Liturgia, Ottobre

21 Ottobre 2018 – XXIX del Tempo Ordinario (B)

Antifona d’ingresso

Io t’invoco, mio Dio: dammi risposta, rivolgi a me l’orecchio e ascolta la mia preghiera. Custodiscimi, o Signore, come la pupilla degli occhi, proteggimi al-l’ombra delle tue ali. (Sal 17,6.8)

Colletta

Dio Onnipotente ed eterno, crea in noi un cuore generoso e fedele, perché possiamo sempre servirti con lealtà e purezza di spirito. Per il nostro Signore Gesù Cristo…

Oppure: 

Dio della pace e del perdono, tu ci hai dato in Cristo il sommo sacerdote che è entrato nel santuario dei cieli in forza dell’unico sacrificio di espiazione; concedi a tutti noi di trovare grazia davanti a te, perché possiamo condividere fino in fondo il calice della tua volontà e partecipare pienamente alla morte redentrice del tuo Figlio. Egli è Dio, e vive e regna con te…

Prima Lettura                    Is 53,10-11

Quando offrirà se stesso in sacrificio di riparazione, vedrà una discendenza.

Il quarto canto del Servo di Jahvé riprende il tema della sofferenza. Dopo una lista di tormenti e prove, i versetti 10 e 11 mettono in chiaro come la sofferenza sia la sua missione: il Signore ha progettato tutto questo ed il Servo lo accetta con la mitezza di un agnello che è destinato al macello. I tormenti sofferti ac-quistano il valore di sacrificio espiatorio quando egli prenderà su di sé volontariamente il peccato altrui e il castigo e offrirà se stesso come “sacrificio”, cioè renderà sacra, separata dalle cose mondane, l’umanità che egli ha abbracciato, che diventa tutta di Dio per mezzo della conoscenza, intesa nel senso biblico di esperienza e intimità.

Dal libro del profeta Isaìa

Al Signore è piaciuto prostrarlo con dolori. Quando offrirà se stesso in sacrificio di riparazione, vedrà una discendenza, vivrà a lungo, si compirà per mezzo suo la volontà del Signore. Dopo il suo intimo tormento vedrà la luce e si sazierà della sua conoscenza; il giusto mio servo giustificherà molti, egli si addosserà le loro iniquità.   Parola di Dio.

Salmo Responsoriale                 Dal Salmo 32 (33)

Donaci, Signore, il tuo amore: «L’amore di Dio per noi si è mostrato creando, a nostro vantaggio, il cielo e la terra con le creature che vi abitano; con questa sua somma attenzione per noi egli ha dimostrato la bontà del suo amore. Perciò anche le creature devono avvicinarsi a Dio in vero amore, con fede, con speranza e nell’osservanza dei suoi comandamenti: egli, per questo, le ricompenserà. Se, infatti, noi lo ringraziamo in tutto per la sua attenzione benefica, noi riconosciamo la verità e ci dichiariamo suoi, restando sempre a lui obbedienti, anche nella prova che ci viene dalla sua volontà; nell’ansia e nella pace uniti sempre all’amore che è presso Dio, in tutta santità nello spirito e nella carne, lo ripeto, per sempre. E non daremo mai il nome di creatore alle creature, distorcendo la verità nella falsità, ma resteremo in amicizia e in un servizio di amore, puro, immacolato e incensurato, per sempre. Tutte queste disposizioni, rette e giuste, del Creatore resteranno valide per le creature, per sempre» (Mesrop armeno).

Rit. Donaci, Signore, il tuo amore: in te speriamo.

Retta è la parola del Signore

e fedele ogni sua opera.

Egli ama la giustizia e il diritto;

dell’amore del Signore è piena la terra. Rit.

Ecco, l’occhio del Signore è su chi lo teme,

su chi spera nel suo amore,

per liberarlo dalla morte

e nutrirlo in tempo di fame. Rit.

L’anima nostra attende il Signore:

egli è nostro aiuto e nostro scudo.

Su di noi sia il tuo amore, Signore,

come da te noi speriamo. Rit.

Seconda Lettura                Eb 4,14-16

Accostiamoci con piena fiducia al trono della grazia.

Con Gesù, ora assiso nei cieli alla destra del Padre, il trono di Dio è divenuto il trono della Grazia. Con questa definizione l’Autore della lettera agli Ebrei mette in evidenza l’opera redentrice di Cristo che ha come frutto l’accesso fiducioso a Dio essendo egli stesso sia l’intercessore che il Signore.

