maggio, meditazioni

30 Maggio 2018

30 Maggio 2018 – Mercoledì, VIII del Tempo Ordinario – (1Pt 1,18-25; Sal 147; Mc 10,32-45) – I Lettura: Pietro porta l’attenzione dei cristiani sulla natura del dono ricevuto: la libertà da una condotta vuota, effimera. È talmente prezioso questo bene che per il riscatto è stato versato, non dell’oro o dell’argento, ma il sangue preziosissimo del Figlio di Dio. L’immagine dell’agnello è un riferimento a Esodo 12, dove il sangue dell’agnello immolato allontanava l’angelo sterminatore mandato a colpire gli Egiziani che tenevano in schiavitù il popolo di Dio. Salmo: “Loda, Gerusalemme, il Signore, e raddoppia le tue lodi, perché nessun nemico può entrare per le tue porte e nessun amico può uscirne; in te sono benedetti i tuoi figli, con ogni benedizione spirituale, in Cristo (cfr. Ef 1,3)” (Bernardo). Vangelo: Gesù prosegue il suo cammino ansioso di raggiungere la meta, annuncia ai Dodici per la terza volta la sua passione, specificando anche che risorgerà. La domanda dei figli di Zebedèo dimostra la loro ambizione e la mancata comprensione della natura del Regno. Bisogna che abbandonino la concezione umana di potere: per l’uomo significa dominare, per Dio è servire e donare se stesso. Se si vuole condividere la gloria di Cristo, bisogna condividere anche la sua passione.

Ecco noi saliamo a Gerusalemme e il Figlio dell’uomo sarà consegnato – Dal Vangelo secondo Marco: In quel tempo, mentre erano sulla strada per salire a Gerusalemme, Gesù camminava davanti a loro ed essi erano sgomenti; coloro che lo seguivano erano impauriti. Presi di nuovo in disparte i Dodici, si mise a dire loro quello che stava per accadergli: «Ecco, noi saliamo a Gerusalemme e il Figlio dell’uomo sarà consegnato ai capi dei sacerdoti e agli scribi; lo condanneranno a morte e lo consegneranno ai pagani, lo derideranno, gli sputeranno addosso, lo flagelleranno e lo uccideranno, e dopo tre giorni risorgerà». Gli si avvicinarono Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedèo, dicendogli: «Mae-stro, vogliamo che tu faccia per noi quello che ti chiederemo». Egli disse loro: «Che cosa volete che io faccia per voi?». Gli risposero: «Concedici di sedere, nella tua gloria, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra». Gesù disse loro: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io bevo, o essere battezzati nel battesimo in cui io sono battezzato?». Gli risposero: «Lo possiamo». E Gesù disse loro: «Il calice che io bevo anche voi lo berrete, e nel battesimo in cui io sono battezzato anche voi sarete battezzati. Ma sedere alla mia destra o alla mia sinistra non sta a me concederlo; è per coloro per i quali è stato preparato». Gli altri dieci, avendo sentito, cominciarono a indignarsi con Giacomo e Giovanni. Allora Gesù li chiamò a sé e disse loro: «Voi sapete che coloro i quali sono considerati i governanti delle nazioni dominano su di esse e i loro capi le opprimono. Tra voi però non è così; ma chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti. Anche il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti».

Riflessione: «Chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti». Farsi servo, per il cristiano dovrebbe essere la cosa che gli dovrebbe riuscire più naturale e ciò per diversi motivi. Anzitutto perché questa è la vera nostra misura, come esorta san Paolo: «Non valutatevi più di quanto conviene, ma valutatevi in modo saggio e giusto, ciascuno secondo la misura di fede che Dio gli ha dato» (Rm 12,3). E come potremmo pensare di avere la giusta misura di noi stessi se non ci sentiamo meritevoli di stare all’ultimo posto? Se Maria, la Madre di Dio, l’Immacolata, parlava di se stessa come della serva di Dio, se non sdegnando di mettersi a servizio di Elisabetta, sua parente, mi ritengo forse io meritevole di un posto più onorifico? Siamo dunque servi per natura, perché siamo polvere, fragili vasi di argilla. Più cresciamo nella virtù, nella verità, nella luce e più dovrebbe essere chiara in noi tale nostra misura! Siamo servi in quanto peccatori, e con il nostro peccato abbiamo la coscienza di aver macchiato l’intero corpo mistico di Cristo; peccando abbiamo recato danno ad ogni nostro fratello, un danno che si ripara con il servizio della carità (cfr. Rm 13,8; 1Pt 4,8). Servi, dunque ad immagine di colui che da Dio si è fatto nostro servo (cfr. Fil 2,5-11), un servizio di carità, un servizio di redenzione, un servizio che ci assimila a Cristo, che ci unisce al suo essere servo, che ci conduce alla libertà dei figli di Dio, che ci rende padroni dei vizi, del carattere, delle passioni… padroni sulla natura e, come Maria, padroni del Cuore di Dio.

