liturgia

11 Ottobre 2018

Giovedì, XXVII del Tempo Ordinario – (I Lettura: Gal 3,1-5; Salmo Responsoriale: Lc 1,68-75; Vangelo: Lc 11,5-13) – I Lettura: Paolo affronta il problema della giustificazione e inizia con un aspro rimprovero ai Gàlati perché colpevoli di aver abbandonato l’insegnamento su Cristo crocifisso, dimenticando l’esperienza dello Spirito e del dono dei suoi carismi, ricevuti per aver creduto. Vangelo: Lo scopo della parabola, che ci viene offerta nella liturgia odierna, ha l’obbiettivo di insegnare la perseveranza nella preghiera. È necessario pregare incessantemente fino anche a risultare importuni, Gesù conosce bene il cuore del Padre e sa bene che può tranquillamente osare nel darci questo insegnamento. Ciò che bisogna chiedere con insistenza nella preghiera, più di ogni altra cosa, è la signoria salvifica di Gesù.

 Chiedete e vi sarà dato – Dal Vangelo secondo Luca: In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: «Se uno di voi ha un amico e a mezzanotte va da lui a dirgli: “Amico, prestami tre pani, perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla da offrirgli”, e se quello dall’interno gli risponde: “Non m’importunare, la porta è già chiusa, io e i miei bambini siamo a letto, non posso alzarmi per darti i pani”, vi dico che, anche se non si alzerà a darglieli perché è suo amico, almeno per la sua invadenza si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono. Ebbene, io vi dico: chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chiunque chiede riceve e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto. Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pesce, gli darà una serpe al posto del pesce? O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione? Se voi dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono!».

 Riflessione: “«Chiedete e vi sarà dato…». Con diversi termini, Cristo dice qui una sola cosa: la preghiera dei suoi discepoli è infallibilmente ascoltata da Dio, ed è capace di ottenere quello che chiede, quando è conforme ai disegni salvifici di Dio. Questo in forza di due condizioni che vengono specificate successivamente. La prima è la divina paternità: «Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pesce, gli darà al posto del pesce una serpe?». Chi vive il proprio rapporto con il Signore caricandolo di sospetti e di sfiducia, non vive nella divina paternità, e quindi la sua preghiera gira a vuoto e può risultare perfino offensiva per il Cuore di Dio. Anche un uomo normale si offenderebbe, se suo figlio gli parlasse come uno che non si fida o che sospetta di lui. La sfiducia nel proprio rapporto con Dio è come una scure che colpisce alla radice l’efficacia della preghiera e la sterilizza. Chi non crede nella divina paternità, può solamente ripetere parole e formule, perché solo l’affidamento personale alla divina paternità è la base su cui nasce la preghiera autentica del figlio, quella efficace. La prima condizione è quindi avere vinto tutti i focolai di sfiducia e di dubbio, che Satana mette nel pensiero umano. La seconda condizione si ricava dal versetto conclusivo del brano: «… il Padre celeste darà lo Spirito Santo a coloro che glielo chiedono!». Questo versetto entra in merito alla gerarchia dei valori che si custodisce nel cuore. È senz’altro vero che chi cerca trova, e chi chiede ottiene. Ma cosa occorre chiedere? Il fatto è che, nella nostra preghiera personale, noi chiediamo molte cose che sembrano urgenti e necessarie per noi, ma non chiediamo lo Spirito Santo, sintesi di tutti i doni desiderabili. Nella nostra preghiera siamo spesso guidati dalle nostre priorità, lasciando in ombra le priorità di Dio. In questo modo sperimentiamo una preghiera disordinata. La richiesta infallibile, sicuramente ascoltata da Dio, è quella che chiede lo Spirito Santo, il Dono dei doni, nel quale viene elargito ogni altro dono. Da questa richiesta dipendono infatti tutte le altre. Quando noi riceviamo lo Spirito Santo, e ci riempiamo della sua luce e dei suoi doni, abbiamo realizzato la nostra vita cristiana in modo pieno e completo” (Cuffaro).

