liturgia

14 Giugno 2018

14 Giugno 2018 – Giovedì, X del Tempo Ordinario – (1Re 18,41-46; Sal 64[65]; Mt 5,20-26) – I Lettura: “Il servo di Elìa, qui menzionato per la prima volta, fa da guardia mentre il profeta si immerge in un atteggiamento di profonda preghiera. La sua fiducia nel fatto che la pioggia sia imminente rimane salda nonostante un lungo ritardo, ed egli riconosce la mano di YHWH” (Nuovo Grande Commentario Biblico). Salmo: “Questo salmo ci dice quanto sia colmato di gioia il popolo benedetto che si accosta al Cristo. Dopo un breve cenno all’incarnazione, ci promette la risurrezione e la gioia eterna” (Cassiodoro). Vangelo: Dal versetto 21 al versetto 48 di questo quinto capitolo, “vengono proposte sei antitesi. Si inizia con una citazione del comandamento tratta da Es 20,13. La formulazione con l’indicativo futuro, «non uccidere», ricalca un linguaggio giuridico dell’AT” (Bibbia Via, Verità e Vita, nota).

Chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio – Dal Vangelo secondo Matteo: In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Io vi dico: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli. Avete inteso che fu detto agli antichi: “Non ucciderai”; chi avrà ucciso dovrà essere sottoposto al giudizio. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio. Chi poi dice al fratello: “Stupido”, dovrà essere sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: “Pazzo”, sarà destinato al fuoco della Geènna. Se dunque tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono. Mettiti presto d’accordo con il tuo avversario mentre sei in cammino con lui, perché l’avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia, e tu venga gettato in prigione. In verità io ti dico: non uscirai di là finché non avrai pagato fino all’ultimo spicciolo!».

Riflessione: «Se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli». Oggi partiamo da una nota dolente, cui molti sfuggono e altri semplicemente negano: Gesù afferma, e non solo nel Vangelo oggi proclamato nella Liturgia eucaristica, che vi è una terribile possibilità, quella, cioè di non entrare nel regno dei cieli. Una verità della nostra fede che è così tanto testimoniata dalla Scrittura, dalla Tradizione e dal Magistero che dovrebbe essere impossibile negare, ma che di fatto, per paura o per comodo, molti tendono a far finta che non ci sia. Il regno dei cieli è il “luogo” di Dio: non un luogo geografico, non uno spazio per come lo possiamo intendere con termini umani, ma certamente un luogo reale, eterno, meraviglioso: il luogo dove Dio regna, dove ha stabile dimora la sua Parola, dove Dio è luce che illumina, pace che realizza comunione, amore che crea unità! Il Regno di Dio “è il fine ultimo dell’uomo e la realizzazione delle sue aspirazioni più profonde, lo stato di felicità suprema e definitiva” (CCC 1024). Il CCC si sofferma anche su questa estrema ma possibile realtà di esclusione eterna dal Regno di Dio: “Non possiamo essere uniti a Dio se non scegliamo liberamente di amarlo. Ma non possiamo amare Dio se pecchiamo gravemente contro di lui, contro il nostro prossimo o contro noi stessi: «Chi non ama rimane nella morte. Chiunque odia il proprio fratello è omicida, e voi sapete che nessun omicida possiede in se stesso la vita eterna» (1Gv 3,15). Nostro Signore ci avverte che saremo separati da lui se non soccorriamo nei loro gravi bisogni i poveri e i piccoli che sono suoi fratelli (cfr. Mt 25,31-46). Morire in peccato mortale senza essersene pentiti e senza accogliere l’amore misericordioso di Dio, significa rimanere separati per sempre da lui per una nostra libera scelta. Ed è questo stato di definitiva auto-esclusione dalla comunione con Dio e con i beati che viene designato con la parola inferno” (n° 1033). Accogliamo, dunque, oggi, la Parola di Dio come un dolce richiamo a superare ogni umana giustizia, a non vivere per la sufficienza, a non misurare l’amore speso, a desiderare il Regno di Dio anticipandolo e attuandolo già da subito

