luglio, meditazioni

5 Luglio 2018

5 Luglio 2018 – Giovedì, XIII del Tempo Ordinario – (Am 7,10-17; Sal 18[19]; Mt 9,1-8) – I Lettura: Amos parlò con schiettezza contro i peccati del re e del popolo tanto che il sacerdote idolatra di Bethel, Amasìa, accusò Amos di cospirare contro Geroboàmo. Salmo: “La Torah, la legge di Dio, è la parola pura, radiosa ed eterna di JHWH. Chi la accoglie con gioia è come se gustasse un miele dal gusto irraggiungibile, è come se avesse un tesoro ineguagliabile” (Ravasi). Vangelo: Gesù concede il perdono incondizionatamente, non chiede né offerte, né penitenze. E a testimonianza dell’autorità con cui esercita tale potere guarisce di fronte agli scribi il paralitico. Il dono di Dio è sempre gratuito e prescindere dal merito di colui che gli si accosta con fede e amore per ottenere misericordia.

Resero gloria a Dio che aveva dato un tale potere agli uomini – Dal Vangelo secondo Matteo: In quel tempo, salito su una barca, Gesù passò all’altra riva e giunse nella sua città. Ed ecco, gli portavano un paralitico disteso su un letto. Gesù, vedendo la loro fede, disse al paralitico: «Coraggio, figlio, ti sono perdonati i peccati». Allora alcuni scribi dissero fra sé: «Costui bestemmia». Ma Gesù, conoscendo i loro pensieri, disse: «Perché pensate cose malvagie nel vostro cuore? Che cosa infatti è più facile: dire “Ti sono perdonati i peccati”, oppure dire “Àlzati e cammina”? Ma, perché sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere sulla terra di perdonare i peccati: Àlzati – disse allora al paralitico -, prendi il tuo letto e va’ a casa tua». Ed egli si alzò e andò a casa sua. Le folle, vedendo questo, furono prese da timore e resero gloria a Dio che aveva dato un tale potere agli uomini.

Riflessione: «Àlzati – disse allora al paralitico – prendi il tuo letto e va’ a casa tua». “La paralisi rende l’uomo quasi un cadavere animato, giacché non potendo muoversi, rimane nel letto come in un sepolcro. Così è l’uomo peccatore e impuro: è morto alla grazia nelle sue potenze spirituali e giace nella sua carne incapace di sollevarsi a Dio, schiavo della propria miseria” (don Dolindo Ruotolo). Ci ricorda Gesù nella Scrittura che: «Chiunque commette il peccato è schiavo del peccato» (Gv 8,34). I vizi che apparentemente ci appagano, in realtà ci schiavizzano, ci schiacciano nell’immo-bilismo, senza via di scampo, la nostra volontà si ritrova immobile, come paralizzata. “Non basta uno sforzo qualunque per vincere il peccato mortale [specialmente quello impuro]: esso porta la paralisi precisamente nella volontà e nel cuore; è necessario domandare l’aiuto altrui e ricorrere anche a mezzi straordinari di preghiera e di penitenza, proprio come quegli uomini che portavano il paralitico. La casa era stipata di gente, non si poteva giungere al Redentore senza uno sforzo straordinario… L’impuro è anche lui come innanzi a una grande folla che gli impedisce di giungere a Gesù; le sue passioni sono tumultuose, assillanti, assorbenti, sconvolgenti; non lasciano il varco allo spirito ed occorre che egli spezzi almeno uno dei vincoli di morte che lo paralizzano per incominciare a ritrovare la salvezza. Non si risorge con il semplice desiderio, rimanendo nel lezzo e nel torpore delle proprie miserie; occorre rompere, troncare, vincere, fuggire… è necessario farsi portare e non presumere dalle proprie forze, perché non si giunge al Signore senza un mediatore di misericordia… Vennero gli uomini a portare innanzi a Gesù il paralitico, perché lo guarisse, e il Signore invece gli rimise i peccati, indicando chiaramente che i malanni hanno la loro radice nel peccato, specialmente quello impuro… In generale noi portiamo troppo spesso il peso delle nostre miserie, perciò presentandoci al Signore per avere grazie temporali e spirituali, dobbiamo anzitutto implorare il suo perdono con una sincera Confessione: è, questo, come la sterilizzazione del cuore, è la disinfezione che lo rende capace di essere vaso di elezione e di grazia” (ibid.).

