meditazioni, Ottobre

6 Ottobre 2018

6 Ottobre 2018 – Sabato, XXVI del Tempo Ordinario – (Gb 42,1-3.5-6.12-17; Sal 118[119]; Lc 10,17-24) – I Lettura: Quello di Giobbe è un vero cammino di ascesi nella verità. Lui sostiene due verità: la sua innocenza e l’innocenza di Dio. Ma non bastano. Dio interviene e vi aggiunge la necessità del silenzio adorante e la confessione di ignoranza da parte dell’uomo. Nella piena consapevolezza dei suoi limiti l’uomo si piega al volere benefico di Dio e dalla sua sottomissione riceve onore e ogni dono dal cielo. Vangelo: L’invio dei 72, in Luca, prefigura la missione universale della Chiesa che verrà raccontata dall’evangelista negli Atti degli Apostoli. Il brano viene collocato all’interno del viaggio di Gesù a Gerusalemme e manifesta la sua intenzione determinata a mostrare il volto misericordioso del Dio della vita. I 72, e dunque la Chiesa, hanno la stessa missione di Gesù e devono condividerne obiettivi, intenzioni, metodi: non si può pensare l’opera missionaria se non in assoluta e strettissima continuità con l’agire di Gesù.

Rallegratevi perché i vostri nomi sono scritti nei cieli – Dal Vangelo secondo Luca: In quel tempo, i settantadue tornarono pieni di gioia, dicendo: «Signore, anche i demòni si sottomettono a noi nel tuo nome». Egli disse loro: «Vedevo Satana cadere dal cielo come una folgore. Ecco, io vi ho dato il potere di camminare sopra serpenti e scorpioni e sopra tutta la potenza del nemico: nulla potrà danneggiarvi. Non rallegratevi però perché i demòni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto perché i vostri nomi sono scritti nei cieli». In quella stessa ora Gesù esultò di gioia nello Spirito Santo e disse: «Ti rendo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio e nessuno sa chi è il Figlio se non il Padre, né chi è il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo». E, rivolto ai discepoli, in disparte, disse: «Beati gli occhi che vedono ciò che voi vedete. Io vi dico che molti profeti e re hanno voluto vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono».

Riflessione: «… rallegratevi piuttosto perché i vostri nomi sono scritti nei cieli». Gesù aveva inviato alcuni discepoli, settantadue in tutto, a due a due, nelle città vicine, dove Gesù stesso stava per recarsi. Essi tornarono, pieni di gioia, e riferirono a Gesù: «Signore, anche i demòni si sottomettono a noi nel tuo nome». Qual è la radice della gioia di questi discepoli? Non sono pieni di gioia per essere stati inviati, non sono pieni di gioia per aver avuto la possibilità di annunciare la venuta del Regno di Dio, ma sono pieni di gioia perché hanno potuto sperimentare la potenza di Dio in loro! E si sentono forti di questo “potere”: perfino i demòni si sottomettono! Anche le potenze più temibili, certamente superiori alle sole forze umane, appartenenti a spiriti immondi e violenti, devono chinare il capo e obbedire, devono fuggire al solo sentire nominare il nome di Cristo. E Gesù si trova costretto ad aggiustare il tiro, capisce che esiste il reale rischio di far emergere facili e devianti entusiasmi. Anzitutto li ascolta, li lascia parlare, lascia sfogare tutto il loro entusiasmo: non li rimprovera, non li contraddice, non li apostrofa con parole offensive o volte a spegnere il fuoco del loro ardore. Attende che raccontino ogni cosa, poi prende la parola e anzitutto conferma i loro racconti: «ve-devo Satana cadere dal cielo». Gesù conferma i poteri derivanti dalla loro fede nel nome del Signore, la capacità data agli uomini di «camminare sopra tutta la potenza del nemico». Ma la gioia, la vera gioia, non risiede nel potere, nei doni, nei carismi, nelle capacità operative: la gioia dell’uomo sprofonda le sue radici più belle nella certezza di appartenere a Dio, di essere uniti a lui per sempre; la certezza che niente e nessun potrà mai separarci dal suo amore; la certezza di essere suoi amati figli, di aver parte alla sua eredità, di aver ottenuto in Cristo tutto ciò che potevamo ottenere, nella massima misura. I nostri nomi sono scritti in Cielo, un posto è già preparato per noi, un posto nel Cuore di Dio che nessuno altro potrà mai occupare, che nessuno potrà mai rubarci. Quanta gioia dovrebbe esserci nel cuore del cristiano! Davvero, come afferma S. Teresa d’Avila, nulla dovrebbe poterci mai turbare. Non permettiamo a nessuno di rubarci la gioia di Dio.

