gugno, Liturgia

17 Giugno 2018 – XI del Tempo Ordinario (B)

Antifona d’ingresso

Ascolta, Signore, la mia voce: a te io grido. Sei tu il mio aiuto, non respingermi, non abbandonarmi, Dio della mia salvezza. (Sal 27,7-9)

Colletta

O Dio, fortezza di chi spera in te, ascolta benigno le nostre invocazioni, e poiché nella nostra debolezza nulla possiamo senza il tuo aiuto, soccorrici con la tua grazia, perché fedeli ai tuoi comandamenti possiamo piacerti nelle intenzioni e nelle opere. Per il nostro Signore Gesù Cristo…

Oppure: 

O Padre, che a piene mani semini nel nostro cuore il germe della verità e della grazia, fa’ che lo accogliamo con umile fiducia e lo coltiviamo con pazienza evangelica, ben sapendo che c’è più amore e giustizia ogni volta che la tua parola fruttifica nella nostra vita. Per il nostro Signore Gesù Cristo…

Prima Lettura  Ez 17,22-24

Io innalzo l’albero basso.

Il profeta Ezechièle dopo aver profetizzato la fine del Regno di Giuda e la rovina della casa di Davide in seguito all’esilio e alla morte in Babilonia del re Sedecìa, preconizza la fioritura di un ramoscello che spunterà dalla casa di Davide e che Dio porrà a capo del regno messianico. Questo evento prodigioso farà stupire tutti i popoli della terra.

Dal libro del profeta Ezechièle

Così dice il Signore Dio: «Un ramoscello io prenderò dalla cima del cedro, dalle punte dei suoi rami lo coglierò e lo pianterò sopra un monte alto, imponente; lo pianterò sul monte alto d’Israele. Metterà rami e farà frutti e diventerà un cedro magnifico. Sotto di lui tutti gli uccelli dimoreranno, ogni volatile all’om-bra dei suoi rami riposerà. Sapranno tutti gli alberi della foresta che io sono il Signore, che umilio l’albero alto e innalzo l’albero basso, faccio seccare l’albe-ro verde e germogliare l’albero secco. Io, il Signore, ho parlato e lo farò».

Parola di Dio.

Salmo Responsoriale    Dal Salmo 91 (92)

«Mentre i peccatori sono come fieno presto appassito, il giusto (il Cristo) fiorirà come palma, con una corona di rami che sale fino al cielo. Non è paragonato solo al tronco della palma: si moltiplica nei suoi rami che col tronco, e, per mezzo di lui, conseguono la salvezza. È paragonato anche al cedro per la stessa ragione: non a un cedro qualsiasi ma a quello del Libano, perché il Libano produce gli alberi più alti di tutti» (Eusebio).

Rit. È bello rendere grazie al Signore.

È bello rendere grazie al Signore

e cantare al tuo nome, o Altissimo,

annunciare al mattino il tuo amore,

la tua fedeltà lungo la notte. Rit.

Il giusto fiorirà come palma,

crescerà come cedro del Libano;

piantati nella casa del Signore,

fioriranno negli atri del nostro Dio. Rit.

Nella vecchiaia daranno ancora frutti,

saranno verdi e rigogliosi,

per annunciare quanto è retto il Signore,

mia roccia: in lui non c’è malvagità. Rit.

Seconda Lettura      2Cor 5,6-10

Sia abitando nel corpo sia andando in esilio, ci sforziamo di essere graditi al Si-gnore.

Nelle parole dell’apostolo Paolo il credente trova il vero significato della morte cristiana, essa non è la fine di tutto, ma una nuova vita, un ritorno pieno e definitivo a Dio alla fine dell’esilio terreno. Alla morte seguirà il giudizio divino: Tutti infatti dobbiamo comparire davanti al tribunale di Cristo.

Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi

Fratelli, sempre pieni di fiducia e sapendo che siamo in esilio lontano dal Signore finché abitiamo nel corpo – camminiamo infatti nella fede e non nella visione – siamo pieni di fiducia e preferiamo andare in esilio dal corpo e abitare presso il Signore. Perciò, sia abitando nel corpo sia andando in esilio, ci sforziamo di essere a lui graditi. Tutti infatti dobbiamo comparire davanti al tribunale di Cristo, per ricevere ciascuno la ricompensa delle opere compiute quando era nel corpo, sia in bene che in male.   Parola di Dio.

Canto al Vangelo

Alleluia, alleluia.

Il seme è la parola di Dio, il seminatore è Cristo: chiunque trova lui, ha la vita eterna.

Alleluia.

Vangelo          Mc 4,26-34

È il più piccolo di tutti i semi, ma diventa più grande di tutte le piante dell’orto.

