infinito di Dio. Alla parabola possiamo dare anche un risvolto ecclesiale: praticamente Luca sta mostrando agli Apostoli e ai discepoli come essi dovranno servire la Chiesa. Lo fa mostrando loro come modello di servizio Gesù, il Figlio dell’uomo, che non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti (Mt 20,28): «chi nella comunità è incaricato di un servizio, compreso quello dell’autorità, né si consideri un “benefattore” (Lc 12,37) né avanzi pretese, quasi avesse diritto a speciale ricompensa: è un semplice “servo” e deve compiere fedelmente il suo servizio» (F. Mosetto).

Santo del giorno: 13 Novembre – San Brizio di Tours, Vescovo: “Nativo della Turenna, Brizio fu affidato a san Martino che lo portò con sé nel monastero di Marmoutier dove, completata l’educazione, emise i voti religiosi. Il suo carattere ribelle lo portò ad avversare il suo stesso maestro. Tuttavia nel 397 si trovò a succedergli sulla cattedra di Tours. Dopo trentatré anni di episcopato, uno scandalo ravvivò antichi malumori nei suoi confronti. Destituito, partì per Roma, lasciando il posto a Giustiniano e poi ad Armenzio, con la speranza di essere riabilitato dal papa. Rimase a Roma per sette anni e, riconosciuto finalmente innocente, tornò a Tours dove guidò la comunità locale ancora per sette anni. Edificò una modesta chiesa in onore di san Martino, nella quale depose il suo corpo, e cinque parrocchie nei villaggi di Clion, Brèches, Ruan, Rédoré, Chinon. Morì nel 444” (Avvenire).

Preghiamo: Dio grande e misericordioso, allontana ogni ostacolo nel nostro cammino verso di te, perché, nella serenità del corpo e dello spirito, possiamo dedicarci liberamente al tuo servizio. Per il nostro Signore Gesù Cristo…

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