La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: O stolti Gàlati, chi vi ha incantati? – Ad Gentes 13: Ovunque Dio apre una porta della parola per parlare del mistero del Cristo, ivi a tutti gli uomini, con franchezza e con perseveranza deve essere annunziato il Dio vivente e colui che egli ha inviato per la salvezza di tutti, Gesù Cristo. Solo così i non cristiani, a cui aprirà il cuore lo Spirito Santo, crederanno e liberamente si convertiranno al Signore, e sinceramente aderiranno a colui che, essendo «la via, la verità e la vita» (Gv 14,6), risponde a tutte le attese del loro spirito, anzi le supera infinitamente. Una tale conversione va certo intesa come un inizio: eppure è sufficiente perché l’uomo avverta che, staccato dal peccato, viene introdotto nel mistero dell’amore di Dio, che lo chiama a stringere nel Cristo una relazione personale con lui. Difatti, sotto l’azione della grazia di Dio, il neo-convertito inizia un itinerario spirituale in cui, trovandosi già per la fede in contatto con il mistero della morte e della risurrezione, passa dall’uomo vecchio all’uomo nuovo che in Cristo trova la sua perfezione. Questo passaggio, che implica un progressivo cambiamento di mentalità e di costumi, deve manifestarsi nelle sue conseguenze di ordine sociale e svilupparsi progressivamente nel tempo del catecumenato. E poiché il Signore in cui si crede è segno di contraddizione, non di rado chi si è convertito va incontro a rotture e a distacchi, ma anche a gioie, che Dio generosamente concede. La Chiesa proibisce severamente di costringere o di indurre e attirare alcuno con inopportuni raggiri ad abbracciare la fede, allo stesso modo in cui rivendica energicamente il diritto che nessuno con ingiuste vessazioni sia distolto dalla fede stessa. Secondo una prassi antichissima nella Chiesa, i motivi della conversione vanno bene esaminati, e, se è necessario, purificati.

Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete… – Giovanni Paolo II (Angelus, 27 luglio 1980): Un modello di simile preghiera perseverante, umile e, nello stesso tempo, fiduciosa si riscontra nell’Antico Testamento, in Abramo, il quale supplica Dio per la salvezza di Sodoma e di Gomorra, se almeno vi si trovassero dieci giusti. Così dunque dobbiamo incoraggiarci sempre maggiormente alla preghiera. Dobbiamo ricordare spesso l’esortazione di Cristo: “Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto”. In particolare, dobbiamo ricordarla quando perdiamo la fiducia o la voglia di pregare. Dobbiamo anche sempre nuovamente imparare a pregare. Spesse volte avviene che ci dispensiamo dal pregare con la scusa di non saperlo fare. Se davvero non sappiamo pregare, tanto più allora è necessario impararlo. Ciò è importante per tutti, e sembra essere particolarmente importante per i giovani, i quali spesso tralasciano la preghiera che hanno imparato da bambini perché essa sembra loro troppo infantile, ingenua, poco profonda. Invece un simile stato di coscienza costituisce uno stimolo indiretto ad approfondire la propria preghiera, a renderla più riflessiva, più matura, a cercare l’appoggio per essa nella parola di Dio stesso e nello Spirito Santo, il quale “intercede con insistenza per noi, con gemiti inesprimibili”, come scrive san Paolo (Rm 8,26).

 La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: «Ogni mio desiderio è davanti a te, Signore [Sal 37,10]. Non davanti agli uomini, che sono incapaci di vedere il cuore, ma davanti a te, mio Dio. Metti davanti a lui il tuo desiderio: il Padre che vede nel segreto lo riconoscerà [Mt 8,6]. Il tuo desiderio è già preghiera; se il desiderio è continuo, continua è la preghiera. Quando l’apostolo raccomanda: Pregate senza interruzione (1Ts 5,17), non dice certo parole vane. Ma è forse vero che noi, per adempiere a questo consiglio, dobbiamo stare continuamente in ginocchio, o prostrati, o a mani levate? Se per noi la preghiera consiste in questo, ebbene, io credo che non possiamo pregare senza interruzione. Ma c’è un’altra preghiera, che è interiore e non si interrompe mai: il desiderio. Qualunque cosa tu faccia, se desideri la pace di Dio, in realtà preghi continuamente. Se non vuoi smettere di pregare, non smettere di desiderare. Se il tuo desiderio è continuo, continua è la tua voce. Taci solo quando smetti di amare. Hanno taciuto coloro dei quali è scritto: A motivo della crescente iniquità, in molti si raffredderà l’amore [Mt 24,12]. Il gelo della carità è il silenzio del cuore, l’ardore ne è il grido. Se la carità rimane sempre salda, il tuo grido non si spegne; se il grido non si interrompe, il desiderio è continuo, e se questo desiderio lo hai sempre, vuol dire che non ti dimentichi della pace di Dio» (Sant’Agostino).