Dalla lettera agli Ebrei

Fratelli, poiché abbiamo un sommo sacerdote grande, che è passato attraverso i cieli, Gesù il Figlio di Dio, manteniamo ferma la professione della fede. Infatti non abbiamo un sommo sacerdote che non sappia prendere parte alle nostre debolezze: egli stesso è stato messo alla prova in ogni cosa come noi, escluso il peccato. Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia per ricevere misericordia e trovare grazia, così da essere aiutati al momento opportuno.   Parola di Dio.

Canto al Vangelo                       Cfr. Mc 10,45

Alleluia, alleluia.

Il Figlio dell’uomo è venuto per servire e dare la propria vita in riscatto per molti.

Alleluia.

Vangelo     Mc 10,35-45      Forma breve: 10,42-45

Il Figlio dell’uomo è venuto per dare la propria vita in riscatto per molti.

I figli di Zebedèo, riferendosi alla promessa di Gesù dei dodici troni sui quali si sarebbero seduti coloro che avevano lasciato tutto per seguirlo (cfr. Mt 19,28), avanzano la richiesta dei posti d’onore pensando di condividere un potere e una gloria secondo la concezione umana. Ma non sta a Gesù assegnare onori: finché non sarà glorificato, dopo la sua morte e risurrezione: egli può solo indicare la strada che porta alla gloria, ed è quella della croce.

Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, si avvicinarono a Gesù Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedèo, dicendogli: «Maestro, vogliamo che tu faccia per noi quello che ti chiederemo». Egli disse loro: «Che cosa volete che io faccia per voi?». Gli risposero: «Concedici di sedere, nella tua gloria, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra». Gesù disse loro: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io bevo, o essere battezzati nel battesimo in cui io sono battezzato?». Gli risposero: «Lo possiamo». E Gesù disse loro: «Il calice che io bevo, anche voi lo berrete, e nel battesimo in cui io sono battezzato anche voi sarete battezzati. Ma sedere alla mia destra o alla mia sinistra non sta a me concederlo; è per coloro per i quali è stato preparato». Gli altri dieci, avendo sentito, cominciarono a indignarsi con Giacomo e Giovanni. Allora [Gesù li chiamò a sé e disse loro: «Voi sapete che coloro i quali sono considerati i governanti delle nazioni dominano su di esse e i loro capi le opprimono. Tra voi però non è così; ma chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti. Anche il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti».]

Parola del Signore.

La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa

Gli altri dieci, avendo sentito, cominciarono a indignarsi con Giacomo e Giovanni – CCC 2540: L’invidia rappresenta una delle forme della tristezza e quindi un rifiuto della carità; il battezzato lotterà contro l’invidia mediante la benevolenza. L’invidia spesso è causata dall’orgoglio; il battezzato si impegnerà a vivere nell’umiltà.

Servi umili – Catechismo dei Giovani (Io ho scelto voi – Cap. 2 – In cammino con gli altri – Vivere la comunione nella Chiesa: Testimoni di amore e di fraternità): La comunione non può nascere da calcoli umani, da semplici legami di razza o di cultura. Ogni qualvolta gli uomini hanno coltivato questi miti, hanno prodotto nuove divisioni e discriminazioni. La comunione ha inizio là dove, superando ogni distinzione, gli uomini accolgono il dono di un Dio che, in Gesù, ha rivelato una paternità nuova, perché essi formino una sola famiglia. Per questo la Chiesa, vivendo la comunione, offre un servizio agli uomini, bisognosi di riconoscere le strade che conducono alla pace. Tale servizio esige umiltà, perché gli atteggiamenti orgogliosi e sprezzanti possono creare spaccature e incomprensioni. Esige anche accoglienza e bontà, perché ignorare gli altri o essere duri con loro può allontanarli da noi. Richiede soprattutto comprensione, pazienza e capacità di perdono, perché i limiti e gli errori non divengano motivo di una rottura definitiva.