La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: Vi fu una grande pioggia – Giovanni Paolo II (Udienza Generale, 24 Ottobre 1990): […] il simbolo dell’acqua appare spesso già nell’Antico Testamento. Presa in modo molto generico, l’acqua simboleggia la vita elargita da Dio alla natura e agli uomini. Leggiamo in Isaia: “Farò scaturire fiumi su brulle colline, fontane in mezzo alle valli; cambierò il deserto in un lago d’acqua, la terra arida in sorgenti” (Is 41,18): è un’allusione all’influenza vivificante dell’acqua. Il profeta applica questo simbolo allo Spirito, mettendo in parallelo acqua e Spirito di Dio, quando proclama quest’oracolo: “Io farò scorrere acqua sul suolo assetato, torrenti sul terreno arido; spanderò il mio Spirito sulla tua discendenza… cresceranno come erba in mezzo all’acqua…” (Is 44,3-4). Così viene indicata la potenza vivificante dello Spirito, simboleggiata dalla potenza vivificante delle acque. Inoltre, l’acqua libera la terra dalla siccità (cfr. 1Re 18,41-45). L’acqua serve anche a soddisfare la sete dell’uomo e degli animali. La sete d’acqua viene presa come similitudine della sete di Dio, come si legge nel libro dei Salmi: “Come la cerva anela ai corsi d’acqua, così l’anima mia anela a te, o Dio. L’anima mia ha sete di Dio, del Dio vivente: quando verrò e vedrò il volto di Dio?” (Sal 42,2-3). L’acqua è infine il simbolo della purificazione, come si legge in Ezechiele: “Vi aspergerò con acqua pura e sarete purificati; io vi purificherò da tutte le vostre sozzure e da tutti i vostri idoli” (Ez 36,25). Lo stesso Profeta annuncia la potenza vivificante dell’acqua in una suggestiva visione: “Mi condusse poi all’ingresso del tempio… «Queste acque escono di nuovo nella regione orientale… ed entrano nel mare: sboccate in mare, ne risanano le acque. Ogni essere vivente che si muove dovunque arriva il fiume, vivrà»” (Ez 47,1.8-9).

Tutelare la dignità dei fratelli – Paolo VI (Udienza Generale, 26 Aprile 1978): Gesù non condanna la legge antica, ma la dice incompleta, e promulga la nuova, quella evangelica, e la solleva al livello della perfezione: al fratello è dovuto un rispetto completo; completo nel sentimento interiore, donde il rispetto nasce e si esprime, e completo nella tutela esteriore dovuta alla dignità del fratello, in quanto tale; possiamo dire: in quanto uomo-fratello. Cioè: il Vangelo ci insegna a professare nei sentimenti e negli atti un rispetto tale verso gli uomini nostri simili, nostri fratelli, che un sistema sociale, il quale ammetta come logico e normale l’odio di classe, ovvero l’egoismo di classe, non può certo rivendicare a proprio legittimo ed esclusivo favore. Quale visione ci offre oggi la scena del mondo? Noi non saremo radicalmente pessimisti. Anzi riconosceremo, non per placare le ansie e le paure che certi fenomeni deteriori dell’uma-na convivenza destano facilmente negli animi quasi per scoraggiarli circa lo sforzo civilizzatore compiuto e in via di compimento, ma per confortare questo stesso sforzo, per richiamare la vigilanza della civiltà al suo insonne dovere, che la vita dell’uomo sulla terra è di nuovo esposta a gravi pericoli, anzi è già attaccata da nuovi e aggressivi malanni. E sempre per ripetere: la vita dell’uomo è sacra!