La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: Il sacramento del perdono – CCC 1446: Cristo ha istituito il sacramento della Penitenza per tutti i membri peccatori della sua Chiesa, in primo luogo per coloro che, dopo il Battesimo, sono caduti in peccato grave e hanno così perduto la grazia battesimale e inflitto una ferita alla comunione ecclesiale. A costoro il sacramento della Penitenza offre una nuova possibilità di convertirsi e di recuperare la grazia della giustificazione. I Padri della Chiesa presentano questo sacramento come «la seconda tavola [di salvezza] dopo il naufragio della grazia perduta».

I peccati veniali – Giovanni Paolo II (Reconciliatio et paenitentia 32): Pur sapendo e insegnando che i peccati veniali vengono perdonati anche in altri modi – si pensi agli atti di dolore, alle opere di carità, alla preghiera, ai riti penitenziali -, la Chiesa non cessa di ricordare a tutti la singolare ricchezza del momento sacramentale anche in riferimento a tali peccati. Il ricorso frequente al sacramento – a cui sono tenute alcune categorie di fedeli – rafforza la consapevolezza che anche i peccati minori offendono Dio e feriscono la Chiesa, corpo di Cristo, e la sua celebrazione diventa per loro «l’occasione e lo stimolo a conformarsi più intimamente a Cristo e a rendersi più docili alla voce dello Spirito» (Ordo Paenitentiae 7b). Soprattutto è da sottolineare il fatto che la grazia propria della celebrazione sacramentale ha una grande virtù terapeutica e contribuisce a togliere le radici stesse del peccato.

Quando si commette il peccato mortale? – Compendio CCC 395: Si commette il peccato mortale quando ci sono nel contempo materia grave, piena consapevolezza e deliberato consenso. Questo peccato distrugge in noi la carità, ci priva della grazia santificante, ci conduce alla morte eterna dell’inferno se non ci si pente. Viene perdonato in via ordinaria mediante i Sacramenti del Battesimo e della Penitenza o Riconciliazione.

Per ricevere la santa Comunione… – Compendio CCC 291: Per ricevere la santa Comunione si deve essere pienamente incorporati alla Chiesa cattolica ed essere in stato di grazia, cioè senza coscienza di peccato mortale. Chi è consapevole di aver commesso un peccato grave deve ricevere il Sacramento della Riconciliazione prima di accedere alla Comunione. Importanti sono anche lo spirito di raccoglimento e di preghiera, l’osservanza del digiuno prescritto dalla Chiesa e l’atteggiamento del corpo (gesti, abiti), in segno di rispetto a Cristo.

Il peccato mortale – Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede (Norme pastorali circa l’assoluzione sacramentale generale): I sacerdoti istruiscano i fedeli che è proibito per coloro i quali hanno coscienza di essere in peccato mortale, avendo a disposizione qualche confessore, di evitare, di proposito o per negligenza, l’assolvimento dell’ob-bligo della confessione individuale, aspettando l’occasione, in cui si imparte l’assoluzione a più persone insieme.

Dio non vuole la morte del peccatore – Benedetto XVI (Angelus, 13 Marzo 2011): Di fronte al male morale, l’atteg-giamento di Dio è quello di opporsi al peccato e salvare il peccatore. Dio non tollera il male, perché è Amore, Giustizia, Fedeltà; e proprio per questo non vuole la morte del peccatore, ma che si converta e viva. Per salvare l’umanità, Dio interviene: lo vediamo in tutta la storia del popolo ebraico, a partire dalla liberazione dall’Egitto. Dio è determinato a liberare i suoi figli dalla schiavitù per condurli alla libertà. E la schiavitù più grave e più profonda è proprio quella del peccato. Per questo Dio ha mandato il suo Figlio nel mondo: per liberare gli uomini dal dominio di Satana, “origine e causa di ogni peccato”. Lo ha mandato nella nostra carne mortale perché diventasse vittima di espiazione, morendo per noi sulla croce. Contro questo piano di salvezza definitivo e universale, il Diavolo si è opposto con tutte le forze, come dimostra in particolare il Vangelo delle tentazioni di Gesù nel deserto.