L’umiltà è il fondamento permanente del nostro cammino – Catechismo degli Adulti 932: Una volta convertiti dobbiamo convertirci ancora. «La conversione si esprime fin dall’inizio con una fede totale e radicale, che non pone né limiti né remore al dono di Dio. Al tempo stesso, però, essa determina un processo dinamico e permanente che dura per tutta l’esistenza, esigendo un passaggio continuo dalla “vita secondo la carne” alla “vita secondo lo Spirito”». In questo spirito la Chiesa ogni anno propone a tutti la Quaresima quale segno liturgico della conversione. Dobbiamo renderci conto della precarietà della vita nuova in noi, sempre bisognosa di uno speciale aiuto di Dio. Questa umile consapevolezza costituisce il fondamento permanente del nostro cammino: «Il primo passo è l’umiltà; il secondo passo è ancora l’umiltà; il terzo ancora l’umiltà; e per quanto tu chieda, io darò sempre la stessa risposta: l’umiltà». Dobbiamo ritenerci ancora lontani dalla meta e progredire verso di essa. «Fratelli, state lieti, tendete alla perfezione, fatevi coraggio a vicenda» (2Cor 13,11). La carità vuole crescere. Chi rinuncia deliberatamente a progredire, non ha la carità; è ancora schiavo del peccato. Il progresso poi consiste nel cercare di evitare ogni peccato mortale e ogni peccato veniale deliberato, e nel fare il bene con motivazioni sempre più pure.

L’umiltà è il fondamento della preghiera – CCC 2559: «La preghiera è l’eleva-zione dell’anima a Dio o la domanda a Dio di beni convenienti». Da dove partiamo pregando? Dall’altezza del nostro orgoglio e della nostra volontà o «dal profondo» di un cuore umile e contrito? È colui che si umilia ad essere esaltato. L’umiltà è il fondamento della preghiera. «Nemmeno sappiamo che cosa sia conveniente domandare». L’umiltà è la disposizione necessaria per ricevere gratuitamente il dono della preghiera: l’uomo è un mendicante di Dio.

Umiltà per ricevere il Signore nel sacramento dell’Eucarestia – CCC 1384-1386: Il Signore ci rivolge un invito pressante a riceverlo nel sacramento dell’Eucari-stia: «In verità, in verità vi dico: se non mangiate la Carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo Sangue, non avrete in voi la vita» (Gv 6,53). Per rispondere a questo invito dobbiamo prepararci a questo momento così grande e così santo. San Paolo esorta a un esame di coscienza: «Chiunque in modo indegno mangia il pane o beve il calice del Signore, sarà reo del Corpo e del Sangue del Signore. Ciascuno, pertanto, esamini se stesso e poi mangi di questo pane e beva di questo calice; perché chi mangia e beve senza riconoscere il Corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna» (1Cor 11,27-29). Chi è consapevole di aver commesso un peccato grave, deve ricevere il sacramento della Riconciliazione prima di accedere alla Comunione. Davanti alla grandezza di questo sacramento, il fedele non può che fare sua con umiltà e fede ardente la supplica del centurione: «Domine, non sum dignus ut intres sub tectum meum: sed tantum dic verbo, et sanabitur anima mea» – «O Signore, non sono degno di partecipare alla tua mensa: ma di’ soltanto una parola e io sarò salvato».

Un cristiano superbo è una contraddizione nei suoi termini stessi – Paolo VI (Udienza Generale, 5 Febbraio 1975): L’uomo, nella concezione e nella realtà del cattolicesimo, è grande; e tale deve sentirsi nella sua coscienza, nel valore del suo operare, nella speranza del suo finale destino. Se non che una ingiunzione, la quale investe tutta la personalità dell’uomo, i suoi pensieri, il suo stile di vita, il suo rapporto con i suoi simili, gli impone nello stesso tempo di essere umile. Che l’umiltà sia un’esigenza, potremmo dire costituzionale, della psicologia e della moralità del cristiano nessuno potrà negare. Un cristiano superbo è una contraddizione nei suoi termini stessi. Se vogliamo rinnovare la vita cristiana non possiamo tacere la lezione e la pratica dell’umiltà.

Preghiera dei Fedeli       (proposta)

Fratelli e sorelle, Gesù non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per tutti gli uomini. Preghiamo per aver la forza di seguire il suo esempio.

Preghiamo insieme e diciamo: Ascoltaci, o Signore.

– Per coloro che nella Chiesa rivestono un incarico come membri del consiglio parrocchiale o catechisti e animatori, perché abbiano sempre presente l’esem-pio e le parole di Gesù, che ci stimola a vivere a servizio del nostro prossimo, preghiamo. Rit.

– Per i cristiani che occupano un posto di potere, perché testimonino lo spirito di servizio e vivano il loro ruolo di autorità con uno stile evangelico, preghiamo. Rit.

– Per coloro che cercano di essere primi, che lottano per avere un posto migliore nella società, perché Dio illumini il loro cuore e li allontani dal compiere soprusi e prepotenze nei confronti delle altre persone, preghiamo. Rit.

– Per la nostra comunità cristiana, perché veda nei più poveri e nei più deboli Cristo umiliato, da amare e da servire nel volto dei fratelli, preghiamo. Rit.