La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: Un perenne invito alla gioia – Evangelii Gaudium 5: Il Vangelo, dove risplende gloriosa la Croce di Cristo, invita con insistenza alla gioia. Bastano alcuni esempi: «Rallegrati» è il saluto dell’angelo a Maria (Lc 1,28). La visita di Maria a Elisabetta fa sì che Giovanni salti di gioia nel grembo di sua madre (cfr. Lc 1,41). Nel suo canto Maria proclama: «Il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore» (Lc 1,47). Quando Gesù inizia il suo ministero, Giovanni esclama: «Ora questa mia gioia è piena» (Gv 3,29). Gesù stesso «esultò di gioia nello Spirito Santo» (Lc 10,21). Il suo messaggio è fonte di gioia: «Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena» (Gv 15,11). La nostra gioia cristiana scaturisce dalla fonte del suo cuore traboccante. Egli promette ai discepoli: «Voi sarete nella tristezza, ma la vostra tristezza si cambierà in gioia» (Gv 16,20). E insiste: «Vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno potrà togliervi la vostra gioia» (Gv 16,22). In seguito essi, vedendolo risorto, «gioirono» (Gv 20,20). Il libro degli Atti degli Apostoli narra che nella prima comunità «prendevano cibo con letizia» (At 2,46). Dove i discepoli passavano «vi fu grande gioia» (At 8,8), ed essi, in mezzo alla persecuzione, «erano pieni di gioia» (At 13,52). Un eunuco, appena battezzato, «pieno di gioia seguiva la sua strada» (At 8,39), e il carceriere «fu pieno di gioia insieme a tutti i suoi per aver creduto in Dio» (At 16,34). Perché non entrare anche noi in questo fiume di gioia?

Gesù esultò di gioia nello Spirito Santo – Dominum et Vivificantem 20: La teofania del Giordano rischiara solo fugacemente il mistero di Gesù di Nazareth, la cui intera attività si svolgerà sotto la presenza attiva dello Spirito Santo. Tale mistero sarebbe stato da Gesù stesso svelato e confermato gradualmente mediante tutto ciò che “fece e insegnò” (At 1,1). Sulla linea di questo insegnamento e dei segni messianici che Gesù compì prima di giungere al discorso di addio nel Cenacolo, troviamo eventi e parole che costituiscono momenti particolarmente importanti di questa progressiva rivelazione. Così l’evangelista Luca, che ha già presentato Gesù “pieno di Spirito Santo” e “condotto dallo Spirito nel deserto” (cfr. Lc 4,1), ci fa sapere che, dopo il ritorno dei settantadue discepoli dalla missione affidata loro dal Maestro (cfr. Lc 10,17-20), mentre pieni di gioia gli raccontavano i frutti del loro lavoro, “in quello stesso istante Gesù esultò nello Spirito Santo e disse: – io ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, che hai nascosto queste cose ai dotti e ai sapienti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, Padre, perché così ti è piaciuto” (Lc 10,21; cfr. Mt 11,25s). Gesù esulta per la paternità divina; esulta, perché gli è dato di rivelare questa paternità; esulta, infine, quasi per una speciale irradiazione di questa paternità divina sui “piccoli”. E l’evangelista qualifica tutto questo come “esultanza nello Spirito Santo”. Una tale esultanza, in un certo senso, sollecita Gesù a dire ancora di più. Ascoltiamo: “Ogni cosa mi è stata affidata dal Padre mio, e nessuno sa chi è il Figlio se non il Padre, né chi è il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare” (Lc 10,22; cfr. Mt 11,27).

La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: La gioia pasquale – «Esulta, Gerusalemme e rallegratevi voi tutti che amate Gesù: è risorto, infatti. Gioite, voi che dianzi eravate tutti in lutto [Is 66,10]…: chi, infatti, fu in questa città disonorato, è stato nuovamente richiamato in vita. Come dunque aveva recato una certa tristezza l’annuncio della croce, così ora la buona novella della risurrezione sia fonte di esultanza per i presenti. Si muti in gioia il dolore, il pianto in letizia [cfr. Sal 29,12]; la nostra bocca si riempia di gaudio e di tripudio [cfr. Sal 70,8], secondo l’invito di colui che, dopo la sua risurrezione, disse: Esultate [Mt 28,9]. Io so quanto hanno sofferto nei giorni scorsi coloro che amano il Cristo, allorché le mie prediche terminavano con la morte e la sepoltura… Il morto, però, è risorto: libero fra i morti [Sal 87,6] e liberatore dei morti. Colui che aveva tollerato l’oltraggio di venir cinto d’una corona di spine, si fregiò, risorgendo, con il diadema della propria vittoria sulla morte» (Cirillo di Gerusalemme).

Silenzio / Preghiera / La tua traccia: «Dobbiamo credere: là dove il Regno di Cristo giunge si ritira il regno del Maligno. È la novità evangelica che limita il campo d’agire del demonio. Non è dunque affrontando il male con discussioni o altro che lo si sconfigge. Evangelizza il tuo contesto di vita, con una forte testimonianza di fede, e vedrai che qualcosa di buono comincerà a muoversi. Sono convinto che, sotto i colpi di una santità popolare – quella per intendersi che è rappresentata dalla fedeltà quotidiana alla legge di Dio – nessun potere del male possa durare a lungo. La storia ce lo conferma ogni giorno. Più che con la violenza, è con la forza della libertà divina che si sconfiggono anche i tiranni più intoccabili. La vera miccia che fa saltare colossi e imperi terreni è la testimonianza dei “poveri di Dio”, di persone umili, di coloro che tessono la storia col filo invisibile ma reale della speranza del Signore. Non siedono in alto, non hanno voce in capitolo, contano poco o nulla davanti all’opinione pubblica, non usano attingere ad un mare sconfinato di opinioni. A loro basta vivere di fede, giorno dopo giorno. E, giorno dopo giorno, il colosso d’argilla si sgretola: la storia di Dio avanza, per merito anche di questa “santità sommersa”. Anche stasera innalza il tuo sguardo verso il cielo: se è più splendente, più libero di ieri, non andare a trovare le cause chissà dove. Milioni di credenti, anche oggi, con la loro testimonianza di fede lo hanno sgombrato da qualche meteora illusoria, per far posto alle lucenti stelle di Dio» (Giorgio De Capitani).

Santo del giorno: 6 Ottobre – San Bruno (Brunone), Sacerdote e monaco: “Nato in Germania nel 1030 e vissuto poi tra il suo Paese, la Francia e l’Italia, dove morì nel 1101, Bruno o Brunone, professore di teologia e filosofia, sceglie ben presto la strada della vita eremitica. Trova così sei compagni che la pensano come lui e il vescovo Ugo di Grenoble li aiuta a stabilirsi in una località selvaggia detta «chartusia» (chartreuse in francese). Lì si costruiscono un ambiente per la preghiera comune, e sette baracche dove ciascuno vive pregando e lavorando: una vita da eremiti, con momenti comunitari. Quando Bruno insegnava a Reims, uno dei suoi allievi era il benedettino Oddone di Châtillon. Nel 1090 se lo ritrova papa col nome di Urbano II, che lo sceglie come consigliere. Ottiene da lui riconoscimento e autonomia per il monastero fondato presso Grenoble, poi noto come Grande Chartreuse. In Calabria nella Foresta della Torre (ora in provincia di Vibo Valentia) fonda una nuova comunità. Più tardi, a poca distanza, costruirà un altro monastero per la vita comunitaria. È il luogo accanto al quale sorgeranno poi le prime case dell’attuale Serra San Bruno” (Avvenire)

Preghiamo: O Dio, che riveli la tua onnipotenza soprattutto con la misericordia e il perdono, continua a effondere su di noi la tua grazia, perché, camminando verso i beni da te promessi, diventiamo partecipi della felicità eterna. Per il nostro Signore Gesù Cristo…

 

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