Nella parabola evangelica il seminatore è Cristo e il seme che cresce per forza vitale propria è la Parola. Gesù è il fondatore del Regno e per entrare in esso occorre accogliere la Parola.

Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, Gesù diceva [alla folla]: «Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa. Il terreno produce spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga; e quando il frutto è maturo, subito egli manda la falce, perché è arrivata la mietitura». Diceva: «A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo? È come un granello di senape che, quando viene seminato sul terreno, è il più piccolo di tutti i semi che sono sul terreno; ma, quando viene seminato, cresce e diventa più grande di tutte le piante dell’orto e fa rami così grandi che gli uccelli del cielo possono fare il nido alla sua ombra». Con molte parabole dello stesso genere annunciava loro la Parola, come potevano intendere. Senza parabole non parlava loro ma, in privato, ai suoi discepoli spiegava ogni cosa.       Parola del Signore.

La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa

La Chiesa, germe e inizio del Regno di Dio – Lumen Gentium 5: Il mistero della santa Chiesa si manifesta nella sua stessa fondazione. Il Signore Gesù, infatti, diede inizio ad essa predicando la buona novella, cioè l’avvento del regno di Dio da secoli promesso nella Scrittura: «Poiché il tempo è compiuto, e vicino è il regno di Dio» (Mc 1,15; cfr. Mt 4,17). Questo regno si manifesta chiaramente agli uomini nelle parole, nelle opere e nella presenza di Cristo. La parola del Signore è paragonata appunto al seme che viene seminato nel campo (cfr. Mc 4,14): quelli che lo ascoltano con fede e appartengono al piccolo gregge di Cristo (cfr. Lc 12,32), hanno accolto il regno stesso di Dio; poi il seme per virtù propria germoglia e cresce fino al tempo del raccolto (cfr. Mc 4,26-29). Anche i miracoli di Gesù provano che il regno è arrivato sulla terra: «Se con il dito di Dio io scaccio i demòni, allora è già pervenuto tra voi il regno di Dio» (Lc 11,20; cfr. Mt 12,28). Ma innanzi tutto il regno si manifesta nella stessa persona di Cristo, figlio di Dio e figlio dell’uomo, il quale è venuto «a servire, e a dare la sua vita in riscatto per i molti» (Mc 10,45). Quando poi Gesù, dopo aver sofferto la morte in croce per gli uomini, risorse, apparve quale Signore e messia e sacerdote in eterno (cfr. At 2,36; Eb 5,6; 7,17-21), ed effuse sui suoi discepoli lo Spirito promesso dal Padre (cfr. At 2,33). La Chiesa perciò, fornita dei doni del suo fondatore e osservando fedelmente i suoi precetti di carità, umiltà e abnegazione, riceve la missione di annunziare e instaurare in tutte le genti il regno di Cristo e di Dio, e di questo regno costituisce in terra il germe e l’inizio. Intanto, mentre va lentamente crescendo, anela al regno perfetto e con tutte le sue forze spera e brama di unirsi col suo re nella gloria.

Il terreno produce spontaneamente prima lo stelo… – CCC 543: Tutti gli uomini sono chiamati ad entrare nel Regno. Annunziato dapprima ai figli di Israele, questo Regno messianico è destinato ad accogliere gli uomini di tutte le nazioni. Per accedervi, è necessario accogliere la Parola di Gesù: La Parola del Signore è paragonata appunto al seme che viene seminato in un campo: quelli che l’ascoltano con fede e appartengono al piccolo gregge di Cristo hanno accolto il Regno stesso di Dio; poi il seme per virtù propria germoglia e cresce fino al tempo del raccolto.

Il battesimo la porta per entrare nel Regno – CCC 1228: Il Battesimo è un bagno d’acqua nel quale “il seme incorruttibile” della Parola di Dio produce il suo effetto vivificante. Sant’Agostino dirà del Battesimo: “Accedit verbum ad elementum, et fit Sacramentum – Si unisce la parola all’elemento, e nasce il sacramento”.

