agosto, meditazioni

16 Agosto 2018

16 Agosto 2018 – Giovedì, XIX del Tempo Ordinario – (Ez 12,1-12; Sal 77[78]; Mt 18,21-19,1) – I Lettura: “Questo oracolo si compone di due parti e tre sezioni. Le parti sono: (a) rappresentazione dell’azione simbolica (vv. 1-7) e (b) interpretazione del suo significato (vv. 8-16). Le fasi sono in forma di dramma: l’ordine di Dio (vv. 1-6), l’esecuzione (v. 7) e le conseguenze o implicazioni (vv. 8-16). Il tema dell’esilio mediante il ricorso a gesti simbolici richiama le azioni in 4,1-5,4’’ (Nuovo Grande Commentario Biblico). Vangelo: “La frase di Gesù sulla concessione del perdono (non sette ma settanta volte sette) allude al violento Lamec che dichiarava di volersi vendicare non sette ma settantasette volte (cfr. Gen 4,24), cioè all’infinito e senza tregua. Il perdono è talmente importante che Gesù accompagna la risposta alla domanda di Pietro con una parabola drammaticamente chiarificante” (Bibbia Via, Verità e Vita, nota).

Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette – Dal Vangelo secondo Matteo: In quel tempo, Pietro si avvicinò a Gesù e gli disse: «Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?». E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette. Per questo, il regno dei cieli è simile a un re che volle regolare i conti con i suoi servi. Aveva cominciato a regolare i conti, quando gli fu presentato un tale che gli doveva diecimila talenti. Poiché costui non era in grado di restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, i figli e quanto possedeva, e così saldasse il debito. Allora il servo, prostrato a terra, lo supplicava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa”. Il padrone ebbe compassione di quel servo, lo lasciò andare e gli condonò il debito. Appena uscito, quel servo trovò uno dei suoi compagni, che gli doveva cento denari. Lo prese per il collo e lo soffocava, dicendo: “Restituisci quello che devi!”. Il suo compagno, prostrato a terra, lo pregava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò”. Ma egli non volle, andò e lo fece gettare in prigione, fino a che non avesse pagato il debito. Visto quello che accadeva, i suoi compagni furono molto dispiaciuti e andarono a riferire al loro padrone tutto l’accaduto. Allora il padrone fece chiamare quell’uomo e gli disse: “Servo malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito perché tu mi hai pregato. Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?”. Sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non avesse restituito tutto il dovuto. Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello». Terminati questi discorsi, Gesù lasciò la Galilea e andò nella regione della Giudea, al di là del Giordano.

Riflessione: «Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello». È la legge dell’amore: non possiamo ricevere amore se non siamo noi anzitutto a donarlo; non possiamo ricevere grazie (e quante ne chiediamo continuamente per noi e per gli altri!) se prima non siamo disposti a donare grazia: la grazia di un sorriso, di una parola di consolazione, la grazia di un abbraccio, del perdono gratuito che non rinfaccia e non umilia, la grazia di un po’ di tempo dedicato al prossimo, di una rinuncia personale che arricchisce colui che ne viene raggiunto. È la logica del “Padre nostro”, che Gesù ci insegna, mettendo sulle nostre labbra, ogni giorno, il metro del giudizio col quale saremo giudicati (cfr. Lc 6,36-38). Così leggiamo nel Catechismo della Chiesa Cattolica a proposito delle parole come noi li rimettiamo ai nostri debitori: “La preghiera cristiana arriva fino al perdono dei nemici (cfr. Mt 5,43-44). Essa trasfigura il discepolo configurandolo al suo Maestro. Il perdono è un culmine della preghiera cristiana; il dono della preghiera non può essere ricevuto che in un cuore in sintonia con la compassione divina. Il perdono sta anche a testimoniare che, nel nostro mondo, l’amore è più forte del peccato. I martiri di ieri e di oggi rinnovano questa testimonianza di Gesù. Il perdono è la condizione fondamentale della Riconciliazione (cfr. 2Cor 5,18-21) dei figli di Dio con il loro Padre e degli uomini tra loro (cfr. Giovanni Paolo II, Dives in Misericordia 14). Non c’è né limite né misura a questo perdono essenzialmente divino (cfr. Mt 18,21-22; Lc 17,3-4). Se si tratta di offese (di peccati secondo Lc 11,4 o di debiti secondo Mt 6,12), in realtà noi siamo sempre debitori: «Non abbiate alcun debito con nessuno, se non quello di un amore vicendevole» (Rm 13,8). La comunione della Santissima Trinità è la sorgente e il criterio della verità di ogni relazione. Essa è vissuta nella preghiera, specialmente nell’Eucaristia: Dio non accetta il sacrificio di coloro che fomentano la divisione; dice loro di lasciare sull’altare l’offerta e di andare, prima, a riconciliarsi con i loro fratelli. Dio vuole che ce lo riconciliamo con preghiere che salgono da cuori pacificati (San Cipriano di Cartagine)” (CCC 2844-2845)

