meditazioni, Novembre

12 Novembre 2018

12 Novembre 2018 – Lunedì, XXXII del Tempo Ordinario – San Giosafat (Memoria) – (Tt 1,1-9; Sal 23[24]; Lc 17,1-6) – I Lettura: Nelle comunità cristiane i presbiteri e gli episcopi non sono solo incaricati dell’amministrazione temporale, ma anche dell’insegnamento e del governo. Stabiliti dagli apostoli o dai loro rappresentanti con l’imposizione delle mani essi hanno un potere carismatico (cfr. 1Cor 12,28) e di origine divina (cfr. At 20,28). Ma perché il loro ministero sia fecondo è necessario che siano sobri e, sopra tutto, fedeli alla Parola di Dio e obbedienti all’insegnamento degli Apostoli. Vangelo: La correzione fraterna ha le sue radici nella carità e nella stima del prossimo. Per quanto riguarda la correzione fraterna, Luca ricorda che per essere cristiani bisogna perdonare veramente, senza se o ma, e sempre. Infine, il Vangelo proclama la potenza della fede nel Padre: per chi crede tutto è possibile, anche il potere di sradicare un albero e trapiantarlo in mare.

Se sette volte ritornerà a te dicendo: “Sono pentito”, tu gli perdonerai – Dal Vangelo secondo Luca: In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «È inevitabile che vengano scandali, ma guai a colui a causa del quale vengono. È meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare, piuttosto che scandalizzare uno di questi piccoli. State attenti a voi stessi! Se il tuo fratello commetterà una colpa, rimproveralo; ma se si pentirà, perdonagli. E se commetterà una colpa sette volte al giorno contro di te e sette volte ritornerà a te dicendo: “Sono pentito”, tu gli perdonerai». Gli apostoli dissero al Signore: «Accresci in noi la fede!». Il Signore rispose: «Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: “Sràdicati e vai a piantarti nel mare”, ed esso vi obbedirebbe».

Riflessione: È inevitabile che vengano scandali, ma guai a colui a causa del quale vengono: Il Catechismo della Chiesa Cattolica può aiutarci a comprendere le parole di Gesù. Innanzi tutto, dà una definizione: «Lo scandalo è l’atteggia-mento o il comportamento che induce altri a compiere il male. Chi scandalizza si fa tentatore del suo prossimo. Attenta alla virtù e alla rettitudine, può trascinare il proprio fratello alla morte spirituale. Lo scandalo costituisce una colpa grave se chi lo provoca con azione e omissione induce deliberatamente altri in grave mancanza» (2284). E ancora, lo scandalo «assume una gravità particolare a motivo dell’autorità di coloro che lo causano o della debolezza di coloro che lo subiscono […]. Lo scandalo è grave quando a provocarlo sono coloro che, per natura o per funzione, sono tenuti ad insegnare e ad educare gli altri. Gesù lo rimprovera agli scribi e ai farisei: li paragona ai lupi rapaci in veste di pecore» (ibidem 2285). La gravità sta nel fatto che è in giuoco la fede dei piccoli, sta nel fatto che possono essere uccisi spiritualmente. L’uomo, oggi, ha trovato dei sotterfugi per trarsi d’impaccio e per non finire in mare con una macina al collo. I suoi trucchi sono quelli di trasformare tutto in arte o di propagare vergognose licenziosità come conquiste di civiltà; così la pornografia è arte e i matrimoni gay, l’aborto, il divorzio spacciati come conquiste. È grottesco, come fa notare Vincenzo Raffa, «sbandierare gli ideali di libertà, di arte, di cultura, di civiltà, di liberazione umana, di progresso e così via, quando altro non c’è che profonda depravazione, sollecitudine alla violazione delle leggi più fondamentali, offesa alla religione, sovvertimento della legittima autorità» (Liturgia festiva). Il tutto diventa ancora più disgustoso e più ripugnante quando «il movente reale è l’impinguamento del proprio portafoglio, l’eliminazione disonesta dell’avversario, la destabilizzazione di una dirigenza scomoda, magari pienamente legittima e fattivamente impegnata al bene comune» (ibidem). Ormai siamo abituati a tutto, ma, come affermava, Erasmo da Rotterdam, «i mali che non si avvertono sono i più pericolosi».

La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: State attenti a voi stessi – Mons. Vincenzo Paglia, Vescovo (Omelia, 12 Novembre 2007): Gesù mette in guardia i discepoli dal dare scandalo, ossia dall’essere “pietra d’inciam-po”. E lo ritiene talmente grave da fargli dire che sarebbe meglio, per chi lo procura, di essere gettato nel mare con una pietra al collo. Forse il primo scandalo che i discepoli debbono evitare è quello di contraddire, con la loro vita, il Vangelo. In tal modo, infatti, lo rendono inefficace. Gesù, del resto, aveva già detto: se il sale perde il sapore a null’altro serve che ad essere gettato via. “State attenti a voi stessi!”, dice Gesù ai discepoli. Essi, infatti, debbono ascoltare ogni giorno il Vangelo per non tradirlo e per evitare che il peccato attecchisca e si radichi nella loro vita. Gesù richiama perciò alla dimensione del perdono, una dimensione ineliminabile e quotidiana nella vita della comunità cristiana. Egli conosce bene la debolezza dei discepoli. Per questo aggiunge che la misericordia e il perdono debbono sovrabbondare sul peccato. Perdonare “sette volte”, vuol dire sempre. Mai infatti il perdono deve mancare nella vita della famiglia di Dio, è come pegno dell’amore e della gioia che il Signore dona.

Accresci in noi la fede! – Card. Tarcisio Bertone (Omelia, 6 Ottobre 2007): Nella domanda degli Apostoli non sono forse contenuti i dubbi e le paure che segnano l’esistenza di tutti i credenti? Chi di noi non è preso talvolta da questi interrogativi esistenziali? E Gesù li rassicura e ci rassicura: non vi preoccupate – Egli ci ripete quest’oggi -, non temete! “Se aveste fede quanto un granellino di senapa, potreste dire a questo gelso: sii sradicato e trapiantato nel mare, ed esso vi ascolterebbe” (Lc 17,6). Per chi ha fede l’impossibile diventa possibile. Il gelso viene citato da Gesù perché ha radici profonde e solide, resistenti anche a venti impetuosi… eppure un “granellino” di fede può sradicarlo e trapiantarlo nel mare. La parola “fede”, nella lingua semitica che Gesù usava abitualmente, indica “fermezza e certezza, sicurezza e fiducia”. Più che un’idea astratta è qualcosa di assai concreto: e ben la raffigura l’immagine di un bambino che riposa tranquillo tra le braccia della madre. È proprio così: aver fede è lasciarsi abbracciare da Dio in ogni situazione. Il vangelo di oggi pone in evidenza questa fiducia in Dio che scaturisce dal credere che Egli mantiene le sue promesse perché è buono, potente e misericordioso.

Accresci la nostra fede – Giovanni Paolo II (Omelia, 8 Ottobre 1995): Questa deve essere la nostra costante preghiera. La fede è sempre esigente, poiché ci porta al di là di noi stessi. Ci porta direttamente a Dio. La fede inoltre conferisce una visione dello scopo della vita e ci esorta all’azione. Il Vangelo di Cristo non è un’opinione privata, un ideale spirituale remoto o un semplice programma di crescita personale. Il Vangelo è la forza che può trasformare il mondo! Il Vangelo non è un’astrazione: è la persona viva di Gesù Cristo, la Parola di Dio […]. Come possiamo professare la fede nella parola di Dio, e poi impedirle di ispirare e orientare il nostro pensiero, la nostra attività, le nostre decisioni e le nostre responsabilità reciproche?

La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: Scandalizzarsi in Cristo e nella Chiesa – «Chi ama suo fratello, dimora nella luce e non vi è scandalo in lui (1Gv 2,10). Chi sono coloro che subiscono o danno scandalo? Sono quelli che si scandalizzano in Cristo o nella Chiesa. Se tu hai la carità, non ti scandalizzerai né in Cristo, né nella Chiesa; tu non abbandonerai né Cristo, né la Chiesa. Infatti, se uno abbandona la Chiesa, come può essere in Cristo, non trovandosi più tra le membra di Cristo? Come può essere in Cristo, non trovandosi nel corpo di Cristo? Si scandalizzano, dunque, quelli che abbandonano Cristo o la Chiesa. Ma come è che non vi è scandalo in colui che ama il fratello? In quanto colui che ama il fratello sopporta tutto per l’unità, perché l’amore fraterno consiste nell’unità dell’amore» (Agostino).

Silenzio / Preghiera / La tua traccia: «Oggi vorrei iniziare alcune catechesi sul mistero della Chiesa, mistero che tutti noi viviamo e di cui siamo parte… La stessa parola “Chiesa”, dal greco ekklesia, significa “convocazione”: Dio ci convoca, ci spinge ad uscire dall’individualismo, dalla tendenza a chiudersi in se stessi e ci chiama a far parte della sua famiglia… Da dove nasce… la Chiesa? Nasce dal gesto supremo di amore della Croce, dal costato aperto di Gesù da cui escono sangue ed acqua, simbolo dei Sacramenti dell’Eucaristia e del Battesimo. Nella famiglia di Dio, nella Chiesa, la linfa vitale è l’amore di Dio che si concretizza nell’amare Lui e gli altri, tutti, senza distinzioni e misura. La Chiesa è famiglia in cui si ama e si è amati. Quando si manifesta la Chiesa? L’abbiamo celebrato due domeniche fa; si manifesta quando il dono dello Spirito Santo riempie il cuore degli Apostoli e li spinge ad uscire e iniziare il cammino per annunciare il Vangelo, diffondere l’amore di Dio. Ancora oggi qualcuno dice: “Cristo sì, la Chiesa no”. Come quelli che dicono “io credo in Dio ma non nei preti”. Ma è proprio la Chiesa che ci porta Cristo e che ci porta a Dio; la Chiesa è la grande famiglia dei figli di Dio. Certo ha anche aspetti umani; in coloro che la compongono, Pastori e fedeli, ci sono difetti, imperfezioni, peccati, anche il Papa li ha e ne ha tanti, ma il bello è che quando noi ci accorgiamo di essere peccatori, troviamo la misericordia di Dio, il quale sempre perdona. Non dimenticatelo: Dio sempre perdona e ci riceve nel suo amore di perdono e di misericordia. Alcuni dicono che il peccato è un’offesa a Dio, ma anche un’opportu-nità di umiliazione per accorgersi che c’è un’altra cosa più bella: la misericordia di Dio. Pensiamo a questo. Domandiamoci oggi: quanto amo io la Chiesa? Prego per lei? Mi sento parte della famiglia della Chiesa? Che cosa faccio perché sia una comunità in cui ognuno si senta accolto e compreso, senta la misericordia e l’amore di Dio che rinnova la vita? La fede è un dono e un atto che ci riguarda personalmente, ma Dio ci chiama a vivere insieme la nostra fede, come famiglia, come Chiesa» (Papa Francesco, Udienza Generale, 29 Maggio 2013).

Santo del giorno: 12 Novembre – San Giosafat Kuncewycz, Vescovo e martire: “Nasce a Wolodymyr in Volynia (Ucra-ina) nel 1580 e viene ricordato come il simbolo di una Russia ferita dalle lotte tra ortodossi e uniati. La diocesi di Polock si trovava in Rutenia, regione che dalla Russia era passata in parte sotto il dominio del Re di Polonia, Sigismondo III. La fede dei Polacchi era quella cattolica romana; in Rutenia invece, come nel resto della Russia, i fedeli aderivano alla Chiesa greco-ortodossa. Si tentò allora un’unione della Chiesa greca con quella latina. Si mantennero cioè i riti e i sacerdoti ortodossi, ma si ristabilì la comunione con Roma. Questa Chiesa, detta «uniate», incontrò l’approvazione del Re di Polonia e del Papa Clemente VIII. Gli ortodossi, però, accusavano di tradimento gli uniati, che non erano ben accetti nemmeno dai cattolici di rito latino. Giovanni Kuncevitz, che prese il nome di Giosafat, fu il grande difensore della Chiesa uniate. A vent’anni era entrato tra i monaci basiliani. Monaco, priore, abate e finalmente arcivescovo di Polock, intraprese una riforma dei costumi monastici della regione rutena, migliorando così la Chiesa uniate. Ma a causa del suo operato nel 1623 un gruppo di ortodossi lo assalì e lo uccise a colpì di spada e di moschetto” (Av-venire).

Preghiamo: Suscita nella Chiesa, o Padre, il tuo Santo Spirito, che mosse il vescovo san Giosafat a dare la vita per il suo popolo, perché, fortificati dallo stesso Spirito, non esitiamo a donare la nostra vita per i fratelli. Per il nostro Signore Gesù Cristo…

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