liturgia

1 Settembre 2018

Sabato, XXI del Tempo Ordinario – (1Cor 1,26-31; Sal 32[33]; Mt 25,14-30) – I Lettura: La preoccupazione di evitare che l’uomo possa vantarsi davanti a Dio è ispirata a Paolo dal testo di Geremìa che egli citerà subito dopo. In questo contesto egli vuole affermare che, se Dio avesse scelto filosofi o dotti, il merito avrebbe potuto essere attribuito alle loro doti. Avendo scelto invece persone di poco conto, Dio ha dimostrato che la salvezza è esclusivamente opera sua. Così è tolta in radice la possibilità di vantarsi. Vangelo: «In verità questa parabola è una vera e propria contestazione verso la comunità cristiana che sovente è tiepida, senza iniziativa, contenta di quello che fa e opera, paurosa di fronte al cambiamento richiesto da nuove sfide o dalle mutate condizioni culturali della società. La parabola non conferma “l’attivismo pastorale” ma chiede alla comunità cristiana consapevolezza, responsabilità, audacia e soprattutto creatività» (E. Bianchi).

 Sei stato fedele nel poco, prendi parte alla gioia del tuo padrone – Dal Vangelo secondo Matteo: In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: «Avverrà come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, secondo le capacità di ciascuno; poi partì. Subito colui che aveva ricevuto cinque talenti andò a impiegarli, e ne guadagnò altri cinque. Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone. Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò e volle regolare i conti con loro. Si presentò colui che aveva ricevuto cinque talenti e ne portò altri cinque, dicendo: “Signo-re, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque”. “Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone -, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”. Si presentò poi colui che aveva ricevuto due talenti e disse: “Signore, mi hai consegnato due talenti; ecco, ne ho guadagnati altri due”. “Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone -, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”. Si presentò infine anche colui che aveva ricevuto un solo talento e disse: “Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso. Ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra: ecco ciò che è tuo”. Il padrone gli rispose: “Servo malvagio e pigro, tu sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l’interesse. Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti. Perché a chiunque ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha, verrà tolto anche quello che ha. E il servo inutile gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”».

 Riflessione: «A chiunque ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha, verrà tolto anche quello che ha». Il primo settembre è comunemente considerato come il capodanno sociale. A settembre hanno inizio tutte quelle attività, scolastiche, culturali, pastorali e ricreative che ci terranno compagnia lungo l’intero arco dei mesi freddi e fino all’arrivo della prossima estate: scuola, catechismo, lavoro… Tante attività, tante novità, insieme a tante cose che la routine quotidiana ci ha ormai abbondantemente insegnato a vivere lungo gli anni. Provvidenzialmente la Liturgia della Parola di questo primo settembre ci riporta la parabola dei talenti e ci ricorda dei tanti doni ricevuti da Dio di cui abbiamo il diritto di godere e il dovere di condividere; doni di cui dobbiamo ringraziare, doni di cui dobbiamo rendere conto. I doni di Dio non sono un vuoto a perdere, non sono budget ad uso e consumo personale da spendere per i propri capricci: tutto ciò che siamo e che abbiamo, Dio ce lo dona perché sia condiviso, usato per l’intero corpo dei figli di Dio. Ogni dono di Dio è un seme che necessita di essere seminato, custodito, innaffiato, curato e poi raccolto e condiviso. I doni di Dio sono, dunque, un investimento da affrontare; sono una chiamata a diventare “imprenditori” della grazia di Dio, non per accrescere un utile proprio ma per rendere più ricca, luminosa e sapiente l’intera società. Allora affrontare il nuovo anno sociale non è semplicemente fare tante cose, più o meno determinate, programmate e ordinate; non possiamo limitarci a farle semplicemente bene (e già questo sarebbe un buon punto di partenza!), ma dobbiamo imparare a cercare il meglio per tutti: scoprire i propri doni per metterli a servizio di tutti, affinché tutti ne abbiano giovamento. Allora chiediamoci cosa Dio ci chiede di fare durante quest’anno sociale, quali doni posso trafficare (nella mia persona, nel mio ambiente familiare e lavorativo), cosa posso fare di utile per tutti (nell’impegno quotidiano, nel servizio al prossimo, nella preghiera per tutti, nella riparazione per i peccati, nella ricerca del bene per ciascuno…). Che non sia un anno in cui, mettendo sotto terra ciò che Dio ci dona, inseguiamo solo i nostri umani interessi!