Accogliere la Parola – M. Magrassi (Bibbia e preghiera, 68-71): C’è una sproporzione radicale tra l’uomo e il mistero di quella Parola che pure è stata scritta per lui. «Chi è così capace di comprensione spirituale, si chiedeva Origene, da spiegare questi misteri?». (…) Questa constatazione mette l’uomo in attitudine di profonda umiltà di fronte alla Parola, ma non scoraggia la sua ricerca. Al contrario, la stimola: rimane sempre qualcosa da scoprire, si può attingere sempre nuova acqua da questo pozzo inesauribile. Ad ogni lettura te la ritrovi davanti come un universo nuovo da scoprire. É come se Dio “cominciasse allora quasi da capo a spalancarti dinanzi quell’abisso insondabile di misteri”, dice il cistercense Elredo (De oner. Serm. XIII). E il confratello Gilberto Hojland gli fa eco: “In Cristo si può sempre trovare del nuovo, non solo, ma lo si può possedere” (in Cant. 14,1). É ancora Gregorio che trova i termini più felici per fissare questa intuizione di fede. Egli dice che la Scrittura cresce con lo spirito di chi la legge: “Le parole della Sacra Scrittura si fanno grandi mentre cresce l’animo di chi le legge: ove questi si dirige, là si dirige pure la divina Parola” (in Ez. 1,7,8). Sono parole giustamente celebri che troveranno una larga eco nella tradizione successiva. Cosa vogliono esprimere esattamente? Un’altra frase di Gregorio mette sulla giusta pista: “Le domande rivolte alla Scrittura mentre la si legge, ricevono delle risposte proporzionate alla maturità del lettore” (in Ez. 1,7). La dimensione oggettiva della Parola non aumenta perché è già commisurata sui misteri di Cristo, ed ha in sé la presenza dello spirito che le comunica vitalità senza limiti. É lo spirito del lettore che «cresce»: e cresce per influsso della stessa Parola che scava, nell’anima che vi si applica con fedeltà, una capacità sempre nuova di accoglierla. Investito dalla luce di Dio, lo spirito dell’uomo si dilata. E nella stessa misura in cui si dilata l’intelligenza di chi la riceve, si dilata la Parola.

La vera libertà – Gaudium et spes, 17: Ma l’uomo può rivolgersi al bene soltanto nella libertà, quella libertà in cui i nostri contemporanei tanto tengono e ardentemente cercano, e a ragione. Spesso però la coltivano in malo modo, come licenza di fare qualunque cosa purché piaccia, anche il male. La vera libertà, invece, è nell’uomo segno altissimo dell’immagine divina. Dio volle, infatti, lasciare l’uomo in balia del suo proprio volere, così che esso cerchi spontaneamente il suo Creatore, e giunga liberamente, con l’adesione a lui, alla piena e beata perfezione. Perciò la dignità dell’uomo richiede che egli agisca secondo scelte consapevoli e libere, mosso cioè e indotto da convinzioni personali, e non per un cieco impulso interno o per mera coazione esterna. Ma l’uomo ottiene tale dignità quando, liberandosi da ogni schiavitù di passioni, tende al suo fine con scelta libera del bene, e si procura da sé e con la sua diligente iniziativa i mezzi convenienti. La libertà dell’uomo, che è stata ferita dal peccato, può rendere pienamente efficace questa ordinazione verso Dio solo con l’aiuto della grazia di Dio. Ogni singolo uomo, poi, dovrà rendere conto della propria vita davanti al tribunale di Dio, per tutto quel che avrà fatto di bene e di male.

Preghiera dei Fedeli       (proposta)

Riuniti insieme dalla chiamata del Signore Gesù, ci rivolgiamo a Lui con fiducia.
Preghiamo insieme e diciamo: Ascoltaci o Signore.

– Ti ringraziamo o Signore Gesù, di averci donato la semente della fede. Donaci la grazia di crescere come persone e come comunità nella tua Santa Chiesa, noi ti preghiamo. Rit.

– Ti ringraziamo o Signore per i pastori che mandi a coltivare e sostenere la nostra vita cristiana: Papa Francesco, il nostro vescovo (N), i sacerdoti e i nuovi sacerdoti. Sostieni con la tua grazia il loro laborioso ministero, noi ti preghiamo. Rit.

– Ti affidiamo il nostro tempo, o Signore: dona fortezza e speranza a tutte le famiglie, specialmente a quelle che soffrono per mancanza di amore, di lavoro, di casa. Apri il nostro cuore all’accoglienza e alla carità vera, noi ti preghiamo. Rit.

– Concedici la grazia di usare bene ogni giornata che ci doni. Ti affidiamo il tempo dell’estate dei ragazzi e dei giovani, perché diventi occasione di incontri che aiutano a vivere con gioia e verità, noi ti preghiamo. Rit.

Celebrante: Con la fiducia dei figli ci affidiamo a te, presentandoti anche le nostre intenzioni personali. Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli.

Preghiera sulle offerte

O Dio, che nel pane e nel vino doni all’uomo il cibo che lo alimenta e il sacramento che lo rinnova, fa’ che non ci venga mai a mancare questo sostegno del corpo e dello spirito. Per Cristo nostro Signore.

Prefazio delle Domeniche del Tempo Ordinario V (proposta)

La creazione loda il Signore.