Celebrante: Signore Gesù, tu che hai voluto essere il servo di tutti, e ancora oggi ti doni nell’Eucaristia per nutrire la nostra debolezza e trasformarla nella tua forza, rinnova i nostri cuori perché possiamo farci tutto a tutti e donare la nostra vita come hai fatto tu, che vivi e regni nei secoli dei secoli.

Preghiera sulle offerte

Donaci, o Padre, di accostarci degnamente al tuo altare, perché il mistero che ci unisce al tuo Figlio sia per noi principio di vita nuova. Per Cristo nostro…

Prefazio delle Domeniche del Tempo Ordinario V                  (proposta)

La creazione loda il Signore.

È veramente cosa buona e giusta renderti grazie

e innalzare a te l’inno di benedizione e di lode, Dio onnipotente ed eterno.

Tu hai creato il mondo nella varietà dei suoi elementi,

e hai disposto l’avvicendarsi dei tempi e delle stagioni.

All’uomo, fatto a tua immagine, hai affidato le meraviglie dell’universo,

perché, fedele interprete dei tuoi disegni, eserciti il dominio su ogni creatura,

e nelle tue opere glorifichi te, Creatore e Padre, per Cristo nostro Signore.

E noi, con tutti gli angeli del cielo, innalziamo a te il nostro canto,

e proclamiamo insieme la tua gloria: Santo…

 

Antifona alla comunione

Gli occhi del Signore sono su quanti lo temono, su quanti sperano nella sua grazia, per salvare la loro vita dalla morte, per farli sopravvivere in tempo di fame. (Sal 33,18-19)

Oppure: 

Il Figlio dell’uomo è venuto per dare la sua vita in riscatto per tutti gli uomini. (Mc 10,45)

Preghiera dopo la comunione

O Signore, questa celebrazione eucaristica, che ci ha fatto pregustare le realtà del cielo, ci ottenga i tuoi benefici nella vita presente e ci confermi nella speranza dei beni futuri. Per Cristo nostro Signore.

Un po’ di pane per camminare

«Il calice che io bevo, anche voi lo berrete, e nel battesimo in cui io sono battezzato anche voi sarete battezzati». A volte la Scrittura ci spiazza con affermazioni che non ci aspettiamo e che ci lasciano insonni. Una di questa potrebbe essere la frase del profeta Isaìa con cui ha inizio la Prima Lettura di questa domenica: «Al Signore è piaciuto prostrarlo con dolori»! Gli fa eco anche la Seconda Lettura, dove l’autore sacro afferma del Cristo: «Egli stesso è stato messo alla prova in ogni cosa come noi, escluso il peccato». E certamente le promesse di Gesù, che in parte abbiamo riportato come frase di apertura di questa nostra riflessione, non sono certo lusinghiere e foriere di serenità, almeno per quello che comunemente e umanamente intendiamo come “serenità”. Sembrerebbe che Dio è messo lì, quasi a provar gusto nel mandare dolori e umiliazioni, prove e sofferenze. E questo certamente stride con la visione di un Dio Padre, misericordioso e pietoso, lento all’ira e grande nella carità! Qual è dunque il vero volto di Dio? Anzitutto, quanto affermato dalla Scrittura ci ricorda una verità della nostra fede: esiste un male, una sofferenza, situazioni spiacevoli e dolorose, che sono la diretta conseguenza delle nostre scelte sbagliate, dei nostri peccati, dell’egoismo dell’uomo, della fame di soldi e di potere… e in tutto questo Dio c’entra poco: la colpa va ricercata nel nostro libero arbitrio, affermare il contrario (e cioè che Dio dovrebbe intervenire in tutto questo) significherebbe desiderare che Dio ci tratti come marionette o robot programmati solo a fare ciò che a lui piace. Tutto ciò sarebbe contrario alla dignità di cui Dio ci ha rivestiti, alla possibilità di amare offertaci nella libertà di scegliere il bene o il male (e senza scelta non ci sarebbe nemmeno merito)! Ma, andando oltre, capiamo che esiste un male “utile”: è la sofferenza accolta per amore e trasformata in riparazione. “La sofferenza viene riscattata dall’amore: diventa amore” (B. Maggioni). La sofferenza, mai voluta ma permessa da Dio, diventa punto di divisione tra chi rimane fedele e chi si ribella; la sofferenza è segno di chi è pronto a donare se stesso per amore degli altri; di chi sale con Cristo sulla Croce per la redenzione di ogni uomo.

 

 

 

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