 Silenzio / Preghiera / La tua traccia: La parabola del visitatore importuno serve a mettere in evidenza la bontà, la provvidenza e la misericordia di Dio. Per gli orientali in genere l’ospitalità è sacra, per cui, nonostante l’ora tarda, l’amico esaudisce la richiesta inopportuna. Nel racconto parenetico non si deve ricercare l’equivalente di ogni particolare, essendo sufficiente cogliere il messaggio centrale: un’ostinata richiesta di aiuto che alla fine viene esaudita. Come nella parabola della vedova e del giudice disonesto (cfr. Lc 18,1-8), nel testo lucano si trova «il cosiddetto argomento a fortiori che si pone in parallelo con un altro argomento più debole; si argomenta più o meno in questo modo: se quel tale si è alzato di notte per soddisfare le richieste dell’amico importuno [quindi contro voglia] a maggior ragione [a fortiori] Dio interverrà per soccorrere i suoi figli. La parabola infonde quindi serena fiducia nel sicuro intervento di Dio» (Don Mauro Orsatti). I tre imperativi posti di seguito, chiedete… cercate… bussate, oltre a mettere in evidenza l’insistenza con cui bisogna cercare sottolineano la certezza dell’intervento divino. Per Luca il dono dei doni è lo Spirito Santo che il Padre elargisce largamente a tutti coloro che lo chiedono. L’affermazione di Gesù, voi, che siete cattivi, non deve risultare offensiva per l’uomo perché vuole solo mettere in evidenza la deficienza creaturale dell’uomo (cfr. Gv 15,5: «Senza di me non potete far nulla»). È una spinta ad aprirsi alla potenza di Dio il quale non farà mai mancare la sua presenza, il suo amore, il suo aiuto quotidiano, anche nelle situazioni più disperate (cfr. 2Cor 12,7-9).

Santo del giorno: 11 Ottobre – San Giovanni XXIII (Angelo Giuseppe Roncalli), Papa: Angelo Giuseppe Roncalli nacque a Sotto il Monte, piccolo borgo del bergamasco, il 25 novembre 1881, figlio di poveri mezzadri. Divenuto prete, rimase per quindici anni a Bergamo, come segretario del vescovo e insegnante in seminario. Allo scoppio della prima guerra mondiale fu chiamato alle armi come cappellano militare. Inviato in Bulgaria e in Turchia come visitatore apostolico, nel 1944 fu nominato Nunzio apostolico a Parigi, per divenire poi nel 1953 Patriarca di Venezia. Il 28 ottobre 1958 salì al soglio pontificio, come successore di Pio XII, assumendo il nome di Giovanni XXIII, 261° Papa della Chiesa Cattolica. Avviò il Concilio Vaticano II, ma non ne vide la conclusione: morì infatti il 3 giugno 1963. Nel suo breve ma intenso pontificato, durato poco meno di cinque anni, riuscì a farsi amare dal mondo intero. È stato beatificato il 3 settembre del 2000 e canonizzato il 27 aprile 2014. I suoi resti mortali riposano dal 2001 nella Basilica di San Pietro a Roma, precisamente nella navata destra, sotto l’altare di San Girolamo.

 Preghiamo: O Dio, fonte di ogni bene, che esaudisci le preghiere del tuo popolo al di là di ogni desiderio e di ogni merito, effondi su di noi la tua misericordia: perdona ciò che la coscienza teme e aggiungi ciò che la preghiera non osa sperare. Per il nostro Signore Gesù Cristo…

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