La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: Non basta invocare i santi – «Non rimaniamo ad aspettare passivamente l’aiuto degli altri! Le preghiere rivolte ai santi, infatti, hanno sì grandissima efficacia, a condizione, però, che noi ci convertiamo davvero e mutiamo la condotta della nostra vita… Fino a quando, perciò, rimarremo inerti e passivi, non potremo esser salvati da un intervento esterno; se, invece, diverremo persone consapevoli, saremo in grado di soccorrerci da noi stessi, in maniera ancora più efficace di quanto potrebbe farlo l’aiuto altrui. Dio, infatti, preferisce concedere la sua grazia direttamente a noi, piuttosto che a qualcun altro che interceda in nostro favore, perché nell’intento di placare la sua collera, noi acquistiamo fiducia in lui e cerchiamo di migliorare la nostra vita. È per questo motivo che il Signore si mostrò misericordioso nei confronti della cananea [cfr. Mt 15,21-28] e salvò l’adultera [cfr. Gv 8,3ss] e il ladrone [cfr. Lc 23,43], senza l’intervento di alcun mediatore o intercessore. Non dico tutto questo, d’altronde, per indurvi a non invocare i santi, ma perché non vi lasciate andare e, addormentandovi nell’inerzia, non deleghiate esclusivamente ad altri l’incarico di pensare alla vostra salvezza» (Giovanni Crisostomo).

Silenzio / Preghiera / La tua traccia: Ai tempi di Gesù gli scribi e i farisei avevano messo su un impianto di leggi così gravoso che nemmeno gli stessi fautori potevano osservarlo pienamente. Si andava dal sabato alle faccende quotidiane, dal cibo, animali puri e impuri, al lavarsi fino al gomito prima di sedersi a tavola. Un  pletora di leggi che aveva asfissiato la Legge di Dio rendendola impraticabile: “Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pagate la decima sulla menta, sull’anéto e sul cumìno, e trasgredite le prescrizioni più gravi della Legge: la giustizia, la misericordia e la fedeltà. Queste invece erano le cose da fare, senza tralasciare quelle. Guide cieche, che filtrate il moscerino e ingoiate il cammello!” (Mt 23,23-24). Così si possono comprendere le parole di Gesù: Se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli. Ma che significato dare a queste parole di Gesù? Al di là delle tante risposte, si può rispondere facendo ricorso al comandamento dell’amore dal quale tutti gli altri comandamenti traggono il loro significato e la loro forza: «Allora i farisei, avendo udito che egli [Gesù] aveva chiuso la bocca ai sadducei, si riunirono insieme e uno di loro, un dottore della Legge, lo interrogò per metterlo alla prova: “Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?”. Gli rispose: “Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Questo è il grande e primo comandamento. Il secondo poi è simile a quello: Amerai il tuo prossimo come te stesso. Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti”» (Mt 22,34-40). Se non si fa ricorso a questa soluzione si corre il rischio di scivolare in una casistica nella quale il credente si troverebbe a vivere una fede asfittica, lontana dalle vere esigenze evangeliche. Solo l’amore permette al discepolo di Gesù che la sua giustizia superi quella degli scribi e dei farisei: unica condizione per entrare nel regno dei cieli.

Santo del giorno: 14 Giugno – San Metodio, Patriarca di Costantinopoli: “È la figura di un patriarca di Costantinopoli ai tempi della Chiesa indivisa, la figura che il calendario liturgico presenta oggi alla venerazione dei fedeli. Siciliano d’origine (la sua formazione sarebbe avvenuta a Siracusa), Metodio fu monaco sull’isola di Chio prima di essere chiamato a Costantinopoli dal patriarca san Niceforo. Erano quelli gli anni in cui divampava lo scontro sulle icone. Fermo difensore della venerazione delle immagini, quando l’imperatore iconoclasta Leone V l’Armeno depose il patriarca Niceforo, Metodio si recò a Roma per informare papa Pasquale I dell’accaduto. Alla morte di Leone, il Papa inviò Metodio a Costantinopoli con una lettera in cui chiedeva fosse reinsediato come legittimo patriarca. Ma la lotta non era ancora finita: ad attenderlo trovò infatti il carcere, dove rimase per anni. Solo con l’avvento dell’imperatrice Santa Teodora, verrà la svolta definitiva in favore delle icone. E Metodio tornerà sulla sede patriarcale di Costantinopoli. Morirà nell’847” (Avvenire).

 

Preghiamo: O Dio, sorgente di ogni bene, ispiraci propositi giusti e santi e donaci il tuo aiuto, perché possiamo at

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