La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: Alzati e cammina – “Tra il dire e il fare c’è molta distanza. Se veramente siano stati rimessi i peccati al paralitico, lo sa soltanto colui che glieli ha rimessi; ma dicendo: Lèvati e cammina, tanto colui che si alza, quanto coloro che lo vedono in piedi, possono riconoscere che alle parole hanno fatto seguito i fatti. Gesù compie dunque un prodigio visibile per dimostrarne uno spirituale, in quanto con la stessa potenza con cui è stato risanato il corpo è stata librata l’anima dalle sue colpe. E così è dato a noi di capire che molte infermità del corpo ci colpiscono a causa dei nostri peccati; in modo che, molte cause delle infermità, anche la salute ti venga restituita” (Girolamo).

Silenzio / Preghiera / La tua traccia: Il giudizio degli scribi era «fondamentalmente giusto, perché il rimettere i peccati è una prerogativa esclusiva di Dio [cfr. Es 34,6-8; Sal 103,3; Is 43,25; 44,22]. Ma avevano torto in quanto dall’osser-vazione dei fatti prodigiosi compiuti da Gesù non avevano saputo risalire alla sorgente divina delle sue facoltà» (A.  Sisti). La tentazione di imprigionare Dio dentro gli oscuri schemi della grettezza umana, di asservirlo alle proprie conoscenze sono purtroppo manovre tentate spesso dai battezzati e anche dagli uomini di Chiesa: è la tentazione dei nostalgici. Gesù con una impietosa operazione chirurgica mette fuori, alla luce del sole, i pensieri occulti degli scribi e anche questa è una prerogativa divina: solo Dio può conoscere i pensieri dell’uomo, solo Lui scruta il cuore degli uomini (cfr. Ger 17,9-10). Che cosa infatti è più facile… Il perdono dei peccati è qualcosa che non si può riscontrare, il miracolo sì; ecco perché Gesù per dare prova che il «Figlio dell’uomo ha il potere sulla terra di perdonare i peccati», sana il paralitico nel corpo. Solo la folla a questo punto applaude. È meravigliata non tanto, o non solo, per il miracolo prodigioso, quanto per l’autorità che Gesù rivendica a sé. Gesù aveva già operato guarigioni, liberazioni di indemoniati meravigliando tutti, ma ora, cosa mai vista, sana un uomo dalla lebbra del peccato dandone la prova certa guarendolo dalla paralisi, per questo motivo la gente stupita, «rese gloria a Dio che aveva dato un tale potere agli uomini». Ma quanta amarezza nel vedere come gli scribi, che avevano le carte in regola per riconoscere tali cose, in verità, per la loro albagia, escono fuori dal coro.

Santo del giorno: 5 Luglio – Sant’Antonio Maria Zaccaria, Sacerdote: “Nasce a Cremona nel 1502. Nel 1524 si laurea in medicina a Padova. Ma poi, tornato a Cremona, decide di spiegare Vangelo e dottrina a grandi e piccoli. Viene consacrato prete nel 1528. Cappellano della contessa Ludovica Torelli, la segue a Milano nel 1530. Qui trova sostegno nello spirito d’iniziativa di questa signora e in due amici milanesi sui trent’anni come lui: Giacomo Morigia e Bartolomeo Ferrari. Rapidamente nascono a Milano tre novità, tutte intitolate a san Paolo. Già nel 1530 egli fonda una comunità di preti soggetti a una regola comune, i Chierici regolari di San Paolo. Milano li chiamerà Barnabiti, dalla chiesa di San Barnaba, loro prima sede. Poi vengono le Angeliche di San Paolo, primo esempio di suore fuori clausura. San Carlo Borromeo ne sarà entusiasta, ma il Concilio di Trento prescriverà loro il monastero. Terza fondazione: i Maritati di San Paolo, con l’impegno apostolico costante dei laici sposati. Denunciato come eretico e come ribelle Antonio va a Roma: verrà assolto. Durante un viaggio a Guastalla, il suo fisico cede. Lo portano a Cremona, dove muore a poco più di 36 anni” (Avvenire).

Preghiamo: O Dio, che ci hai reso figli della luce con il tuo Spirito di adozione, fa’ che non ricadiamo nelle tenebre dell’errore, ma restiamo sempre luminosi nello splendore della verità. Per il nostro Signore Gesù Cristo…

 

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