La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: Quante volte dovrò perdonargli? – Papa Francesco (Ome-lia, 18 Agosto 2014): Nel Vangelo di oggi, Pietro chiede al Signore: «Se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?». Il Signore risponde: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette» (Mt 18,21-22). Queste parole vanno al cuore del messaggio di riconciliazione e di pace indicato da Gesù. In obbedienza al suo comando, chiediamo quotidianamente al nostro Padre celeste di perdonare i nostri peccati, «come noi li rimettiamo ai nostri debitori». Se non fossimo pronti a fare altrettanto, come potremmo onestamente pregare per la pace e la riconciliazione? Gesù ci chiede di credere che il perdono è la porta che conduce alla riconciliazione. Nel comandare a noi di perdonare i nostri fratelli senza alcuna riserva, Egli ci chiede di fare qualcosa di totalmente radicale, ma ci dona anche la grazia per farlo. Quanto, da una prospettiva umana, sembra essere impossibile, impercorribile e perfino talvolta ripugnante, Gesù lo rende possibile e fruttuoso attraverso l’infinita potenza della sua croce. La croce di Cristo rivela il potere di Dio di colmare ogni divisione, di sanare ogni ferita e di ristabilire gli originali legami di amore fraterno.

Il perdono – Giovanni Paolo II (Messaggio, 1 Gennaio 2002): La proposta del perdono non è di immediata comprensione né di facile accettazione; è un messaggio per certi versi paradossale. Il perdono infatti comporta sempre un’apparente perdita a breve termine, mentre assicura un guadagno reale a lungo termine. La violenza è l’esatto opposto: opta per un guadagno a scadenza ravvicinata, ma prepara a distanza una perdita reale e permanente. Il perdono potrebbe sembrare una debolezza; in realtà, sia per essere concesso che per essere accettato, suppone una grande forza spirituale e un coraggio morale a tutta prova. Lungi dallo sminuire la persona, il perdono la conduce ad una umanità più piena e più ricca, capace di riflettere in sé un raggio dello splendore del Creatore.

Perdonare sempre – Benedetto XVI (Udienza Generale, 15 Febbraio 2012): Cari fratelli e sorelle, le parole di Gesù sulla croce negli ultimi istanti della sua vita terrena offrono indicazioni impegnative alla nostra preghiera, ma la aprono anche ad una serena fiducia e ad una ferma speranza. Gesù che chiede al Padre di perdonare coloro che lo stanno crocifiggendo, ci invita al difficile gesto di pregare anche per coloro che ci fanno torto, ci hanno danneggiato, sapendo perdonare sempre, affinché la luce di Dio possa illuminare il loro cuore; e ci invita a vivere, nella nostra preghiera, lo stesso atteggiamento di misericordia e di amore che Dio ha nei nostri confronti: «rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori», diciamo quotidianamente nel «Padre nostro».

La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: «Fino a settantasette volte: il numero settantasette contiene tutti i peccati… Vuoi sapere come? Il sette simboleggia la totalità, poiché il tempo si svolge nello spazio di sette giorni, e al loro termine si torna daccapo al punto di partenza, per scorrere poi secondo la stessa regola. Attraverso i cicli regolati da tale norma passano le epoche, ma senza uscire dal numero sette… Il numero undici invece significa la trasgressione della Legge. Il numero dieci infatti rappresenta la Legge… costituita dai dieci Comandamenti, mentre il peccato si commette a causa dell’undici… che è la trasgressione del dieci. Cristo dunque, parlando del numero settantasette volle indicare tutti i peccati, poiché si moltiplica undici per sette si ottiene settantesette» (Agostino).

Silenzio / Preghiera / La tua traccia: Diecimila talenti (circa 340 tonnellate d’oro), è una somma astronomica, un debito che il servo non avrebbe mai potuto pagare. Da qui l’ordine che fosse venduto lui con la moglie, i figli e quanto possedeva, e così saldasse il debito (la norma di estendere la pena alla famiglia del reo non è conosciuta dal diritto veterotestamentario, ma è mutuata dal codice penale ellenistico [cfr. Dn 6,25]. Come ultima tavola di salvezza non restava quindi che implorare pietà: la supplica arriva immantinente al cuore del re-padrone il quale ebbe compassione, lo lasciò andare e gli condonò il debito. Una bella lezione di magnanimità, ma il servo non vuole intenderla e nell’incontrare un pari suo che gli doveva cento denari, ben misera cosa perché l’equivalente di circa mezzo Kg d’argento, non vuol sentire ragione e fa applicare la pena che gli era stata condonata. Ma l’epilogo della parabola stravolge tutto: il servo spietato viene punito perché incapace di perdonare e in questo modo codifica una norma squisitamente cristiana: Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello. Tale sentenza è il più bel commento al Padre nostro e in particolare a quella petizione che ci fa dire rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori (Mt 6,12). Dalle parole di Gesù si esplicita una condizione per essere raggiunti dal perdono del Padre: se perdonerete di cuore, in questo modo la «legge del perdono che Gesù impone ai suoi non si ferma alla superficie, ma raggiunge le profondità più intime dell’essere umano: mente, volontà, sentimento. Il cristiano… deve rivestirsi di tenera compassione, sopportare e perdonare: proprio come il Signore ha perdonato… Se c’è una misura, essa è quella del perdono di Dio: “Siate misericordiosi, come misericordioso è il Padre celeste” [Lc 6,36]» (Angelo Lancellotti).

Santo del giorno: 16 Agosto – San Rocco, Terziario francescano, Pellegrino e Taumaturgo: Le fonti su di lui sono poco precise e rese più oscure dalla leggenda. In pellegrinaggio diretto a Roma dopo aver donato tutti sui beni ai poveri, si sarebbe fermato a ad Acquapendente, dedicandosi all’assistenza degli ammalati di peste e facendo guarigioni miracolose che diffusero la sua fama. Peregrinando per l’Italia centrale si dedicò ad opere di carità e di assistenza promuovendo continue conversione. Sarebbe morto in prigione, dopo essere stato arrestato presso Angera da alcuni soldati perché sospettato di spionaggio. Invocato nelle campagne contro le malattie del bestiame e le catastrofi naturali, il suo culto si diffuse straordinariamente nell’Italia del Nord, legato in particolare al suo ruolo di protettore contro la peste. Gregorio XIII introdusse il nome di Rocco nel Martirologio Romano, sotto il pontificato di Urbano VIII la Congregazione dei Riti accordo un Ufficio e una Messa propri per le chiese costruite in onore del santo. Infine, nel 1694, Innocenzo XII prescrisse ai Francescani di celebrare la festa con rito doppio maggiore.

Preghiamo: Dio onnipotente ed eterno, che ci dai il privilegio di chiamarti Padre, fa’ crescere in noi lo spirito di figli adottivi, perché possiamo entrare nell’eredità che ci hai promesso. Per il nostro Signore Gesù Cristo…

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