La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: La parabola dei dieci talenti – Benedetto XVI (Angelus, 13 Novembre 2011): Nella celebre parabola dei talenti – riportata dall’evangelista Matteo (cfr. 25,14-30) – Gesù racconta di tre servi ai quali il padrone, al momento di partire per un lungo viaggio, affida le proprie sostanze. Due di loro si comportano bene, perché fanno fruttare del doppio i beni ricevuti. Il terzo, invece, nasconde il denaro ricevuto in una buca. Tornato a casa, il padrone chiede conto ai servitori di quanto aveva loro affidato e, mentre si compiace dei primi due, rimane deluso del terzo. Quel servo, infatti, che ha tenuto nascosto il talento senza valorizzarlo, ha fatto male i suoi conti: si è comportato come se il suo padrone non dovesse più tornare, come se non ci fosse un giorno in cui gli avrebbe chiesto conto del suo operato. Con questa parabola, Gesù vuole insegnare ai discepoli ad usare bene i suoi doni: Dio chiama ogni uomo alla vita e gli consegna dei talenti, affidandogli nel contempo una missione da compiere. Sarebbe da stolti pensare che questi doni siano dovuti, così come rinunciare ad impiegarli sarebbe un venir meno allo scopo della propria esistenza. Commentando questa pagina evangelica, san Gregorio Magno nota che a nessuno il Signore fa mancare il dono della sua carità, dell’amore. Egli scrive: “È perciò necessario, fratelli miei, che poniate ogni cura nella custodia della carità, in ogni azione che dovete compiere” (Omelie sui Vangeli 9,6). E dopo aver precisato che la vera carità consiste nell’amare tanto gli amici quanto i nemici, aggiunge: “se uno manca di questa virtù, perde ogni bene che ha, è privato del talento ricevuto e viene buttato fuori, nelle tenebre” (ibidem).

Tutti riceviamo dei talenti da trafficare – CCC 1880: Una società è un insieme di persone legate in modo organico da un principio di unità che supera ognuna di loro. Assemblea insieme visibile e spirituale, una società dura nel tempo; è erede del passato e prepara l’avvenire. Grazie ad essa, ogni uomo è costituito “erede”, riceve dei “talenti” che arricchiscono la sua identità e che sono da far fruttificare (Lc 19,13-15). Giustamente, ciascuno deve dedizione alle comunità di cui fa parte e rispetto alle autorità incaricate del bene comune.

 La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: “Poiché a chi ha, sarà dato e sarà nell’abbondanza, ma a chi non ha, sarà tolto anche quello che crede di avere. Molti, pur essendo per natura sapienti e avendo un ingegno acuto, se però sono stati negligenti e con la pigrizia hanno corrotto la loro naturale ricchezza, a confronto di chi invece è un poco più tardo, ma con il lavoro e l’industria ha compensato i minori doni che ha ricevuto, perderanno i loro beni di natura e vedranno che il premio loro promesso sarà dato agli altri. Possiamo capire queste parole anche così: chi ha fede ed è animato da buona volontà nel Signore, riceverà dal giusto Giudice, anche se per la sua fragilità umana avrà accumulato minor numero di opere buone. Chi invece non avrà avuto fede, perderà anche le altre virtù che credeva di possedere per natura. Efficacemente dice che a costui «sarà tolto anche quello che crede di avere». Infatti, anche tutto ciò che non appartiene alla fede in Cristo, non deve essere attribuito a chi male ne ha usato, ma a colui che ha dato anche al cattivo servo i beni naturali” (San Girolamo).

 Silenzio / Preghiera / La tua traccia: Le lacrime di Maria – Giovanni Paolo II (Omelia, 6 Novembre 1994): I racconti evangelici non ricordano mai il pianto della Madonna. Non udiamo il suo gemito né nella notte di Betlemme, quando era giunto il tempo di dare alla luce il Figlio di Dio, e neppure sul Golgota, quando stava ai piedi della croce. Non ci è dato di conoscere neppure le sue lacrime di gioia, quando Cristo risuscitò. Anche se la Sacra Scrittura non accenna a questo fatto, parla tuttavia in favore di ciò l’intuizione della fede. Maria che piange di tristezza o di gioia è l’espres-sione della Chiesa, che si rallegra nella notte di Natale, soffre il Venerdì Santo ai piedi della Croce e di nuovo gioisce all’alba della Risurrezione. […] Le lacrime di Maria compaiono nelle apparizioni, con cui Ella, di tempo in tempo, accompagna la Chiesa nel suo cammino sulle strade del mondo. Maria piange a La Salette, alla metà del secolo scorso, prima delle apparizioni di Lourdes, in un periodo nel quale il cristianesimo in Francia sperimenta una crescente ostilità. Ella piange ancora qui, a Siracusa, alla conclusione della seconda guerra mondiale. È possibile comprendere quel pianto proprio sullo sfondo di quegli eventi tragici: l’immane ecatombe, provocata dal conflitto; lo sterminio dei figli e delle figlie di Israele; la minaccia per l’Europa proveniente dall’Est, dal comunismo dichiaratamente ateo. […] Le lacrime della Madonna appartengono all’ordine dei segni: esse testimoniano la presenza della Madre nella Chiesa e nel mondo. Piange una madre quando vede i suoi figli minacciati da qualche male, spirituale o fisico. Piange Maria partecipando al pianto di Cristo su Gerusalemme, oppure presso il sepolcro di Lazzaro o infine sulla via della croce.

 Santo del giorno: 1 Settembre – Madonna delle Lacrime di Siracusa: “Nel 1953, una effige di Maria ha miracolosamente lacrimato in una casa di Siracusa. Il 29-30-31 agosto e il 1° settembre del 1953, un quadretto di gesso, raffigurante il cuore immacolato di Maria, posto come capezzale di un letto matrimoniale, nella casa di una giovane coppia di sposi, Angelo Iannuso e Antonina Giusto, in via degli Orti di S. Giorgio, n. 11, ha versato lacrime umane. Il fenomeno si verificò, ad intervalli più o meno lunghi, sia all’interno che all’esterno della casa. Molte furono le persone che videro con i propri occhi, toccarono con le proprie mani, raccolsero e assaggiarono la salsedine di quelle lacrime. Il 2° giorno della lacrimazione, un cineamatore di Siracusa riprese uno dei momenti della Lacrimazione. Quello di Siracusa è uno dei pochissimi eventi così documentati. Il 1° settembre una Commissione di medici e di analisti, per incarico della Curia Arcivescovile di Siracusa, dopo aver prelevato il liquido che sgorgava dagli occhi del quadretto, lo sottopose ad analisi microscopica. Il responso della scienza fu: “lacrime umane”. Terminata l’indagine scientifica il quadretto smise di piangere. Era il quarto giorno” (www.madonnadellelacrime.it).

 Preghiamo: O Dio, che unisci in un solo volere le menti dei fedeli, concedi al tuo popolo di amare ciò che comandi e desiderare ciò che prometti, perché fra le vicende del mondo là siano fissi i nostri cuori dove è la vera gioia. Per il nostro Signore Gesù Cristo…

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