La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: Il calice che io bevo, anche voi lo berrete – Paolo VI (Omelia, 10 Giugno 1971): Soffrire con Gesù! quale sorte, quale mistero! Ecco, ecco una grandissima novità: il dolore non è più inutile! Se unito a quello di Cristo, il nostro dolore acquista qualche cosa della sua virtù espiatrice, redentrice, salvatrice! Capite ora perché la Chiesa onora ed ama tanto i suoi malati, i suoi figli infelici? Perché essi sono Cristo sofferente, il Quale, proprio in virtù della sua passione, ha salvato il mondo. Voi, carissimi ammalati, potete cooperare alla salvezza dell’umanità, se sapete unire i vostri dolori, le vostre prove a quelle di Gesù.

… il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire – Papa Francesco (Discorso, 8 Maggio 2013): Non dobbiamo mai dimenticare che il vero potere, a qualunque livello, è il servizio, che ha il suo vertice luminoso sulla Croce. Benedetto XVI, con grande sapienza, ha richiamato più volte alla Chiesa che se per l’uomo spesso autorità è sinonimo di possesso, di dominio, di successo, per Dio autorità è sempre sinonimo di servizio, di umiltà, di amore; vuol dire entrare nella logica di Gesù che si china a lavare i piedi agli Apostoli (cfr. Angelus, 29 Gennaio 2012), e che dice ai suoi discepoli: «Voi sapete che i governanti delle nazioni dóminano su di esse… Tra voi non sarà così; proprio il motto della vostra assemblea, “tra voi non sarà così” – ma chi vuole essere grande tra voi, sarà il vostro servitore e chi vuole essere il primo tra voi, sarà vostro schiavo» (Mt 20,25-27). Pensiamo al danno che arrecano al Popolo di Dio gli uomini e le donne di Chiesa che sono carrieristi, arrampicatori, che “usano” il popolo, la Chiesa, i fratelli e le sorelle – quelli che dovrebbero servire -, come trampolino per i propri interessi e le ambizioni personali. Ma questi fanno un danno grande alla Chiesa. Sappiate sempre esercitare l’autorità accompagnando, comprendendo, aiutando, amando; abbracciando tutti e tutte, specialmente le persone che si sentono sole, escluse, aride, le periferie esistenziali del cuore umano. Teniamo lo sguardo rivolto alla Croce: lì si colloca qualunque autorità nella Chiesa, dove Colui che è il Signore si fa servo fino al dono totale di sé.

e dare la propria vita in riscatto per molti – CCC 608: Dopo aver accettato di dargli il battesimo tra i peccatori, Giovanni Battista ha visto e mostrato in Gesù “l’Agnello di Dio… che toglie il peccato del mondo” (Gv 1,29). Egli manifesta così che Gesù è insieme il Servo sofferente che si lascia condurre in silenzio al macello e porta il peccato delle moltitudini [Is 53,12] e l’agnello pasquale simbolo della redenzione di Israele al tempo della prima Pasqua. Tutta la vita di Cristo esprime la sua missione: “servire e dare la propria vita in riscatto per molti” (Mc 10,45).

La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: «“Il mio calice, sì, lo berrete”, cioè affronterete la passione della mia carne, perché potete imitare ciò che deriva in me dalla natura umana; vi ho dato la vittoria della passione, l’eredità della croce; “ma non è cosa mia il darvi di star seduti alla mia destra o alla mia sinistra”. Non dice semplicemente: “Non è cosa mia dare”, ma “darvi”, cioè dare a voi. E questo dovrebbe significare che non si tratta di mancanza di potere in lui, ma di merito nelle creature. Si può anche intendere così: “Non è cosa mia”, di me che venni a insegnar l’umiltà, di me che venni non per essere servito, ma per servire; di me, che seguo la giustizia, non favoritismi. Poi appellandosi al Padre aggiunse: “Per i quali è stato preparato”, per dire che il Padre non guarda le raccomandazioni, ma i meriti, perché Dio non fa preferenze di persone [cfr. At 10,34]. Perciò l’Apostolo dice: “Coloro che sapeva lui e che predestinò” [Rm 8,29]; prima li conobbe e poi li predestinò, vide i meriti e predestinò il premio…» (Agostino).

Silenzio / Preghiera / La tua traccia: Mentre cupe nubi, foriere di morte, si addensano sinistramente sul capo di Gesù, i discepoli sembrano essere occupati unicamente a guadagnarsi i primi posti. A tale intenzione questa la risposta di Gesù: Potete bere il calice che io bevo…? Gesù libera gli uomini donandosi per loro. Tutti i cristiani sono chiamati a compartecipare al gesto oblativo del Redentore, nel servizio reciproco e nella testimonianza. I discepoli, come Gesù, devono incamminarsi per l’irto cammino della Croce sempre pronti a rispondere a chiunque domandi loro ragione della speranza che è in essi (cfr. 1Pt 3,15). Il calice nella tradizione biblica, tra i tanti significati, indica la coppa dell’ira di Dio che giudica gli empi (cfr. Sal 75,9), il popolo infedele (cfr. Is 51,17), l’umanità peccatrice (cfr. Ger 25,15-18; Ez 23,32-34). Il battesimo è la passione dolorosa nella quale sarà immerso senza riserve il Figlio di Dio. Gesù, solidale con l’umanità peccatrice, berrà la coppa dell’ira divina fino all’ultima goccia (cfr. Mt 14,36) e si farà obbediente alla volontà salvifica del Padre «fino alla morte e a una morte di croce» (Fil 2,8).

Maria, la Serva del Signore – “Maria si raccolse in silenzio, si inabissò in Dio, si donò a lui interamente, umiliandosi fino alla polvere del proprio nulla. Sparì quasi, in questo atto di profondissima umiltà e pregò ardentemente. Avvertì una grande pace e sentì rifluire nella sua vita una corrente di purezza sterminata. Curvò la fronte con immensa umiltà, aprì il cuore con piena dedizione, e pronunziò quelle ammirabili parole che dovevano far compiere il grande mistero dell’Incarnazione del Dio fatto servo: Eccomi, sono la serva del Signore”  (d. D. Ruotolo).

Santo del giorno: 30 Maggio – Sant’Isacco, Fondatore del monastero di Dalmazio a Costantinopoli: Avendo abbracciato il modello di vita ascetico, le agiografie che lo riguardano riferiscono abbia passato alcuni anni in solitudine e meditazione nel deserto, per poi tornare a Costantinopoli dopo l’ascesa al trono dell’Imperatore Valente il quale, seguace dell’eresia ariana aveva confiscato e chiuso i luoghi di culto dei cristiani fedeli al credo di Nicea. Secondo la leggenda Isacco, fattosi incontro all’imperatore, lo ammonì per ben tre volte di permettere ai sacerdoti “ortodossi” di officiare nelle proprie chiese e, a causa della sua insistenza, fu imprigionato per ordine dei Valente. Poco prima di essere arrestato profetizzò a quest’ultimo che avrebbe trovato la morte arso vivo nella campagna che si stava accingendo a porre in essere contro i Goti, che in quel periodo avevano oltrepassato il Danubio. L’imperatore morì effettivamente bruciato vivo nella sua tenda (o in altre versioni in un granaio), dove era stato trasportato ferito. Dopo la sua dipartita salì al trono Teodosio I il quale liberò Isacco, dichiarò fuorilegge l’arianesimo e riaprì le chiese al culto niceano. Isacco tornò allora alla vita monastica ma, invece che proseguire la propria ascesi nel deserto, fu convinto da un proprio discepolo a fondare un monastero all’interno delle mura di Bisanzio, che fu intitolato a Dalmato, egumeno successore del santo nella guida dello stesso. Morì il 30 maggio 383.

Preghiamo: Concedi, Signore, che il corso degli eventi nel mondo si svolga secondo la tua volontà nella giustizia e nella pace, e la tua Chiesa si dedichi con serena fiducia al tuo servizio. Per il nostro Signore Gesù Cristo…

 

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