È veramente cosa buona e giusta renderti grazie

e innalzare a te l’inno di benedizione e di lode, Dio onnipotente ed eterno.

Tu hai creato il mondo nella varietà dei suoi elementi,

e hai disposto l’avvicendarsi dei tempi e delle stagioni.

All’uomo, fatto a tua immagine, hai affidato le meraviglie dell’universo,

perché, fedele interprete dei tuoi disegni,

eserciti il dominio su ogni creatura,

e nelle tue opere glorifichi te, Creatore e Padre,

per Cristo nostro Signore.

E noi, con tutti gli angeli del cielo, innalziamo a te il nostro canto,

e proclamiamo insieme la tua gloria: Santo…

Antifona alla comunione

Una cosa ho chiesto al Signore, questa sola io cerco: abitare nella casa del Signore tutti i giorni della mia vita. (Sal 27,4)

Oppure: 

Dice il Signore: “Padre santo, custodisci nel tuo nome coloro che mi hai dato, perché siano una cosa sola, come noi”. (Gv 17,11)

Oppure: 

Il regno di Dio è come il granellino di senapa che si fa albero e offre riparo agli uccelli del cielo. (cfr. Mc 4,31-32)

Preghiera dopo la comunione

Signore, la partecipazione a questo sacramento, segno della nostra unione con te, edifichi la tua Chiesa nell’unità e nella pace. Per Cristo nostro Signore.

Un po’ di pane per camminare

«Dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa». Oggi la Liturgia della Parola ci invita ad esercitare la difficile arte della fede: fidarsi, abbandonarsi, credere con fiducia. È la difficile arte dell’agri-coltore: egli prepara il terreno per la semina, poi getta il seme, lo consegna alla terra e sa che la terra farà fruttificare quel seme. In quel seme c’è tutto il futuro dell’agricoltore: la sua ricchezza, la possibilità di realizzare i suoi sogni, la possibilità di possedere altri semi da affidare alla terra per nuovi raccolti. Se l’agricoltore non si fidasse del terreno, non avrebbe pace. Se non avesse la certezza che passato l’inverno arriverà la primavera a scaldare i germogli, scenderà la pioggia a dare nutrimento, arriverà l’estate a maturare i frutti… se non riponesse la sua “fede” nella natura, non avrebbe pace! E invece l’agri-coltore si fida e affida! Egli sa che ci sono giorni in cui deve faticare duramente, per dissodare il terreno e preparare i solchi, giorni in cui deve vegliare per evitare che erbe infestanti o animali possano distruggere le piantine, giorni in cui deve difendere il raccolto dal saccheggio dei ladri, giorni in cui riparare i danni di una grandinata o di una giornata di forte vento… Ma sa anche che ci saranno giorni in cui sarà chiamato semplicemente ad attendere, ad abbandonarsi, attendere con pazienza che la terra compia la sua opera, che la pianta percorra il suo ciclo. Quanti insegnamenti per noi, per il nostro quotidiano, per la nostra fede! Quanto dovremmo esercitarci in questa difficile arte: imparare a fidarci di Dio, imparare a impegnarci nel fare tutto il possibile, sapendo che tutto il resto lo farà il Signore. Quante ansie, quante paure… eppure diciamo di credere e di avere fede in Dio! Ci ammaliamo di ansia perché non ci fidiamo di Dio, quando invece dovremmo, con tutta serenità, impegnarci a fare la nostra parte. Siamo in ansia e temiamo che Dio non ascolti le nostre richieste, ma ci mettiamo in ascolto della sua volontà? Abbiamo paura del Male e dei malvagi, ma siamo capaci di convertirci a Dio permettendogli di operare in noi attraverso la sua Parola? Essere cristiani significa fidarsi di Dio: egli sa cosa fare della nostra vita: affidiamogliela con fiducia.

Conosciamo l’Opus Matris Verbi Dei

Capitolo 6

In continua penitenza

Art. 103 – L’ascesi dei Sodali abbia una triplice finalità: ascetica, per mantenere a loro soggetto il proprio corpo e le sue istintività; mistica, per partecipare generosamente al mistero della Passione di Cristo; apostolica, per compiere in loro “ciò che manca alla Passione di Cristo, a favore del suo corpo che è la Chi-esa” (Col 1,24). Sarà dunque una penitenza evangelicamente gioiosa e liberatoria.

Art. 104 – I Sodali in quanto consacrati devono darsi più degli altri alle opere di penitenza e di mortificazione, che sono una pietra di paragone della santità, così come la vita comoda è via spaziosa che conduce alla perdizione (cfr. Mt 7,13-14).

Leave a Comment

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *