meditazioni, settembre

21 Settembre 2018

21 Settembre 2018 – Venerdì – San Matteo, Apostolo ed Evangelista (Festa) – (Ef 4,1-7.11-13; Sal 18[19]; Mt 9,9-13) – I Lettura: La lettera agli Efesìni fu scritta da Paolo durante la sua prigionia a Roma. Il contenuto è incentrato sulla natura della Chiesa alla quale anche i pagani sono stati chiamati grazie al progetto misericordioso di Dio. La statura della chiamata è grande e Paolo esorta i fratelli di Èfeso ad esserne all’altezza in tutta umiltà, sapendo che ogni dono proviene da Dio e va messo al servizio di tutti. Vangelo: La nuova disputa tra Gesù e i Farisei nasce in occasione di un pranzo che Matteo dà per i suoi amici “peccatori” e al quale invita anche il Maestro. La categoria di peccatori includeva anche coloro che erano semplicemente non praticanti il culto. La risposta di Gesù si avvalora del passo di Osèa 6,6, dove è l’amore a dare senso ai rapporti, sia con gli uomini che con Dio, e non uno sterile rituale di culto.

Non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori – Dal Vangelo secondo Matteo: In quel tempo, mentre andava via, Gesù, vide un uomo, chiamato Matteo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi». Ed egli si alzò e lo seguì. Mentre sedeva a tavola nella casa, sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori e se ne stavano a tavola con Gesù e con i suoi discepoli. Vedendo ciò, i farisei dicevano ai suoi discepoli: «Come mai il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?». Udito questo, disse: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Andate a imparare che cosa vuol dire: “Misericordia io voglio e non sacrifici”. Io non sono venuto infatti a chiamare i giusti, ma i peccatori».

Riflessione: «… gli disse: “Seguimi”. Ed egli si alzò e lo seguì». Un passaggio, un invito, una risposta. Tutta una vita che cambia, tutta una rivoluzione di mente e di cuore, contenuta in queste poche pennellate del Vangelo. Una sola parola, preceduta da uno sguardo. Una scintilla che infiamma, che diviene incendio: un fuoco che bruciando trasforma, purifica, modella. Fuoco destinato ad espandersi, dapprima tra conoscenti e amici, chiamati a fare festa con Gesù e i discepoli, e in seguito, sotto la guida dell’impetuoso vento dello Spirito, attraverso il Vangelo, destinato a lambire il cuore di ogni luogo e tempo. Non vi sono spiegazioni, nessuna motivazione, nessun mandato, nessuna promessa, nessun premio: «Seguimi!». Nessun tentennamento, nessuna remora, nessuna richiesta avanzata, nessun rimando, nessuna clausola: «si alzò e lo seguì!». Perché cambia la vita di questo peccatore? Perché ottiene misericordia? Perché è ammesso ad accogliere il Cristo nella sua casa, nella sua vita, a banchettare con lui, a fare comunione con il Cristo? Avrà forse questo pubblicano moltiplicato preghiere e novene, fatto pellegrinaggi e digiuni, sposato cause nobili o impegni sociali? No, nulla! Stava seduto e raccoglieva tra il popolo il prezzo imposto dalla schiavitù romana. Cosa dunque cambiò questo cuore? E perché costui appare più generoso nella risposta a Cristo di quanto lo siamo noi, nonostante ci annoveriamo tra coloro che credono in Dio e si sforzano di essere buoni? Ci dice il Vangelo che Gesù, passando, lo vide: uno sguardo. Matteo si fa raggiungere da quello sguardo, non mette filtri, non ci ragiona su, non fa calcoli, non si giustifica, non pensa alle conseguenze: si lascia guardare, si lascia rapire da quello sguardo. Quello sguardo di Gesù lo raggiunge in ogni piega del suo cuore, non vi è in Matteo altro spazio: tutto è racchiuso e penetrato da quello sguardo. Quante volte Gesù è passato dalla nostra vita, quanti sguardi colmi di amore ci ha lanciati, quanta misericordia ha riversato in noi… eppure non ci siamo lasciati sedurre, come dice il profeta: «Mi hai sedotto, Signore, e io mi sono lasciato sedurre; mi hai fatto violenza e hai prevalso» (cfr. Ger 20,7). Anche oggi Gesù passa, mi guarda, attende… mi alzerò?

La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: Gesù, vide un uomo, chiamato Matteo… – Benedetto XVI (Udienza Generale, 30 Agosto 2006): Un’altra riflessione, che proviene dal racconto evangelico, è che alla chiamata di Gesù, Matteo risponde all’istante: “egli si alzò e lo seguì”. La stringatezza della frase mette chiaramente in evidenza la prontezza di Matteo nel rispondere alla chiamata. Ciò significava per lui l’abbandono di ogni cosa, soprattutto di ciò che gli garantiva un cespite di guadagno sicuro, anche se spesso ingiusto e disonorevole. Evidentemente Matteo capì che la familiarità con Gesù non gli consentiva di perseverare in attività disapprovate da Dio. Facilmente intuibile l’applicazione al presente: anche oggi non è ammissibile l’attaccamento a cose incompatibili con la sequela di Gesù, come è il caso delle ricchezze disoneste. Una volta Egli ebbe a dire senza mezzi termini: “Se vuoi essere perfetto, va’, vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel regno dei cieli; poi vieni e seguimi” (Mt 19,21). È proprio ciò che fece Matteo: si alzò e lo seguì! In questo ‘alzarsi’ è legittimo leggere il distacco da una situazione di peccato ed insieme l’adesione consapevole a un’esistenza nuova, retta, nella comunione con Gesù.

Mentre sedeva a tavola nella casa… – CCC 589: Gesù ha suscitato scandalo soprattutto per aver identificato il proprio comportamento misericordioso verso i peccatori con l’atteggiamento di Dio stesso a loro riguardo. È arrivato a lasciar intendere che, sedendo a mensa con i peccatori, li ammetteva al banchetto messianico. Ma è soprattutto perdonando i peccati, che Gesù ha messo le autorità religiose di Israele di fronte a un dilemma. Infatti, come costoro, inorriditi, giustamente affermano, solo Dio può rimettere i peccati. Perdonando i peccati, Gesù o bestemmia perché è un uomo che si fa uguale a Dio, oppure dice il vero e la sua Persona rende presente e rivela il Nome di Dio.

Non sono i sani… – Card. Tarcisio Bertone (Omelia, 14 Gennaio 2012): Ognuno di noi, nella vita quotidiana, è tentato di porsi in una posizione di separazione dai peccatori, forse non fisicamente, ma assumendo un atteggiamento interiore che ci spinge a farci misura degli altri, come se noi fossimo autorizzati a giudicarli. Noi invece sappiamo bene che siamo realmente giustificati, ma non in base ai nostri meriti. Siamo peccatori giustificati gratuitamente; peccatori perdonati, senza nostro merito, perché, come ci viene ricordato dal brano evangelico, la salvezza è dono di Dio, che ha mandato Gesù Cristo come medico per i malati e redentore per i peccatori. A ognuno di noi, certamente, spetta la responsabilità di accogliere questo dono, di rispondere a questa chiamata, quando Gesù passa e si accosta al nostro umano cammino. Mentre dunque contempliamo quanto il Signore Gesù ha fatto per noi, guidati dal suo esempio e sostenuti dalla sua presenza anche noi viviamo e pratichiamo la misericordia, desiderosi che tutti possano incontrare il vero Medico delle anime. Se invece ci consideriamo “sani” e “giusti”, ci escludiamo da soli dal raggio d’azione di Cristo.

La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: “Perché Matteo riferisce che era seduto al banco dei gabellieri? Lo fa per porre in risalto la potenza di colui che lo chiama prima ancora ch’egli abbia rinunziato e abbandonato la sua disonorante professione e lo trascina fuori dalle indegne attività in cui era immerso. In modo analogo il Signore convertirà anche il beato Paolo, mentre pieno di furore e di rabbia getta fuoco contro i cristiani… Del resto, il Signore chiamò anche i pescatori mentre erano occupati nel loro lavoro. Il loro mestiere, però, non aveva niente di disonorevole, ma era l’occupazione di uomini rustici, schietti e del tutto semplici. L’attività del pubblicano era invece assai vergognosa e veniva esercitata con arroganza; si trattava di un impudente traffico che procacciava un illecito guadagno, di un vero e proprio furto, praticato sotto la protezione della legge. Malgrado questo, Cristo non si vergogna di chiamare Matteo. E perché stupirci che Cristo non abbia avuto vergogna di chiamare un pubblicano, quando non solo non si vergognò di chiamare una donna peccatrice, ma le permise anche di baciare i suoi piedi e di bagnarli con le sue lacrime? (cfr. Lc 7,36-50). Proprio per questo Gesù era venuto: non solo per curare i corpi dalle loro infermità, ma per guarire anche le anime dalle loro iniquità” (San Giovanni Crisostomo).

Silenzio / Preghiera / La tua traccia: Gesù durante la sua vita terrena ha dichiarato di voler salvare i peccatori e il Vangelo ci mostra il Cristo che chiama Matteo, che per il mestiere era considerato un pubblico peccatore. Matteo era la pecora smarrita che doveva essere ricondotta nell’ovile del Cristo, era il figlio prodigo che doveva far ritorno nella casa del Padre. Gesù, durante la sua vita, ha dimostrato a fatti, oltre che a parole, la sua misericordia verso i peccatori. Va in casa di Zaccheo, «capo dei pubblicani e ricco», offrendogli la salvezza e un’abbondante moratoria per quanto riguarda tutti i suoi peccati di avarizia (Lc 19,1-10). Il buon ladrone addirittura è il primo santo canonizzato dallo stesso Fondatore della Chiesa (Lc 23,43). Sulla croce prega e scusa i suoi crocifissori (Lc 23,34). Gesù è la «vittima di espiazione per i nostri peccati; non soltanto per i nostri, ma anche per quelli di tutto il mondo» (1Gv 2,2). In questo modo, Gesù è il «sommo sacerdote misericordioso e fedele nelle cose che riguardano Dio, allo scopo di espiare i peccati del popolo» (Eb 2,17). Lasciando il mondo, trasmette agli Apostoli e ai loro successori il potere di rimettere i peccati (Mt 18,18; Gv 20,23). Cristo volendo che la sua attività sacerdotale continuasse sulla terra fino alla fine del mondo, poiché il suo sacerdozio «non doveva estinguersi con la morte [Eb 7,24-27]», volle lasciare alla Chiesa, «un sacrificio visibile […], con cui venisse significato quello cruento che avrebbe offerto una volta per tutte sulla croce prolungandone la memoria fino alla fine del mondo, e applicando la sua efficacia salvifica alla remissione dei nostri peccati quotidiani» (Concilio di Trento, Sess. 22°). Così che ogni volta che «si celebra sull’altare il sacrifico della croce col quale “Cristo nostra pasqua è stato immolato” [1Cor 5,7], si compie l’opera della nostra redenzione» (LG 3). Nella Messa, esplosione della misericordia divina, Dio in Cristo dichiara il suo amore eterno alla sua creatura; nel Pane Eucaristico il credente gode della misericordia e del perdono di Cristo, «sommo sacerdote santo e innocente» (Eb 7,26).

Santo del giorno: 21 Settembre – San Matteo, Apostolo ed Evangelista: Matteo, chiamato anche Levi, viveva a Cafarnao ed era pubblicano, cioè esattore delle tasse. Seguì Gesù con grande entusiasmo, come ricorda San Luca, liberandosi dei beni terreni. Ed è Matteo che nel suo vangelo riporta le parole Gesù: “Quando tu dai elemosina, non deve sapere la tua sinistra quello che fa la destra, affinché la tua elemosina rimanga nel segreto…”. Dopo la Pentecoste egli scrisse il suo vangelo, rivolto agli Ebrei, per supplire, come dice Eusebio, alla sua assenza quando si recò presso altre genti. Il suo vangelo vuole prima di tutto dimostrare che Gesù è il Messia che realizza le promesse dell’Antico Testamento, ed è caratterizzato da cinque importanti discorsi di Gesù sul regno di Dio. Probabilmente la sua morte fu naturale, anche se fonti poco attendibili lo vogliono martire di Etiopia.

Preghiamo: O Dio, che nel disegno della tua misericordia, hai scelto Matteo il pubblicano e lo hai costituito apostolo del Vangelo, concedi anche a noi, per il suo esempio e la sua intercessione, di corrispondere alla vocazione cristiana e di seguirti fedelmente in tutti i giorni della nostra vita. Per il nostro Signore Gesù Cristo…

 

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